Propulsori
di Franco Harrauer
La leva è una macchina semplice capace di equilibrare o trasformare la resistenza R con la potenza P secondo il rapporto R/P = p/r uguaglianza che può variare con la grandezza del braccio – leva o rapporto di riduzione.
Se a Venezia osservate un gondoliere al lavoro capirete che il remo è una perfetta leva di primo grado. Un perfetto ed efficiente “propulsore”, una vera elica a passo variabile. Infatti, con la rotazione del polso il gondoliere può variare l’incidenza della pala della sua primordiale “elica semisommersa“ senza ritrarre il remo dall’acqua.
Ovviamente, dal 1826, da quando a Trieste il signor Ressel pensò che una specie di “cavatappi”, applicato alla poppa di una nave, poteva essere più efficiente di un paio di ruote a pale o remi applicate ai fianchi, l’elica ha subito una infinità di modifiche, perfezionamenti ed interpretazioni.
Nello spirito pragmatico e critico di ogni progettista navale è mia opinione che nell’analisi del “concetto elica” vi è spazio per una evoluzione attuale e futura.
La classica sistemazione (A) produce una spinta vettoriale non uniforme a causa dell’inclinazione del suo asse che idealmente dovrebbe essere orizzontale.
La spinta generata da un’elica con asse inclinato ha un andamento ellissoidale, con una variazione ciclica del suo passo. Infatti per esempio, ruotando inclinata di 20° in un fluido uniforme orizzontale essa ha un differente passo per ogni 180° di rotazione, con una incidenza che può variare in questo caso limite illustrato nel disegno, dai 50° nel settore discendente, sino a 3° nel settore ascendente, quindi con una spinta inesistente o addirittura negativa.
Questa anomalia è fonte di un ritmico rumore pulsante e di una periodica vibrazione che spesso si attribuisce al motore e che è invece caratteristico del volo veloce di un elicottero il quale, nonostante il sistema automatico di variazione ciclica, ha l’estremità delle pale del suo rotore che lavorano al limite del regime subsonico, generando il ritmico “bang”.
Per minimizzare gli effetti negativi dell’inclinazione dell’asse, spesso si vede l’elica sistemata in un un semi-tunnel che in effetti non porta nessun vantaggio, perché non realizza una efficiente orizzontalità e il passaggio dell’estremità della pala (wing tip wortex), dal settore intubato a quello libero genera sempre un salto di pressione rumoroso.
Questo fenomeno non si verifica nelle eliche totalmente intubate con gli anelli Kort che ne aumentano l’efficienza. Anche in questo caso abbiamo una similitudine aerodinamica con le winglets, ormai in uso nelle estremità alari in quasi tutti gli aerei.
Comunque, la resistenza di appendice degli assi, dei supporti e dei timoni è un fattore negativo che non deve essere trascurato in un buono studio dell’idrodinamica di un progetto.
Con l`avvento e la diffusione del piede poppiero – stern drive (B) e dei propulsori fuoribordo, la spinta dell’elica lavora correttamente e contribuisce al corretto assetto longitudinale dello scafo, ma la sua resistenza di appendice è qui presente nella parte immersa del piede e del suo sperone, anche se un vantaggio è rappresentato dal controllo della spinta vettoriale in funzione di timone.
Una buona soluzione per la spinta può essere quella dell’idrogetto (C), che risolve problemi di pescaggio e navigazione in acque basse, ma dal punto di vista del rendimento idrodinamico, oltre al peso, il sistema è penalizzato dalle perdite di carico e dalla resistenza delle pareti del condotto, dalla sezione interna dell’asse e dai supporti della girante.
Un buon rendimento si può ottenere nella navigazione relativamente lenta con gli idrogetti volumetrici in cui la spinta a bassa velocità di eiezione è compensata dal maggiore volume dell’acqua.
Nel 1910 l’americano R. Hickman ebbe l’intuizione dell’elica di superficie o semisommersa. Non credo che l’americano sia stato ispirato dal remo del gondoliere veneziano, ma conosceva certamente la resistenza delle appendici e i principi della dinamica dei fluidi. Hickman applicò direttamente alla base del transom di un suo “sea sled” un’elica che lavorava per metà immersa ed i risultati nell’incremento della velocità furono straordinari.
Renato Levi, con il quale ho collaborato per molti anni, applicò questo principio agli scafi veloci italiani come il Bronte dell’Alfamarine ed il famoso Drago della Italcraft, uno scafo di 5.5 Tonn che con 700 Hp raggiungeva i 50 Kn.
La prova dell’efficienza di questo sistema che Renato chiamò “stern drive” (D), era in uno scafo gemello per forma e dislocamento, ma con motori da 1000 HP e trasmissioni in linea d’asse tradizionale che raggiungeva la stessa velocità. Quindi la differenza di 300 Hp era ampiamente ripagata ed a parità di spinta il Drago avrebbe potuto sorpassare i 55 Kn.
L’assetto perfetto di questa carena, che aveva un coefficiente di finezza pari a 3,7 era dovuto alla spinta assiale pari a 0°. La parte superiore dell’elica (parte emersa per il 55 %), veniva ventilata dal getto dei gas di scarico dei motori, che in tal modo lavoravano in depressione, cioè aspirati.
Un relativo perfezionamento dell’elica di superficie è stato realizzato dalla “Fabio Buzzi Trimax” (E), che oltre a introdurre un riduttore con cambio di velocità per facilitare il “ take off“, ha introdotto un dispositivo che varia l’immersione de disco elica.
Il gruppo Arneson (F) ha realizzato un sistema, a mio giudizio efficiente, ma estremamente complesso, con la necessità di un giunto omocinetico ed un cuscinetto reggispinta oltre alla movimentazione oleodinamica. L’affermazione di un dipendente del’Arneson mi lasciò molto perplesso, quando ad una mia ”cattiva” domanda sulla funzione dello sperone mi disse che, oltre all’effetto timone (!), salvava l’elica se la barca urtava le rocce del fondo…
Forse per la sua attraente complessità meccanica, che fa molto “status”, è uno dei sistemi più “clonati”.
Renato Levi ha tentato di unire i vantaggi del sistema “step drive” con un gruppo che sintetizza il concetto dell’elica di superficie del governo e dell’assetto, comprendente lo scarico ed un timone intubato da applicare direttamente allo stern. Un complesso compatto e meccanicamente molto semplice, inizialmente commercializzato come LDU ed ora Sea Rider (G).
In questo articolo ho quasi sempre citato la “resistenza di appendice” che nelle barche veloci, ma anche in quelle a dislocamento, si manifesta con la diminuzione della velocità prevista nel calcolo di progetto. Diminuzione che sopra i 30 nodi può essere valutata nel 15% e che aumenta esponenzialmente con il quadrato della velocità.
I vari sistemi illustrati ottimizzano la spinta propulsiva, ma permangono sempre le resistenze opposte dallo sviluppo perimetrale degli assi, dalle ogive, dai supporti delle eliche, dalle varie prese e scarichi a mare presenti sulla carena, dagli zinchi sacrificali e dai timoni!!
Ora , con buona pace del gondoliere , che con il suo remo genera una spinta ottimale ma asimmetrica , vorrei ricordare che una buona carena con geometria di spinta simmetrica mantiene una rotta stabile e rettilinea sino a che non intervengono azioni perturbatrici esterne, come il vento e gli spostamenti del carico sul piano trasversale. Quindi i timoni lavorano solo durante le virate e le piccole correzioni di rotta in tempi percentualmente minimi o con piccolissime incidenze, quando è necessario un loro intervento per correggere l’assetto trasversale sull’asse di rollio, causa che dal punto di vista energetico è più conveniente correggere con i flaps.
Quindi, con l’avvento delle eliche di superficie, i timoni rappresentando l’ultima resistenza passiva e appare ovvio renderli retrattili in modo da immergerli solo quando è necessario farli “lavorare“.
HDU Harrauer/Brighi Dive Unit (H) che realizza la totale assenza delle resistenze di appendice, è stato studiato e sperimentato in due fasi; in Brasile sul “Linx” della Cobra , come gruppo di elica semisommersa strutturata integralmente nella carena e successivamente in Italia, su una carena tipo “sigarette” come gruppo di timone retrattile ed applicabile a qualsiasi imbarcazione veloce. La forma del timone a “scimitarra” previene l’aereazione dalla superfice lo stallo di intradosso. Essa ha uno sviluppo elicoidale per aumentare l’incidenza e la superfice attiva con la sua graduale immersione.
I due timoni ovviamente, asimmetrici e speculari hanno profili tipo TMB Tulin. Lavorando in coppia durante la navigazione in linea retta i due timoni sono contemporaneamente retratti e non offrono nessuna resistenza. Quando il pilota vuol virare a destra, il timone destro, cioè all’interno della virata, comincia a scendere gradatamente sin che il pilota non lo fa risalire riportando la ruota al centro per riprendere la rotta rettilinea. Ovviamente il moto di immersione di uno dei timoni è alternativo all’altro timone ed essendo la pala a profilo elicoidale, essa crea una portanza variabile in corrispondenza delle varie sezioni trasversali, cosi che l’azione deviante dell’imbarcazione varia in dipendenza della profondità di immersione.
Le prime prove sono state eseguite nella vasca a circuitazione dell’Istituto della Scienza dello Sport di Roma e dopo il conseguimento del brevetto internazionale a mio nome ed a quello dell’ingegnere Giorgio Brigh, le prove della movimentazione oleodinamica sono state fatte al banco sperimentale della SAIPEM di Genova.
La prima coppia di timoni HDU è stata montata su uno scafo “sigarette” munito di gruppi LDU ai quali era stati tolti i timoni al tunnel. Le prove eseguite in mare hanno dimostrato l’attendibilità del calcolo delle resistenze di appendice che diminuivano del 10% a 30 Kn in maniera esponenziale con l’aumento della velocità. Il raggio di girazione con una immersione della pala corrispondente a 25° è stata mediamente di 5°/sec. e con una immersione rapida era possibile ottenere uno “spin out” controllato.
In conclusione, è mia opinione che una più attenta analisi in sede progettuale rivolta all’idrodinamica delle forme di carena, alla sua propulsione ed assetto, oltre che alle caratteristiche strutturali darebbe come risultato un più elevato indice delle prestazioni di un motoryacht, in termini di velocità, autonomia e tenuta di mare, oltre che alla razionalizzazione e l’abbattimento dei costi di costruzione e di esercizio.
Purtroppo queste analisi, studi e sperimentazioni sono trascurate o ignorate a favore di un irrazionale e dominante design.
BARCHE E RAZZI
Come descritto nel capitolo “Propulsione”, il remo è il più antico, conosciuto e semplice mezzo di propulsione marina meccanicamente corrispondente ad un leva di “primo genere” che genera una spinta per “reazione”, ma i suoi limiti, passati dalla ruota alle pale, all’elica immersa o di superficie e all’idrogetto, sono arrivati alla fine. Forse l’ultimo tentativo di sopravvivenza è stato fatto nella gara di velocità “Pavia – Venezia” nel 1938 con l’idroscivolante il cui motore azionava un’elica aerea.
Il rapporto peso/potenza/spinta di una imbarcazione ultraveloce, un “Record Breaker” oggi è inesorabilmente a favore della propulsione endotermica, cioè a favore dei razzi, sia a combustibili solidi che liquidi. La spinta propulsiva pura è passata anche nella fase del “motore a reazione” endotermico con compressori centrifughi o lineari. Questi tipi di motore, verso la fine degli anni sessanta, presentavano dei rapporti peso/potenza inaccettabili per una imbarcazione da primato.
Scrive Renato nel suo libro “Milestones in My Designs” subito dopo la morte di Sir Donald Campbell:
lavoravo ai calcoli di un nuovo progetto e cercavo una spinta per far filare lo scafo ad un numero di nodi sufficiente per battere il primato di velocità. Quindi un razzo! Avevo pensato di realizzare un modello in scala e fu in quella occasione che conobbi un italiano genialoide esperto di razzi e di reazioni chimiche ad alto potenziale. Era davvero un personaggio un po’ bizzarro… venne a casa mia e disse: sono un esperto di razzi e posso collaborare al suo progetto.
Iniziammo a fare alcuni esperimenti nel giardino di casa mia dietro un muro che proteggeva alcune colture. La prima reazione non ci convinse molto e qualche giorno dopo il mio “collaboratore” portò altre “sostanze” più potenti. Le mescolò con aria disinvolta da vero dominatore della materia e ci fu una reazione abbastanza violenta… vetri rotti, choc generale ed un po’ di paura!
Ritenni che l’esperto avesse ancora qualche dubbio in materia e abbandonai il progetto, anche perché il denaro a disposizione per l’avventura non era sufficiente.
Venti anni dopo, sono stato incaricato di studiare la possibilità di un progetto per lo stesso scopo. In questo altro caso la spinta doveva venire da una gas-turbina “General Electric F 110” e la velocità da raggiungere era di 350 Mph, vale a dire oltre 560 Km/h.
In questo caso, conclude Levi, la maggiore spinta avrebbe permesso di progettare una imbarcazione più grande, quindi più stabile ed affidabile e si sarebbe passati ad una dimensione di oltre 15 metri rispetto alla barca propulsa dai razzi che era stata disegnata per una lunghezza di circa sette metri e che con tutta probabilità avrebbe mandato Sonny a tener compagnia a Sir Donald Campbell…
Gentile Carlo Muratori,
adesso dallo schizzo che mi ha inviato comprendo bene cosa lei aveva in mente. In linea teorica e solo
in parte ci potrebbe essere qualche vantaggio, ma la lunghezza dell’asse interno, il rinvio del V-drive
che è una trasmissione in aggiunta rumorosa e pesante, crea vibrazioni ed è poco pratica, senza contare
che la parte del piede regolabile, per essere tale richiederebbe un doppio giunto cardanico..
Il mio parere è assolutamente negativo e mi scusi se sono crudo, meglio assolutamente una coppia di
motori con piedi poppieri duoprop, del tipo Bravo One con il trim regolabile e che le da la possibilità di
avere il miglior assetto possibile.
Esistono poi le trasmissioni validissime Top System: https://www.topsystemdrive.com e andando sul loro
sito può rendersi conto di cosa Le sto illustrando. Sono il meglio che esiste come trasmissioni poppiere
da potenze di circa 300 CV a oltre mille e che consentono di avere spazi maggiori nel vano motori, oltre
ad avere assetti regolabili che ottimizzano il rendimento della carena.
Ovviamente parliamo di carene plananti ben stellate (con pattini adeguati per forma e grandezza) disegnate
da progettisti seri e competenti..
Mi scusi se sono stato molto diretto, ma è d’obbligo esserlo rispondendo a quesiti come il suo. Tuttavia,
può interpretare la risposta come meglio crede e la mia è solo una semplice opinione personale che si basa
su esperienze provate e di successo che mi sono state trasmesse da grandi progettisti come Renato “Sonny”
Levi, Franco Harrauer ed altri di cui ho avuto la fortuna di essere loro amico.
Grazie per l’attenzione!
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Gentile Giacomo,
sono dispiaciuto per la perdita e dalle parole che ha usato posso solo immaginare le qualità dell’arch. Haraurer e rimpiango di non averci potuto conversare prima.
Per quanto riguarda il quesito che avevo posto probabilmente mi sono spiegato male.
L’asse non dovrebbe uscire in verticale ma inclinata così come in qualsiasi barca con linea d’asse.
Semplicemente immaginavo di “spezzare ” l’asse in due in prossimità del cavalletto e aggiungere un banale giunto cardanico in per rendere il troncone a valle orizzonatale.
Le ho inviato per email uno schizzo per spiegarmi meglio.
Sarei molto curioso di avere un parere di esperti e capire quali possano essere le contro indicazioni di un sistema del genere perchè a livello di DRAG e complessità costruttiva non vedo grosse differenze rispetto ad una soluzione in linea d’asse “normale” mentre il beneficio in termini di resa dell’elica sarebbe più o meno quello ottenuto con le eliche di superficie (spinta quasi perfettamente orizzontale).
Intanto la ringrazio anticipatamente per la disponbilità
Un caro saluto
Carlo
Gentile Carlo,
mi dispiace comunicarle che l’arch. Franco Harrauer non è più tra noi dal 9 luglio 2016.. vedi:
https://www.altomareblu.com/buon-vento-franco-harrauer/.
E’ stata una perdita notevole per la nostra progettazione nautica, considerando la persona, l’inventiva, i tantissimi progetti, i suoi bellissimi racconti presenti qui su AltoMareBlu, tanta storia della tecnica nautica da diporto, offshore ecc..
Sono sicuro, se fosse qui con noi, ne direbbe di tutti i colori della nautica attuale… ma questa è un’altra storia…
Franco Harrauer sarà sempre nel cuore e nella mente di chi lo ha conosciuto e frequentato, scorgendo in lui un uomo speciale, vignettista, esperto di aerodinamica e una passione infinita per il mare, arrivando a sperimentare soluzioni aero-idrodinamiche progettando imbarcazioni a motore da diporto, da lavoro ed anche a vela. Architetto ed eclettico narratore, ci ha deliziato nel corso degli anni insieme ai suoi attenti lettori con tantissime storie e aneddoti romanzati dei mezzi di assalto della prima e seconda guerra mondiale…
Ritornando alla domanda che Lei ci ha posto Le rispondo che la Sua soluzione è in realtà impraticabile per vari motivi di carattere tecnico. In linea teorica le linee d’asse parallele allo specchio d’acqua dovrebbero essere più efficienti. Tuttavia, la trasmissione uscirebbe dallo scafo con uno sbalzo di 90° rispetto alla linea della chiglia, creando un drag che ne annullerebbe i vantaggi. Infine, si avrebbe una trasmissione che dovrebbe essere completamente immersa in acqua, con varie complicazioni da superare ai fini della tenuta stagna delle parti rotanti ecc. e non dimentichiamo che la linea d’asse inclinata ha una sua funzione specifica e cioè quella di far uscire carena e prua dall’acqua, favorendo la planata..
La ringraziamo per averci scritto, cordiali saluti,
Giacomo Vitale
AltoMareBlu
Gentile Franco Harrauer, volevo sapere se mai qualcuno ha pensato di rendere “orizzontali” le normali linea d’asse.
“Basterebbe” inserire nel cavalletto un giunto (cardanico?) che spezzi in due l’asse. Il moncone inclinato proveniente dal motore a monte del cavalletto e un secondo moncone “orizzontale” a valle del cavalletto (parallelo alla linea di ciglia? O alla linea di moto prevista da progetto alla velocità da crociera?).
In questo modo sicuramente non si ridurrebbero gli attriti (drag) classici delle linee d’assi ma almeno si ottimizzerebbe di molto la spinta.
Il tutto ad un costo irrisorio e mantenendo la semplicità (e affidabilità) meccanica delle linee d’asse.
Sicuramente mi sfugge qualcosa ma sarei curioso di approfondire.
Un caro saluto
Gentile Giuseppe,
la domanda o meglio le domande che poni sono diverse ed in sostanza chiedi se vi è differenza di rendimento su due tipi diversi di propulsione: nel caso specifico linea d’asse e idrogetto… poi la capacità di trainare reti o un altro natante.
Dunque, è chiaro e palese che uno scafo con propulsione a linea d’asse, con cavallotti ed eliche ha una drag (attrito) notevole che semplificando al massimo senza dilungarci in discorsi tecnici, assorbe il 20% della potenza effettiva del motore che si traduce in soldoni in perdita di velocità.
Lo stesso scafo con il medesimo motore, ma con propulsione ad idrogetto è evidentemente avvantaggiato per il motivo sopra detto, ma ad una condizione, cioè che il mare sia sempre abbastanza calmo o comunque non formato, poiché in caso di vuoti d’aria in carena e precisamente nel punto in cui l’idrogetto aspira l’acqua, si crea una caduta di potenza notevole ed i tempi per ricaricare l’idrogetto ecc. creano una pausa notevole nella spinta e nel rendimento del sistema.
Per quanto riguarda il rendimento al traino, la propulsione a linea d’asse ha un rendimento costante sia con mare calmo che formato, con le perdite meccaniche dovute al drag.
Concludendo, per il traino è meglio affidarsi ad una barca dotata di linee d’asse o gruppi entrofuoribordo!
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Una domanda.
In rapporto di forza al traino, cioè, un natante che ha al trino reti da pesca o quant’altro in gene, o, ha al traino un altro natante al rimorchio di esso; Con stesso scafo e stesso motore, ma con due sistemi di propulsione differenti, ha più forza al tiro, un sistema idrogetto o in linea d’asse?
Grazie!
Vedo che alcune configurazioni a due eliche sono anche controrotanti? Non solo sui Volvo e se la spinta è simmetrica perchè un’elica è destrorsa e l’altra è sinistrorsa, che vantaggio hanno oltre ad avere i riduttori uguali?
Camillo
Caro Alex,
credo che la tua analisi per quanto ermetica sia più che sufficiente. IPS di Volvo è sicuramente un sistema innovativo ma non certo rispetto alle eliche di superficie. Diciamo che Volvo ha cercato di creare un sistema che non fosse molto lontano dal suo “Cavallo di Battaglia” ovvero il piede poppiero ma che ne superasse il grande limite di potenza max applicabile.
In tutto questo ha saputo sicuramente risolvere il problema della manovrabilità (dovuta più che altro alla crescente incapacità di molti armatori) che è indubbiamente elevata anche se drasticamente legata ad un sistema elettronico… e se non dovesse più funzionare? Come governo? Bella anche l’idea di mettere le eliche sotto la barca ma in tutto questo ha perso una grande peculiarità del piede poppiero ovvero quella di correggere l’assetto in caso di appruamento dinamico della barca!
In quanto poi alla generazione di resistenza, beh, è indubbio che qualsiasi cosa sia sotto carena ne generi… figuriamoci due bei piedi IPS. Sicuramente va dato atto alla Volvo di una ottima campagna di marketing e di una efficacissima penetrazione del mercato anche se legata più ad una “moda” che ad una reale esigenza del mercato.
In ultima analisi IPS può essere considerata come un’innovazione “a metà” valida per certi aspetti ma con tanti limiti idrodinamici e meccanici (trasmissione del moto legata a numerosi e delicati ingranaggi con almeno tre cambi di direzione). Per quanto concerne poi l’affidabilità in caso di urto… mi piacerebbe fare una statistica che metta in relazione le riparazioni e/o gli interventi effettuate durante la stagione estiva nel golfo di Napoli su barche con IPS e su barche con sistemi propulsivi tradizionali… chissà se un elica traente così sommersa ha poi vantaggi anche in questo!?
Spero vivamente che il mercato a partire dall’utilizzatiore finale fino al cantiere costruttore capisca l’effettiva innvoazione costituita dalle eliche di superficie che non devono essere relegate al campo delle competizioni ma devono entrare nella produzione di serie. La loro efficacia è sotto il naso di tutti da tanto tempo ma ancora in pochi possono e vogliono beneficiarne e questo è un grande limite di una nautica che da troppo tempo ormai è legata a schemi “antichi”… ma questo è un altro articolo…
Francesco
Sono stato troppo ermetico:
il famoso C-Drive della svedese Crescent… in pratica, un piede poppiero ad elica traente montato sullo specchio di poppa. Volvo, anche questa volta, non ha inventato nulla di innovativo, rivoluzionario, diverso. Hanno spostato più avanti le eliche (vicinissime alla carena) per avere flussi “puliti” e non turbolenti dello specchio di poppa; montandoli in carena e non allo specchio, hanno una notevole rotazione ma gli angoli di trim? Si usano i flaps? In negativo ovviamente, ma in positivo come la mettiamo nome? Cagata?
Se la memoria non mi tradisce, dovremo già essere verso la fine degli anni 50 e fino ai 70… hanno fatto molte prove, di punto in bianco, compaiono gli IPS; nessuna novità.
Perdonate la fretta.
Ciao Maurizio,
comprendo, la mia precisazione era dovuta, potrei essere d’accordo da un punto di vista storico ma ho ancora riserve sull’innovazione che, se per Levi, Step Drive, eliche di superficie, proposte di Harrauer grazie a collaborazioni con “Sonny” Levi, per quello che mi riguarda… IPS e Volvo non hanno fatto nulla di particolare anzi!
Ho scritto che non scenderò in particolari tecnici, sta di fatto che le mie (e non solo mie) perplessità restano e possono essere ampliate da quanti seguono e applicano tutti i giorni la loro esperienza nella progettazione e nell’utilizzo di tutti i sistemi fin qui descritti.
Volvo, come dimostra anche il loro video, sa fare bene il suo lavoro di marketing, onore e merito ma tante cose le omettono e questo mi fa veramente dubitare sulla bontà delle loro “invenzioni”.
Personalmente, come sicurezza, avere 4 eliche che mi girano sotto la carena… mi lasciano poco tranquillo, immaginare di saltare su una rete tra carena e piedi, staccare uno dei due IPS (loro affermano che non si affonda ma non ci credo), rompere una pala dell’elica e così via.
Non hanno Drag? Se fungono da timone, lo devono avere per forza e si trascura anche la parte posteriore dei flussi delle eliche, applicazione di potenza, velocità raggiunte da imbarcazioni che utilizzano quei sistemi; è anche abbastanza profondo il sistema IPS, insomma… detta proprio come va detta, io su un affare che monta quei cosi sotto la carena, non ci salirei nemmeno se pagato!
Grazie della tua risposta, immagino che presto, anche altri dibatteranno su questo “controverso” sistema proposto e ben commercializzato dalla Volvo Penta che, ripeto, ha fatto bene il suo lavoro!
Alex
Ciao Alex,
nel’articolo di Franco vengono rappresentate tutte le innovazioni dei sistemi propulsivi, dalla classica linea d’asse al piede poppiero, dal sistema trimax all’idrogetto, dall’Arneson all’LDU. Tutti sistemi che hanno vantaggi e svantaggi, utilizzo specifico in alcune circostanze e inutilizzabili in altre. Tutto dipende da quello che si deve fare con l’imbarcazione e se il disegno dell’imbarcazione permette di utilizzare quel sistema. L’IPS è un concetto semplicemente diverso da tutti quelli rappresentati nel pezzo di Harraurer e completa il discorso sui propulsori.
Nelle foto inserite ti avevo inviato anche uno schizzo a matita che realizzai tanti anni fa… si tratta di un semplice concetto, quello di far sparire i timoni in carena e farli affiorare con un sistema idraulico al momento del loro utilizzo. Si nota una carena con eliche di superfice e il sistema idraulico che dovrebbe far uscire i timoni al momento della virata in una o l’altra direzione, mentre in riposo sparirebbero completamente all’interno della carena.
Preciso che lo schizzo risale a moltissimi anni fà.
A vantaggio di design per quello che non si vede…
Maurizio
Ciao Maurizio,
Riguardo a IPS, Antonio Soccol ha scritto in un suo articolo, in merito a sistemi IPS, Considerazioni Salone di Genova e anche in questo articolo “Evoluzione della specie“.
Comprendo e capisco i tuoi punti, le tue osservazioni ma credo profondamente che è una soluzione “molto delicata” anche per il tipo di posizionamento delle eliche; il concetto di elica sommersa ed eliche di superficie, sono concetti ampiamente dibattuti in AltoMareBlu; non me ne voglia alcuno, compreso la Volvo ma credo che le propulsioni tipo “TopSystem Surfice Drive” siano una soluzione molto più vicina al mio concetto di “evoluzione” della tecnica e dell’ingegno italiano.
Sempre l’eccezionale Antonio Soccol ha scritto in: Rock around the States (3): Jim Wynne dei primi piedi poppieri di Cabi Cattaneo come in: Plagiare, copiare, imitare dove si spiega una grande verità legata a questo tipo di sistemi. Rovesciarli ha “innovato”? Io non ne sono assolutamente convinto. E’ un mio personale punto di vista e non scendo nei particolari.
Alex
Un nuovo sistema di trasmissione per imbarcazioni è stato introdotto da Volvo Penta. Si tratta dell’ IPS (Inboard Performance System).
L’innovazione IPS è la più importante realizzazione della Società dall’introduzione del sistema entrofuoribordo Aquamatic nel 1959. Molti leader mondiali nella produzione di imbarcazioni da diporto hanno collaborato allo sviluppo dell’IPS che, sin dalla presentazione, in gennaio 2005, ha immediatamente riscosso un enorme successo.
In parole povere, il nuovo sistema è dotato di eliche traenti che lavorano nella direzione del moto dell’imbarcazione, come negli aeroplani.
La Volvo Penta ha realizzato eliche traenti e controrotanti applicate ad un sistema molto simile alla parte terminale di un Piede poppiero. Collocato sotto lo scafo e libero di poter ruotare, il nuovo Inboard Performance System rende le barche più veloci, più silenziose e facili da manovrare.
Assicura anche più spazio disponibile a bordo liberando lo specchio di poppa per maggiore comodità dei passeggeri. Le eliche traenti sono in realtà assolutamente logiche, solo che nessuno ne ha sfruttato i vantaggi prima nel settore della nautica da diporto. Dato che le eliche sono montate all’estremità anteriore dell’unità di propulsione, possono lavorare in acqua indisturbata ed assicurare il massimo dell’efficienza.
La scia delle eliche è completamente parallela al fondo dell’imbarcazione e quindi tutta la potenza sviluppata si trasforma in forza di spinta. L’efficienza è inoltre esaltata dalla tecnologia delle eliche controrotanti, dato che vengono eliminate le perdite rotazionali. La manovrabilità a velocità ridotta delle imbarcazioni con linea d’asse convenzionale è severamente limitata perchè il timone può agire solo su una parte della scia dell’elica e la maggior parte della potenza spinge l’imbarcazione in avanti.
Con le unità di propulsione governabili, il sistema IPS Volvo Penta assicura prestazioni di manovrabilità completamente diverse. Quando l’unità di propulsione ruota, l’intera scia delle eliche e quindi tutta la potenza viene indirizzata nella direzione desiderata. La barca ruota agevolmente e rapidamente, anche a bassa velocità. E’ inoltre facile da manovrare sia in marcia avanti che in retromarcia.
In fine i gas di scarico sono convogliati all’interno del vortice creato dall’elica sotto all’imbarcazione, quindi viene drasticamente ridotto il fenomeno del ritorno a bordo dei fumi della combustione che si allontanano dallo scafo insieme alla scia.
Il sistema IPS è molto flessibile ed è disponibile per installazioni doppie, triple e quadruple.
La vasta gamma di gruppi IPS consente a progettisti e costruttori di barche di trovare la giusta alternativa per qualsiasi tipo di barca da 35 a 100 piedi.
Maurizio Santo
Gentilissimo Franco
se non ricordo male o se i racconti sentiti mi confondono l’americano R. Hickman osservò che le navi da carico quando erano scariche riuscivano ad avere una velocità maggiore poichè la grande elica girava semisommersa nell’acqua. infatti con l’assenza di carico il pescaggio diminuiva e l’elica usciva quasi del tutto dall’acqua. Questo motivo spinse Hickman a realizzare e sperimentare la prima trasmissione di superfice.
L’evoluzione dei sistemi di propulsione nel settore nautico non si è ancora fermata.
Un nuovo sistema di trasmissione per imbarcazioni è stato introdotto da Volvo Penta. Si tratta dell’ IPS ( Inboard Performance Systemi. L’innovazione IPS è la più importante realizzazione della Società dall’introduzione del sistema entrofuoribordo Aquamatic nel 1959. Molti leader mondiali nella produzione di imbarcazioni da diporto hanno collaborato allo sviluppo dell’IPS che, sin dalla presentazione, in gennaio 2005, ha immediatamente riscosso un enorme successo. In parole povere, il nuovo sistema è dotato di eliche traenti che lavorano nella direzione del moto dell’imbarcazione, come negli aeroplani.
La Volvo Penta ha realizzato eliche traenti e controrotanti applicate ad un sistema molto simile alla parte terminale di un Piede poppiero. Collocato sotto lo scafo e libero di poter ruotare, il nuovo Inboard Performance System rende le barche più veloci, più silenziose e facili da manovrare. Assicura anche più spazio disponibile a bordo liberando lo specchio di poppa per maggiore comodità dei passeggeri. Le eliche traenti sono in realtà assolutamente logiche, solo che nessuno ne ha sfruttato i vantaggi nel settore della nautica da diporto. Dato che le eliche sono montate all’estremità anteriore dell’unità di propulsione, possono lavorare in acqua indisturbata ed assicurare il massimo dell’efficienza. La scia delle eliche è completamente parallela al fondo dell’imbarcazione e quindi tutta la potenza sviluppata si trasforma in forza di spinta. L’efficienza è inoltre esaltata dalla tecnologia delle eliche controrotanti, dato che vengono eliminate le perdite rotazionali.
La manovrabilità a velocità ridotta delle imbarcazioni con linea d’asse convenzionale è severamente limitata perchè il timone può agire solo su una parte della scia dell’elica e la maggior parte della potenza spinge l’imbarcazione in avanti. Con le unità di propulsione governabili, il sistema IPS Volvo Penta assicura prestazioni di manovrabilità completamente diverse. Quando l’unità di propulsione ruota, l’intera scia delle eliche e quindi tutta la potenza viene indirizzata nella direzione desiderata. La barca ruota agevolmente e rapidamente, anche a bassa velocità. E’ inoltre facile da manovrare sia in marcia avanti che in retromarcia. In fine i gas di scarico sono convogliati all’interno del vortice creato dall’elica sotto all’imbarcazione, quindi viene drasticamente ridotto il fenomeno del ritorno a bordo dei fumi della combustione che si allontanano dallo scafo insieme alla scia.
Il sistema IPS è molto flessibile ed è disponibile per installazioni doppie, triple e quadruple. La vasta gamma di gruppi IPS consente a progettisti e costruttori di barche di trovare la giusta alternativa per qualsiasi tipo di barca da 35 a 100 piedi.
chi sa se in futuro troveremo un sistema di trasmissione di superfice traente!
Un saluto
Maurizio