La nascita del CVC
Centro Velico Caprera
L’idea mi venne nel 1964 all’Accademia Navale di Livorno, alla fine di un corso di vela organizzato da Mariponave, l’unione degli ufficiali provenienti dai corsi Preliminari Navali.
Questi corsi PN erano stati creati dalla Marina per la preparazione di ufficiali di complemento che avessero già una formazione universitaria. Si svolsero all’Accademia di Livorno, il primo nel 1937; il nono si tenne nel 1943 a Brioni. In totale vi parteciparono 2041 allievi di cui 172 caddero in guerra.
Nel 1960 si costituì Mariponave, che ogni anno organizzava il suo raduno che si svolgeva a bordo di una nave messa gentilmente a disposizione della Marina. Nel 1964 il Capo di Stato Maggiore ammiraglio Ernesto Giuriati concesse agli ufficiali di Mariponave i locali dell’Accademia per due settimane allo scopo di tenervi un corso di vela per i propri figli ed io ebbi l’onore e l’onere di organizzarli e dirigerli.
Riportarono un grandissimo successo tanto che nel rapporto conclusivo che feci allo Stato Maggiore della Marina sottolineai che era giunto anche in Italia il momento di creare una scuola dove l’insegnamento della vela non avesse solo finalità agonistiche, com’erano allora tutte le scuole organizzate dai circoli nautici, ma fosse un mezzo per conoscere il mare, che insegnasse non a regatare, ma ad assimilare la cultura marinaresca e i valori della marineria.
Era il criterio adottato in Francia nella famosa scuola dei Glénans di cui tanto avevo sentito parlare. In quel rapporto scrissi anche che la località ideale per tale scuola sarebbe stato l’arcipelago della Maddalena dove non manca mai il vento. In autunno mi recai in Sardegna ed esplorando in gommone l’isola di Caprera adocchiai Porto Palma che con i suoi ridossi offriva condizioni ideali.
L’avevo trovata, la posizione ideale per realizzare la mia idea!
Nel 1965 fui richiamato in servizio per un breve corso di aggiornamento per ufficiali che avevano combattuto in guerra. Imbarcato sull’incrociatore lanciamissili Garibaldi mi ritrovai, alla fine di un’esercitazione Nato, vicino ad altre unità della Squadra navale ormeggiate nella rada fra le isole di Santo Stefano e Caprera.
Per festeggiare gli ufficiali richiamati, l’ammiraglio Alessandro Michelagnoli ci invitò tutti alla sua mensa. Era una splendida giornata di sole e passeggiando in coperta dopo il caffè l’ammiraglio m’invitò ad accompagnarlo a visitare la casa di Garibaldi.
Ringraziandolo, gli dissi che preferivo invece fare un sopralluogo “a quelle casette diroccate laggiù, già baraccamenti di una batteria contraerea” indicandogliele con il braccio.
“Cosa ci vai a fare?” mi rispose.
Fu un lampo e decisi di coinvolgerlo:
L’ammiraglio si schernì ma non dimenticò l’episodio.
Alcuni mesi dopo ci presentammo a lui nel suo nuovo ufficio al Ministero in quattro. Con me il comandante Notarbartolo di Sciara, presidente della Lega Navale di Milano, che aveva la veste giuridica per farsi assegnare la concessione e Franco Brambilla, AD della Pirelli e allora vicepresidente del Touring Club Italiano, che avrebbe garantito il finanziamento iniziale di 70 milioni (lire di allora) per i restauri e l’acquisto delle barche. C’era anche Giovanni Nassi, braccio destro di Brambilla, cui si deve la realizzazione pratica del mio progetto.
Bevuto il caffé (classica consuetudine in Marina) dissi all’ammiraglio ex abrupto: “Si ricorda quando a bordo del Garibaldi le parlai di una scuola di vela a Caprera? Ebbene siamo qui per chiederle ufficialmente in concessione quelle casette diroccate che le mostrai allora. “Per incassare la tratta”, aggiunsi scherzando.
Dopo la nostra ampia esposizione del nostro progetto, rispose senza indugi: “Ve la concedo purché mi promettiate di fare le cose seriamente”.
Nata su quella semplice promessa, convinsi il Comandante Notarbartolo che la scuola si dovesse chiamare centro perché nel logo che disegnai con le bandiere del codice internazionale dei segnali, le due C affiancate alla V (Centro Velico Caprera) erano più eleganti di SVC.
Oramai Nassi era il cuore, la mente e il factotum del CVC ma io mi occupai con Guido Colnaghi, un’altra colonna del centro, a scegliere le barche, definire la didattica e la struttura dei tre corsi. Imponemmo anche gli allievi di comandata e il famigerato orario, divenuto un classico, peraltro apprezzato da tutti i frequentatori.
Il centro fu inaugurato nel maggio 1967. Il primo corso stanziale per neofiti era basato a terra, io invece comandai la sezione itinerante di tre Alpa 7 con 11 allievi che erano stati ammessi al secondo livello avendo dichiarato di avere già delle conoscenze basiche di vela. Il mio problema non erano però gli allievi ma gli altri due capibarca. Dovetti sceglierli lì per lì, al momento dell’imbarco ed ebbi fortuna perché entrambi diventarono poi bravi istruttori al CVC. Uno fu, anni dopo, addirittura atleta olimpico e istruttore federale.
Avevo preparato un miniportolano della zona e poiché non avevamo radio, per comunicare con le altre barche anche un succinto “libro dei segnali”. Fatica sprecata perché le bandierine, proporzionate per una barca di 7 metri, erano troppo piccole per l’impiego pratico e già a 50 metri non si distinguevamo più.
Il CVC, fondato sull’autogestione e il volontariato degli istruttori ebbe subito un grande consenso e la riprova della sua affermazione sono gli allievi che lo hanno frequentato nei 41 anni della sua esistenza: più di 80.000. Frequentando il CVC essi hanno forse scoperto che c’è ancora un luogo, aperto a tutti, dove valori oggi spesso dimenticati si traducono in norme quotidiane di vita.
La promessa all’ammiraglio Michelagnoli è stata mantenuta.
VdS
Nota: Le immagini sono tratte dal sito www.centrovelicocaprera.it
Ricordo con tanta simpatia le meravigliose esperienze vissute a Caprera negli anni 1970/71/72