Arcidiavolo – barca Offshore classe OP2
La nascita di un mito: Arcidiavolo
- Lunghezza Fuori tutto 10 m
- Lunghezza al galleggiamento 7 m
- Larghezza allo spigolo 2,50 m
- Immersione 0,50
- Diedro allo specchio di poppa 18°
- Peso 3,5 tonnellate
- Motore BPM
- Velocità 45 nodi
Nel 1972 Giorgio Tognelli disputò un campionato offshore brillante vincendo il campionato italiano offshore classe C2. E fu proprio durante l’ultima gara, quella che garantiva la vittoria finale che, largamente in testa e su mare assolutamente calmo, Giorgio ed Antonio Soccol lasciarono la guida a Giorgio Acquaviva, si sedettero a poppa -sopra al vano motori- e iniziarono a parlare della barca per l’anno successivo…: 25 giorni dopo erano nell’isola di Wight da “Sonny” … e si concretizzò l’idea di quello scafo.
La partecipazione a questo campionato iniziò quasi per scherzo e le vittorie riportate fecero scattare in lui il desiderio di farsi costruire una barca da corsa da Sonny Levi, giovane e rampante ingegnere costruttore dell’epoca che aveva appena finito di progettare e collaudare con grande successo il Drago costruito dalla Italcraft di Gaeta ed ordinatogli dai titolari del cantiere di allora i fratelli Sonnino.
Fu così che Giorgio Tognelli ordinò a “Sonny” Levi di costruirgli una barca per la classe OP2, cioè non cabinata e capace di raggiungere i 60 nodi anche con mare formato. Il nome scelto per questa barca da gara fu Arcidiavolo. La scelta del motore, dopo una serie di riflessioni, cadde sul BPM Vulcano da 400 HP. La particolarità di questo motore era che non aveva piede esterno e quindi minori probabilità di avarie.
Vista la recente esperienza collaudata con successo da Levi per il Drago prodotto dalla Italcraft decise di adottare la trasmissione step drive con elica di superficie. La presenza di un solo motore di 400 HP di potenza poteva creare forti problemi, data la coppia del motore e fu così che per contrastare questo fenomeno Levi decise di costruire, in abbinamento all’elica di superficie, una barca con geometria a pluriscafo e dopo aver fatto varie considerazioni decise di dare a questa barca da corsa la configurazione geometrica ram wing a Y o a triciclo rovescio.
Lo scafo centrale ospitava il motore, il pilota ed il navigatore, posti sopra allo step a tandem. I due scafi laterali contenevano i serbatoi della benzina e quelli delle casse di zavorra e flaps. Succesivamente le prove in mare fecero capire che casse di zavorra ed i flaps erano inutili per la tipologia della carena realizzata.
Gli scafi laterali a metà barca avevano uno step che rappresentavano i due punti dei tre su cui la barca avrebbe toccato l’acqua in velocità. Il terzo punto era lo specchio di poppa della scocca centrale ed il quarto l’elica. La lunghezza ft era precisa 10 metri, mentre la larghezza massima era di 2,50 m. L’altezza del tunnel di galleggiamento era di 70 cm, il diedro allo specchio di poppa della scocca centrale era di 18 gradi.
Il supporto del timone era posto esternamente a filo sulla verticale del falso specchio di poppa. Lo scafo venne costruito in compensato marino dal cantiere Acquavia di Bellaria, che non aveva nessuna esperienza in merito. In assetto da corsa il peso finale di Arcidiavolo era di 3,5 tonnellate ed il rapporto peso potenza era di 8,75 chili per cavallo.
La barca varata nel giugno 1973, fu il primo trimarano costruito al mondo lungo 10 metri e dotato di elica di superficie. Insomma era un vero e proprio “tentativo” di fare qualche cosa di nuovo ed interessante da parte di un progettista serio ed eclettico come Levi.
Le prime prove in acqua furono deludenti, la barca non planava e tutte le alchimie provate per ciò non portarono a nessun risultato di rilievo. Levi fece fare alcune modifiche allo scafo, tagliando le sottane verticali che, a poppa dei due galleggianti di prua, chiudevano del tutto l’uscita lateralmente dell’aria compressa dal tunnel. Ci fu un miglioramento modesto, ma fu necessario ritoccare il diametro ed il passo delle eliche, inserendo il cup, una specie di cucchiaino al bordo di uscita delle pale dell’elica che, se ben realizzato, può avere un considerevole effetto di spinta e di sostentamento dinamico. A questo punto Arcidiavolo planò.
Sopraggiunsero problemi di altra natura e le eliche di bronzo piegavano letteralmente le pale. Si decise di passare alle eliche di acciaio, ma anche queste creavano un altro problema, cioè sparavano via le pale. Successivamente si riuscì a trovare delle soluzioni a questi problemi. Altro problema fu la rottura di alcuni assi, dovuta al cavalletto di supporto dello stesso che lavorando completamente fuori dall’acqua quando la barca era in planata, faceva mancare la lubrificazione all’asse stesso. Questo problema fu facilmente superato istallando un cavalletto lubrificato dall’interno della barca, tramite una presa d’acqua in dinamica.
Il primo anno di gare fu deludente, ma la barca prometteva molto e quando tutto funzionava, teneva il mare mosso molto di più di quello che si aspettava. Mancava la velocità massima richiesta dall’armatore anche se in classe C2 non c’erano altri scafi più veloci. Il secondo anno di gare non diede molte soddisfazioni, anche se alcuni lavori di alleggerimento realizzati durante l’inverno, permisero ad Arcidiavolo di essere lo scafo più veloce nella classe 2. La velocità di questa barca era di circa 45 nodi e inferiore alle aspettative del costruttore, ma aveva una grande tenuta con mare formato.
Dopo le prime due stagioni di gare deludenti il propietario di Arcidiavolo I Giorgio Tognelli osservò che la barca era uscita affaticata e la riteneva troppo pesante, quindi per niente scoraggiato dai trascorsi decise di ordinare all’ ing. Levi un nuovo Arcidiavolo, lasciando la tipologia dello scafo a triciclo rovesciato, trasmisione step drive e lo stesso nome.
Alla fine dell’inverno del 1975 la barca fu terminata ed aveva le seguenti caratteristiche:
- Lunghezza aumentata di mezzo metro, quindi 10,50 m
- Larghezza al galleggiamento invariata 7 m
- Larghezza massima 2,50 m
- Diedro allo specchio di poppa 18°
- Immersione diminuita da 0,50 a 0,45 m
- Peso della barca ridotto da 3,5 a 2,5 tonnellate
- Motore sempre lo stesso Vulcano da 500 HP come garantito dal costruttore
Esteticamente la barca era più filante e gradevole allo sguardo, poichè il profilo era più basso di 30 cm, il motore era passato a poppa della scocca centrale, mentre i piloti erano sistemati in posizione avanzata corrispondente alla sesta e settima ordinata di calcolo.
La navicella posteriore proseguiva dopo lo step in forma cuneiforme e conteneva il serbatoio della benzina da 150 litri di benzina reggendo sia l’asse che il timone, mentre i serbatoi di prua contenevano 225 litri ciascuno ed erano posti nelle sezioni poppiere dei due galleggianti.
Le linee di prua furono slanciate come disegno avendo così un profilo aerodinamico decisamente migliore. Le dimensioni dell’ala di collegamento e quindi la spinta di sollevamento rimasero invariate. In sostanza il progetto era lo stesso cioè, un quattro punti con step drive.
Purtroppo nel 1975 Arcidiavolo II non portò a termine nessuna gara di tutto il calendario agonistico, collezionando tredici ritiri consecutivi avvenuti tutti a metà percorso e decisamente quando era in posizione di grande vantaggio rispetto agli altri concorrenti.
La barca si comportava benissimo in condizioni di mare formato e addirittura per niente soggetto al vento, aumentava le prestazioni, malsopportando solo quello di poppa che tendeva a schiacciarlo sull’acqua.
I ritiri avvennero tutti per avarie meccaniche, mentre le prestazioni che erano sotto gli occhi di tutti confermarono ampiamente le grandi prestavioni della barca e la validità indiscussa del progetto di Sonny Levi. In effetti il motore BPM era il grande responsabile della magior parte dei ritiri. Un vero disastro.
Alla fine del 1975 si decise di acquistare alcuni propulsori americani dal team di Carlo Bonomi, poichè questi motori al banco furono frenati con una differenza di ben 160 cavalli in più rispetto agli zoppicanti motori italiani BPM.
Infatti questo propulsore fece incrementare la velocità della barca a 60 nodi, riuscendo così a raggiungere il traguardo che il cliente Tognelli aveva richiesto.
Questo la dice lunga sulle traversie vissute da Tognelli e dal progettista Sonny Levi a causa del motore itaiano che si era dimostrato una vera delusione e che rasentava anche il limite dell’onestà del fornitore stesso che non riuscì ad assicurare un motore “serio”, ovvero che non si rompesse puntualmente alla metà di ogni gara, fiaccando tutti i buoni propositi del Tognelli che, nonostante le avversità delle avarie meccaniche, con la sua tenacia permise a Sonny Levi di acquisire dei grandi risultati tecnici nel corso della realizzazione e della progettazione di tale barca.
Purtroppo oltre a questo grave problema si aggiunsero anche degli episodi banali che resero il bilancio delle gare negativo, come quello accaduto alla V.B.V. quando rimase in mezzo al mare Tirreno, avendo seminato ben 200 litri di benzina lungo il tragitto.
Neppure le prime gare del 1976 furono fortunate, poichè anche in questo caso pur essendo più potente il propulsore Aeromarine, si rivelò essere delicato, poichè manifestava problemi alle pompe di alimentazione, agli scarichi, ecc., ad ogni gara sempre un problema.
Così l’ 11 luglio arrivò la prima vittoria avvenuta sulle 189 miglia del Gran Premio di Roma, che si svolse con partenza ed arrivo a Civitavecchia. Giorgio Tognelli ed Antonio Soccol giunsero secondi assoluti alle spalle della classe 1 Eraf di Giulio De Angelis e primi nella classe due a cui apparteneva Arcidiavolo II.
La media registrata fu di 53 mph, pur non avendo aperto tutta la manetta del gas. Si verificò a dire il vero un fatto poco simpatico, poiché la giuria, vedendo arrivare secondo Arcidiavlo II pensò che fosse ritirato e ci vollero le decise dimostranze dei piloti Tognelli e Soccol, con le successive verifiche sul percorso fatte presso i commissari a far capire che lo scafo “forchettone”, nomignolo che era stato ad esso appioppato, aveva finalmente dimostrato il suo valore.
Con questo successo riportato in gara, Giorgio Tognelli decise di richiedere il permesso per tentare il conseguimento del record mondiale di velocità della classe 2, così come previsto dal regolamento che richiedeva di arrivare entro i primi tre posti di una gara ufficiale, per poter partecipare poi al tentativo di raggiungimento del record mondiale di velocità. Questo per evitare che si stabilisse il record mondiale di velocità con barche leggerissime che poi potevano schiantarsi alla prima onda un po più dura.
Il 20 agosto 1976 sulla base misurata nelle acque di Sarnico, al primo lancio Tognelli e Soccol fecero registrare il nuovo record del mondo con una media delle medie di 125,447 Km/h, pari a mph 77,94, corrispondenti a 67,694 nodi, superando il record precedente di 12,377 Km/h.Durante le verifiche tecniche del motore avvenute dopo il conseguimento del record, gli ispettori UIM e FIM riscontrarono che una valvola risultò essere bloccata
DIPLOMA DEL RECORD MONDIALE DI VELOCITÀ DI ARCIDIAVOLO
Pochi giorni dopo negli USA, Tom Gentry con il suo nuovo American Eagle, un cigarette da 35′ spinto da due motori efb Aeromarine, con il doppio della cilindrata e dei cavalli disponibili, stabilì il nuovo record mondiale, con una velocità di 88,7 mph, appena superiore di 16 Km/h in più di Arcidiavolo II.
Purtroppo anche il 1977 fu un anno negativo ed anche la tenacia di Tognelli si era esaurita ed Arcidiavolo fu trasformata in una barca da diporto.
Arcidiavolo fu una barca che diede pochissime soddisfazioni al suo armatore, ma segnò una nuova strada nel settore della navigazione in mare aperto. La velocità massima su mare piatto non poté mai essere superiore a quella di un normale catamarano, poiché la scocca centrale diminuiva il sostentamento aerodinamico all’ala di collegamento tra i due galleggianti di prua. Anche la sua tenuta su mare molto formato, non avrebbe mai potuto essere superiore a quello di una barca monocarena ben progettata e ben motorizzata.
Invertendo i termini di paragone, a parità di potenza applicata ed a confronto di un monocarena, non c’ era da parte di queste ultime nessuna capacità di batterlo sul mare calmo, né alcun catamarano che gli potesse stare vicino con mare agitato.
Arcidiavolo rappresenta una geometria di progetto estremamente valida sia per barche da lavoro, da pattugliamento, trasporto ed anche da diporto.
HOT SHOT
Nel 1976 il proprietario del cantiere Stain di Torino propose a Giorgio Tognelli di costruire un Arcidiavolo II gemello in lega leggera. Il progetto fu realizzato con ottima tecnologia e motorizzato con uno dei motori Aeromarine comprati dal Team Bonomi, ma il peso non migliorò poi di tanto.
Arcidiavolo II in lega leggera fu presentato con il nome di Hot Shot alla V.B.V. del 1976 pilotato da Giorgio Acquaviva e Quinto Mussoni. Questa barca diede l’impressione di essere un poco più veloce del progetto in legno, ma di soffrire con il mare formato. Questi elementi si evinsero però su prove brevi effettuate il giorno prima della gara.
Il giorno della gara Hot Shot si ritirò alle prime battute a causa della perdita dell’asse, concludendo così la sua carriera agonistica.
Le immagini pubblicate sono tutte tratte dal libro di “Sonny” Levi “Milestones in My Designs” p.g.c. dell’autore.
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Ciao Cristian,
è un fantastico regalo che apprezziamo moltissimo per diversi motivi e non ti nascondo che sono ansioso di vedere questa foto che gentilmente invii prima ad AltoMareBlu e poi a tutti gli altri…
Un sincero grazie!
Giacomo
Ciao, in un cassetto di casa Torroni ho trovato una bel primo piano del gruppo elica e timone di Arcidiavolo II… la prima copia come sempre sarà per gli amici di Altomareblu