Diario di un fascista alla corte di Gerusalemme (nona puntata)
“LA PORTA DI SION”
Con la fine della guerra l’Italia divenne, immediatamente, il punto focale del flusso dei profughi ebrei da tutta l’Europa verso la Palestina, operazione avversata e combattuta dall’Inghilterra.
Per inciso e soddisfazione degli Italiani voglio raccontare di una celebrazione avvenuta in novembre 1996, in occasione di un cinquantenario di operazioni compiute da ragazzi israeliani (ancora quelli che nel 1942 avevano optato per l’addestramento del Col. Sadek, e quelli che volontariamente avevano combattuto nelle file dell’Ottava armata britannica), appartenenti ad una organizzazione clandestina in Italia, in quel di Magenta, per l’invio di profughi ebrei in Palestina.
Nel 1946, la signora Ada Sereni e il signor Yehuda Arazi, fecero coniare una medaglia che fu distribuita ai comandanti dell’Organizzazione clandestina in Italia. La medaglia fu consegnata anche a quegli italiani che parteciparono al movimento sorto per aiutare i profughi dei Campi di concentramento, a raggiungere la terra di Israele:
“Come simbolo di gratitudine per il loro aiuto nella battaglia dei “10114” profughi, imbarcati sulle navi “Fede” e “Fenice”, contro le autorità inglesi che si opponevano alla partenza delle navi dalla banchina di La Spezia, provvisoriamente chiamata “La Porta di Sion”.
Tanti di quei ragazzi erano miei amici da quel lontano primo incontro, e certamente non potevano mancare di invitarmi a quella celebrazione alla quale non avrei mancato per tutto l’oro del mondo, e che fu l’occasione per ricevere anch’io quella medaglia del 1946.
Gli stessi ragazzi di allora, tanti, sono tornati a La Spezia, a Genova, a Magenta ed altre località, per ringraziare le popolazioni che li aiutarono, in quel tempo ormai lontano; oggi, sono anziani e sono venuti a ringraziare l’Italia di allora, l’Italia senza aggettivi, l’Italia di sempre, gli italiani di allora che potevano essere anche fascisti, ma più che fascisti sono sempre stati buoni, generosi, sensibili, umani e senza ipocrisie.
Caro Sindaco, Gentile Signora, cari Amici,
Noi siamo un gruppo di israeliani, che sono ritornati in Italia, per visitare i campi dei profughi, e i porti da dove si sono imbarcati 50 anni fa, appena dopo la guerra mondiale, migliaia di clandestini ebrei, che sono sopravvissuti dai campi di concentramento nazisti.
Questa attività è stata possibile, perché il popolo e il governo italiano, ci ha molto aiutato a terminare questa missione. Oggi, dopo 50 anni, siamo ritornati per ringraziare il popolo italiano, e speriamo che ci sia pace in tutto il mondo.
Tante grazie
Ai nostri amici italiani,
vi siamo vicini con tutto il cuore e desideriamo esprimere brevemente la nostra profonda stima e riconoscenza per l’amicizia che ci dimostrate e per la cura di questo luogo divenuto meta di pellegrinaggi da Israele, che voi effettuate in modo impeccabile e fa onore a tutti noi.
Noi abbiamo combattuto per la libertà e per fondare lo Stato d’Israele.
Insieme a tutto il popolo israeliano, non dimenticheremo mai l’amicizia e l’assistenza che gli Italiani ci hanno prestato nelle ore più difficili, quando lottavamo per portare gli scampati ai campi di sterminio verso i lidi di quello che divenne lo stato ebraico. Noi vi ringraziamo nuovamente e vi salutiamo dal profondo del cuore nella speranza che la nostra amicizia continua anche in avvenire.
Viva il popolo italiano!
Viva l’Italia libera!
Baruch Tirosh
E ancora, un’altra testimonianza!
Credo trattavisi anche della cura che gli Italiani hanno per i “caduti” di tutte le parti in guerra: non sono più nemici, i cimiteri nei quali hanno trovato degna sepoltura in Italia, sono sempre curati con religiosità degna di ammirazione e gratitudine.
Credo che il signor Baruch Tirosh, si riferisca ad un cimitero nei pressi di Ravenna, ove trovarono la pace i caduti Ebrei Palestinesi che combatterono nelle file dell’Ottava Armata, intendendo con il loro sacrificio di contribuire alla costituzione dello Stato d’Israele.
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