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Considerazioni sulla vela d’altura

05/12/2009/5 Commenti/in Nautica, Nautica del futuro, Vittorio di Sambuy/da Vittorio di Sambuy

di Vittorio di Sambuy

A Porto Cervo la seconda regata (si fa per dire) dei Perini non è stata disputata per causa di maestrale eccessivo: 35 nodi con raffiche di 40, da svolgersi comunque su rotte costiere in acque ridossate dove il moto ondoso non superava il grado tre.

Per evitare una partenza in linea con rischi di collisioni era previsto che gli scafi partissero individualmente, distanziati di alcuni minuti che rappresentavano comunque, in ordine decrescente, il compenso (handicap) assegnato a ciascuno di essi. In teoria, se tutti i concorrenti avessero navigato al meglio senza fare errori, sarebbero arrivati tutti contemporaneamente.

I Perini non sarebbero velieri da regata, Perini Navi Cup 2009 – Media sono stati concepiti ad elevata automazione e manovre meccanizzate per essere condotti da un numero ridotto di marinai di coperta. L’idea ha avuto successo e nel settore dei grandi velieri la Perini Navi ha contribuito in modo rilevante a porre l’Italia al primo posto mondiale.

perini yacht

Ha comunque stupito assai che barche costruite per affrontare traversate oceaniche non abbiano voluto navigare con 35 nodi di vento. La giustificazione fu che a bordo c’erano famiglie anche con bambini.

Durante la stessa giornata non sono però usciti per allenarsi i maxi che disputeranno, sempre a Porto Cervo nella settimana successiva, la Rolex cup. Per questi velieri da regata pura il discorso è differente: condotti da equipaggi professionisti ma alleggerite al massimo per migliorarne le prestazioni, (ma anche indebolite strutturalmente), non regatano quando il vento supera i 25 nodi per paura di fare (costosissimi) danni. Essi sono agli antipodi da come la regata d’altura era concepita solo una ventina di anni fa.

Quando si correva con barche stazzate IOR, robustissime e capaci di affrontare fortunali anche oltre forza nove, si partiva qualsiasi fossero le condizioni meteo. E di solito arrivavano tutte. Quelle a vela erano considerate le barche più sicure.

Molti ricorderanno la famosa regata del Fastnet nel 1987, quando una tempesta provocò la dispersione della flotta e si dovettero registrare anche dei morti, fra equipaggi però che avevano abbandonato la loro barca. Scafi danneggiati senza equipaggio galleggiavano ancora dopo alcuni giorni e furono recuperati da pescatori che le rimorchiarono in porto senza problemi.

Approfondimento: La tempesta del fastnet race del 1979

Lascio ad altri i relativi commenti.

 

Considerazioni sulla navigazione commerciale a vela in un prevedibile futuro di risparmi energetici.

Per secoli i commerci mondiali si sono sviluppati utilizzano velieri che navigavano prevalentemente sulle rotte degli alisei. Poi venne il vapore e anche gli ultimi clipper divennero reperti da museo.In previsione di una carenza futura di fonti energetiche fossili c’è chi ha ipotizzato un ritorno alla navigazione a vela per la navigazione commerciale.In proposito abbiamo intervistato il Dr. Giancarlo Ragnetti, amministratore delegato della Perini Navi che ha realizzato un tre alberi a vele quadre (tecnicamente una nave), con un altissimo grado di automazione. Il “Falcone Maltese”, lungo 88 metri, si può così condurre con meno di 10 persone di equipaggio:

The Maltese Falcon (yacht)

300px-MalteseFalcon_moored

Mi limiterò a riassumerne la caratteristiche principali:

  • Ogni albero, non strallato, ha 6 pennoni collegati ad esso rigidamente e per orientare le vele al vento si fa ruotare l’albero meccanicamente. I pennoni sono leggermente curvati ad arco per far assumere alle vele il migliore assetto alle diverse andature
  • Ogni albero ha 10 vele, invergate in alto e in basso ai relativi pennoni. Esse sono avvolte all’interno dell’albero e dei tiranti, comandati elettromeccanicamente, estraggono (o riavvolgomo) la vela come se fosse una tenda con due riloghe, in alto e in basso.
  • In totale il Falcone Maltese ha quindi 30 vele per un totale di 2400 mq
  • L’automazione del Falcone è spinta al massimo ed una serie di computer gestisce tutte le manovre tanto che il comandante può governare da solo la nave dalla plancia.

L’idea originale del DYNA Rig, questo il nome del particolare armamento, è stata dell’ingegnere tedesco Wilhelm Prölss, che aveva appunto l’idea di attrezzare così una nave da carico.

Chi si interessò alla sua idea fu il magnate statunitense Tom Perkins che la volle applicare ad un suo yacht. Già cliente della Perini, egli propose alla stessa la realizzazione della sua idea e il Falcone fu varato nel 2004: il suo prezzo stimato è compreso fra i 150 ai 200 M$. Le prove e le dimostrazioni svolte dal Falcone in giro per il mondo sono state favorevoli ma Perkins lo vendette nel 2006. Ora è di proprietà di un’armatrice greca, la signora Elena Ambassadou, che lo ha portato alla vittoria assoluta alla recente manifestazione di Porto Cervo.

Nell’intervista con il Dr. Ragnetti, alla precisa domanda sulla possibilità che il Dyna Rig venga utilizzato su navi mercantili, mi è stato risposto che, estrapolando molto all’ingrosso i prezzi e i costi del Falcone su un mercantile, questo non sarebbe assolutamente economico.

Alla luce di quanto sopra sembra che l’utilizzo futuro del vento come ausilio alle navi mercantili possa, alla luce delle attuali tecnologie, avvenire utilizzando gli aquiloni.

Le kite-ships tedesche della Beluga navigano già da qualche anno sulle rotte degli alisei fra l’Europa e il Sudamerica raccogliendo dati interessanti e segnalando economie d’esercizio non indifferenti. Finora l’unità pilota più grande, da 10.000 tonnellate di stazza, utilizza aquiloni Skysail da 160 mq., che si alzano fino a 300 metri sopra alla superficie del mare. Sia il lancio e successivo recupero, sia la conduzione dell’aquilone, piazzato su un apposito albero a prua estrema, è controllato automaticamente da un apposito computer.

E’ in progetto un’unità più grande dotata di aquilone da 5000 mq.

Maggiori dettagli su www.windships.de

Le foto pubblicate nel presente articolo sono tratte dai relativi siti linkati che ringraziamo.

Tags: Vittorio di Sambuy
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5 commenti
  1. Sergio Abrami YD
    Sergio Abrami YD dice:
    06/12/2009 in 20:14

    Caro Vittorio di Sambuy,

    la regata del Fastnet, quella del F10 è del 1979 . Me lo ricordo bene, ero in Grecia in viaggio di nozze e seguivo come potevo il succedersi delle notizie. Internet non immaginavamo nemmeno che potesse esistere. ARPANET era un affare molto “riservato”.

    Il report sulle perdite di vite umane nella tragica regata del Fastnet dovrebbe essere letto, studiato da tutti gli aspiranti skippers. La dove si conferma che anche una barca disalberata ed allagata è certamente più visibile e sicura di un liferaft. Molti non si aprirono …

    Mai lasciare la barca !

    Buon vento.
    S.A.

  2. Sergio Abrami YD
    Sergio Abrami YD dice:
    06/12/2009 in 19:28

    Vela, vela! Ci siamo anche noi qui nell’AltomareBLU…

    Quando gli uomini erano uomini e le barche erano barche …

    Settimana delle Bocche 1977 – tanto tempo fa – certamente Vittorio di Sambuy se lo ricorderà, ci fu un “ammutinamento” degli equipaggi dei grandi IOR (dove non ufficialmente, ma c’erano i “professionisti”).

    C’era tanto vento, molti “GRANDI” non partirono, i piccoli 5-6-7-8 classe IOR partirono. Nei 5^ di 31-32 partenti arrivarono due barche. Noi con un 8^ (6.60 m di barca 16′ di rating) rompemmo il timone vicino a Lavezzi. Dopo la virata allo scoglio di Lavezzi sarebbe stato tutto più semplice… In quel momento eravamo terzi in una categoria che accorpava 6^- 7^ e 8^.

    S.E. l’Aga Kan ci premiò per la combattività e la sportività.

    La barca: Off Limits I – 7810 costuzione in lamellare di mogano kaya a vista CN Caviglia – progetto Sergio Abrami.

    Equipaggio Abrami – Micheletti – Minola Associazione Nautica Sebina (dei “laghè” insomma…)

    Alla premiazione, andando a ritirare la targa dalle mani del Aga Kan camminavamo 20-30 cm sollevati da terra … Vedi Foto allegata. E’ poco dopo la partenza.

    Bei tempi vero?! Ai mondiali mini tonner ad Edimburgo 1980 si è partiti più volte con 2-3 mani ed olimpico ridotto.
    Certamente non “aria da signorine”.

    Solo da noi in Italia c’è sempre stato un certo timore da parte degli organizzatori – almeno con noi “piccolini” di dare la partenza con condizioni meteo impegnative.
    Il risultato : sempre più barche da bonaccia e non “ognitempo”, come era nello spirito IOR originario.

    Questo ha allontanato molti skipper e cantieri dalla competizione, o almeno ha influenzato lo sviluppo di una certa nautica da ariette – che nella motonautica si è trasformata in nautica da porto in contrapposizione con quella ogni tempo da diporto.

    Buon vento a tutti!
    Sergio Abrami YD

  3. Vitttorio di Sambuy
    Vitttorio di Sambuy dice:
    06/12/2009 in 13:38

    I Perini sono barche adatte a crociere oceaniche, mentre i maxi sono barche fragili e costose. I primi non sono adatti a regatare, mentre i secondi sono ora costruiti per rispondere alle esigenze dei media.

    Ai miei tempi si navigava con barche più piccole ma assai robuste e non ricordo che una regata sia mai stata annullata per maltempo. Partivamo sempre e comunque.

    Un caso tipico è una famosa Giraglia degli anni 60’in cui dovevamo girare la boa Cousteau al largo di Ajaccio ed alcune barche si sono trovate in mezzo ad una tempesta talmente violenta che anche il dragamine, mandato a controllare i passaggi, si era dovuto rifugiare in porto.

    Vittorio di Sambuy

  4. Giacomo Vitale
    Giacomo Vitale dice:
    05/12/2009 in 16:44

    Ciao Peppino,
    è un piacere rincontrarti qui su Altomareblu e ancor maggiore aver rilevato che continui a seguirci.
    Circa quello che dici degli equipaggi tipo “famiglia in vacanza” improvvisati su barche a vela di grandi dimensioni, sono pienamente d’accordo con te e le stesse, non possono essere messe nelle mani di persone che non hanno la dovuta esperienza e preparazione tali da utilizzare anche in tutte le condi meteo anche difficili o estreme.
    Condivisibile assolutamente quanto dici per le riprese fatte dai trimarani che filano a oltre 40 nodi con le board camera…

    Grazie per averci contattato!
    Un caro saluto
    Giacomo

  5. Peppino
    Peppino dice:
    05/12/2009 in 09:50

    Non si puo’ pretendere che equipaggi di tipo “familia in vacanza” siano impegnate in regate con venti tra i 35 e i 40 nodi. Se è vero come è vero che tali imbarcazioni sono in grado di sopportare agevolmente tali venti, non altrettanto è possibile sostenere la stessa cona nei confronti degli equipagi della tipolgia ” famigliola in vacanza” e la prova è la triste regata Fastnet del 1987 ove le barche, perfettamente in grado di reggere, non hanno retto perchè condotte male o con equipaggi (del tipo 4 amici al bar) in preda al panico. Il confronto uomo mare deve essere sempre proporzionato. Nessun uomo dotato di equilibrio mentale puo’ pretendere di affrontare le forze naurali in mare aperto, che non sia uomo piu’ che pronto psicologicamente, tecnicamente e che disponga di barche, materiali e attrezzature idonee a prevenire condizioni avverse, a volte imprevedibili, anche alla faccia della “bibbia” della meteorologia.
    I maxi, realizati per le massime prestazioni entro range di venti prestabiliti a discapito della robustezza….sono un altro aspetto della vela. Non dimentichiamo che con condizoni meteo avverse non navigano le suore e nemmeno i cameraman TV e fotoreporter. Se l’America’s Cup ha avuto il successo che tutti conosciamo, ciò è dovuto principalmente alla risonanza dell’evento messo in onda in Tv nelle lunghe notti passate ad aspettare che si alzasse il vento nel sud del mondo.
    Le immagini dei trimarani a vela che navigano in oceano ad oltre 40 nodi non sono state riprese da Sky e mandate in diretta TV in mondovisione….ma dalle board camera e giunte a noi su you tube mesi dopo…… bhe questo….non è che porti molti denari degli sponsor e senza sponsor la vela da regata non puo’ avere molto sviluppo. Ma questo lo sappiamo tutti vero?

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