Rock around the States (3): Jim Wynne
di Antonio Soccol
Dopo esser stato a cena, in barca, con Dick Bertram, l’indomani mattina, dal mio albergo di Miami, chiamai Jim Wynne: “Vieni, ti aspetto” mi disse dandomi un indirizzo.
La storia di questo “ingegnere” è molto interessante. E ricca anche di parecchi punti di domanda. Molti sostengono che sia stato uno “starter” (cioè uno che ha inventato delle cose). Altri ritengono che sia stato un furbetto con tendenza al plagio. La storia non gli dà ragione ma nulla esclude che “certe cose nostrane” lui non le sapesse davvero.
Per esempio che quei piedi poppieri (sinonimo di “entrofuoribordo”, “efb”, “stern drive”, “gruppi poppieri” eccetera) di cui tutti (o quasi) lo ritengono il “padre”, avendo a suo nome un brevetto americano (per la precisione il numero 3.376.842, datato 1958 e rinnovato a favore di Volvo, l’11 maggio del 1960), siano solo una patetica ri-edizione “made in Usa” di quelli che la nostra Cabi Cattaneo (su progetto dell’ing. Guido Cattaneo, campione di motonautica oltre che contitolare, con il padre, della nota azienda) montava sia sui suoi scafi da corsa (fra cui il famoso “Asso” dei cantieri Baglietto) sia sui barchini esplosivi della X° MAS, ben prima del suo brevetto: già nel 1936!
Questi barchini, il cui nome ufficiale era MTM (Motoscafi da Turismo Modificati), avevano un grosso carico esplosivo a prua e, in guerra, venivano lanciati a tutta velocità contro le navi nemiche: a circa 50 metri dal punto di impatto, il pilota bloccava il timone e si proiettava fuoribordo con tutto lo schienale.
La spinta all’MTM veniva data da un motore a scoppio Alfa Romeo da 90 cv che lavorava su una trasmissione che era un vero e proprio piede poppiero (alzabile, lateralmente, per 90°: “invento” utile perché i barchini potessero superare con maggior facilità le reti di sbarramento che chiudevano i porti durante il conflitto) e, per evitare l’effetto di coppia, con due eliche controrotanti piazzate a poppa del mozzo.
Sì, proprio come quelle “ri-inventate” di recente dalla Volvo Penta… E pensare che le prime eliche controrotanti, come ricorda Kevin Desmond nel suo libro “Power Boat- The quest for speed over water”, sono… spagnole. Della ditta di Barcellona “Orpheus Synchronica” del marchese de Soriano che le aveva montate (una davanti e l’altra dietro al mozzo), nei primi anni Trenta, su un suo motore fuoribordo, il “Soriano” da 987 cc, capace di sviluppare ben 85 cv a 5mila rpm. Ah, la storia, la storia ragazzi! Quante cose ci “insegna” la storia.
Molti esemplari di MTM, con il piede entrofuoribordo di Guido Cattaneo, si trovano oggi nei nostri Musei (a Milano al ”Leonardo da Vinci”, a Venezia in quello “Storico Navale”, al Museo Navale presso l’Arsenale di La Spezia eccetera). La più importante azione bellica fatta da questi barchini esplosivi viene così descritta nei testi della X° Mas:
Foto: G.c. dell’archivio di Vincenzo Cicogna
…Toccò ad una squadriglia di sei MTM (Motoscafi da Turismo Modificati), riaprire le ostilità: nella baia di Suda, isola di Creta, la ricognizione aerea aveva segnalato la presenza di almeno dodici navi inglesi alla fonda tra cui l’incrociatore pesante York. Le torpediniere Crispi (C.F. Ferruta) e Sella (C.C. Redaelli), “avvicinatori”, misero in mare nella notte del 25 marzo 1941, i sei MTM condotti dal T.V. Luigi Faggioni, dal S.T.V. Angelo Cabrini e dai sottufficiali De Vito, Tedeschi, Beccati e Barbieri.
Nella navigazione di avvicinamento vennero superate tre ostruzioni; a motore spento i barchini si radunarono al centro della baia per osservare ed assegnare i bersagli, quindi, spinti i motori al massimo, si lanciarono all’attacco. Tedeschi e Cabrini danneggiarono gravemente l’incrociatore pesante York che di fatto venne perduto, Beccati danneggiò la nave cisterna Pericles (8.234 tsl).
I sei piloti, tutti illesi ma prigionieri, con una esecuzione ben coordinata e condotta con decisione avevano messo a frutto le capacità tecniche acquisite nel duro addestramento e le potenzialità organizzative di tutta la Flottiglia. Disse l’ammiraglio Cunningham, comandante della flotta inglese del Mediterraneo: “Lo York, il nostro solo incrociatore con cannoni da 203, era stato eliminato”.
Tornando alle trasmissioni entrofuoribordo utilizzate nel diporto, per onore di cronaca va anche ricordato (come riporta il libro “L’avventura dell’offshore”, a cura di Claudio Nobis, Mursia editore) che, addirittura nel 1932, la Motonautica Lario di Milano, avrebbe costruito e fatto funzionare un altro piede poppiero per motori da 20/30 cv, che pesava solo 15 chili e che, “in tutta onestà” scrivono gli autori di quel volume (Carlo Marincovich, Fabrizio Ricci e Antonio Soccol), “è il vero progenitore degli stern drive oggi montati su migliaia di barche”. Il tutto anche se non mi è stato mai possibile trovare uno straccio di fotografia che comprovasse l’affermazione.
La storia dei gruppi entrofuoribordo “inventati” da Wynne è, invece, piuttosto ben descritta nel libro “Iron Fist- The Lives of Carl Kiekhaefer” di Jeffrey L. Rodengen (640 pagine, cm 23 x 15,5; Write Stuff Syndicate, febbraio 1990), nel capitolo “The Great Stern Drive Conspirancy”(si traduce in “La grande cospirazione [o “complotto”] dei piedi poppieri”). Un titolo che la dice lunga… ma non sull’eventuale plagio quanto sulla genesi dell’idea e del brevetto. Di quello “made in Usa”, s’intende.
Cerco di riassumere la complicata vicenda, anche perché, nel viareggino (Camaiore), c’è Marco Bertini che, di recente, mi ha scritto così:
Il giovane ingegnere americano Jim Wynne che faceva parte della US Navy nell’immediato dopoguerra, probabilmente vide i disegni originali di Cattaneo sequestrati dagli americani e perfezionò il sistema aggiungendo la trimmabilità di cui l’idea di Cattaneo era sprovvista.
Ho intenzione prossimamente di innescare al riguardo una grossa “controversy” come la chiamano gli americani su uno dei più seguiti forum in Usa. Se mi andrà bene mi daranno del “sovversivo comunista e terrorista”, come mi è quasi successo quando ho detto che, secondo me, spesso i titoli mondiali offshore erano decisi a tavolino prima di iniziare i campionati dalla Kiekhaefer e dalla Mercury per questo o quel pilota a seconda degli interessi economici interni o per qualche specifica nazione e/o continente.
Se “controversy” ci deve essere, “controversy” sia. Ma Jim Wynne non so se avesse visto i disegni di Guido Cattaneo. La storia qui è altra. Jim, di certo, aveva visto i disegni di Charles “Charlie” Strang…
“Charlie” Strang era un appassionato di motori fuoribordo sin dal 1948 quando stava per laurearsi al MIT (il Massachusetts Institute of Technology è una delle più importanti università di ricerca del mondo, con sede a Cambridge, nel Massachusetts, USA). Il suo sogno, allora, era di battere il record americano di velocità per scafi spinti da motori fb che era di 78,121 mph (67,53 nodi). All’epoca, il motore fuoribordo più potente in circolazione era il 33 cv “Speedyfour” della Evinrude: potenza insufficiente per filare oltre i 68 nodi.
Così, il bravo Charlie comprò usato un vecchio motore da corsa europeo, in alluminio, un “Coventry Climax” inglese (per info su questi motori, vedi il bellissimo libro “Coventry Climax Racing Engines” di Des Hammill dove si raccontano le vittorie a Le Mans con la Lotus Elite e quelle in F1 con Stirling Moss e Jack Brabham, sino all’acquisto dell’azienda- nel 1963- da parte della Jaguar). Strang applicò a quel motore Climax, il piede di un fuoribordo. E qui si potrebbe teoricamente innestare una potenzialità: che Strang potesse aver avuto notizia (o addirittura visto) uno dei barchini esplosivi italiani. Sempre Marco Bertini, infatti, mi scrive:
I progetti e i mezzi d’assalto, fra cui un barchino esplosivo, catturati intatti nel porto di La Spezia dai reparti americani alla fine di aprile del 1945, furono immediatamente spediti in America sotto la dicitura “Restricted” e finirono proprio alla base dei reparti speciali della Marina Usa, i famosi “Seals”.
Tutto questo risulta da ricerche che io stesso e un mio amico, scrittore di fatti d’arme avvenuti sulla Linea Gotica nel ’44-’45, abbiamo fatto negli anni novanta.
Come che sia, Charlie Strang raccolse tutto il suo lavoro in precisi disegni che classificò come si usava fare al MIT. Uno di questi progetti prevedeva la versione finale di un piede poppiero, compreso quell’universal joint che è l’elemento fondamentale per l’accoppiamento fra il motore e la trasmissione. Strang chiamò questo suo “invento” AVC (da “Apacinata Von Climax”, nome di una famosa sirena che lo aveva incantato da marmocchio), scrisse alla APBA (American Power Boat Association) per avere l’ok al suo tentativo di record, ma gli risposero picche: “Il suo propulsore non è un fuoribordo”, dissero. E Charlie mise, provvisoriamente, in un cassetto il suo progetto. Poi, nel 1951, andò a lavorare alla Kiekhaefer Corporation che produceva i motori fuoribordo Mercury. E, dopo appena due settimane dalla sua assunzione, propose il suo “invento” a Carl Kiekhaefer, il dispotico boss dell’azienda. Che lo mandò a pascolar le capre… dicendogli che la sua idea era “una stronzata”. Sic.
Ma ci voleva altro per demolarizzare Charlie Strang che, a tempo perso, continuò i suoi esperimenti utilizzando altri motori: Chrysler, Ford e Chevrolet. Nel frattempo, alle dipendenze di Kiekhaefer, era arrivato anche un altro personaggio: Jim Wynne, un tecnico che piaceva molto al boss perché proprio bravo con i motori e in particolare specializzato nel renderli affidabili: una volta Jim organizzò, persino, una manifestazione di durata di 25mila miglia (qualcosa come 40mila chilometri, cioè l’intera circumnavigazione della Terra all’equatore) durante la quale fece funzionare due barche spinte da fb Mercury per 68 giorni senza alcuna (ufficiale) manutenzione. Un’altra volta pilotò una barca, ovviamente spinta da un Mercury, per tre giorni e tre notti, ininterrottamente. Wynne si era laureato al MIT con una tesi dal significativo titolo: “Performance of a crankcase scavenged two-stroke engine” e proprio per questo Kiekhaefer lo aveva voluto nel suo staff.
Il sodalizio fra Jim Wynne e Carl Kiekhaefer durò solo 18 mesi e poi, per colpa di una donna, si “autodistrusse” ma, nel frattempo, Jim era diventato anche molto amico di Charlie Strang che, la sera del 19 maggio 1956, dopo aver sentito con lui, alla radio, la cronaca dell’incontro di pugilato fra Ray “Sugar” Robinson e Carl “Bobo” Olson, gli confidò tutto del suo progetto segreto di “stern drive”. Secondo Jeffrey L. Rodengen, l’autore del libro citato, nacque in quel momento il “famoso complotto degli efb”.
Jim e Charlie decisero, infatti, di parlare delle possibilità del piede AVC con Charles “Alex” Alexander, che era un altro “pezzo da novanta” nella struttura della Kiekhaefer Corp. E i tre stabilirono di portare avanti gli esperimenti senza dir nulla al padrone del vapore, il prepotente e incredulo Carl. Per capirci: sarebbe un po’ come se oggi tre “ragazzi” che lavorano all’ufficio tecnico della Fiat decidessero di fare delle ricerche e degli esperimenti molto avanzati su un’auto che va a acqua e magari che vola, senza informare Marchionne e/o Montezemolo… Roba da ergastolo.
Poco dopo scoppiò la guerra per la femmina: non chiedetemi dettagli… sappiamo tutti da sempre che se il naso di Cleopatra fosse stato più lungo, la “Storia dell’Occidente” sarebbe stata ben diversa. E, comunque, non fu quella la prima né l’unica volta in cui il fascino (e… il resto) di una bella donna determinò l’andamento delle cose in casa di Carl Kiekhaefer e, per inesorabile conseguenza, nella nautica da diporto di tutto il mondo… Fatto sta che, poco dopo, Jim Wynne se ne andò dalla Mercury.
Per molto tempo si disse e scrisse che il motivo del “divorzio” fra i due era nato dall’ennesimo rifiuto da parte di Kiekhaefer a lavorare al progetto degli stern drive. Non era così: anche qui, come a suo tempo era successo a Troia, la guerra scoppiò per una “Elena” ma nessuno osava dirlo: l’omertà esiste(va) da ben prima dell’invento della privacy…. Il fatto che conta è che nel 1958, appena 90 (novanta) giorni dopo aver lasciato la Mercury, Jim Wynne risultò aver “inventato” e brevettato i piedi poppieri… Strang era assolutamente consenziente: gli aveva dato ogni dettaglio ma non voleva esporsi in prima persona, essendo rimasto a stipendio sicuro come vice-presidente della azienda del “feroce” Carl Kiekhaefer.
A quel punto, Jim crea una società, la Hydro Mechanical Development, compra di nascosto una barca da 20 piedi, costruita in vtr da Woody Woodson, la mette in un garage che nasconde, oscurando vetri e porte e non parlando mai con nessuno degli affari suoi. Ci monta il “suo” accrocco ma sembra non funzionare troppo bene. Non subito, quanto meno. Poco dopo John Jarnmark, che vende i motori Volvo Penta nel New Jersey, chiama Jim che vuol acquistare un nuovo motore svedese da 80 cv, senza invertitore. Fra i due nasce un certo feeling tecnico, ma Jim – educato alla scuola di Kiekhaefer dove tutto doveva esser sempre e assolutamente segretissimo- non rivela più di tanto il suo progetto.
Il resto è storia un po’ più nota: Ole Botved, giovane e avventuroso presidente del cantiere danese Coronet, vuol lanciare i suoi cabinatini con una impresa “mondiale”: la traversata dell’oceano Atlantico (da Copenhagen a New York) con un 23’ spinto da una coppia di motori fb Johnson da 50 cv ciascuno e contatta Jim Wynne per offrirgli di essere uno dei tre driver dell’impresa. Jim vola a Copenhagen.
Da qui, si mette in rapporto con la Volvo Penta di Goteborg (Svezia). Jim offre agli svedesi il “suo” brevetto, la Volvo accetta. Wynne interpella di nascosto Charlie Strang (“Molli Carl Kiekhaefer e vieni a lavorare alla Volvo oppure chiudo io il contratto con loro?”) che gli risponde testualmente: “Jim, do what you want with you” (Jim, fai quello che vuoi). Ma poi i problemi tecnici non sono di facile soluzione e così Strang torna in pista e, di nascosto, aiuta la Volvo a sviluppare il “suo” progetto. Che alla fine funziona: viene stabilita una royaltie di 7 dollari per ogni piede venduto (3,5 $ per la prima serie) e del 12,5 % su eventuali sub-licenze concesse ad altri produttori di motori…
Poco dopo, il 13 luglio del 1958, Jim con Ole Botved e Sven Orjangaard (e la compiacente, quanto inevitabile, assistenza di una navetta-appoggio) traversa, in 11 giorni, l’oceano Atlantico con il Coronet Explorer 23’ (3.433 miglia in 256 ore e 18 minuti) e diventa un eroe mentre, ai primi di gennaio del 1959, i primi Volvo Penta applicati agli AVC, ormai chiamati “Aquamatic”, vengono presentati con grande enfasi al New York Motor Boat Show.
Wynne incassa il frutto del suo “invento” e, con le prime economie, ottiene un esemplare di un nuovo 18 piedi segretissimo disegnato da Ray Hunt. Ovviamente ci installa un paio di Volvo Penta Aquamatic e, nel 1960, guida la barca che si chiama “Wyn-Mill” in quella durissima Miami-Nassau che avrebbe fatto conoscere a tutto il mondo motonautico Dick Bertram. Arriva due ore e mezzo dopo (160 cv contro 550 ma soprattutto un 18′ contro un 30′, su mare molto inquieto…) però è primo di classe: un trionfo! Incrementato dal fatto che il secondo pilota di Wynne è Bill McKeown, direttore del mensile Popular Boating (questa testata oggi si chiama semplicemente Boating).
C’è da aggiungere che la Volvo era assolutamente contraria a questa “prova di forza” e che Wynne aveva fatto tutto, come sempre, di nascosto. Ma, a risultato acquisito, anche la Volvo guadagnò… sia in prestigio che in economia.
Bill, infatti, scrive un articolo molto convincente sulle prestazioni garantite dalla nuova trasmissione. Articolo che naturalmente fa molto incazzare Carl Kiekaefer il quale si procura uno di questi Volvo Aquamatic e lo monta su un suo Dunphy Boat da 18′ e lo prova personalmente sul famoso lago X. Ne ricava un report negativo al 100 per cento: gruppo rumorosissimo, controllo direzione impreciso e pericoloso, installazione difficile e costosa eccetera, eccetera.
Carl manda il tutto a Charlie Strang che definisce il documento “the most biased, unfair and clouded evaluation that a engineer could ever have made” (una relazione piena di pregiudizi e ingiusta). Ma, meno di un anno dopo, Kiekhaefer è costretto dal mercato ad incaricare Charlie Strang di trattare con la Volvo Penta per l’acquisizione dei diritti sul piede Aquamatic, quello che lui, Strang, aveva ideato, studiato e chiamato AVC… e sul quale Jim Wynne incassava le royalties!
Il 25 marzo 1961, al Chicago Boat Show, la Mercury annuncia la nascita del “suo” piede cui ha dato nome Mercruiser. In meno di tre anni Strang e Kiekhaefer monopolizzano il mercato puntando su potenze sempre maggiori mentre la Volvo Penta non si allontana quasi per niente dalla sua produzione di motori leggeri. Vale la pena di ricordare che, già nel 1962, dunque appena tre anni dopo la presentazione ufficiale dei primi gruppi Aquamatic, ben 16 (sedici) fabbriche al mondo producevano piedi poppieri su sub licenza della Volvo… e con relative economie per Jim Wynne…
Fine della storia? Manco per sogno. Salta fuori anche che, un certo C.E. Mac Donald di Seattle, ha “inventato” e anche lui depositato il brevetto dei piedi poppieri. Quando? Appena due settimane dopo di Wynne… Come dice la canzone di Harry Belafonte: “Too late, my darling”. Ma, altrettanto ovviamente, c’è chi sostiene che, nel 1899, alla Lautonautile (una fabbrica di alluminio) l’invento era già operante così come altri assicurano che, nel 1930, la Johnson motori fuoribordo lo aveva ampiamente sperimentato (ed esistono delle foto), lasciandolo poi perdere per colpa della grande “depressione” economica di quegli anni. Comunque sia, i nostri Musei sono pieni di MTT.
E a questo proposito c’è anche un’altra ipotesi, che risale agli anni Settanta, confermata dallo stesso Guido Cattaneo in una sua chiacchierata con Renato “Sonny” Levi e Franco Harrauer. Sostiene che i disegni del brevetto italiano del piede poppiero della Cabi Cattaneo siano finiti, dopo il 1945, negli Usa come “preda di guerra” e che qui siano stati messi all’asta dalla Marina degli Stati Uniti e comprati… da qualcuno. Charlie Strang, Jim Wynne o il signor Mac Donald? Ah… saperlo! Insomma, chi ha inventato i piedi poppieri? Fate voi, io mi sono un po’ stufato.
Finalmente, nel 1985, il brevetto è scaduto e questa, tutto sommato bizzarra storia italo-americana, piena di segreti militari, di complotti, di carte giocate su differenti tavoli e di tanti, tantissimi soldi finisce davvero. Ma la verità, quanto meno quella “ufficiale”, verrà a galla solo dopo trenta anni dal deposito di quel “brevetto” dell’AVC e, naturalmente, nei primissimi anni Settanta nessuno la conosceva. Per me, che mi accingevo ad incontrarlo, Jim Wynne era solo un buon (ottimo) pilota offshore impegnato, soprattutto agli inizi, a guidar barche piccole e con poca potenza. Qualcuno lasciava anche circolar la voce che progettasse le imbarcazioni con cui correva: in realtà, tutto il lavoro tecnico lo faceva il suo inseparabile amico Walt Walters.
Così come Dick Bertram, anche Wynne lo avevo conosciuto al paddock delle primissime Viareggio-Bastia-Viareggio dove aveva talvolta corso con barche della Navaltecnica, progettate da Renato “Sonny” Levi (nel 1964 era giunto quinto assoluto con un “Settimo Velo Special”, il numero IV). Ma, nel 1961, aveva già ottenuto uno strepitoso secondo posto nella Cowes-Torquay con un piccolo Bertram, disegnato da Ray Hunt, da 20’ spinto dalla solita coppia di motori Volvo Penta Aquamatic da 100 cv ciascuno.
Nel 1965, aveva vinto la VBV con “Maritime”, uno scafo da 32’ in alluminio spinto da una coppia di Daytona e poi si era appassionato all’idea di utilizzare le gas turbine nell’offshore e ne aveva installate un paio della Pratt & Witney (erano da elicottero e sviluppavano solo 445 cv ciascuna ma pesavano appena 130 chili) su un nuovo scafo, sempre in alluminio, da 31’ che si chiamava “Thunderbird-Maritime”. Con questo aveva vinto, il 22 febbraio del 1966, la gara di apertura di stagione negli USA. Dire che l’avesse vinta è un eufemismo.
Il mare era furibondo: stato 6 e alla linea di traguardo arrivarono solo 2 (due) barche delle 31 (trentuno) partite: il “Thunderbird- Maritime” di Wynne che a bordo aveva, svenuto, il progettista Walt Walters e un cabinatino da 6 metri spinto da un paio di fuoribordo da 100 cv e pilotato da Jerry Langer. Il distacco fra i due? Oltre 2,5 ore. Tutti gli altri affondati o quasi, tranne il “Surfury” dei fratelli Gardner che, avendo recuperato in mare Dick Bertram e il suo equipaggio dopo l’affondamento di “Brave Moppie”, si era auto-costretto al ritiro. Secondo il quotidiano “Time” del 4 marzo, solo Dick Bertram aveva perso, vedendo affondare “Brave Moppie”, 65mila dollari. Ed erano dollari del tempo, quelli che valevano.
La rivista “Yachts and Yachting” scrisse, invece, che complessivamente il capitale “affondato” in quella drammatica gara corrispondeva a circa 600 milioni di lire dell’epoca. Ma la cosa più buffa è che a Jim Wynne venne negato il podio perché le gas turbine non erano “previste” dal regolamento. E, disse la Giuria, perché costavano troppo! In compenso venne considerato “terzo arrivato” Don Aronow che non aveva concluso la gara ma ne aveva “coperto” un bel pezzo di tragitto. O che, secondo altra teoria, era arrivato quando la Giuria si era già ritirata per la cena… Stranezze dei regolamenti di quei tempi.
Non ho voglia ora di fare la biografia di tutta la parte agonistica di Jim Wynne. Vincitore del prestigioso “Sam Griffith Trophy” (praticamente del titolo mondiale) nel 1964 e nel 1966 (con una strepitosa serie di vittorie con il suo “Ghost Rider” alla Miami-Nassau, alla Cowes-Torquay, alla Miami-Key West e alla Hurricane Classic), sperimentatore di carene di Ray Hunt, di Renato “Sonny” Levi, di Walt Walters, di materiali di costruzione (dal legno lamellare della Navaltecnica e del cantiere Souter in Gran Bretagna, alla vetroresina americana, all’alluminio), di motori di ogni genere, Jim rappresentava bene quegli anni focosi in cui tutto andava inventato, talvolta copiato, modificato, provato e, spesso, distrutto.
Aveva già “ufficialmente” disegnato la barche del cantiere Formula, poi dei Donzi, dei Magnum.
Quando lo incontrai a Miami stava incassando sia le royalties dei Volvo Penta Aquamatic sia quelle che, senza saperlo, gli faceva avere il suo ex boss Carl Kiekhaefer, tramite l’accordo di sub licenza fra Volvo e Mercruiser, e -infine- anche quelle del cantiere Chris Craft al quale, nel 1968, aveva ceduto il diritto di riprodurre la carena del suo scafo offshore “Ghost Rider” per una barca da diporto che inizialmente si era chiamata “SS” (Super Sport) e poi “XK-19”. Di questo modello, il famoso cantiere americano ne produsse ben 276 esemplari…
Per quegli anni erano numeri importanti e ancor oggi, nel mercato dell’usato, quelle barche hanno un loro preciso valore. Oltre a quella famosa carena del “Ghost Rider”, Wynne aveva ufficialmente progettato per Chris Craft anche tutta la serie degli scafi “Lancer” da 17’, 19’, 23’ e 25’ e tutti montavano i piedi “Aquamatic”, in questo caso accoppiati con i motori Chris Craft da 150, 185 e 230 cv. Complessivamente i progetti del barbuto ingegnere americano sono stati utilizzati da ben dodici cantieri: Carver, Chris Craft, Cobalt, Cruisers Inc., Formula, Donzi, Magnum, Grady-White, Hatteras, Larson, Stuman e Trojan.
E vai con le royalties… (Stando ai “si dice” solo dalla Volvo, Jim avrebbe guadagnato 35 milioni di dollari, qualcosa come 6,5 miliardi di lirette o -se preferite- 3 milioni e rotti di euro di oggi).
L’ufficio dove Jim mi accolse non era sfarzoso. Anzi, lo definirei un po’ triste. Ma neppure il nostro incontro fu allegro. Forse perché gli chiesi subito due cose:
- se sapeva dei “nostri piedi poppieri” usati in guerra dagli MTM;
- se mi spiegava la differenza idrodinamica fra “rocker” (carena convessa) e “hock” (carena concava) e se per caso non ritenesse che una carena dritta nel suo sviluppo verso poppa fosse da preferire.
Alla prima domanda rispose un secco: “Mai saputo”. Alla seconda fu altrettanto laconico: “Questa è materia di Walt (Walters)”. Non mi offrì nemmeno un bicchiere di acqua e, dopo banali convenevoli, ci salutammo.
Non l’ho più rivisto ma mi è dispiaciuto quando nel 1990 (il 21 dicembre) se n’è andato ad appena 60 anni. Era stato un autentico interprete del suo (nostro) tempo. Di lui, l’immagine che più mi sembra significativa è quella che lo riprende, durante una gara (la Miami-Nassau-Miami Searace del 1986), a bordo di un grande Magnum da 63’ (spinto da due diesel Stewart & Stevenson da 1400 cv ciascuno) con un equipaggio di ben nove persone. Tutti sono piuttosto indaffarati, lui, invece, se ne va a spasso per il pozzetto con in mano un bicchiere di whisky.
(segue)
Articolo apparso sul fascicolo di dicembre 2008 della rivista “Barche” e qui riprodotto per g.c. dell’autore. – Tutti i diritti riservati. Note Legali
Gentile Besnard,
abbiamo letto il tuo annuncio riguardante la vendita di un motore monocilindrico del 1896 e un altro motore fuoribordo 4 cilindri tedesco della II guerra mondiale…
Purtroppo non conosciamo il francese e non riusciamo a comprendere bene il testo dell’annuncio e per poterlo pubblicare correttamente su AltoMareBlu, dovreste inviarcelo in inglese o in italiano, inserendo anche valide fotografie.
Grazie! Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
je vends DUPUY SORIANO lautonautile 1896 1er hors bord conu “propulseur universel ile de la jatte Neuilly monocylindre bi carburant DE DION BOUTON hors bord 4 cylindres allemand 2 ème guerre mondiale destiné à la propulsion de barges dans sa caisse parachuttable “neuf 100 hors bord 1900 / 1950
FAIRE OFFRE
Caro Enrico,
come ti ho già risposto anche su “Barche”, forse questa soluzione è “di moda”, ma non è proprio una cosa “nuova”. Nel 1929 Ricardo Soriano, un italo-spagnolo marchese di Ivanrey, aveva studiato e realizzato nella sua fabbrica “Orpheus Syncronica” di Barcellona un motore fuoribordo straordinario che esordì il 18 agosto 1930 in una gara motonautica di Biarritz (un bellissimo paese di costa sull’Atlantico, a cavallo fra Spagna e Francia). Quel motore aveva per la prima volta al mondo, un piede con due eliche: una, diciamo per capirci, “attraente” davanti al mozzo e l’altra “spingente” dietro al mozzo stesso.
Il profilo del mozzo era affusolatissimo per ridurre al minimo il “drag”, cioè l’attrito all’avanzamento nell’acqua. Ma la caratteristica straordinaria di quella trasmissione era che si sviluppava su due assi (ovviamente verticali) ognuno dei quali “alimentava” un’elica attraverso una normale doppia coppia conica. Questo “invento” garantiva la possibilità di avere un “piede” sottilissimo e quindi molto “efficiente” dal punto di vista idrodinamico.
Perché due eliche controrotanti? Perché se ne hai una sola, la barca sente in modo considerevole l’effetto di coppia, tira a virare dalla parte della rotazione dell’elica e la sua velocità ne viene penalizzata perché sei costretto a contrastarla “dando timone” e creando così un notevole attrito. Con due eliche, sempre se hai un solo gruppo motore, la barca viaggia, invece, dritta perché i due “effetti di coppia” si annullano a vicenda.
Naturalmente c’è anche un maggior rendimento nello scarico della potenza ma questo è quasi quasi meno importante dei due vantaggi sopra descritti.
Di questi motori, ideati da Soriano, ne vennero costruiti all’incirca 15 o 20. Ma non in Spagna (che in quegli anni viveva l’atmosfera di tensione sociale che l’avrebbe poi portata, nel 1936, alla “guerra civile”) ma in Francia, a Courbevoie (periferia di Parigi) e vennero venduti a prezzi “folli” per l’epoca, a gente come il ricchissimo americano Gar Wood e al conte italiano Carlo Casalini. Il diciottenne inglese, visconte Arthur Forbes (1915-1992) ne acquistò addirittura due… Purtroppo non credevo esistessero foto o, meglio, esemplari di quel straordinario pezzo di meccanica. E invece mi sbagliavo: grazie all’amichevole collaborazione di Vincenzo Cicogna eccone alcune.
Comunque e, per fortuna, la rivista Yachting World ne pubblicò, a suo tempo, uno spaccato prezioso, ripreso poi nel fondamentale libro di Kevin Desmond “The Quest for speed over water- Power boat”.
Un problema con l’effetto coppia, lo aveva anche il nostro ing. Guido Cattaneo, ottimo pilota motonautico e titolare, con il padre, della ditta Cabi Cattaneo, che in quegli anni stava studiando per la nostra marina militare gli MTM (Motoscafi Turismo Modificati), più noti come “barchini esplosivi”. Si trattava di scafi sulla cui prua veniva messa una enorme quantità di esplosivo: lanciati a tutta velocità contro il naviglio nemico (specie quando fermo nei porti) producevano danni tremendi e spesso facevano affondare la nave colpita. (Idea ripresa di recente dagli integralisti islamici nel Golfo Persico).
La tecnica consisteva nel far filare lo scafo al massimo della velocità mentre, a circa 50 metri dall’obiettivo, il pilota si eiettava in mare per salvarsi la vita ( i “kamikaze” non erano ancora “di moda”). In quell’ultimo tratto che faceva senza alcuna guida, era fondamentale che il MTM non virasse seguendo l’effetto di coppia dell’elica. Proprio per questo Cattaneo applicò la doppia elica controrotante che però, a differenza, di quella di Soriano, si trovava tutta a “poppa” del mozzo. Va detto che la trasmissione della Cabi Cattaneo era in realtà un vero e proprio “piede poppiero” visto che il propulsore era un motore entrobordo Alfa Romeo da 90 cv.
Il “piede” era ruotabile lateralmente di 90° per facilitare il passaggio dei “barchini esplosivi” sopra alle reti di difesa dei porti che si stendevano in tempo di guerra. I nostri musei hanno molti esemplari di questi MTM e dei loro propulsori: a Milano il “Leonardo da Vinci”, a Venezia quello “Storico navale” dell’Arsenale, eccetera.
L’idea, nonostante la sua validità, venne abbandonata nel dopoguerra e, solo un po’ di anni or sono, è stata riproposta dalla Volvo Penta per il suo piede “duoprop”. Oggi la troviamo un po’ ovunque e anche nel nuovissimo “Zeus” della Mercury. Indubbiamente la spinta di questi nuovi “gruppi” è molto piatta e quindi ha grande efficienza. In una barca con una coppia di Zeus, che possono ovviamente operare in modo indipendente l’uno dall’altro, si ottiene una ottima governabilità anche nelle manovre a bassi regimi. Qualcosa, per capirci, di piuttosto simile all’effetto che produce un bow-thruster.
La cosa che lascia leggermente… stupiti è leggere, in un pieghevole del 2008, che “Forward-facing propellers are exposed to undisturbed water, wich can improve efficiency; however, these propellers increase form drag….(…) Rear-facing propellers create less form drag…” (Le eliche poste davanti al mozzo lavorano in acqua meno disturbata e sono più efficienti ma creano molto drag…quelle poste dietro al mozzo hanno molto meno drag e sono perciò più efficienti”).
Grazie: noi, in Italia, lo sapevamo da appena 72 (settantadue) anni.
Desidero qui ringraziare vivamente Vincenzo Cicogna del Circolo Motonautico Veneziano per le bellissime, rare e probabilmente inedite sul web, immagini che mi ha messo a disposizione per illustrare questa risposta. La generosità, in nome della conoscenza e quindi della cultura, è bene prezioso. Purtroppo, altresì, raro.
Antonio Soccol
Caro Soccol,
ho letto con molto interesse la storia di Wynne. Una domanda: cosa pensa di questa ultima moda delle due eliche controrotanti montate sullo stesso mozzo, su piedi poppieri et similia? Funzionano? E se sì, perché?
Grazie per una risposta.
Enrico Barberio
Caro Andrea,
grazie per la tua attenzione e per i tuoi complimenti per il mio articolo. La verità? Quasi banale: come sempre, la realtà supera la fantasia. Non per niente la maggior parte dei romanzi “gialli”, oggi così gettonati, trae spunto e trama da fatti veramente accaduti.
Inoltre, un grande scrittore, premio Nobel per la letteratura, come Gabriel Garcìa Màrquez ha sempre sostenuto:”Nulla di quanto scrivo è frutto di fantasia ma tutto è solo interpretazione della realtà quotidiana”. E se lo dice un Nobel…c’è da credergli. Da parte mia non ho dovuto “interpretare” nulla ma fare semplicemente la cronaca di quanto accaduto in quei ruggenti anni che hanno visto la nascita delle gare in mare aperto e l’evoluzione sia dei motori che delle trasmissioni. Come raccontano i fatti, le esigenze belliche e lo sport stimolano la ricerca e suggeriscono nuove idee.
Sarebbe meglio fosse solo lo sport ma l’umanità è fatta così: non per niente ci raccontano che erano due fratelli, avevano tutto il mondo a disposizione eppure uno ha ucciso l’altro. Si chiamano Caino e Abele. E, nota, viene sempre prima il nome del “cattivo” e dopo quello del “buono”, nonostante l’ordine alfabetico suggerisca il contrario. Insomma, la violenza (la guerra) fa parte del nostro dna, purtroppo. Prendiamo il bicchiere mezzo pieno e consoliamoci con il progresso…
Un caro saluto,
Antonio Soccol
Nelle vacanze di natale ho letto il classico libro giallo nello specifico: Stato di Paura di M. Crichton….Devo dire che questo articolo è molto meglio!
Superando il parallelo tra due argomenti e letture diverse devo rinnovarvi la mia assoluta fedeltà come lettore in conseguenza a quello che scrivete .
Grazie.
Buon anno
Il Circolo Motonautico Veneziano,
ha un interessante video che consiglio di vedere:
1958 Wynne J. Traversata Atlantica
Alex