Restauro carene in lamellare – compensato marino e la resina epossidica
Restauro barche d’epoca e classiche
Recentemente, su un noto mensile della nautica, un lettore chiedeva spiegazioni circa le colle da usare per calafatare uno scafo in iroko e cosa usare in alternativa alla cotonina imbevuta nel catrame. Inoltre se la colla rossa andasse bene e se esisteva un altro metodo.
La risposta dell’esperto, incaricato dalla rivista è stata esauriente, ma a mio avviso non completa, poiché non ha detto una cosa importantissima, cioè che il legno, prima di essere laminato, calafatato o incollato con epossidica ed i suoi additivi, deve essere assolutamente asciutto e raggiungere una umidità relativa di valore pari o inferiore al 12 – 15%. Credo si sia trattato di una dimenticanza involontaria, considerando implicito questo particolare importantissimo, ma quando ci rivolgiamo ai neofiti, a mio parere, si devono fornire tutti i particolari determinanti, per una buona riuscita di quello che si deve realizzare, anche quelli che sembrano impliciti e che richiedono particolari attenzioni. In poche parole, nel caso specifico, si deve essere certi che il legno, apparentemente asciutto, abbia la sua umidità relativa contenuta nei valori detti, misurandola con un opportuno apparecchio e procedendo come di seguito indicato.
Restaurare la carena di una barca in lamellare
Quando si intende restaurare la carena di una barca in lamellare, compensato o legno massello, si deve prima di tutto svuotare tutta la barca dall’interno del suo armamento. Quindi togliere tutti i pannelli che dall’interno vanno a coprire la struttura dello scafo, ordinate e fasciame per intenderci. Con la fiamma o una phon a caldo, di quelle professionali, ammorbidire gli strati di vernice protettiva, sentina compresa e rimuoverli con una opportuna stecca. Con la relativa levigatrice rotorbitale, si procede a levigatura (disco grana 40 – 60), fino a quando il legno non compare bello e pulito nella sua essenza naturale. Da notare, dopo aver eseguito le fasi appena dette, che se il legno dovesse apparire umido, capirete quanto sia stato importante eseguire le operazioni di asportazione totale della pittura che era stata data su tutta la parte interna dello scafo fino alla sentina, per proteggere il legno da umidità, acqua, funghi ecc… così da accertarsi visivamente delle parti maggiormente umide, bagnate o peggio marcescenti.
Queste ultime devono essere ovviamente sostituite. Ricordo che in ogni caso, quando si intende laminare o incollare i vari tipi di legno, massello, compensati e lamellari, usando le resine epossidiche ed i suoi additivi, il legno deve essere riportato a vista, pulito ed asciutto, asportando totalmente tutti i residui di pitture e vernici. Se rimane qualche residuo di pitture che non vale la pena asportare per ovvi motivi, non è un problema. Ricordo infine che un altro nemico degli incollaggi e laminazioni dei vari tipi di legno, eseguiti con l’epossidica, è il grasso che, se presente, comprometterebbe il lavoro con risultati pessimi. In questi casi, si possono usare degli sgrassanti efficienti, del tipo previsto per pulire a fondo le sentine e poi sciacquare bene con abbondante acqua dolce. A volte qualcuno si meraviglia nel sentire quanto appena detto, ma non c’è assolutamente da preoccuparsi, perché la cosa importante è eseguire queste operazioni nei periodi caldi, poiché il legno lavato e sgrassato, per effetto della temperatura media dell’aria, superiore ai 20° C. ed una buona ventilazione, in breve tempo si ottiene l’ asciugatura del legno e non resta che verificare la percentuale di umidità relativa in esso contenuta e come precedentemente detto.
La stessa operazione deve essere eseguita all’esterno della carena, sia in opera viva che in opera morta, facendo attenzione a controllare lo scafo centimetro per centimetro ed intervenire con decisione nelle parti che sono marce. Infatti queste vanno necessariamente asportate e sostituite con lo stesso materiale d’apporto, delle stesse dimensioni, ponendo la venatura del compensato alla stessa maniera del pezzo originale asportato. Nel caso di tavole di legno massello è necessario eseguire tali riporti secondo le norme previste dal nostro RINA e che descriverò in un capitolo a parte di questa serie di articoli dedicati al restauro delle carene in lamellare di legno o compensato marino.
Fase di sverniciatura
L’operazione di asportazione più semplice per asportare all’esterno della carena i vari strati di pittura ad essa solidali è certamente quello della fiamma, aiutandosi con una opportuno raschietto, meglio averne tre, di diverse misure e rigidità. E’ necessario avere una bombola di gas e porla lontano dal punto in cui si lavora. Poi si deve acquistare un riduttore di pressione da mettere ad alta pressione e diverso da quello della cucina a gas che è a bassa pressione, quindi si usa un cannello di medie dimensioni adatto al lavoro che deve essere eseguito e facilmente reperibile in commercio nei vari negozi specifici.
E’ buona norma acquistare sempre strumenti professionali di ottimo standard qualitativo, che assicurano la realizzazione di un lavoro corretto, si evitano così le arrabbiature che gli strumenti scadenti immancabilmente provocano… Evitate nel modo più assoluto di acquistare strumenti “cinesi” non certificati. Qualcuno potrebbe dirmi che ce l’ho con i cinesi. La risposta è che mi arrabbio molto, quando trovo in commercio “strumenti truffa” per uso sia hobbistico che pseudo -professionale e non rispondenti alle normative di sicurezza, diventando spesso oggetto di incidenti a volte anche seri e che costano troppo poco.
Per il legno massello l’uso della fiamma è considerato dai vecchi mastri d’ascia come purificatrice, perché oltre ad asportare eventuali parassiti che possono annidarsi nel legno, questa operazione aiuta ad asciugare il legno. L’importante è essere veloci ed attenti a non rovinare il legno facendolo macchiare e bruciare, specie se si insiste troppo con la fiamma su di uno stesso punto. Anche per il lamellare di legno vale quanto appena detto.
Durante questa fase di sverniciatura è importantissimo proteggere occhi e naso dalle eventuali residui di pittura bruciacchiati e magari spinti con velocità verso gli occhi. Quindi un paio di occhiali di plastica neutri sono assolutamente necessari. Mentre per le vie respiratorie è importantissimo proteggerle con un’apposita maschera ai carboni attivi che garantisce una buona protezione dai fumi delle pitture, dalle polveri protettive della carena e dall’antivegetativa, che ricordo essere velenosissima a causa della presenza di piombo per i tipi più vecchi.
Ricordo che eseguendo tale operazione, è importante che tutti i residui della vernice asportata dalla carena. che sono velenosi, devono essere raccolti e posti in apposite buste, per poi essere smaltiti come residui tossici, consegnandoli presso le opportune ditte che ne curano la raccolta al fine di salvaguardare la nostra salute e l’ambiente.
Rilevazione dell’umidità interna del legno
E’ importante poi controllare che il legno sia asciutto e se la barca è stata appena tolta dal mare, si deve assolutamente farla asciugare, partendo dall’esterno. La Cecchi Gustavo pone in vendita uno strumento di rilevazione dell’umidità interna del legno ecc… denominato Skinder.
Infatti, dopo aver portato la carena a zero, cioè a legno vivo, si deve attaccare una specie di gonna dalla parte superiore alla linea di galleggiamento fino a farla toccare terra. Questa gonna deve chiudere tutta la parte interessata della linea di galleggiamento. Poi, con l’aiuto di un deumidificatore, posto in funzione sotto alla carena, lasciandolo lavorare anche per diversi giorni, secondo necessità. Con questo metodo, si permette l’asciugatura corretta della carena. Il tempo di asciugatura, dipenderà dalle condizioni in cui si troverà la carena, al momento in cui si effettuerà tale operazione.
L’asciugatura della carena, va eseguita anche all’interno, cioè in sentina, fino al trincarino, interessando così, oltre all’opera viva, anche l’opera morta dall’interno dello scafo.
Come per la parte esterna della carena, è importante chiudere la parte di carena interna da sottoporre ad asciugatura, aiutandosi per il vano motori, per esempio, coprendo gli accessi da eventuali portelloni asportati, con della plastica trasparente che si può acquistare a peso e metraggio nei consorzi agrari, essendo un prodotto che si usa per le serre. Inoltre quando il legno è molto bagnato, essendo trasparente il foglio di plastica, tutta l’umidità va a concentrarsi sotto alla plastica e si noterà così il migrare dell’umidità dal legno verso l’alto, come appena detto. Ovviamente quando questa condensa, accumulatasi sotto la plastica trasparente scompare, vuol dire che la sentina è in un’ottima fase di asciugatura.
Per questa operazione si possono usare indifferentemente, un deumidificatore che alcuni negozi specializzati nella vendita di articoli nautici, vernici marine, resine epossidiche ecc.. fittano ad un prezzo giornaliero. Oppure si può usare anche un ottimo termoconvettore, che ha certamente un consumo considerevole, circa 2000 watt al massimo, oppure un deumificatore e costi di energia a parte, il risultato è lo stesso. Insomma agli interessati la scelta. Io indico le strade necessarie per arrivare ad un determinato risultato. Nel caso specifico parliamo dell’asciugatura di una carena, prima di procedere ad incollaggio o laminazione con l’ausilio di resine epossidiche.
Un suggerimento per le parti che risultano essere maggiormente bagnate o umide: per abbreviare i tempi di asciugatura, vi potete aiutare anche con un phon ad aria calda, del tipo professionale, con il quale dovete muovervi in modo che il getto di aria calda sia sempre in movimento e non concentrato per troppo tempo sullo stesso punto, pena vedere il legno bruciarsi. Cosa da evitare assolutamente. Inoltre noterete che, con i movimenti veloci del phon ad aria calda, il legno si asciuga a vista, schiarendosi man mano.
Per controllare la percentuale di umidità presente nel legno, occorre uno strumento di misura che un noto produttore di resina epossidica italiano di ottima qualità, pone in vendita ad un prezzo purtroppo non modico di oltre 480 €. Alcuni negozi specializzati specializzati del settore, affittano questo strumento con una tariffa giornaliera.
Se non avete la possibilità di affittare questo importante strumento, vi suggerisco di acquistarlo, usarlo per il tempo necessario a completare i lavori sulla vostra barca e poi rivenderlo mediante un annuncio che potete anche pubblicare gratuitamente su questo CMS e dove potreste facilmente trovare le persone interessate ad acquistarlo e che a loro volta ripetono l’operazione, risparmiando certamente sul costo totale. Essendo usato, dovrete venderlo ad un prezzo minore di quello che lo avete pagato. Insomma ci siamo capiti…
Aggiungo che tale strumento è di facile utilizzazione, poiché va poggiato semplicemente sui vari punti di superficie da controllare e rilevate le letture, per esempio dieci, vanno tutte sommate e poi divise per il numero stesso delle letture rilevate, dieci in questo caso. In questo modo otteniamo il valore medio dell’umidità relativa presente in quella parte di superficie che stiamo asciugando.
Laminazione con legno ancora umido
Cosa accade se laminiamo una carena in lamellare di legno dall’interno e dall’esterno ed i vari strati intermedi sono ancora umidi o peggio bagnati? Questa condizione è assolutamente da evitare, perché porterebbe ,un mare di guai. Infatti, intrappolando l’umidità all’interno degli strati di compensato, che all’origine erano stati incollati con colla resorcinica, non si permette all’umidità o all’acqua di migrare verso l’esterno e quindi inizia un processo interno di marcificazione irreversibile della carena, compromettendone per sempre le sue elevatissime caratteristiche meccaniche, decretandone irrimediabilmente la sua fine, condizione che si deve assolutamente evitare.
Basta osservare quei pochi consigli che ho appena descritto ed assicuro che l’uso della resina epossidica di ottima qualità darà dei risultati eccezionali, secondo quanto ho già esposto in un altro mio articolo apparso su questo CMS di cui al link indicato: Il restauro di barche d’epoca Levi in lamellare di mogano.
Descrizione di un importante intervento di riparazione e ripristino di una carena incidentata
Per darvi l’idea di quanto importante siano i risultati che si possono raggiungere con l’uso della resina epossidica ed i suoi additivi, descrivo un mio intervento di “salvataggio”, relativo ad un cabinato in compensato di mogano di ottima qualità e da 10 mm di spessore, che era stato dichiarato spacciato e destinato alla demolizione da altri operatori del settore.
Nel settembre del 1999 fui chiamato dal titolare di un cantiere per constatare i danni subiti da un cabinato in compensato marino di mogano lungo circa sette metri, a causa di un problema alla gru. Infatti, mentre lo stavano alando, si era schiantato rovinosamente tra lo spigolo di uno scivolo in cemento armato ed il mare, subendo lo sfondamento della carena dalla quarta ordinata di calcolo, fino alla sesta e conseguente rottura della chiglia. Appena saputa della notizia, dissi al titolare del cantiere di mettere la barca in sicurezza, evitando che affondasse del tutto per ovvi motivi ed aspettare il mio arrivo prima di sollevarla, visto che era spezzata la chiglia ed evitando che si potessero arrecare ulteriori danni alla carena.
Appena giunto sul posto vista la situazione, chiamai subito un camion con gru di un mio trasportatore di fiducia e riuscimmo in una decina di minuti a sollevarla agevolmente senza arrecarle ulteriore danno, portandola nella mia presso il mio laboratorio personale. Dopo averla appoggiata su un invaso creato appositamente per la riparazione ed aver svuotato tutti gli interni della cabina del suo armamento, per avere la massima possibilità di movimento, decisi di sollevare tutta la struttura in profilati di mogano che mantenevano il ponte del pozzetto realizzato in cinque pezzi di varie misure in iroko scanalato. Il fine era togliere il serbatoio del carburante, operazione resasi necessaria per la riparazione della chiglia.
Appena tutte le parti su cui intervenire erano accessibili riflettei a lungo su come ricostruire la chiglia, dotarla di paramezzale e quali rinforzi creare e montare per consentire la giuntura dei pannelli da 10 mm che servivano per riparare la carena nelle parti danneggiate.
Dopo aver tolto tutte le parti danneggiate della carena, tracciai con un pennarello vetro grafico ed una riga tutte le parti che dovevano essere tagliate in modo preciso, per consentire con l’aiuto di un seghetto alternativo, di tagliarle secondo il disegno che avevo realizzato nel foglio di lavorazione che prevedeva tutte le fasi di riparazione e richiusura della carena.
Mentre la carena si asciugava inizialmente da sola, visto che faceva ancora molto caldo in quel periodo, provvidi alla realizzazione della chiglia che andava giuntata verso prua e verso poppa nei punti in cui avevo tagliato la sua originale, fratturatasi nell’impatto descritto.
Decisi di realizzare tutte le strutture di supporto in mogano massello, così fatto il calcolo del materiale che mi occorreva, lo acquistai secondo le necessità previste, realizzai tutte le parti che mi occorrevano, dalla chiglia al paramezzale ed ai listelli che servivano da rinforzo e che avevo previsto accanto ai correnti già esistenti a cui fare da base di appoggio per i pannelli della carena da riposizionare e giuntare.
Controllato che la carena era perfettamente asciugata secondo le note specifiche, provvidi a posizionare la chiglia nuova realizzata, giuntandola nei punti strategici, da me stabiliti. Quindi realizzato un paramezzale di spessore adeguato, lo feci arrivare ben oltre i punti di giuntura verso prua e verso poppa, oltre la paratia che divideva la cabina dal vano motore (vedi disegno).
Appena eseguito questo lavoro in modo chirurgico e quindi preciso, provvidi anche a fissare il paramezzale con dei perni in acciaio inox, da 14 mm di diametro, filettati ed annegati nella chiglia dal lato inferiore e fissati con la resina epossidica addensata con silice colloidale; mentre dalla parte superiore del paramezzale, cioè in sentina, uscivano i perni filettati con i dadi in acciaio inox e le relative rondelle tornite che mantenevano il tutto al loro posto. Successivamente, appena sagomati i pannelli di chiusura della carena, in compensato di mogano da 10 mm, li posizionai incollandoli con la resina epossidica addensata insieme alla silice colloidale.
Terminato il lavoro, ne rimasi contentissimo, perché si vedeva un lavoro pulitissimo. Inoltre i miei calcoli si rilevarono efficaci ai fini della resistenza in mare. Infatti la barca, ritornata a navigare sia con mare calmo che formato, si è comportata benissimo ed ancora oggi, pur essendo trascorsi alcuni anni dalla riparazione è tutto intatto, senza aver subito alcun movimento. Addirittura le parti dei pannelli sostituite e giuntate in carena, non si notano per nulla e si deve solo sverniciare la carena per vedere l’intervento di riparazione realizzato.
Gli otto anni trascorsi senza problemi, dal momento in cui fu riparata questa barca, fanno capire che, senza l’uso della resina epossidica e della silice colloidale, la barca non sarebbe mai potuta ritornare come era all’origine, anzi di gran lunga più robusta, navigando in modo eccellente e raggiungendo velocità di punta che superano i trenta nodi e più.
Gentile Roberto Paese,
ho visionato le foto che ci ha inviato e la prima impressione è che i legni della sua barca sono stati sottoposti a notevoli sbalzi termici che ne hanno determinato un notevole restringimento al punto tale da generare le crepature che sono evidenziate. Probabilmente, due possono essere le componenti che hanno determinato questa condizione: come prima considerazione una qualità del legno assolutamente non al top in prima realizzazione.
Seconda considerazione: quando nel 2001 la barca è stata sverniciata, levigata e poi pitturata con varie mani di vernice trasparente è probabile che gli ambienti in cui è stata effettuata la lavorazione avevano un alto tasso di umidità che è stata intrappolata nella prima mano di vernice nel legno. Questo problema ha determinato, con l’innalzamento della temperatura, naturale per i periodi estivi, un eccessivo restringimento del legno in cui l’umidità intrappolata è uscita con forza nei punti in cui l’assorbimento della vernice non è stato efficace, generando le crepature del compensato. Tuttavia, occorre una ispezione da vicino dello scafo per fare una corretta valutazione.
Circa l’applicazione di venici superate per le opere a vista, come lei afferma è relativa, poiché vi sono delle vernici eccezionali che, se utilizzate correttamente con dieci dodici mani date su legni e compensati di ottima qualità e con umidità relativa al loro interno inferiore al 10%, conservano intatto e splendente per anni i legni, nel pieno rispetto di quelle regole etiche e tecnicamente irrinunciabili, avendo come risultato un lavoro eseguito “a regola d’arte”, come purtroppo non è stato nel suo caso, condizione presente nei legni del suo Riva, come documentato nelle foto che ci ha inviato.
Indubbiamente i legni di buona qualità, trattati e assemblati a regola d’arte con i nuovi materiali di incollaggio e laminazione dei legni stessi, danno risultati nettamente superiori a quelli degli scorsi anni quando le tecnologie medesime erano legate a prestazioni nettamente inferiori alle attuali. Va aggiunto che nel caso delle resine epossidiche utilizzate per l’incollaggio strutturale di legni e compensati, oltre alla laminazione dei medesimi, è importante avere giusta conoscenza di tali applicazioni che hanno molte varianti di applicazione conosciute solo da chi ha lunga esperienza in merito. Ricordo che l’esperienza si acquisisce con il raggiungimento di risultati positivi, ma principalmente da quelli negativi che insegnano cosa fare e cosa non fare in determinati casi.
La ringraziamo per averci contattato!
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Vorrei un suo parere su quali interventi fare sulla mia Riva modello Olympic, di cui allego alcune foto indicative; tenga presente che i trincarini e parte della coperta di prua sono stati sostituiti nel 2001.
Dopo due interventi di restauro, ed oltre 60 mila euro spesi fra fondo e coperta, pensavo di rivolgermi non più alle solite officine sul lago d’iseo (anche per via del trasporto, la barca sul Tirreno cosentino) bensì a qualche operatore meno caro ma volenteroso che voglia seguire le indicazioni di un tecnico con esperienza e magari con soluzioni più evolute nei materiali e di maggiore durata.
Temo difatti che la rovina della verniciatura sia dipesa dall’impiego di vernici superate e poco resistenti al sole (comunque l’esposizione sole è limitata a max 40 giorni anno).
Attendo con fiducia, grazie.
Dopo aver vissuto per tanti anni in Italia vivo attualmente in Albania.
Un anno fa ho comprato un Picchiotti 1976 in buon stato e siccome adesso faccio l’agente di comercio di pesce, sono sempre in giro per l’Europa ed ho deciso di venderlo. La barca è in legno di mogano, lunga 14 metri è dotata di due motori General Motors da 300 HP cadauno ed è in buone condizioni. Si deve solo tirare a secco e fare carena.
La barca è dotata di: navigatore GPS, Echo, Radar nuovo – 6 mesi di vita, Radio VHF, Zattera 12 posti, impianto elettrico nuovo, Motore ausiliare carica batteria. La vendo ad un prezzo affare.
Saluti da San Giovanni Albania
Toni.
Zarcos 12 metri in vendita:
Questo commento è dedicato ad un nostro lettore che ci ha contattato telefonicamente la sera del 20 agosto 2009, chiedendo informazioni circa uno Zarcos da 12 metri che compare nella nostra rubrica “Barche in vendita”.
Purtroppo per un problema tecnico alla batteria del cellulare, ho perso le coordinate del contatto e lo pregherei di ricontattarmi, perché ho tutte le notizie che mi chiedeva circa questa barca e la possibilità di ristrutturala presso un cantiere di nostra conoscenza.
Resto in attesa di tue notizie… e scusa ancora per l’inconviente tecnico.
Cordialissimi saluti,
Giacomo Vitale
Gentile Claudio,
scusami se ti rispondo con qualche giorno di ritardo…
Inviaci le foto della tua barca dove si possa vedere il tipo di costruzione, la forma, la struttura ecc.
Scatta un po’ di foto riguardanti la parte che si è fessurata, sia in sentina, cioè dall’interno della barca, che dalla parte della carena o opera viva che è immersa quando la barca è in acqua. Cerca di inviare tutte le informazioni che son necessarie per capire come riparare la tua barca.
Per piacere, invia notizie e foto a: giacomo@altomareblu.com
Grazie. Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Gli articoli sono molto tecnici ed esplicativi!.. io mi sto inbattendo nella ristrutturazione di una barca di compensato marino, credo mogano, di circa 12 piedi, che pesa circa 60 chili (è leggera e delicata), di circa trent’anni.
La comprò mio padre di seconda mano tanti anni fa. Devo riparare due spaccature sulla carena ortogonali al suo asse e avevo in mente di rinforzarla sia dall’esterno incollando un ulteriore strato di di lamellare in mogano a 3 mm sia dall’interno con qualche corrente.
Vorrei qualche consiglio… come posso fare??
Gentile Luca,
ti ringrazio per i tuoi apprezzamenti e ti rispondo evidenziando le differenze tra una carena in lamellare di mogano ed una carena in vetroresina.
La carena di una barca realizzata in lamellare di mogano è solitamente composta di tre o quattro strati di compensato di mogano da 5 mm di spessore, incollati ed incrociati tra loro a 45°, con colla resorcinica. Questa tecnica di costruzione conferisce alla carena caratteristiche meccaniche eccezionali con un peso contenuto. Il mitico ing. Renato “Sonny” Levi introdusse questa tecnica in Italia a partire dal 1962 con la famosa A’ Speranziella, di cui puoi leggere le sue vittorie e piazzamenti in questo CMS, conseguite in importanti gare internazionali riservate a barche offshore.
Forse non sai che “Sonny” Levi è un ingegnere aeronautico e oltre alle sue geniali ispirazioni, ha sempre ragionato in termini di progettazione nautica, allo stesso modo in cui si ragiona per la realizzazione di un aereo, cioè leggerezza, alte caratteristiche meccaniche dei materiali realizzati e ottima aerodinamica. In effetti ci troviamo di fronte a due tipologie di mezzi che si muovono in due elementi differenti, cioè l’aria per gli aerei ed il mare per le imbarcazioni, ma che hanno un minimo comune multiplo importantissimo, il fattore aerodinamica, cioè l’aerodinamica per gli aerei, il sostentamento idrodinamico per le barche a carena planante. Le varie A’ Speranziella, Alto Volante, Ultima Dea, Speranzella Quarta, Surfury, Merry Go Round, Delta, tutte imbarcazioni da competizione famosissime nella storia dell’offshore, parteciparono a competizioni internazionali come la Cowes – Torquay, dimostrando sempre elevate doti di navigazione, dovute certamente al disegno realizzato dalla magica matita di Levi, ma posso assicurarti che la solidità della struttura permetteva loro di planare con assoluta stabilità e grande sicurezza, anche con mare 5 – 6, senza subire alcun danno alla struttura alla carena.
Certamente la barca a vela è una tipologia molto diversa di imbarcazione, ma se la sua carena, realizzata con il lamellare di mogano che rispetta i criteri di buona costruzione tecnologica ed un buon disegno, certamente avrai a che fare con una signora barca. Ovviamente il motore di una barca a vela sono appunto le vele e tutto l’armamento che lo compone e di cui non so dirti nulla, perché non è di mia competenza, in quanto mi interesso solo di motori a benzina. Un buon armamento, abbinato ad un’ottima carena da come risultato, prestazioni elevate del mezzo e lo scopo è quello di navigare in assoluta sicurezza ed alla maggiore velocità possibile…
Le carene in lamellare realizzate incollando i vari strati di compensato tra loro, con le colle resorciniche e poi successivamente laminate a regola d’arte con la resina epossidica, secondo quanto ho riferito già in altri articoli pubblicati su questo CMS, le rendono quasi immortali nel tempo. La caratteristica fondamentale della laminazione eseguita sulle carene realizzate in lamellare di mogano è che la resina epossidica è impermeabile, cioè un polimero a cellula chiusa che non permette all’umidità di penetrare nei vari strati che compongono il lamellare della carena. Inoltre il lamellare ed il compensato trattato con questo moderno prodotto acquisiscono, anche negli incollaggi e nelle giunture una continuità strutturale straordinaria. Certo il lamellare di mogano realizzato mediante l’incollaggio con colla resorcinica dà alla struttura della barca una certa elasticità, che in certe circostanze potrebbe essere anche vantaggiosa, ma nelle barche a motore che devono affrontare in velocità ogni condizione di mare, anche duro, la rigidità strutturale è sinonimo di alte prestazioni e permette di governare il mezzo con maggiore sicurezza.
La vetroresina è certamente un materiale composito molto diverso rispetto al lamellare in legno. Realizzato per stratificazione di un tessuto di vetro di diversa trama a secondo delle necessità, con l’uso di gelcoat e della resina poliestere, il problema è che la sua catalisi, simile ad una bomba ad orologeria, si innesca al momento che si mettono insieme i componenti della resina, nell’arco della sua vita che mediamente dura una trentina di anni per quelle realizzate agli inizi degli anni 60′. Infatti umidità e temperatura devono avere certi valori al momento della lavorazione, altrimenti il tempo utile della vita di queste carene si può accorciare enormemente per il sopraggiungere dell’odiosa peste della vetroresina, cioè l’osmosi.
Quando una carena di un’imbarcazione è affetta dall’osmosi, è meglio non spendere soldi, perchè anche togliendo il gelcoat esterno e lavando con acqua corrente il tessuto in lana vetro, riportandolo alla luce, liberandolo dal sale accumulatosi per mezzo delle infiltrazioni attraverso il gelcoat e la resina poliestere ecc… insieme ad un altra serie di accorgimenti, anche se ci troviamo in ambienti climatizzati, il problema si rimanda, ma difficilemte si risolve. Qualche risultato positivo si può ottenere con l’uso della resina epossidica al posto della resina poliestere, ma i costi salgono vorticosamente.
La carena il lamellare di mogano, laminata con epossidica è un’altra storia per i motivi detti e se tratti la carena con un antivegetativa a base epossidica e con scaglie di rame, che è vero, ha un costo iniziale non del tutto contenuto, risparmi per almeno quattro o cinque anni di fare carena, perchè questo prodotto non consente alla vegetazione marina, specie nei mari più caldi, di attaccarsi alla carena e basta lavarla con un getto di acqua consistente per ripulirla, una volta sollevata dal mare. Infine prima di rimetterla in mare è sufficiente levigare l’opera viva della carena con carta abrasiva ad acqua, in modo da ripulire le scaglie di rame, che ritornano così a contatto diretto con il mare… ed il gioco è fatto. In questo modo si risparmiano soldi e soprattutto fatica, evitando l’uso di prodotti che poi sono altamente tossici, come le antivegetative tradizionali.
Concludendo, una buona carena in lamellare di mogano, laminata con la resina epossidica è di gran lunga migliore di una carena in vetroresina e non ci sono sostanziali differenze per la manutenzione. E’ comunque necessario, prima di acquistare una barca in lamellare di legno, fare controllare la carena da uno specialista, che sappia vedere cose che normalmente chi non è un professionista del settore, non riesce a vedere ed a capire.
Grazie per averci scritto e per ogni altra domanda sono a tua disposizione.
Giacomo Vitale
Salve e complimenti per la professionalità e capacità.
Mi è stata offerta un imbarcazione a vela fatta in legno lamellare di mogano laminato con epossidica.
Vengo dal mondo della vetroresina e non so bene in cosa mi sto imbattendo. La manutenzione le riparazioni sono molto diverse?
Mille grazie,
Luca