Parchi marini e riserve naturali protette
di Vittorio di Sambuy
Lungo le coste della penisola é stata istituita una mezza dozzina di parchi marini, alcuni frettolosamente addirittura classificati come nazionali mentre meriterebbero tuttalpiù quella di comunali giacché vi si discrimina la fruibilità a favore dei residenti. (Esempio La Maddalena).
Ai parchi si aggiungono 20 Aree marine protette (Amp = Aree Marine Protette) che coprono una superficie di mare di oltre 190.000 ettari. E’ prevista la futura istituzione di un’altra ventina di Amp.
Rispetto ai quasi 8000 km delle nostre coste il loro fronte a mare è poca cosa, purtroppo si tratta sempre delle più belle zone che, per proteggerle, sono vietate alla navigazione privata.
La possibilità di visitarle, ove resa possibile su mezzi pubblici, non é però sempre garanzia di rispetto dell’ambiente: vedansi le turbe vocianti sbarcati da barconi (“gita alle isole con bagno e spaghettata”), che fanno la fila per attraccare all’unico pontiletto disponibile, come a Razzoli (Sardegna).
Folco Quilici faceva osservare, in un recente articolo su un diffuso settimanale, che le zone vietate al turismo nautico non sono sufficientemente segnalate e spesso gli yacht in arrivo, specie quelli esteri ignari dei divieti, incorrono in contravvenzioni che certo non favoriscono il turismo.
Manca cioè l’INFORMAZIONE, e non basta che la si possa trovare su Internet (nella maggior parte non consultabile su imbarcazioni da diporto medio-piccole) né sia evidenziata adeguatamente perché i relativi cartelli sono leggibili si e no da una ventina di metri di distanza, quando prescrivono il divieto di avvicinarsi a 300 metri dalla costa (sic! – vds Isole dei Nibani in Sardegna). Nella cartografia dedicata sono invero indicate boe che dovrebbero delimitare la zona vietata ma, divelte dal mare, non sono state sostituite (vedasi ancora ai Nibani) e quindi il navigante, non allertato, corre gravi rischi di effrazione.
Manca anche una REGOLAMENTAZONE OMOGENEA, e vi sono zone Ma, Mb ed Mc simili ma con prescrizioni diverse rispetto ad altre “Amp”. E’ un difetto diffuso, come dimostrato dalle “grida” delle Capitanerie di Porto che pare sia impossibile non solo unificare, ma almeno diffondere capillarmente per cui si sono visti dei casi di “Delegazioni di Spiaggia” che non hanno in copia le norme di quella confinante.
Per l’ormeggio nei parchi in alcuni casi ci si deve munire di un biglietto di accesso ma spesso non si sa né dove né come acquistarlo. Le tariffe scontate per accessi multipli non convengono perché si pagherebbe anche per i giorni non sfruttati a causa di condizioni meteo poco favorevoli quindi è opportuno acquistare il biglietto giorno per giorno. Ciò dovrebbe essere facile e possibile in tutti i porti e nelle strutture di rimessaggio ma questo non è il caso, tanto per non fare nomi, per il Parco de La Maddalena.
Carenti sono le ATTREZZATURE A TERRA, specie quelle igieniche che sarebbero necessarie alle Amp per ottenere le cosiddette bandiere azzurre a garanzia della qualità del sito e che giustificherebbero il pagamento di un biglietto di accesso.
Con una certo ottimismo, Folco Quilici sosteneva nell’articolo suddetto che le “Amp” hanno fatto rinascere fauna e flora subacquee in pochi anni. Dico ottimismo perché, sempre attorno ai suddetti Nibani, dove, dopo essere stati dichiarati da parecchi anni zona “Ma – vietata alla navigazione, accesso e balneazione”, non è rinato un bel niente e per mancanza di pesce sono pure scomparsi i cormorani che vi allignavano ancora poco tempo fa.
Quella dei Nibani è una storia esemplare. Quando il comune di Maddalena stabilì i confini del parco non aveva, sulle isole abitate, zone adatte a diventare “A e Ma”. In mancanza, dichiarò tali le isole disabitate dei Nibani, un pezzo del Mortorio e il Mortoriotto, che non sono neppure nel suo comune, pur avendo l’Icram (Istituto nazionale per la ricerca sul mare) stabilito a suo tempo che attorno a dette isole non vi fosse nulla da proteggere.
Le male lingue dicono che questo divieto – inutile ai fini ecologici – esiste solo per fare un dispetto a Porto Cervo e a Porto Rotondo, le località più vicine.
La protezione della fauna ittica poi non è un problema di Parchi e Amp, ma ben più grave.
Stupisce che la drammatica situazione recentemente assai bene documentata dalla brava Gabbanelli nella sua rubrica “REPORT” di “Rai Tre” (selezionare l’immagine per visualizzare il video), che ci ha illustrato un vero e proprio conflitto fra la malavita organizzata che depreda il mare e distrugge fondali contro le forze dell’ordine, talvolta conniventi o lassiste, contrasti con la visione idilliaca dei pescatori mostrataci dalla simpatica Gelisio conduttrice di “Pianeta Mare” su “Rete 4”.
Ma questa è un’altra storia.
VdS
Egregio Vittorio di Sambuy,
il Suo ottimo articolo, rappresenta purtroppo realtà già note…..che spesso sfociano nel privilegiare mediante atti normativi, interessi locali.
Se ciò fosse utile alla salvaguardia dell’ambiente, sarebbe comunque il male minore…..
C’è ancora tanta strada da fare…..ed in tempi di “vacche magre”, le “aree protette”, temo che faranno la parte di Cenerentola e ben vengano quindi queste testimonianze sulle “disfunzioni” che affliggono le “aree marine protette”, sempre con la speranza che l’Autorità coordinatrice della materia (Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare), riesca nell’intento di armonizzare tra loro le varie Autorità, Enti ed Associazioni che su queste aree hanno comunque competenze di tipo amministrativo, di gestione o di controllo e che già dovrebbero operare in sinergia attraverso i loro rappresentanti, all’interno di ciascun Ente gestore, tramite la “Commissione di riserva”.
E’ comunque importate far notare con autorevolezza e competenza queste “disfunzioni”. La sola speranza è che si imbocchi presto la strada giusta normalizzando il tutto.
Cordiali saluti
Tito Mancini