Diario di un fascista alla corte di Gerusalemme (undicesima puntata)
50mo ANNIVERSARIO INDIPENDENZA
Naturalmente, con dovuto anticipo, dall’Ambasciata d’Israele a Roma, ricevetti l’invito per la serata di gala all’“Opera di Roma” del 30 aprile 1998.
A conferma mia partecipazione, il giorno 16 aprile inviai il seguente fax:
“1998” = “50 anni dopo”.
Ambasciata d’Israele
Roma
Gentilissimo Signor Ambasciatore
Et gentilissima signora MilloGrato per l’invito alla serata di gala di giovedì 30 aprile 1998, in occasione del 50° anniversario dell’indipendenza di Israele, confermo nostra presenza e partecipazione (n.2 p.). Shalom! Shalom!
Il Comandante Onorario
13a Flottiglia Commando
della Marina d’Israele
Fiorenzo CapriottiCom.te
Fiorenzo Capriotti
Via A. Murri 24
63039 San Benedetto del Tronto (AP)
Lì 16 aprile 1998
30 Aprile 1998
“Teatro dell’Opera” Roma
La serata di Gala, fu magnifica, commovente. In quel teatro c’era tutto il mondo, accreditato in Italia, amico d’Israele.
In data 5 maggio 1990, ringraziavo per quella manifestazione, per quella partecipazione a cui erano presenti tutti i paesi accreditati in Italia e che avevano relazioni con Israele.
Tante, tante le divise militari, tanti i diplomatici, ed io, seduto in un palco privilegiato come posizione mi gustavo uno scenario, che forse si poteva immaginare, ma che solo io potevo gustare rivivendo 50 anni di storia.
Il mio stato d’animo? I ricordi ruppero gli argini della memoria facendomi rivivere in poche ore i 50 anni di rapporti affettuosi e la sua storia.
Ambasciata d’Israele
Roma
Gentilissimo Signor Ambasciatore,
Ancora un grazie per l’invito alla serata di gala, in occasione del 50mo anniversario della dichiarazione d’Indipendenza dello Stato d’Israele.
Naturalmente non avrei potuto mancare!
Quanta e quale profonda emozione e commozione ho provato, nel tornare indietro nel tempo, per rivivere questi 50 anni di collaborazione ed amicizia affettuosa, di cui vado sinceramente orgoglioso.
Più che essere presente alla cerimonia, mi è sembrato rivivere quegli anni gloriosi, quando arrivato in Israele, con mezzi d’assalto ex italiani, iniziai l’addestramento dei meravigliosi giovani combattenti israeliani, diventando immediatamente uno di loro, un sabra, ed identificandomi completamente con gli scopi del gruppo e del popolo d’Israele.
Mi sono rivisto con i ragazzi di Yohay Ben Nun, a Cesarea, Atlit, Kineret, Jaffa, condividendo fatiche, ansie, speranze e la gioia della vittoria di Gaza con l’affondamento della Nave Ammiraglia Egiziana “El Emir Farouk” del 22 ottobre 1948.
In tutti questi 50 anni ho sempre mantenuto uno stretto contatto con i tanti amici israeliani, che mi onorano con il loro affetto, da me sinceramente ricambiato.
Gentilissimo signor Ambasciatore,
Avrei tanto desiderato salutarLa e ringraziarLa di persona, ma non ci riuscii.
Mi riprometto di farlo in una eventuale prossima capatina a Roma.
Long Live Israel! Shalom! Shalom!Cordialmente
Com.te Fiorenzo CapriottiVia A. Murri, 24
63039 San Benedetto del Tronto
Lì 05.05.1998
50mo ANNIVERSARIO DELLA NOTTE DI GAZA 22.10.1948
Il 22 ottobre 1948 un gruppo d’assalto (4 barchini), al comando di Yohay Ben Nun, in un attacco, nelle acque della rada di Gaza, affondano la nave ammiraglia egiziana El Emir Farouk, ed un dragamine.
22 Ottobre 1998 = 50 anni dopo
Naturalmente, con tanta trepidazione e commozione ci avviciniamo al 50° anniversario della notte di Gaza.
Avrei voluto che, in quella circostanza, mi accompagnasse mio nipote “Stefano”, il “Re”: 18 anni, licenza liceale, pronto per l’ingresso all’Università, padronanza assoluta di 3 lingue, prestanza fisica ed interessato in tutto ciò che di nuovo c’è al mondo.
Volevo introdurlo in quella società, nel mondo giovanile di quel Paese, dove tutti, anche dopo 50 anni di guerra, desiderano una meritata pace, una pace con giustizia e nella sicurezza: Pace senza paure e piena di speranze.
Da parte israeliana si dimostrarono anche più contenti di me, tanto che 2 posti 1a classe Roma-Israele e ritorno, furono immediatamente prenotati, nonché albergo 5 stelle “Yamit Park Hotel”, di Tel Aviv.
Purtroppo, il caso volle la coincidenza del viaggio verso Israele, con l’inizio dell’università: così Stefano rimase a terra, con dispiacere di tutti. Arrivai in Israele, con i soliti ragazzi di un tempo che fu, ad attendermi ai piedi della scala di discesa dall’aereo, poi via in albergo, dove ci ritrovammo in tanti di quei tempi lontani; si parlò di tutto e di tutti, con la tristezza che “il migliore di tutti noi” non era più presente: Yohay!
La “Festa della Ricorrenza” era ad “Atlit”, base della “Shayetet 13”, o “Flottiglia 13a”, o “13a Flottiglia Commando”
Il 22 mattina, alquanto presto, ci muovemmo verso il nord, per non perdere nulla di quella tanto significativa cerimonia, che faceva rivivere la nascita e la storia gloriosa della Marina di Israele.
In un grande locale, pieno zeppo di tutti gli incursori, dei veterani ed invitati, un posto di prima fila era riservato a me e ai reduci di quell’azione; vicino a me c’era l’ammiraglio Zeev Almog, Comandante in Capo nel 1981, ai tempi di “That’s your life”. La scaletta degli interventi mi poneva precisamente dopo di lui, che tenne un lungo, lunghissimo, troppo lungo discorso, che non finiva mai, e che essendo in ebraico, lingua che non capisco, (che mi sono sempre rifiutato di imparare), mi mise in crisi, tanto che ad un certo momento sentii la necessità di uscire all’aria libera.
Finalmente, venne il mio turno. Ma, cosa avrei potuto o dovuto dire “io”? Nel 1992, alla mia nomina a Comandante Onorario della 13a Flottiglia, fui breve, brevissimo: ringraziamento per l’“onore” di cui ero e sono orgogliosissimo, e gli “auguri” secondo lo spirito della nostra “Preghiera dell’Assaltatore”.
Questa volta, fui un po’ meno breve, ma forse più significativo: la presenza di tutti i componenti di quella 13a Flottiglia Israeliana, che aveva fatto tanta storia di ardimento, mi ispirò.
Trasferii a tutti, ma specie a quei giovani assaltatori, le regole e lo spirito del “Decalogo dell’Assaltatore”, che non è solo nostro, ma appartiene al “Mondo” dell’Assalto, dell’Incursione, dell’Ardimento, senza confini e senza distinzione di nazionalità!
Erano quelle regole, quei principi imperituri che 50 anni prima, avevo trasmesso a quei primi 12 meravigliosi ragazzi, di cui molti erano presenti in quella sala.
All’applauso fragoroso, caloroso, affettuoso, “Zalman Abramov”, colui che con il suo “barchino” colpì l’El Emir Farouk al centro, guadagnò il palcoscenico, si impossessò del microfono e con voce stentorea, imperiosamente annunciò che nessuno, nessuno dovrà o potrà parlare dopo il Mister Capriotti! E, così fu!
Poi, il comandante della 13a, prese la parola per chiudere la manifestazione ed invitare tutti al ricco rinfresco preparato in un ampio locale nelle vicinanze, ove mi venne consegnato un grande stupendo “album”, che sul fronte reca il simbolo della Flottiglia e la mia nomina a comandante ad honorem, mentre nell’interno riporta, su tredici pagine la storia di quella storica azione, ed il rapporto fotografico, tra Yohay, me e quei meravigliosi ragazzi.
Decalogo dell’Assaltatore
l) STA’ ZITTO
È indispensabile mantenere il segreto anche nei minimi particolari e con chiunque, anche con i parenti e gli amici più cari. Ogni indiscrezione e un tradimento perché compromette la nostra opera e può costare la vita a molti dei nostri compagni.
2) SII SERIO E MODESTO
Hai promesso di comportarti da ardito. Ti abbiamo creduto. Basta così. È inutile far mostra della tua decisione con parenti, amici, superiori e compagni. Non si fa, di una promessa così bella, lo sgabello della vanità personale. Solo i fatti parleranno.
3) NON SOLLECITARE RICOMPENSE
La più bella ricompensa è la coscienza di aver portato a termine la missione che ci è affidata. Le medaglie, gli elogi, gli onori, rendono fieri chi li riceve per lo spontaneo riconoscimento di chi giudica, non chi li sollecita o li mendica.
4) SII DISCIPLINATO
Prima del coraggio e dell’abilità ti è richiesta la disciplina più profondamente sentita: dello spirito e del corpo. Se non saluti, se non sei educato, se non obbedisci nelle piccole cose di ogni giorno, se il servizio di caserma ti pesa e ti sembra indegno di te, se non sai adattarti a mangiare male e dormire peggio: NON FAI PER NOI.
5) NON AVERE FRETTA DI OPERARE
NON RACCONTARE A TUTTI CHE NON VEDI L’ORA DI PARTIRE
Potrai operare solo quando il tuo cuore, il tuo cervello e il tuo corpo saranno pronti. Se sei impaziente non sei pronto. Devi imparare a conoscere perfettamente la tua arma ed a impiegarla in ogni contingenza in maniera perfetta. L’addestramento non è mai eccessivo. Devi appassionarti ad esso. Devi migliorarti ogni giorno. Solo chi ti comanda è giudice insindacabile delle tue possibilità.
6) DEVI AVERE IL CORAGGIO DEI FORTI, NON QUELLO DEI DISPERATI
Ti sarà richiesto uno sforzo enorme, solo al di là del quale sta il successo, Per compierlo, hai bisogno di tutte le tue energie fisiche e morali.
La tua determinazione di riuscire ad ogni costo deve perciò nascere dal profondo del tuo cuore. espressione purissima del tuo amore per la Patria e non deve essere il gesto disperato di un mancato e di un disilluso. La tua vita militare e privata deve essere perciò onesta, semplice e serena.
7) LA TUA VITA È PREZIOSA MA L’OBIETTIVO È PIÙ PREZIOSO
Devi ricordartelo nel momento dell’azione. Ripetilo a te stesso cento volte al giorno e giura che non fallirai la prova.
8) NON DARE INFORMAZIONI AL NEMICO
Non devi far catturare le armi e il materiale a te affidato. Se dopo aver operato cadi prigioniero, ricordati che al nemico devi comunicare solo le tue generalità e il tuo grado.
9) SE PRIGIONIERO, SII SEMPRE FIERO DI ESSERE ITALIANO, SII DIGNITOSO
Non ostentare la tua appartenenza ai Mezzi d’Assalto. Cerca, nelle lettere ai familiari, di comunicare come meglio potrai e saprai tutto quanto conosci sull’azione a cui hai partecipato, e sul nemico in genere.
10) SE CADRAI MILLE ALTRI TI SEGUIRANNO, DA GREGARIO DIVENTERAI UN CAPO, UNA GUIDA, UN ESEMPIO
(PACE E BENE)
Firme di tanti amici sulla prima facciata interna dell’Album.
Contenuto interno del documento precedente:
Serie di foto:
1. Yohay, un barchino
2. I ragazzi di Gaza ricevuti da B.G., foto porto di Yaffo
3. I ragazzi a colazione con B.G., foto El Emir Farouk
4. Motivazione che fa di Yohay un eroe dello Stato d’Israele
5. K.32 – Cacciatorpediniere comandato da Yohay, foto sub, mine magnetiche
6. Yohay 1960 comandante in Capo Marina d’Israele
7. Riunione veterani 1988 e foto consegna bossolo a Capriotti
8. Foto relative a “that’s your life”
9. Foto relative a “that’s your life”
10.Foto relative a “that’s your life”
11. Yohay, comandante in capo navy; Yohay cittadino del kibbutz.
Subito dopo, in tanti, ci portammo al cimitero del kibbutz Maagan Michael, per rendere il dovuto omaggio al grande assente: Yohay!
Nessuno potrà mai immaginare la tristezza che mi prese in quel momento, quando raggiunsi la tomba di Yohay. In manifestazioni di questo tipo, la sofferenza non è uguale per tutti; molti non la sentono affatto: in me c’era il bisogno imperioso di essere solo, solo con Yohay; fuori dalla presenza di chicchessia.
Non potei sopportare quel vocio che solitamente si avverte in simili circostanze: scoppiai, imposi il silenzio, ordinai l’“Attenti”!
E, solo in quella nuova atmosfera, Yohay ed io, ci dicemmo quanto ci mancavamo, ma specialmente quanto ci mancava lui, specialmente a me!
Quel giorno, su quel loculo, mancava l’operatore televisivo per la ripresa, e quindi non sapremo mai cosa veramente io dissi, cosa ci dicemmo tra Yohay e me, perché il primo a non saperlo sono proprio “io”.
Naturalmente, a ciascuno la libertà di immaginarlo.
lo, so solo che quando mi congedai da Yohay, ero sfinito, con il desiderio e la necessità di essere solo, per ricompormi e tornare in me stesso: mi allontanai, quasi come chi scappa, avviandomi, solo, verso il luogo ove avevamo parcheggiati i mezzi con i quali ci eravamo trasferiti da Atlit.
La giornata non era finita; difatti, ci portammo in aperta campagna: c’era una casupola, quasi una baracca, nelle vicinanze del mare, ove qualcuno aveva preparato tutto, per un ricco pic-nic, e quanto necessario per un piccolo teatro all’aperto.
Per il palcoscenico, avevano provveduto con un grosso rimorchio, un trailer, sul quale prendevano posto gli attori, che in verità, a parte un breve intervento del comandante della 13a flottiglia, era praticamente uno solo: “io”.
Il pubblico presente, accomodato sul prato, con seggiole e tavoli, o seduto per terra, consumando, succulenti pietanze e frutta, era ansioso di sentire la storia di quell’italiano, quel “fascista” che nel giugno 1948, in incognito, sotto falso nome (mister Katz), arrivò in Israele per vivere quella favola meravigliosa con i ragazzi della azione di Gaza, la Marina Israeliana e il Popolo d’Israele.
In quell’occasione, mi permisi il lusso di annunciare che avrei scritto un libro-diario, sul rapporto tra quel fascista, che ero io, e quel mondo meraviglioso nel quale ci trovavamo. Il titolo? “Diario di un Fascista alla Corte di Gerusalemme”. Eventuale traduttore in ebraico, per l’occasione: Enrico Levi.
Finita la festa: ritorno in albergo.
Non è importante la vita,
importante è ciò che si fa della vita.
E, nei grandi eventi della Storia,
quando la Patria ci chiama,
importante è accorrere e donarla
senza limite al rischio.
Iddio accorre sempre beneficente.
AL MUSEO
Il mattino seguente, ci portiamo al Museo Navale di Haifa, per una ripresa televisiva su quel “barchino”, che fa bella mostra di se, a ricordo di quella azione vittoriosa. E lì, con quel cimelio, ciascuno racconta la sua storia e il proprio apporto in quella azione della notte del 22 ottobre ‘48, nelle acque di Gaza. (foto n. 1).
La direttrice del museo, signora Adina Hacarmeli, volle una foto con me, con sullo sfondo il barchino, i cannoni ex Farouk, con gli attori e gli operatori della televisione israeliana. (Foto n. 2).
Poi, ecco i “cinque grandi” uscire baldanzosi dal museo, (foto n. 3) per portarsi al cimitero del kibbutz per una ripresa televisiva che avrebbe dovuto essere la ripetizione dell’incontro tra Yohay e me, del giorno prima. Ma, le cose irripetibili rimangono sempre tali, per l’impossibilità di ricreare atmosfera, tensione, sentimenti e sofferenza.
Anche lì, in quel cimitero, avemmo solo la gioia di scoprire un’altra testimonianza della grandezza umana di Yohay. Non molto distante, solo una decina di metri, trovammo un altro
loculo, certamente simbolico e voluto da Yohay, a nome di Yossele Dror. Forse suggerito da qualche presagio, perché i due grandi fratelli delle imprese impossibili, potessero ritrovarsi
in spirito su quel lembo di terra.
La sorte li aveva accomunati anche nella loro fi ne, avvenuta lontano dalla amata patria: Yossele in Italia, sparito nel cratere del vulcano Stromboli; Yohay a Houston in missione umanitaria per un membro del kibbutz. Tornato in albergo, pensavo che la giornata fosse finita e mi aspettasse un meritato riposo. C’era, invece, un invito a cena dall’ex sindaco di Tel Aviv, con molte personalità, compreso il sindaco in carica.
Dopo una lussuosa, succulenta cena, tutti davanti al televisore. Erano le 23.30 quando da Camp David trasmettevano l’incontro di pace (?) tra Clinton, Newthanaw e Arafat. I commenti? I più vari e contrastanti.
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