Brevissime considerazioni sul Salone nautico di Genova 2011
di Vittorio di Sambuy
Purtroppo vi si respira un’aria pesante, uno scoramento dinanzi ad un incerto futuro.
Il mercato è fermo, soprattutto per la crisi e la barca diventa il primo bene lusorio cui rinunziare, più che per la spesa d’acquisto, per i costi di gestione/rimessaggio/ormeggio.
L’Ucina ammette una flessione del fatturato di almeno il 45%. Ma anche per il terrore del fisco. Timore invero in parte valutato più minaccioso di quanto sia in realtà, comunque enfatizzato dai media che hanno insistito su alcuni episodi eclatanti ma non rappresentativi dell’insieme.
I cantieri maggiori, che da soli rappresentavano metà del fatturato complessivo del settore, si sono delocalizzati insediandosi in paesi emergenti alla conquista di ricchi mercati come Cina e Brasile in particolare. La maggioranza di quelli medi e piccoli si è arroccata sulle vecchie posizioni illudendosi che la crisi sarebbe passata presto.
Il risultato è che troppi cantieri vivacchiano copiandosi a vicenda, incapaci di organizzarsi consorziandosi solo per la promozione e la vendita (saloni) ma non per le fasi operative (acquisti, standardizzazione e produzione) come fanno per esempio gli olandesi e soprattutto le industrie aeronautiche, per cui vediamo aerei costruiti a pezzi staccati anche in paesi diversi.
Novità significative perciò poche, ad eccezione dell’accessoristica ed alla propulsione alla ricerca di ottimizzare i rendimenti. Tipico un pod entrofuoribordo con due eliche controrotanti, di diametro diverso, perdipiù disassate.
Qualche perplessità sulla novità della patente nautica a quiz. Ho voluto provare, ma l’assaggio, troppo breve, non mi permette di giudicare il sistema, salvo per constatare che alcune delle domande non mi sono sembrate pertinenti.
L’Ucina, euforica per i passati consistenti fatturati relativi ai megayacht, aveva lanciato in passato il programma “Navigar m’è dolce” ma non l’ha poi sostenuto con iniziative correlate per cui non ha aiutato i piccoli cantieri che ne avrebbero potuto profittare, promuovendo concorsi per progetti di imbarcazioni ecocompatibili (non solo nell’esercizio ma anche nella costruzione e nella rottamazione finale), nonché per barche più semplici e facili da usare per il neofita.
Forse potrebbe ancora provvedere in merito.
VdS
@Sergio Abrami
Gentile Sergio,
nell’entusiasmo di aver letto le sue opinioni “in punta di piedi” mi permetto di chiamarla per nome.
Quanto ha ragione sulla cosiddetta “nautica minore”.
Purtroppo è morta e nessuno ne parla ed i responsabili sono molti. Tra i principali ed in ordine di colpa:
– UCINA & amp; associati (hanno sempre snobbato questo tipo di utenza);
– amministrazione centrale e locali che non hanno mai legiferato e/o operato in modo da sostenerla.
Una volta nella nautica si iniziava con la lancetta sulla spiaggia e si “saliva” col tempo, l’esperienza e le cresciute disponibilità economiche.
Un sei metri era una barca piccola, un otto una media, un dieci metri una barca grande, il dodici una veramente grande ed un Baglietto 16,50 veniva considerato qualcosa di estremamente grande e lussuoso, alla portata esclusivamente di industriali, notai, baroni della medicina… Negli ultimi e squallidi anni, dominati dal Leasing Nautico, si è fatta invece comune l’idea che le barche “partano” dai dieci (il piccolo), ed attraverso il dodici (mediopiccolo), il tredici (medio), il quindici (mediogrande) arrivino finalmente al grande, il diciotto/venti metri.
Per anni banche e finanziarie hanno finanziato senza adeguate garanzie Leasing Nautici a soggetti che, privi di passione ed adeguata copertura economica, non appena la crisi economica ha avuto effetto negativo sulle loro entrate, hanno sospeso il pagamento dei canoni ed “abbandonato” la barca. Costruttori e titolari di cantieri (addirittura presidenti dell’UCINA) hanno costruito nuove Marine dai costi di ormeggio esorbitanti ed i soggetti di cui sopra pagavano senza fiatare “tanto la barca col Leasing mi costa niente!”.
Qualunque persona sana di mente, nel caso volesse comprare una barchetta di sette metri del valore di 10mila euro e per l’ormeggio annuale se ne vedesse chiedere più di 4mila, rinuncerebbe scappando a gambe levate.
L’unica (magra) soddisfazione è vedere dove questo “gigantismo” ha portato gran parte degli attori di questa commedia: a portare i libri in tribunale…
Pietro Calcagno
Caro Francesco,
leggere da te, un giovane progettista, quanto hai scritto… fa ben sperare. Non tutti sono abbagliati da comunicati stampa dubbi ma fotografano realisticamente lo stato attuale delle cose.
Il fattore che tutti dimenticano è anche dato da una cecità da parte dei piccoli cantieri di “ottimizzazione” della loro offerta, innovazione che non vuol dire copia o assecondare un mercato ma innovare. In questo, è abbastanza evidente a tutti, la globalizzazione ha prodotto un effetto quanto mai limitante sotto l’aspetto produttivo e innovativo di tutto il settore. Si chiamava anni fa, paura cinese; si dimenticava allora, lo si fa ancora oggi che… l’originalità, la qualità, quello che altri non possono fare, è una fonte inesauribile di evoluzione. Un esempio, nel settore auto, può essere la Ferrari…
Sembra che già tutto sia stato scritto, che già tutto sia stato tentato ma non si ha il coraggio di ammettere che il settore nautico ha bisogno di un nuovo slancio e di ordine sia sotto l’aspetto fattivo che progettuale. La realizzazione di modelli economici sostenibili vincolati non più a “fiere” ma cominciando, in maniera più selettiva e mirata, allargando il potenziale bacino d’utenza adeguando i prezzi e utilizzando la comunicazione “globale” uscendo dai propri confini comunali, regionali, nazionali.
Quanti sono i cantieri che fanno una buona comunicazione? In lingua inglese? Ecco come si evidenzia una carenza effettiva che solo i grandi marchi coprono nella sfera del mercato italiano ed europeo e che, sfruttando questo canale, si possono permettere di vantare anche clienti esteri non avvalendosi del solo salone nautico come occasione di promozione. Se il prodotto non è veicolato nella sfera attuale di conoscenza, come può essere uno strumento digitale (internet), anche il più virtuoso e innovativo dei cantieri italiani, finisce per essere sconosciuto alla massa.
Per essere “appetibili” nel mercato, bisogna creare curiosità, in questo modo, eventi come Genova hanno una finalità di contatto, di prova del prodotto che attualmente, non ha più. Bisogna essere al passo dei tempi e non “perdere tempo”; che esistano associazioni e unioni di cantieri e progettisti che ignorano l’evidenza di dati dettati dal mercato globale, lasciano qualche serio dubbio sull’attuale leadership e alla loro “contemporaneità”.
Il futuro? L’unione fa la forza ma è il caso che nuove idee, giovani e coraggiosi, si rendano protagonisti del nostro tempo abbandonando modelli ed età che appartengono a un tempo e a un modello di business ormai passato, senza mai rinnegarlo ovviamente ma è necessario non raccontare più favole e dire la verità.
Carissimo Francesco,
è tutto condivisibile quello che affermi in merito alla situazione economica generale del nostro paese e non solo. Indubbiamente si deve rivedere il tutto, in riferimento alla nautica e credo sia veramente difficile fare un pronostico in questa situazione. Tuttavia è importante ricominciare da zero seriamente, badando agli sprechi che non sono assolutamente consentiti. E’ invece importante offrire dei prodotti seri, ripensati e progettata da gente valida… badando bene al prezzo finale. Aggiungo che questa situazione va riconsiderata a 360°, quindi dalle materie prime, alle lavorazioni, dai costi degli ormeggi, al trasporto delle barche dal cantiere in banchina ecc.. ecc…
Credo che solo offrendo prodotti validi a prezzi ragionevoli possa ridare lustro al settore e molto deve essere fatto in questo senso, verso la nautica minore… Non aggiungo altro perché credo che il mio pensiero sia chiaro. Il coinvolgimento serio ed attendibile di tutti i settori produttivi del paese, compreso le forze politiche che devono fare la loro parte correttamente e seriamente, sono la sola risposta a tutto quello che stiamo vivendo…
Poi si possono fare le cose in un modo, piuttosto che in un altro, l’importante e risollevare il settore creando nuovi posti di lavoro, creando ricchezza e risvegliando negli appassionati d barche, dalle piccole alle grandi, la voglia di andar per mare, magari come si faceva una volta…
Saluti a tutti.
Giacomo
Salve a tutti,
purtroppo le considerazioni di Alex sono quantomai vere. La crisi mondiale ha “resettato” tutto e la Nautica non ha fatto eccezione! Valori (economici e tecnici) che prima del 2008 erano “standard” sono stati messi in seria discussione e purtroppo non si vede ancora la luce di questa spirale di confusione che ormai pervade il settore.
Prezzi, dotazioni, tecnica va tutto rifondato, nemmeno rivisto, ma ripensato dai principi base. Il valore dei manufatti va rivalutato dalla materia prima, ai processi produttivi, fino alla vendita. Non sono più accetabili i costi pre-crisi pena il soccombere sotto un sistema economico e finanziario asfissiante (vedi fuga verso le economie emergenti). E vogliamo parlare della qualità?!
Chiunque si improvvisa costruttore nautico, basta riuscire a far catalizzare la resina! Ma poi? A bassi costi purtroppo corrisponde ancora una bassa qualità magari mascherata dai soliti lustrini e non un’ottimizzazione dei procesi produttivi. Cultura, a 360°, da chi compra a chi produce, dalla domanda all’offerta la rivoluzione deve partire dal “popolo”! Come è sempre stato.
Largo alle nuove idee, alle nuove generazioni alle quali insegnare non solo come disegnare delle belle forme ma come riempirle con dei contenuti e soprattutto come renderle realizzabili ovvero il design inteso nel senso letterale della sua traduzione: “progettazione”! Risvegliati Italia, popolo di santi ma soprattutto di Navigatori!
Francesco Fiorentino
Bel commento Sergio.
Visto che ti sta a cuore il settore e che mi occupo di AltoMareBlu dai primi bit ad oggi, di marketing legato alla DAO (Digital Asset Optimization), se parliamo di Salone di Genova, mi inviti a far banchetto con la solita bolla all’italiana!
Come ho avuto già modo di scrivere in un mio articolo riguardo al settore informatico, per niente diverso da quello nautico, è ora di finirla di andare alle “sagre” delle buone intenzioni. Con questa affermazione posso tranquillamente sostenere il fatto che dopo Cannes… i “soliti noti” hanno fatto i loro comunicati stampa, hanno detto che la nautica è in lieve ripresa ma… si parla dei soliti, non di un settore! Se una volta c’erano dei compratori e dall’altra parte c’erano i “costruttori”, oggi chi c’è? Solo dei venditori, dei concessionari, dei piccoli squaletti pronti a sbranarti con tutte le armi possibili, compreso l’esca della bella ragazza che di nautica ne sa quanto una lisca di un pesce, forse!
Certo che se UCINA organizza (a detta loro e con tanto di spot nei principali canali televisivi) un evento internazionale e non comprende che tutto il pacchetto non funziona più così come è proposto, hai voglia tu a continuare a fare saloni; barche da porto? Secondo me, se non capiscono che è stata una attrattiva e che oggi è solo un “dissanguamento” per le cifre “assurde” e “ingiustificate” di tutte le strutture alberghiere che gravitano attorno all’evento, non cambierà nulla. E’ ora di far comprendere a chi di dovere che “la bolla di sapone” (o la bolla del salone che dir si voglia) è esplosa 3 anni fa e con questa formula… non ottiene più il consenso di una volta.
Verissimo quello che dici, realtà estere ben più accorte su tutto ma li non si tratta della “sagra” del paese (Genova) ma di “Nautica” e non a caso l’ho scritta con la “N” maiuscola; Genova sembra un premi agrumi da quando parcheggi la macchina a quando esci dal salone, peggio se sei un cantiere e devi esporre delle barche, immaginiamo magari anche di metterle in acqua… un “seppuku” tra progettisti, rivenditori, concessionari ecc… Risultato? Il solito, anche quest’anno, già si sono viste le solite e sconclusionate associazioni nautiche che hanno fatto i loro proclami promuovendo anche a titolo personale dei loro progetti di barche sfuttando gli spazi offerti da UCINA; già ma agli associati cosa possono garantire? Il nulla nautico di sicuro!
Stampa specializzata? Una volta si poteva parlare di giornalismo serio e di settore, oggi le riviste sono solo dei raccoglitori di markette (io sono un marketer quindi, chi vuole contestare si accomodi pure) e non di test “verità” di barche, pubblicità effettiva relegando autorevoli e storiche testate a cataloghi di dubbia qualità e gusto. Una volta il produttore si “affidava” ad esperti, giornalisti e “testavano” realmente le barche; possibile che oggi, non esistano nemmeno più i “pro” e i “contro”? Bhà!
Questo è il futuro? Io credo nella cantieristica media e piccola che attraverso la qualità, l’innovazione, nel design, del made in Italy, internet, il web… possono tranquillamente “allargare” il loro giro d’affari. Non devono essere più legate a politiche che sono “contrarie” alla globalizzazione come i saloni o “sagre” come quella di Genova, la Nautica italiana ha bisogno di una svolta, ne ha la storia, la manovalanza, la tecnologia; a chi state aspettando?
Alex
Mi intrometto in punta di piedi,
i diversamente giovani ricorderanno che sono stato uno dei padri della nautica minore, quella che con barchette come il Limit TCI prima, l’Illimit, lo Scherzo, per citare le più conosciute, ha avvicinato al mare nel corso dei decenni migliaia di persone. Sono argomenti che mi stanno particolarmente a cuore.
C’è sempre gran confusione quando si parla di nautica. Non ci sono solo i mega yacht (che danno lavoro e portano valuta), ma tante nautiche, compresa la minore – la più castigata soprattutto in termini di costi di gestione, approdi & c. Spedirò a Giacomo Vitale una brevissima selezione di foto scattate in Svezia a Oskarshamn (da dove partono i traghetti per Gotland). Foto a testimonianza di una nautica “a dimensioni umane” con tariffe che per noi italiani hanno dell’incredibile. La metà di un parcheggio giornaliero di un auto a Genova in periodo di Salone Nautico da diritto ad una barca con 7 pax (indipendentemente da lunghezza) a codice per accedere a bagni puliti e sevizio lavanderia con lavasciuga.
Se volete la corrente sono 2 € a notte in più. Non tutti la usano, quindi non è compresa nel pacchetto. In quella serie di foto ci sono anche giovani ed attraenti fanciulle motonaute. E sì, perchè lassù vela e motore non sono cane e gatto. Entrambi gli utenti sono educati e rispettosi delle reciproche passioni. Ogni casa isolata ha un asta per la bandiera, in ordine, quasi nuova, ben mantenuta ed una barca in acqua o sul carrello. Le barche “grandi” sono di poco superiori ai 10 m, ma se ne vedono pochissime…
E tutti navigano: barche da diporto non da porto!
Sergio Abrami YD
Gentile Piero,
nel ringraziarla per averci lasciato il suo secco commento al Salone di Genova 2011!
La manifestazione non produce più i benefici del passato e questo è chiaro ormai a molti. Un flop ricorrente? Temo proprio di si…
Oltre al Salone di Genova ve ne sono almeno quattro altri omonimi sparsi per l’Italia… ecc… ecc…
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
AMB
Salone 2011: sempre peggio …
Gentile Vito,
ti ringraziamo molto per quanto dici di AMB e siamo sempre a disposizione di tutti i nostri lettori per tutto quello che è nelle nostre conoscenze e disponibilità.
Un caro saluto,
Giacomo Vitale
Risaluto tutti ed in particolare il signor Tito.
Non ho mai pensato che lei o altri autorevoli firme di questo blog potevate fraintendermi, anzi mi sono preoccupato che il mio pensiero fosse troppo lontano o meglio troppo terra terra da quelle cosidette logiche o strategie di mercato che alla fine, sempre per il mio opinabile parere, ci hanno portato alla situazione attuale. Ossia quella che ho cercato di far intendere unitamente agli abbrobbi galleggianti che è comune vedere ormeggiati… perennemente.
Penso all’indotto che gira inevitabilmente anche attorno alle cosidette barchette.
Infine, forse allontanandomi dal tema principale, penso anche alla moltitudine di anziani pensionati che prima si potevano permettere il barchino e magari insegnare qualche rudimento ai nipotini, contribuendo all’elevazione marinaresca delle nuove generazioni.
La saluto con sincera stima e ovviamente ringrazio gli amministratori per la sterminata democrazia di questo fantastico blog.
Carissimo Vito,
concordo pienamente con i tuoi commenti. Ho cercato solamente di enfatizzare quanto scritto, sia da Vittorio di Sambuy che da te e non vorrei essere stato frainteso.
Il diportista dovrebbe inizialmente avvicinarsi al mare per conoscerlo conducendo piccole imbarcazioni. Nessuno ha mai imparato a nuotare senza entrare in acqua!
Tito
Salve a tutti.
Signor Tito, ho fatto riferimento alla mia situazione perché è abbastanza comune.
Onestamente, anche se non sono ancora arrivato ai cinquantanni, sull’andar per mare la penso un po’ all’antica.. Nella fattispecie mi riferisco al fatto che se in Marina non si vogliono le “barchette”, significa che poi ci ritroviamo per mare gente che per una felice congiuntura economico sociale, come prima barca e come prima esperienza, magari scorrazza con un fast commuter da oltre 40 nodi con tutto quel che poi ne consegue.
Ritengo normale che il primo approccio come “armatore” si inizi con il cosiddetto “naviglio minore”. Inoltre, mi viene difficile pensare che si possa elevare la cultura marimaresca di un popolo privandolo della possibilità di iniziare con poca spesa, magari con un gozzetto di quattro cinque metri. E’ chiaro che se così fosse, anche l’economia ne trarrebbe beneficio.
Questo è il mio pensiero: ossia fare in modo che anche i “peones” possano avvicinarsi al mare e magari poi crescere anche come dimensioni di barca.
Grazie ancora per lo spazio.
Il signor Vito conferma la situazione e non ho nulla da obiettare.
A prescindere dai balzelli che frenano il diportista, la crisi delle PMI è ammirevolmente descritta nel libro di E.Nesi “Storia della mia gente” (Bompiani) in cui racconta la battaglia persa a Prato contro i cinesi. Mutatis mutandis è la fine che faranno le PMI del settore nautico se non si consorzieranno. La mania del “piccolo è bello” (provocata a suo tempo anche a causa dei sindacati) è tramontata e chi non si adegua fallirà.
Tentare di regolamentare la globalizzazione è combattere contro il caos. La globalizzazione è figlia dei media, TV Internet ecc, e non la ferma più nessuno.
Vittorio
Più che brevissime, le considerazioni di Vittorio di Sambuy sono una seria analisi a 360° sull’attuale situazione della nautica verificata al Salone Nautico di Genova 2011,smitizzando anche qualche “luogo comune” che spesso viene preso a pretesto ed indicato come una delle cause principali della crisi nel settore.
Non propone una panacea per tutti i mali che affliggono la cantieristica italiana ma esclusivamente dei correttivi che vengono già applicati all’estero od in altre realtà industriali.
Per ultimo, un “appunto” alla principale Organizzazione del settore nautico per aver proposto un ambizioso programma che al momento sembra dedito esclusivamente alla crescita della “cultura del mare” attraverso una maggior conoscenza della materia da parte dei giovanissimi. Operazione altamente meritoria, perché una coscienza marinara potrà formare i futuri acquirenti di imbarcazioni, ma sorge spontanea una domanda: esisteranno ancora i cantieri che costruiranno le imbarcazioni che queste giovani generazioni vorranno acquistare?
Il commento di Vito alle “Considerazioni” di Vittorio di Sambuy presenta invece, delle personali osservazioni viste con l’ottica dell’utente nautico, di chi ha la “barchetta”, come si dice in gergo, rappresenta le proprie problematiche legate ai costi di mantenimento di una “piccola” imbarcazione, le difficoltà affrontate per trovare un ormeggio adeguato alle proprie esigenze presso i “marina” possedendo una imbarcazione dalle dimensioni poco appetibili rispetto ai canoni applicati dai gestori degli ormeggi.
Tutti problemi che immagino debbano affrontare tutti gli armatori di imbarcazioni di piccole o medie dimensioni, la maggioranza di coloro che posseggono una barca a vela od a motore.
Per quanto concerne il “Salone di Genova”, durante la mia fugace presenza mi è sembrato di notare una minore frequenza di pubblico rispetto allo scorso anno. Forse anche il tempo, ancora favorevole alla frequentazione delle spiagge può aver influito sulla scelta dei potenziali visitatori.
Un’altra carenza riscontrata, soprattutto durante questo periodo di crisi economica, forse è stato non aver concepito dei “pacchetti tutto compreso” spaziando dall’albergo, al trasferimento al Salone, ai pasti ecc… Insomma, tutto ciò che può essere utile ad un visitatore che non ha la possibilità di rientrare nella propria abitazione dopo la visita. In occasione dei Saloni nautici che si svolgono all’estero, vengono già proposti da qualche anno differentemente confezionati a seconda delle possibilità economiche dei visitatori.
Tito.
Salve a tutti.
Ormai la cosidetta crisi della nautica si perde nella notte dei tempi. Praticamente ne sento parlare da sempre.
Sicuramente il settore produce reddito e lustro per il Paese, ma non penso che pochi megayacht creino introiti come riuscire a mettere su una barca per la metà degli italiani. Parlo da diretto interessato, visto che ho sempre avuto la mia bella pilotina diesel da 6/7 metri con la quale mi dilettavo sia in inverno che in estate, fino a quando è finita l’era dell’ormeggio su concessione e l’unica alternativa era andarsene al pontile privato a 1900 € l’anno che, aggiunti ai 500 € per due carenamenti all’anno sempre, oltre ai 2000 € di carburante sempre all’anno, filtri olio, nafta, cinghie, pompette, antivegetativa, zinchi, si sommano circa 5000 €.
Inoltre è da considerare che per il pontile di cui sopra ci vuole anche una raccomandazione papale… perché le “barchette” non le vuole nessuno.. Infatti ormeggiando un 10 metri ed oltre si fanno più soldi e mi viene da ridere quando sento noti personaggi dire puntualmente in occasione di qualsiasi fiera, che ormai una barca costa quanto un utilitaria di seconda mano, quindi non si può parlare più di lusso…
A questi tizi rispondo che addirittura si può trovare una lancia o un open più o meno datato a mille euro circa, con cui si fà la stagione e magari poi lo regali, visto che così è più conveniente.
Nasce spontanea una domanda: Ma è normale che esiste un porto costruito con soldi pubblici e gestito per quasi un decennio da una società privata for profit che ha applicato prezzi praticamente come se dovesse ammortizzare le spese di realizzazione?
Vista la situazione odierna preferisco, con molto meno dei 5000 euro di spese, farmi una vacanza all’estero, dove se mi va affitto un open da 6 metri con 50 euro, dalle 9 alle 18 e me ne frego di tutte le altre beghe come le nottate a rinforzare ormeggi e quant’altro, quando il mare è incavolato…
Ovviamente parlo da normale stipendiato… praticamente come qualche milione di potenziali utenti con casa da pagare ancora e che fortunatamente per lavoro sono sul mare tutti i giorni. Alla luce di ciò, mi fa anche sorridere il fatto che gente che si permette barche da circa un milione di euro, pagando 15000 € l’anno di ormeggio e Dio sa quanti euro di gasolio, si senta perseguitata fiscalmente… ma meno male che si può sempre fare in modo che la barca risulti adibita a charter magari, con una fattura di qualche migliaio di euro alla moglie in comunione dei beni, così il gasolio si paga come i pescatori e se si rompe la TV mega-plasma, se ne compra una nuova in esenzione d’IVA!
In riferimento a quanto detto nelle righe, questa crisi di settore si risolverà magari dando qualche incentivo per il cambio yacht?
Cordiali saluti e chiedo scusa per questo mio sfogo.