Don Aronow: il ricordo di Renato “Sonny” Levi
di Renato “Sonny” Levi
Nel 1975 il cantiere Riva decise di presentare al Miami Boat Show, la sua ultima novità, quel Riva 2000 che io avevo progettato e che montava la mia trasmissione “step drive” con eliche di superficie sui tre motori Riva installati. Gino Gervasoni, che aveva sostituito Carlo Riva alla presidenza del cantiere già da qualche anno, mi chiese di raggiungere il team del cantiere in modo da poter spiegare lo step drive a un mercato che non aveva ancora mai visto un’elica di superficie applicata ad una barca da diporto. Accettai con entusiasmo e ben presto mi trovai allo stand di Riva accerchiato da un sacco di gente che sembrava interessata alla novità e ai soliti dubbiosi che argomentavano: “Solo mezza elica in acqua, solo metà dell’efficienza”.
Fra i più interessati c’era Don Aronow, quella specie di Tarzan che aveva avuto un successo strepitoso nel mondo dell’offshore e degli scafi veloci d’altura. Incominciai a spiegare a Don i vantaggi dello step drive. Prima che avessi finito tutto il mio discorso, mi interruppe- fra un bel po’ di colpi di flash dei molti fotografi che immortalavano l’incontro- e mi sfidò: “Scommetto 100mila dollari che questa barca non raggiunge le 60 mph”. Questo mi bloccò: ero ben sicuro che a Sarnico, nelle prove di collaudo, avevamo toccato le 62 mph con tutti i pesi a bordo ma il risultato era stato ottenuto con temperatura ben più fresca che non quella che c’era in quei giorni a Miami. Così, dopo averci pensato sopra per un buon minuto, gli dissi che non avevo soldi a sufficienza per accettare la scommessa. “Non importa, mi accontento, eventualmente, della barca”, rispose.
Fui costretto ancora una volta a dire che non si poteva fare: la barca non era mia ma del cantiere. Questo sembrò chiudere la discussione. “Vieni -continuò Don- ti voglio far vedere la mia nuova barca” e si avviò verso il suo stand. Lo seguii e mi accorsi che c’era un ometto che ci veniva dietro tutto indaffarato con una mezza dozzina di macchine fotografiche e altrettanti flash. Continuava a scattare foto finché ci disse:
“Ehi, vi ho fatto un sacco di foto. Sono del Miami Herald, ma cosa devo scrivere dietro alle foto?”.
Don si girò di colpo e dall’alto della sua statura disse:
“Questo è Sonny Levi, lui è Riva. Io sono Don Aronow, una sola erre, e sono Cigarette.” E quindi riprese a camminare. Ma il piccolo ometto non demorse. E ci seguì ancora: “Di quale marca?” chiese dolcemente, alludendo alle sigarette.
Quando, finalmente, il Salone chiuse i battenti, il Riva 2000 venne messo in acqua per alcune prove pratiche, perché di dubbiosi come Don ce n’erano parecchi. La prima prova era piuttosto attesa e a bordo c’era parecchia gente di quella che conta, tipo Dick Bertram eccetera. Eravamo anche “accompagnati” da una considerevole flotta di barche veloci. Man mano che aprivamo gas queste barche finivano per restare indietro. Alla fine ne rimase solo una che si mantenne a lato fintantoché non toccammo le 60 mph. Era però troppo lontana per riconoscere chi ci fosse a bordo. La sera stessa, stavo cenando con gli amici al Palm Bay Club quando qualcun che non conoscevo venne al tavolo e mi portò un messaggio da parte di Don. Il contenuto era molto semplice: “Congratulazioni. Non ti dispiace di non aver accettato quella scommessa?”, così era lui, vecchia volpe, il pilota di quella barca che ci aveva seguito sino alle 60 mph.
Come tutti, sono rimasto turbato per la sua morte. A parte il piccolo fotografo del Miami Herald, credo non ci fosse una sola persona nel mondo nautico che non lo conoscesse: una figura davvero importante che aveva iniziato un successo travolgente negli anni Sessanta e che ancora conservava al momento della sua tragica fine.
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