GdiF – Stiamo inseguendo mike/sierra di Maurizio Mainardi.
Un libro scritto da Maurizio Mainardi
Racconta delle imprese vissute dai finanzieri di mare, descrivendo anche la sua prima emozionante uscita con una motovedetta. La lettura è coinvolgente, specialmente quando descrive di alcuni inseguimenti che l’autore ha vissuto insieme ai suoi colleghi e sembra di vedere tutto davanti ai propri occhi….
Introduzione:
Mi chiamo Mainardi Maurizio, sono un Appuntato mare della Guardia di Finanza che ha prestato servizio alla Stazione Navale di Bari dall’Agosto del 1994 fino all’Agosto del 2006.
Il servizio in mare che ho svolto negli anni in cui il contrabbando era l’attività illecita principale in Puglia, mi ha fatto vivere moltissime esperienze che sono state delle vere e proprie avventure.
Le avventure che insieme ai miei colleghi affrontavamo, diventavano episodi che ci raccontavamo e ci raccontiamo tuttora per rivivere situazioni che ci tenevano uniti.
Dopo aver sentito tante volte pronunciare la frase “o si potrebbe scrivere un libro”, ho deciso di metterla in pratica. Ho quindi raccolto la maggior parte degli episodi che ho vissuto e che ho ritenuto particolarmente interessanti in una specie di libro.
Nel libro descrivo gli inseguimenti ai potenti scafi contrabbandieri, al limite della sicurezza, come erano vissuti dai Finanzieri e dai contrabbandieri stessi. Descrivo una realtà che era parte integrante della vita delle cittadine pugliesi. Una realtà che faceva ormai parte del folclore regionale. In alcuni episodi descrivo anche la lotta all’immigrazione clandestina. La fuga degli albanesi dalla loro terra. Gli inseguimenti ai gommoni. La ricerca dei pescherecci che trasportavano clandestini. La ricerca di navette che si reggevano a galla per miracolo ma che trasportavano centinaia di persone… disperate!
Storie di contrabbando, profughi e clandestini che si sono svolte per tanti anni nel mare pugliese, ma che il resto dell’italia e spesso gli stessi cittadini pugliesi conoscevano solo quando qualcuna di queste aveva un triste epilogo. Ho voluto scrivere questo libro come una sorta di diario delle memorie.
Desidero precisare che il libro ha solo ed esclusivamente l’intenzione di far conoscere il lavoro svolto dai Finanzieri. Ho solo trascritto ciò che ho visto fare dagli uomini delle Fiamme Gialle e che sono i veri protagonisti delle avventure raccontate .
Dedico questo libro a mia moglie Alessandra ed a tutte le mogli sia dei Finanzieri e di coloro che lavorano di notte lasciando a casa i propri cari salutandoli la sera per rivedendoli la mattina seguente.
Dedico questo libro anche al ricordo di tutti coloro che purtroppo la “mattina seguente” non sono tornati a casa dai propri cari.
Vi presentiamo in anteprima qualche stralcio tratto dal libro di Maurizio Mainardi…
Lorenzo è un Finanziere che è stato imbarcato sulle vedette della Guardia di Finanza negli anni in cui il contrabbando era al suo apice in Puglia ed ha vissuto esperienze che spesso mi ha raccontato. Queste storie sono delle vere e proprie avventure poiché all’inizio del terzo millennio sembra quasi impossibile che in un paese civile e moderno com’è l’Italia, siano accaduti fatti che sembrerebbero solo frutto di fantasia.
Anch’io sono un Finanziere e durante le lunghe notti in cui faccio il piantone, ho conosciuto il collega Lorenzo e per passare il tempo, tra una chiacchiera e l’altra mi ha descritto una realtà che pochi hanno conosciuto.
E una bella serata d’estate e siamo seduti fuori dalla garitta. Tra un caffè ed una sigaretta, Lorenzo mi dice:
Gli chiedo:
E lui:
Secondo te usavamo la paletta? Anche se dicevano che non si poteva dire o far sapere, dovevamo usare delle cime che buttavamo sotto gli scafi, sperando che intrecciandosi tra le eliche, riuscivano a rallentare la loro corsa. Poi se si aveva una buona dose di fortuna, ma anche una buona dose di coraggio e di bravura, si riusciva a compiere l’abbordaggio vero e proprio! Dicevano che non si poteva parlare delle cime che usavamo, ma in realtà tutti ne erano a conoscenza!
Anche se la serata è calda, gli chiedo di raccontarmi qualche avventura che gli è capitata e lui comincia a raccontare… dall’inizio…
Il mio libro, come ho detto, è costituito da una serie di racconti che ho vissuto durante il periodo passato a Bari. Facevo una specie di diario. Quando sono stato trasferito, ho voluto fare un regalo a tutti i colleghi e soprattutto agli “Amici” che stavo lasciando, facendo una copia del diario. Ne sono rimasti talmente colpiti che mi hanno consigliato di pubblicarlo. Poi questo scritto e’ arrivato a molti colleghi e per caso, anche fra le mani del Sig. Col. Errigo che mi ha aiutato moltissimo nel proseguo del cammino.
Di seguito lo scritto del terzo capitolo in cui iniziavo l’ avventura proprio sulla Vedetta V 1679:
Passammo il mese di agosto in avaria per colpa di un sensore dell’ olio. A metà settembre mi sbarcarono dalla 5002 e mi ritrovai a terra a fare il piantone fino a dicembre. I primi di quel mese Alessandro, il motorista della V. 1679 fu trasferito e la vedetta si ritrovò senza un uomo…
Una mattina, mentre mi trovavo a parlare con Raffaele, direttore della 1679, passò il Tenente Stefano e Raffa gli chiese: “Comandante, ma chi è il mio motorista?“ Il Tenente mi guardò e sorridendo gli rispose: “Ce l’hai davanti!!!“.
La V. 1679 era un Corbelli tipo Power Marine, il primo tipo costruito dall’ ing. Corbelli. Infatti era senza cupolino, scappottato come dicevano i contrabbandieri, lungo cinquanta piedi. Era un po’ ridotto male perchè era passato dalla squadriglia di Manfredonia a quella di Bari ed aveva i motori vecchiotti e la carena malconcia. Dopo un‘accurata manutenzione, sia in sala macchina che all’ opera viva, riuscimmo a fargli raggiungere la velocità di quarantotto nodi con i serbatoi vuoti ed era praticamente uno degli scafi più lenti della stazione navale.
L’ equipaggio era formato da me, Nicola che guidava, Raffaele il mio direttore per poco sulla V. 5002 e Piero come radarista. Eravamo tutti e tre giovani, io ero addirittura il più vecchio, mentre Nicola era nato nel mio stesso anno, ma due giorni dopo. Tutti, nella stazione Navale, non avrebbero scommesso una ”sigaretta“ su di noi. Ci chiamavano: la barca della scuola guida! Ma ci fu subito intesa fra di noi. Posso dire in assoluto che passai il periodo più bello della mia carriera nella Guardia di Finanza.
Quando mi imbarcai definitivamente, la barca era allo scalo senza motori, mentre Raffaele e Piero erano in licenza. Nicola passava la mattinata alla stazione navale. Rimontai i motori con l’ aiuto dei colleghi del s.a.t.m.m. (i meccanici specializzati). Avevo una gran paura di aver montato qualcosa male, visto che era la prima volta che vedevo quei motori.
La mattina che ci misero a mare ero molto preoccupato, ma i motori si comportarono benissimo… solo una cosa avevo sbagliato…. avevo invertito le eliche!!! Forse era pure normale visto, che era la prima volta che mi trovavo a montare quattro eliche in un solo scafo…
Il primo servizio lo svolgemmo intorno al quindici dicembre e tutto filo’ liscio. A dire il vero, uscendo quel pomeriggio guardai i miei compagni e pensai che eravamo quattro ragazzi che forse non avevano molta esperienza per esser mandati da soli ad inseguire motoscafi con sopra chissa’ che tipo di malviventi! Appena ci ritrovammo in mare aperto, navigando velocemente tra le onde, vidi i faretti, le palle di cima per terra, altre cime sfuse, i parabordi, una radio sgangherata… pensai: “Ma dove ci presentiamo?“. Non nego che pregai pure, sperando di non incontrare scafi sulla nostra rotta!!!
17 Dicembre 1997
Era la seconda uscita che facevo con la nuova barca. Piero non venne, ma al suo posto c’era Michele. Il pomeriggio non prometteva nulla di buono ed il mare era un po’ mosso, ma uscimmo lo stesso ed essendo soli, rimanemmo in zona. Verso sera, mentre stavamo pendolando davanti a Polignano, vedemmo un eco a circa tre miglia… al buio (il radar della 79 era uno dei primi tipi e non era molto potente, batteva gli scafi a meno di tre miglia).
Potrebbe essere buono! Iniziò così a salirmi l’adrenalina, mentre mi tremavano le gambe. Mi organizzavo controllando se le cime delle palle erano attaccate alle bitte ed in successione provai il faretto appiccicandomi al sediolino. Ci avviciniamo piano all’eco ed eravamo ormai ad un miglio, ma non si vedeva niente… Pronti ad illuminare! Io stavo dietro a Nicola sul lato sinistro dello scafo, con il faretto puntato nel buio ed il dito pronto sull’interruttore. Eravamo ormai a mezzo miglio e la tensione si faceva alta, sul radar ecco apparire l’ eco con la sagoma di uno scafo! Squilla un telefonino che rompe la tensione e Raffaele, come se venisse da un’altra realtà’ dice: “Pina sta per partorire, l’hanno portata in ospedale!“. Ma che c’entra? “Ok Raffy… ora dobbiamo prima vedere questo!“. Siamo quasi sull’eco, ma non si vede niente, neanche parte… Nico mi dice di illuminare… illumino… un segnale da pesca! Tutto si scioglie rapidamente, la tensione si dissolve… Nicola dice di reggersi.
Torniamo a tutta velocità agli ormeggi e lasciamo Raffy che scappa a vedere nascere il suo primogenito Luca. Ma noi dobbiamo continuare il servizio e prendiamo a bordo Filippo e usciamo nuovamente. Dopo un breve giro ci fermiamo davanti a Bari. Era ormai mezzanotte ed il mare si stava ingrossando, anche il freddo stava aumentando… Guardai il cielo… limpidissimo… umidità e vento freddo, il Maestrale soffiava… ma che stiamo a fare ancora qui? Non potremo rientrare? Squilla il telefono di Nico, è la sala operativa . Qualcuno ha segnalato uno scafo davanti Torre a Mare. Seeh buonanotte, non ce ne andiamo più a casa pensai. Motori in moto rotta verso Torre a Mare, andammo a vedere! Arriviamo quasi al punto ed effettivamente il radar batteva qualcosa. Ci avvicinammo, era buio… e ci domandavamo: non sarà mica il segnale di prima? No quello era a Polignano….dieci miglia più giù…..Ci avviciniamo e l’ eco si muoveva…Tutti pronti, io di nuovo con il faretto e con l’ adrenalina che mi arriva di colpo fin dentro gli occhi, cento metri, “accendi“ mi dice Nico, è lui: lo scafo è un Napoli e si
trovava ad una cinquantina di metri da noi, mentre gira con la prua verso il largo, fa una mezza virata ed accelera a tutto gas. Lo scafista lo vedo benissimo, ci fa “ciao, ciao“ con la mano. Nico accelera e gli si mette dietro, lo scafo fa un salto, rallenta… c’era troppo mare per correre ed anche noi facciamo un bel salto, Ricadendo pesantemente sul mare e mi sento le budella che mi sfiorano i piedi. Riaccelleriamo di nuovo insieme, mentre dal fianco dello scafo contrabbandiero si cominciano a vedere le casse di sigarette che volano in acqua.
E’ sul mio lato, illumino il fianco dello scafo… si vede una targa con la scritta SANTINO, è il soprannome dello scafo, illumino la faccia dello scafista. Lui si ripara dalla luce con il braccio e fa cenno di “NO“ con il dito, forse sta cercando di farmi capire che non lo devo accecare!!! Infatti Nico mi urla: “Illumina solo la prua!!!“. Illumino solo la prua e la vedo altissima, un’onda più grande ha fatto impennare lo scafo… E’ quasi perpendicolare al mare, vedo lo scafista che quasi non tocca più i piedi nel pozzetto e rallentiamo di colpo per non prendere quell’onda anche noi. Il rumore assordante dello scafo che ricade sulle onde copre il rumore dei motori .
Un’ennesima ondata ci ricopre la prua. Un centinaio di litri di acqua ci finiscono addosso e ci inzuppano i giubbotti! Michele intanto stava avvisando la sala operativa, ma non riuscivo a sentire niente di quello che diceva. Filippo è fuori dal seggiolino, ha in mano una palla e la sta per lanciare,
io non riesco a muovere neanche un dito, anzi solo quello che ha acceso il faretto, ero completamente paralizzato dall’adrenalina o forse dalla paura… Era la prima volta che mi ritrovavo “faccia a faccia“ con uno scafo alla stessa altezza… alla stessa velocità!
Ho davanti a me l’immagine dello scafo semilluminato, ma la scena si vede benissimo, il mare che scorre tra noi e lo scafo come un fiume pieno di schiuma, le persone a bordo che sono indaffarate, chi butta le sigarette, chi guida e guarda di fianco ed avanti, chi si regge terrorizzato…come me, tutto intorno il buio, nero assoluto non vedevo neanche più le luci della costa. Vedevo solo la scena fantastica che è resa sfocata dagli spruzzi che si sollevavano dalle carene delle barche, che salendo in alto bagnavano noi e le barche stesse!!!
Riuscimmo a passare davanti al Napoli. La palla era in mare mentre si srotolava, ma lo scafo vira ed evita di prenderla, di nuovo un’accelerata, di nuovo un volo: qui ci sfracelliamo!!!
Ancora cinque minuti di pazzia e sono accontentato, Nico rallenta, il Napoli era davanti ed aveva guadagnato una trentina di metri. Poteva bastare, visto che era il primo inseguimento che Nicola faceva alla guida di una motovedetta contro uno scafo contrabbandiero. Ci fermammo ad avvisare la sala operativa controllando le mie ossa… erano tutte al loro posto. Ci diamo un cinque per la felicità di aver fatto buttare a mare e quindi di riportare un risultato di servizio alla faccia di tutti. Recuperiamo una ventina di casse di sigarette, poche, ma l’ importante era non rientrare a mani vuote… Erano circa le sette e disponemmo le casse di sigarette recuperate sulla banchina a fare bella mostra, eravamo euforici. La Stazione Navale si comincia a popolare di colleghi che increduli guardano e ci fanno i complimenti! Forse d’ora in poi non ci chiameranno più “Scuola Guida”.
29 Giugno 1999
Usciamo con la V. 1686 ed il Guardacoste G79 Barletta, ci dirigiamo verso Sud. Il traffico delle sigarette era ancora sospeso per via della guerra in Kossovo che comunque era terminata e si diceva che gli scafi dovevano riprendere il loro “lavoro“ da un giorno all’altro. Aspettavamo solo il via. La serata passa tranquilla fino a verso mezzanotte quando Costantino ci chiama e ci dice di raggiungere il Guardacoste che era appostato verso Mola. Avvisiamo anche Roberto della V. 1686. Alle due di notte circa, stiamo affiancati tutti e tre al largo di Mola e mentre ci prendiamo un caffè, si vociferava che la serata era buona e quella notte dovevano riprendere ad arrivare gli scafi. Si fanno le tre e ci riappostammo nei punti strategici. La V 1686 parte per prima e dirige verso Torre Canne, noi ci stacchiamo dal Guardacoste e dirigiamo verso Monopoli, il mare è un po’ mosso ma si può navigare, la rotta è tracciata e Piero da i gradi a Nicola, mentre mi butto a terra dietro perché sto morendo dal sonno e Raffa mi segue.
Non faccio neanche in tempo a pensare che finalmente posso chiudere gli occhi che Costantino ci richiama per radio dicendoci che hanno visto due echi sospetti proprio qualche miglio vicino a noi. Di nuovo con gli occhi aperti, stavolta fissando il radar, vediamo che i due echi stanno a tre miglia e mezzo da noi. Ma non li riusciamo a battere al radar, così Costantino ci dà la rotta da seguire. Intanto anche Roberto sta tornando indietro . Ecco, il radar riesce a batterne uno dei due: “ Hanno aumentato la velocità, devono essere scafi, vi hanno visto… Velocità quarantotto nodi, continuate così per la rotta che avete, si sente dalla radio. Nicola aumenta al massimo i motori e punta l’ eco che dirige verso il largo. E’ allarme totale e la nostra vedetta comincia a correre sulle onde saltando ogni tanto.
Io scendo giù e caccio tutte le cime che posso dal mucchio che c’è a prua. Vengo sballottato di qua e di la, ma riesco a tirare fuori cinque o sei palle. Risalgo e Raffa già ne ha legate tre sulle bitte di poppa. La radio ci dice che ci stiamo avvicinando sempre più al quasi sicuro scafo. Siamo quasi a dieci miglia da terra ed il mare qui si sente, sono costretto a reggermi perché ogni tanto la barca decolla. Meno di un miglio dallo scafo, Nicola ogni tanto deve diminuire di colpo i giri dei motori perché la barca prende un’onda più grande, ormai manca poco… Roberto sta procedendo più lentamente, lo abbiamo quattro miglia dietro.
Perché non aumenta? Perché non… Un’onda anomala… Nicola non fa in tempo a diminuire… prua verso le stelle, si sentono le eliche che sfarfallano nell’aria, qualche secondo con lo stomaco in gola senza respiro e poi caduta libera sull’acqua… botta pazzesca, le ossa mi chiedono pietà. Mi giro verso Raffa che a sua volta si gira verso di me ed insieme diciamo: “Minchia!!!“.
La 1679 continua a schizzare verso il buio e le mie narici cominciano a riempirsi di un odore inconfondibile che sarà pure una puzza, ma il mio olfatto lo cataloga come “profumo di scafo, benzina bruciata!!!“… “è uno scafo a benzina“ urlo prima che Nico mi gridi la parola magica “Illumina”… non vedevo l’ora di risentire questa parola ed il fascio del mio faretto si proietta nel buio stampandosi sul fianco di un Power Marine 50 sl tutto bianco con una striscia longitudinale gialla… un Corbellaccio con tre persone a bordo che appena vedono la luce che li illumina a giorno cominciano a buttare casse di sigarette a mare.
Leggo subito il soprannome dello scafo: LUCA 2. Comincia subito a virare per evitare la cima che ho già buttato dal mio lato. Intanto sento Piero che urla nel microfono della radio, chiama Roberto, il Guardacoste, la sala operativa… Girotondo e si riparte di nuovo, fianco a fianco con lo scafo.
Arrivano gli spruzzi dell’acqua che il fianco dello scafo solleva dal mare, un’onda ci fa saltare tutti e due e ricadiamo pesantemente sull’acqua, con le mie ossa che richiedono pietà. Siamo più veloci e riusciamo a farlo virare tre volte, ma senza riuscire a fargli prendere una cima. Riusciamo però a rallentare la sua fuga e a permettere a Roberto di raggiungerci.
Infatti dal lato opposto dello scafo vedo un fascio di luce che si sta avvicinando. Finalmente era arrivata la V 1686. La sorella ci raggiunge e si mette sull’altro fianco dello scafo che si ritrova così in mezzo a noi. Dove scappa più? Adesso vedo bene le persone sullo scafo, sono tre e vedo bene anche lo scafista che guarda verso di noi, poi si gira verso Roberto e si alza sulla punta dei piedi, afferra con le mani la ruota del timone e da’ prima una mezza virata a sinistra, poi con un rapido movimento controvira girando tutto il timone di colpo.
La prua dello scafo si ferma nel mare e vedo la sua poppa sollevarsi e cominciare a girare, girare… centottanta gradi di giro… è un testacoda! Lo scafo ha fatto un testacoda. Avevo visto fare questa manovra solo una volta e rimango ipnotizzato dalla scioltezza con cui lo scafista l’ha fatta. Lo scafo si rimette in rotta verso il largo e noi, dopo un ennesimo salto ci rimettiamo dietro, ma stiamo rallentando… “Si è spento un motore“ dice Nico, rallentiamo e si spegne un altro motore… siamo fermi, ma che diavolo sta succedendo? Corro ad aprire i portelloni della sala macchina. Sto per buttarmi in sala macchina ma Raffa mi afferra per la maglia, mi giro e mi dice: puzza di benzina, la barca va a benzina, è naturale che ci sia puzza di benzina, no? Scendiamo insieme in sala macchina e cominciamo a controllare. Intanto la V 1686 sta continuando l’inseguimento da sola.
Effettivamente c’era troppa puzza di benzina ed insieme a Raffa stiamo a testa in giù sotto i motori per capire perché si sono fermati. Il mare spinge la barca e la fa rollare e sbatto contro la paratia e con l’orecchio sento che il barcone ci sta chiamando per radio, ci chiede se va tutto bene. Sembra che stia tutto ok da questo lato, poi chiedo a Raffa se dal suo lato c’è qualcosa che non va. “Prova a rimettere in moto“ fa Raffa a Nicola e mentre lo dice il barcone ci dice che ad un miglio da noi c’è una eco che sta scendendo a terra abbastanza velocemente e potrebbe essere un altro scafo. Nico mette in moto i due motori che si erano spenti che ripartono regolarmente: “Chiudi i portelloni. Adesso pensiamo a questo!“ . Piero indica sul radar l’eco che sta arrivandoci proprio vicino e sono già pronto con il faretto.
Nico fa planare la barca e si mette in rotta con lo scafo, lo affianchiamo, Illumino e… altro “Corbellaccio” bianco con una striscia gialla longitudinalmente su tutto il fianco simile a quello di prima! Non ci aveva proprio calcolato, visto che stava andando verso terra tranquillamente. Forse pensava che eravamo un peschereccio o forse era al corrente dell’inseguimento e si sentiva sicuro… Lo scafo vira decisamente verso il largo quasi spaventato dalla sorpresa di ritrovarsi illuminato dalla luce del mio faretto. Sono in tre a bordo e due cominciano subito ad afferrare le casse di sigarette buttandole a mare, gli siamo di fianco, lo scafista è un tipo riccioluto, scuro, magro… sul fianco dello scafo c’è una targa con la scritta “ARTAN“, stiamo per passarlo… ma lui ci taglia la strada.
Vedo Nicola che gira il timone, ma capisco che è diventato duro… si è fermato di nuovo il motore di prima che da pressione alla pompa del timone, ecco perché’ Nico non riesce a virare facilmente. La nostra prua sfiora la poppa dello scafo e non facciamo in tempo a dire niente, che la nostra barca rallenta vistosamente, anche l’ altro motore si è spento di nuovo. Rimaniamo per un attimo in balia delle onde che ci sbattono sulla poppa, guardando mestamente le luci dello scafo che si allontanavano. Apriamo di nuovo i portelloni del vano motori, si spengono anche gli altri due motori… “hai spento tu?“, fa Raffa a Nico che risponde di no con un tono allarmato.
La puzza di benzina che si sentiva prima è aumentata assai… e “sto di nuovo a testa in giù sotto i motori. Raffa è dall’ altro lato e dice: “Lore’….c’è benzina qui nella sentina… anzi… abbiamo la sala macchina piena di benzina!!! Che c… sta succedendo? “ …Mi guardo intorno anch’io e vedo un palmo di benzina che ha allagato un po’ la sentina. Raffaele con un ‘espressione, come per dire “è finita“, mi dice: “Si sono rotti i serbatoi!!“, siamo veramente in balia delle onde.
Chiamiamo il Guardacoste che arriva dopo una mezzora . E’ inutile tentare di fare niente è troppo pericoloso. Abbiamo staccato le batterie e dobbiamo farci trainare dal Guardacoste fino a casa. Intanto Roberto ha interrotto l’inseguimento per venirci ad aiutare! Il mare è aumentato e la V 1686 è vicino a noi. Una cima grossa si stende dalla poppa del Guardacoste e si attacca alla bitta di prua della V. 1679, navighiamo lentamente verso Bari trainati. Sta albeggiando ed il cielo è pieno di nuvole, anzi è tutto nero, si alza ulteriormente il vento e Inizia a piovere.
Sono le nove di mattina ed il mare è molto mosso, quasi in burrasca ed arriva acqua da tutte le parti… dal cielo, dal mare, siamo zuppi ed infreddoliti. Mi sono fumato un pacchetto di sigarette ed ho sonno. Stiamo per arrivare a casa… Ma la V. 1679 è già arrivata, è ormai già arrivata alla sua fine. Stanotte è stata l’ ultima volta che ha visto il mare, le onde, la brezza, le stelle riflettersi nell’acqua… è stata l’ultima volta che ha sentito il mare scorrere sotto il suo ventre a cinquanta nodi… ma soprattutto, è stata l’ ultima volta che ha visto uno scafo contrabbandiero!!!
La vedetta “V 1679” rimase per quasi sei mesi ferma agli ormeggi, poi si decise che sarebbe stato meglio radiarla perché si faceva prima ad allestire un nuovo scafo che rimetterla in acqua efficiente. Gli vennero tolti i motori e quant’altro poteva servire per le altre barche simili. Fu spogliata, nuda, nuda. Poi un giorno, un lungo camion ed una gru la vennero a prendere e la portarono in un rimessaggio per natanti.
Non la vidi più fino ad un anno fa quando sono andato per conto del S.A.T.M.M. in quel rimessaggio e l’ho rivista … era fra barchette e gommoni rotti, relitti di scafi, macchine d’ogni genere, riversa su di un fianco con i colori sbiaditi, circondata dal fango e dall’ erba con due cani che gli gironzolavano intorno e si accucciavano sotto di lei per godere di un po’ di ombra che la sua prua proiettava sul terreno. Sono rimasto a guardarla per più di un quarto d’ora cercando di sentire se dentro di lei riecheggiavano ancora le grida nostre o il frastuono dei motori a cinquemila giri o il vento che correva fra i suoi sedili o l’ urlo vittorioso che usciva dalle radio quando si catturava uno scafo… la guardavo ed ascoltavo.
Era ancora tutto li… era ancora tutto li… la Gloriosa ’79!!!
Alcune Unità della Guardia di Finanza
Unità contrabbandiere
Le foto pubblicate nel presente articolo sono state messe a disposizione da Maurizio Santo e Maurizio Mainardi che ringraziamo.
Per acquistare il libro “Stiamo inseguendo mike/sierra” basta telefonare direttamente all’ autore Maurizio Mainardi al n° 334 639 17 82 e dopo aver lasciato le indicazioni del vostro nome ed indirizzo, vi sarà recapitato tramite posta. Il costo del libro è di 10 €, incluse le spese di spedizione.
Ciao,
dove è possibile acquistare il libro “Stiamo Inseguendo Mike/Sierra”?
Grazie
Giovanni
Ciao Michele,
devo dirti che ho avuto degli amici carissimi della gdf che mi hanno aiutato sulla nautica storica del Corpo e per questo che sono riuscito a fornirti tante notizie in merito e colgo l’occasione per ringraziarli tutti per il contributo offerto in nome di una grande passione che hanno per il loro lavoro di finanzieri di mare.
Infine, ho insegnato per circa diciotto anni negli Istituti tecnici industriali e la mia missione era quella di appassionare i giovani alle materie tecniche che insegnavo. Essendo molto semplice, ma incisivo, nelle mie ore di lezione i ragazzi erano tutti presenti in aula e se qualcuno si allontanava per andare in bagno tornava subito per assistere alle mie spiegazioni ecc.. Pensa che in aula nessuno doveva domandarmi di poter uscire. Tutti potevano uscire, ma attenendosi alle regole che volevo fossero rispettate. Era comunque mio interesse che tutti i ragazzi presenti capissero le spiegazioni ed utilizzavo metodi di grande semplicità nella comunicazione usando prima un linguaggio corrente e poi quello strettamente tecnico… ed i risultati erano molto buoni, sia per gli studenti che per me. Quindi, ritornando ai lettori di AMB come te, è mio interesse comunicare rispondere alle domande che mi vengono poste nel modo più semplice e chiaro possibile!!
Grazie per essere un lettore di AMB.
Un abbraccio,
Giacomo
Ciao Giacomo,
le tue descrizioni sono così precise che pensavo fossi un Finanziere! Grazie ancora per tutto quello che mi hai raccontato.
Un abbraccio,
Michele
Bene!
Capisco la tua passione viscerale e la condivido in pieno. Personalmente sono stato colpito da tutto quello che ho vissuto da giovanissimo dall’inizio degli anni ’70, avevo una ventina di anni e la sera quando uscivo con la mia prima auto, una 500, percorrendo via Caracciolo a Napoli nei pressi del Borgo Marinaro di Santa Lucia, mi capitava spesso di assistere agli inseguimenti che la gdf faceva alle barche dei contrabbandieri che allora erano i Pezzella-Napoli e Supernapoli, Vitrosport ecc.. mentre quelli della gdf erano i Settimo Velo… e nelle notti d’estate, quando faceva tanto caldo, mi recavo nella zona descritta e parcheggiavo la mia auto nei pressi dell’Hotel Vesuvio o dell’Excelsior, assistendo allo sbarco delle sigarette, con la fila di autovetture che senza le tappezzerie interne, venivano caricate fino all’inverosimile, mentre in mare si vedevano gli inseguimenti della gdf a pochissimi metri dalla scogliera ecc.. uno spettacolo incredibile che mi colpiva enormemente nel vedere come il tutto si svolgeva.. Poi gli studi, il lavoro e la vita mi hanno portato via da Napoli e tutto questo era rimasto nei miei ricordi di giovane ventenne.. Poi la passione per le barche mi ha portato in questo mondo della nautica storica di grande livello tecnico e così ho fondato insieme a mio figlio Alex e poi con il noto giornalista nautico Antonio Soccol, il Comandante Tito Mancini della Guardia Costiera ed altri professionisti di spessore che sono anche autori di AltoMareBlu questo blog e quindi come non immedesimarsi nella storia della GdF di mare ecc.. ed i tanti appassionati rappresentanti di questo Corpo di mare che oggi sono diversi e carissimi amici e dai quali ho appreso con assoluta attendibilità tutte le notizie che pubblicate negli articoli ecc… e comunque non sono un finanziere. Forse ti ho deluso, ma la mia è vera passione e assoluta attendibilità con la quale cerco di archiviare tutte le notizie storiche in merito alle unità della gdf… il resto lo vedi stesso tu.
Un caro saluto e quando vuoi e per qualsiasi notizia storica in merito alla gdf di mare di cui ho notizie nei miei archivi ecc.. sarò felicissimo di metterle a tua disposizione, così come abitualmente per tutti quelli che mi scrivono e non solo in questo ambito, ma anche nel settore tecnico della nautica da diporto, essendo uno perito industriale nonché specialista del settore.
Salutissimi!
Giacomo
Beh mio nonno era un Finanziere (di terra), quindi per me la GdF è sacra! Devo poi dire che questi scafi e la lotta al contrabbando hanno un fascino particolare, anche perchè dietro tali mezzi c’è comunque un’innovazione tecnica non indifferente. Tu Giacomo sei un Finanziere?
Di nulla Michele, pura passione per queste barche e per la gdf di mare…
Circa altri articoli o siti, oltre AMB, che parlano delle unità della gdf non credo ce ne siano al momento. Tuttavia, faccio una ricerca in rete e se positiva ti informo al volo…
Mi permetti una curiosità: come mai tanto interesse per le unità della gdf? Non sei obbligato a rispondere, ma sarebbe un piacere sapere il tuo punto di vista in merito e grazie per essere un lettore di AltomareBlu!!
Salutissimi,
Giacomo
Grazie mille Giacomo! Beh se hai siti o articoli da consigliarmi (oltre a quanto c’è su Altomareblu) sono tutto oerecchi!
Un saluto,
Michele
A proposito del passaggio a quattro motori, avvenne tra il 1999 ed il 2000 sostituendo i tre vecchi motori Seatek 750 con i Seatek 720 plus. Nella vecchia configurazione a tre motori le unità serie V6000 che avevano tre motori Seatek da 750 HP cadauno ed i relativi gruppi propulsori Trimax con un solo timone posto dietro all’elica centrale, vale a dire la parte più estrema a poppa. Invece le versioni a quattro motori montavano due timoni posti posteriormente alle due eliche centrali. Si passò così dai 1980 ai 2280 HP totali con un deciso incremento delle prestazioni ed anche della manovrabilità, anche se a mio modo di vedere c’è uno spreco di potenza con una autonomia limitata che riduce l’efficienza generale… e comunque senza risolvere del tutto la grande manovrabilità necessaria in questo tipo di unità. Il tutto è comprensibile, visto che tale unità è ferma ad una progettazione datata, mentre le nuove trasmissioni che oggi sono presenti sul mercato, abbinate a carene valide, danno risultati migliori. Ma questo fa parte dell’evoluzione e se facciamo lo stesso paragone tra un auto di oggi e quella di vent’anni fa il confronto è un abisso… Ho dimenticato di dirti che le unità della serie V6000 che avevano come primo equipaggiamento i quattro motori Seatek 720 plus, furono costruiti dalla Intermarine e non più dalla F.B. Design di Buzzi, mentre il progetto era sempre dell’omonimo ingegnere.
Saluti,
Giacomo
MA il passaggio a 4 motori Seatek da 750 CV l’hanno fatto recentemente?
Caro Michele,
sono assolutamente d’accordo con te, il libro di Maurizio Mainardi “Stiamo inseguendo Mike/Sierra” è non solo piacevole, ma a mio modo di vedere anche formidabile, perché racconta non solo gli episodi che abbiamo letto in tantissimi, ma evince uno spirito di squadra degli equipaggi, un affiatamento di uomini che ancora oggi, ormai separati per motivi di servizio, conservano quell’amicizia fraterna basata su rapporti veri e di sincera amicizia inossidabile nel tempo.
Penso infine che la Scuola Nautica di Gaeta della GdF ha un ruolo importantissimo nella formazione di questi uomini e quel periodo in particolare in cui si formarono tanti finanzieri di mare tra cui Maurizio Mainardi e tanti altri, in cui vi fu un mix di istruttori veramente speciale. Lo dico con cognizione di causa, avendo insegnato negli Istituti industriali per circa diciotto anni.. Oggi, le esigenze ed il tipo di formazione di questi uomini hanno certamente la stessa base dei tempi dei Supernapoli, Corbelli, Termoli ecc… ma è decisamente cambiata perché le esigenze internazionali di Polizia di frontiera del mare ne hanno richiesto e determinato un adeguamento alle esigenze attuali.
Circa la vedette V6000 classe levriero te le indico di seguito con un mio personale commento in aggiunta e così dovrebbe essere tutto più chiaro:
La V6000 classe levriero fu ordinata ai cantieri dell’ing. Buzzi insieme alla V6100 con soluzioni tecniche differenti per valutare quale delle due scegliere per poi ordinarne un certo numero che doveva andare in servizio nelle zone “calde” del contrabbando ecc.
Tra le due primeggiò la V6000 che entrò in servizio nella gdf il 27 luglio del 1993 e questa unità aveva linee filanti, quindi stretta come larghezza massima e molto lunga in proporzione, dimostrando di avere prestazioni di manegevolezza ed accelerazione eccellenti per quei tempi.
Di seguito i dati di targa:
Progettista: ing. Fabio Buzzi
Cantiere costruttore: F.B. Design di Annone Brianza
Lunghezza scafo: 13,45 m
Lunghezza f.t.: 14,20 m – incluso il gruppo propulsore di poppa
Larghezza: 2,75 m
Immersione: 0,80 m
Motori: 3 Seatek Navy serie 9000 mod. 10L – Potenza 660 HP
Potenza totale: 3 x 660 HP = 1980 HP
Velocità massima: 63 nodi
Equipaggio: 4 militari
Dalle caratteristiche elencate si nota che il tipo di trasmissione è fisso e non è ne trimmabile ne brandeggiabile, avendo in aggiunta il timone che si trova all’estremità del gruppo propulsore in cui trovano alloggiamento i tre assi di trasmissione delle eliche.
In termini di evoluzione odierna quel progetto che a suo tempo era all’avanguardia, anche se con qualche mia perplessità sulla maneggevolezza dell’unità nelle virate strette, che sono certo non erano il suo forte, anzi il suo debole… oggi l’evoluzione della tecnologia dei gruppi propulsori è decisamente migliorata con i medesimi che sono trimmabili e brandeggiabili senza uso di timoni, se non una piccola pinna che in un gruppo in particolare è facilmente sostituibile in caso di danneggiamento. Il tutto con eliche di superficie, naturalmente..
Anche questa volta credo di averti detto sinteticamente tutto, ma se hai ulteriori dubbi sono sempre a disposizione per quello che posso.
Salutissimi,
Giacomo
Caro Giacomo,
eh sì sei stato veramente super esauriente! Il libro lo avevo preso nel 2010, e in questo periodo l’ho riletto: è sempre molto piacevole. Mi è venuta un’altra curiosità, questa volta relativamente alle vedette v6000 classe “levriero”. Ho letto che sono capaci di accostate velocissime, però non riesco a correlare questa caratteristica al fatto che comunque usano piedi trimax con eliche di superficie (quindi dovrebbero avere dei timoni “tradizionali”). Mi sfugge qualcosa?
Michele
Le imbarcazioni usate dai contrabbandieri durante il periodo del “traffico di bionde” o più efemisticamente “import – export” di bionde furono:
. Cigarette
. Pezzella
. Termoli
. Molinari
. I Cigarette o Napoli erano gli stessi usati durante il contrabbando a Napoli, ecco perché venivano chiamati Napoli.
. I Pezzella erano scafi di legno cabinati ed open, molto affusolati e filanti come linea, lunghi circa quindici metri e dotati di tre o quattro motori Mercruiser a benzina. Ogni motore aveva la potenza di circa quattrocentoventi cavalli e raggiungevano la velocità di quarantacinque nodi, cioè circa ottanta chilometri orari e la loro forza era la strettissima virata che riuscivano a fare. Potevano trasportare da centocinquanta a duecentocinquanta casse di sigarette.
. I Vitrosport erano scafi in vetroresina progettati e costruiti dall’ing. Fabio Buzzi ed erano lunghi circa sedici metri. Chiamati anche Buzzi erano montavano quattro motori Mercruiser a benzina e raggiungevano la velocità di quarantotto nodi, trasportando fino a duecentocinquanta casse di sigarette.
. I Termoli erano così chiamati perché erano costruiti in un cantiere della cittadina molisana di Termoli. Costruiti in vetroresina erano lunghi sedici metri circa e montavano quattro motori Mercruiser a benzina. Riuscivano a raggiungere quarantotto nodi di velocità massima trasportando fino a duecento casse di sigarette.
Il secondo periodo del contrabbando vide i motoscafi Corbelli dominare nel mare. Infatti, l’ingegnere Giancarlo Corbelli, interpellato dai contrabbandieri, costruì su loro specifiche richieste un motoscafo veloce capace di trasportare quante più casse di bionde possibili senza
temere il mare formato. Il risultato di queste richieste fatte a Corbelli diedero come risultato la progettazione e realizzazione nel cantiere di Massa Carrara di un motoscafo che chiamò “POWER MARINE, costruendone vari tipi diversi tra loro e sempre più potenti e performanti. I modelli erano: 50 S, 50 SL, 50 SX, 60 S, 60 SL, 60 SX. Erano tutti scafi in vetroresina lunghi 50 piedi, circa sedici metri e dotati di quattro motori Mercruiser a benzina.
I 60, lunghi 60 piedi montavano quattro motori Isotta Fraschini diesel. Il Power Marine era capace di trasportare fino a trecento casse di sigarette e riusciva a raggiungere la velocitò, anche a pieno carico di cinquantacinque nodi!
All’inizio degli anni novanta l’ingegner Corbelli fu arrestato ed il suo cantiere posto sotto sequestro ed il motoscafo Power Marine fu dichiarato fuorilegge. Tornato libero l’ing. Corbelli si trasferì in Montenegro continuando a costruire i suoi motoscafi.
Il periodo finale del contrabbando vide l’ utilizzo di motoscafi che ricordavano la forma dei Termoli e furono chiamati SUPERTERMOLI. Erano di vetroresina, quattordici tonnellate di stazza per diciotto metri di lunghezza, montavano quattro motori SEATEK diesel e raggiungevano la velocità di circa cinquantotto nodi e riuscivano a trasportare anche cinquecento casse di sigarette.
Non si sa esattamente dove venivano costruiti e si diceva in Grecia o forse in Montenegro. La differenza sostanziale degli scafi a benzina ed i Supertermoli era che gli scafi come i Corbelli ed i Napoli avevano il sistema di propulsione Bravo One in grado di compiere un angolo di circa novanta gradi con il quale si poteva dirigere il getto delle eliche a seconda della virata che si intendeva fare. Così si spiega perché quei motoscafi riuscivano a fare virate molto strette.
Il sistema di propulsione dei Supertermoli era invece in linea ad asse con i piedi Trimax e due timoni disposti a poppa della barca nella maniera classica ed avevano una virata molto larga, ma per la fuga, con una velocità di quasi sessanta nodi ed un peso di diciotto tonnellate a pieno carico non serviva virare e bastava andare dritto e farsi largo proprio come facevano i Blindati a terra.
Caro Michele, credo di averti detto proprio tutto e buona lettura!!
Giacomo
Gentilissimo Giacomo,
grazie ancora per la tua risposta veramente dettagliata ed esaustiva. Beh non so se sono cose che si possono raccontare, ma sarebbe bello avere una vostra impressione sulle caratteristiche (in termini di manovrabilità, capacità di tenere il mare, insomma comportamento in navigazione) proprie di ciascuna classe (quindi vari Corbelli e Supertermoli). Ce n’era un tipo che spiccava sugli altri?
Chi meglio di voi, che li avete timonati in condizioni che definire “limite” è riduttivo, può descriverlo!
Grazie ancora,
Michele
Gentile Michele,
Rolla costruisce tantissimi tipi di eliche e non solo di superficie.
La ex m/v della gdf V1679 era un Corbelli tipo Power Marine ed esattamente il primo costruito dall’ing. Corbelli ed una volta revisionato bene dai tecnici della gdf tra cui Maurizio Mainardi, autore del libro “Stiamo inseguendo Mike/Sierra, riuscì a toccare i 48 nodi, ma in condizioni di massima efficienza avrebbe dovuto raggiungere i 56 nodi.
La m/v V 1609 Supertermoli era uno scafo contrabbandiero battezzato Supertermoli perché simile al Termoli.
Costruito negli anni ’80 in un cantiere navale della cittadina di Termoli
Lunghezza f.t.: 18 metri circa
Motori: 4 Seatek diesel da 750 HP cadauno
Propulsione: Piedi Trimax di Buzzi con eliche di superficie
Velocità max: 65 nodi
Spero che le notizie fornite abbiano esaudito i tuoi quesiti in merito e se hai altre domande sono a tua disposizione.
Grazie per averci contattato ed anche a nome del mio carissimo amico Maurizio Mainardi, nonché appuntato scelto della gdf di mare.
Non credo che ci saranno altri racconti di episodi simili, visto che la situazione in mare delle organizzazioni criminali sono principalmente focalizzate sull’orribile traffico di esseri umani. Sono cambiati gli obiettivi e speriamo si riesca a fermare questo immane disastro aiutando questi fratelli meno fortunati di noi nelle loro terre che sono devastate da criminali di ogni sorta ed in nome di fase motivazioni…
Un caro saluto,
Giacomo
Giacomo,
Grazie davvero per la risposta. Mi aveva insospettito la frase “eliche Rolla 4 pale”, visto che pensavo che Rolla facesse solo eliche di superficie.
Beh quindi con i piedi bravo 1 ed eliche convenzionali questi scafi avevano una manovrabilità decisamente superiore ai Supertermoli con eliche di superficie, o sbaglio?
Il libro di Maurizio è bellissimo….ce ne vorrebbero altri di quei racconti! :-)
Michele
Gentile Michele,
la motovedette V1679 della gdf con trasmissioni Bravo One non montavano eliche di superficie, ma eliche convenzionali di passo e diametro adeguati a quella carena ed alle relative potenze dei motori.
Grazie per averci contattato e per quanto dice di AMB.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Buongiorno,
ma le eliche a quattro pale Rolla che equipaggiavano i piedi poppieri Bravo One della vedetta V1679 erano eliche tradizionali vero? Oppure i Bravo One potevano montare anche eliche di superficie?
Grazie e complimenti per il sito.
Michele
Caro Maurizio,
vivissimi Auguri e complimenti! La trama è intrigante e leggere queste pagine sarà un piacere! Mi sembra anche doveroso, sebbene in modo romanzato, far conoscere l’impegno ed il rischio di un lavoro al servizio della Legge e della Comunità…ad maiora!
Inizio subito la lettura!!!
Gentile Fabio,
La ringraziamo per tutto quanto dice di AMB e per il lavoro di notizie raccolte per creare l’appendice dedicata alla GdF.
Sono momenti unici e forse irripetibili che andavano raccontati per evitare che finissero nel nulla e perché gli appassionati di mare e di barche veloci possano capire il difficilissimo lavoro svolto dalla GdF di mare.
Per la Sua richiesta del libro di Maurizio Mainardi forse La posso aiutare e la contatto sulla Sua mail a tal proposito.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Buongiorno a tutti.
Complimenti a quanti hanno collaborato per il sito, soprattutto per la sezione GdF, a cui sono particolarmente legato.
Vedo che è da un po’ che nessuno lascia più post. Ho una richiesta.
Avrei voglia di leggere il libro “Stiamo inseguendo mike/sierra” di Maurizio Mainardi. Contattato il gentilissimo autore, non mi ha potuto purtroppo aiutare.
Chiedo a quanti hanno preso il libro, se ci fosse qualcuno, che dopo averlo letto, sia intenzionato a venderlo.
Ringrazio ancora tutti.
Buon lavoro.
Gentile Alfio,
ti ringraziamo moltissimo per questo tuo commento e per tutto quanto ci hai raccontato della tua carriera di pilota della GdF, congratulandoci con te per il bellissimo lavoro svolto con grande passione e vera dedizione.
Abbiamo provveduto ad inviare in privato la tua mail a Maurizio Mainardi che ti contatterà quanto prima.
Un caro saluto,
Giacomo Vitale
Ciao Maurizio,
non ci siamo conosciuti di persona o forse sì, bisognava accostarsi al mondo internet per vedere che qualcuno aveva messo nero su bianco del periodo del contrabbando in Puglia. Dopo una serie di finction televisive che cercavano di rappresentare una storia quanto mai lontana da quella che è stata la realtà di quei tempi, finalmente, leggendo qualche passo del tuo libro, fra i frammenti pubblicati sul sito, ho potuto rivivere in qualche modo quei giorni e quelle notti che sicuramente abbiamo vissuto in stretto parallelismo.
Io sono stato a Bari dal giugno 1980 al 31 dicembre 2011, in qualità di pilota di elicottero, presso la locale Sezione Aerea e quindi carissimo Maurizio ho vissuto tutto il periodo del contrabbando in tutta la sua evoluzione e fino alla sua fine. Quello che posso dire oggi che ho lasciato il servizio, perchè sono riuscito ad andare in pensione. Ho ripetuto più volte ai miei giovani colleghi che è stato un periodo certamente duro, pieno di sacrifici, ma per me ricco di tante soddisfazioni che si ripetevano alla fine di ogni missione di volo, dando un vero scopo al nostro operato.
Le fotografie aeree sul libro ed i filmati aerei sui siti, posso dire con orgoglio che la maggior parte fanno parte di operazioni di servizio da me effettuate e sono felice che possanno essere state utilizzate anche a tali scopi. Mi appresto ad ordinare il tuo libro, anzi ne prenderò più copie per farne omaggio ai miei amici ex colleghi più giovani, che di queste storie per motivi ovviamente anagrafici ne hanno sentito solo parlare.
Un in bocca al lupo per tutto!
Lgt.pil Alfio COLACITOMSENT
(Un solo piccolo appunto… che magari ti dirò se mi contatterai sulla mia mail)
Grazie,
il tuo “in bocca al lupo per il mio avvenire” e’ per me molto particolare…
Sto per laurearmi in giurisprudenza e partecipare poi ai concorsi nelle forza dell’ ordine: Finanza o Polizia e cercare di raggiungere un sogno!
Carissimo Ale,
troppo buono… sai che tantissime volte di notte ci avvicinavamo ai barchini con pescatori, ed io mi chiedevo sempre cosa pensassero di noi, dei contrabbandieri, se magari avevano amici o parenti dall’ una o l’ altra sponda… capisco che i tuoi ricordi sono affascinanti… le scie di sigarette al mattino… io come persona adulta rimanevo impressionato, immagino cosa poteva succedere nella mente di un ragazzino… lo dimostra anche il fatto che il caro collega Mauirizo Santo, grazie anche al padre tutt’oggi ne parla come di ricordi indelebili.
Comunque vorrei aggiungere che il fenomeno del contrabbando era veramente, a mio avviso, un qualcosa fuori dall’ immaginario e bisognerebbe pensare che sia i Finanzieri che i contrabbandieri erano persone normalissime, semplici, buone, padri di famiglia con figli da mandare avanti e che la vita aveva messo in uno dei due lati… certo la “pecora nera” si trova dappertutto, quindi era normale incontrare ogni tanto qualche testa calda, ma come descrivo nel libro, quando la battaglia terminava, se non si riusciva a prendere lo scafo ci salutavamo come a rendere gli onori al vincitore. Anche quando si catturava lo scafo, i contrabbandieri erano accolti con una stretta di mano ed un caffé!
Eravamo tutti “uomini”..di mare!
Grazie Ale per le tue parole, ti auguro un Grande in Bocca al Lupo per il tuo avvenire…
Un abbraccio,
Maurizio
Sono un ragazzo di 24 anni e ho appena finito di RI-leggere il libro di Mainardi.
Nessun commento!!! Troppo facile commentare un capolavoro, che descrive con semplicità e chiarezza, la realtà del contrabbando pugliese negli anni ’90. Sono pugliese , di Bari e trascorro le mie estati nel brindisino (Villanova ex patria del contr.) da sempre; mentre leggevo mi sono ritornate in mente le immagini di quel periodo, stampate nella mia testa, allora appena 13enne.
Ricordo ancora quando guardavo i luccichii dei faretti al largo, fermo vicino ai fanali del porticciolo di Villanova o le casse allineate di sigarette, trasportate dalla corrente, al mattino presto quando uscivo a pesca con mio nonno. Ma la cosa che ricordo più forte, è quando al calar della sera, si avvicinò e ci affiancò, intenti a pescare un vostro scafo, lo ricordo bene, era simile alla V. 1679 (se non proprio quella), come dite voi, scappottato, con i portelloni della sala macchina aperti che aspettava, aspettava di ingaggiare una nuova battaglia!!!
Il tutto allora come oggi mi affascina, anzi il paradosso e che allora sentivo i discorsi (non vi dico come) dei contrabbandieri e ora, mi ritrovo a leggere le storie di quei tempi e cercare di riportare le avventure lette ai ricordi del passato. Ogni volta che passo dalla stazione navale di Bari ripenso al libro e non faccio altro che viaggiare con la fantasia.
Concludo, facendo i complimenti a Mainardi per aver riscoperto in me le emozioni della mia infanzia con il suo libro e facendo i complimenti a voi, finanzieri di mare x l’attività svolta!!!
Alessandro
Fortunatamente quei tempi sono finiti e questo grazie anche al sacrificio dei colleghi “pugliesi” che ha dato i suoi frutti.
Vorrei ricordare anche il sacrificio di tutti i colleghi del servizio navale che non provano l’adrenalina di “Stiamo inseguendo Mike/Sierra”, ma sicuramente sentono lo stesso freddo, le stesse notti insonni, gli stessi colpi di mare e la stessa acqua fredda e salata in faccia durante le loro normali “crociere di servizio”.
Gentile Maurizio,
Ieri ore 16.00… il corriere finalmente mi porta il libro… avevo trovato una mail… di Altomareblu… e non vedevo l’ora di cominciare a leggerlo… un po’ per curiosità, un po’ per “passione personale”… Stanotte ore 02.00 leggo le ultime parole: “Quelle avventure le abbiamo vissute veramente”… e dopo aver letto il libro in un fiato non penso che qualcuno possa avere ancora dei dubbi… io personalmente mi sono trovata in mezzo a quel mare per tutto il tempo… e ho sentito le emozioni, le perplessità, l’umanità, l’adrenalina e l’acqua in faccia di Lorenzo… come se fossi li anche io… e ne avevo bisogno…
Ha fatto un gran gesto a dedicare il libro anche alle mogli dei colleghi… e spero con tutto il cuore che questo libro venga letto e capito, soprattutto dalle mogli di quei colleghi che “reclamano” i loro consorti ad essere “lupi di terra,” invece che “lupi di mare”… in modo che possano cominciare a capire che questa è una domanda “lecita”, ma non “produttiva”, perché non avrebbero più la stessa persona accanto e penso che leggendo “Stiamo inseguendo Mike/Sierra” potrebbero certamente capire il perchè…
Grazie per questo omaggio agli angeli custodi del mare… come mi piace chiamarvi… questo libro non ha niente da invidiare ai romanzi di Patrick O’Brian e le avventure del suo comandante Jack Aubrey… che in fondo, anche se in tempi, imbarcazioni e situazioni diverse… viveva le stesse emozioni… “uomo fuori bordo” ed abbordaggi compresi… forse loro bevevano un po’ di caffè in meno…
Un gentile saluto,
Susan
Ciao Davide,
benvenuto a bordo di Altomareblu ed insieme a te ringraziamo sempre i tuoi colleghi che ci hanno permesso, con la loro presenza e con i loro racconti, di spiegare al pubblico degli appassionati ed anche a semplici lettori, quali sono alcuni tra i tanti compiti istituzionali della Guardia di Finanza di mare.
Quali e quante difficoltà severe devono affrontare i suoi uomini per garantire la sicurezza dello Stato Italiano, combattendo il contrabbando nelle varie forme, “l’imperdonabile traffico di stupefacenti”, “cancro moderno” che serve per veicolare fiumi di danaro dal colore del sangue di tanti innocenti, sfortunatamente caduti in questa immane disgrazia, sovente rimettendoci la vita, tra lo strazio delle famiglie che si vedono portar via un figlio, un fratello o un loro caro ed ancora: il “tremendo ed insopportabile traffico di esseri umani”, trattati peggio delle bestie.
Donne, bambini, anziani, che in frequenti occasioni, portati con imbarcazioni sotto le coste Italiane, gli scafisti, temendo di finire nelle maglie di difesa del nostro sistema di sicurezza, per “alleggerire il carico” assicurandosi la fuga e l’unità, li buttano inesorabilmente in mare provocando loro una morte orrenda ed improvvisa e trasformando il loro viaggio della speranza per un futuro migliore, in un tragico evento che pone fine alla loro travagliata esistenza.
I commenti di alcuni finanzieri di mare apparsi su Altomareblu informano su alcuni dei loro compiti istituzionali, lasciandoci spesso sorpresi, pensierosi, commossi, perché una cosa e leggere sui giornali di questi eventi, altro è vederli dal vivo con brevi, ma significativi filmati.
Buon vento a tutti!
Giacomo Vitale
Saluto gli amici di Altomareblu ed i colleghi con cui ho condiviso notti insonni.
COMPLIMENTI per il libro, ne ho letto ora l’inizio e sentivo già l’odore della benzina mista a salsedine e Peppino al radar che mi gridava “03,02,01 accendi il faro!” spero di riuscire presto a comprarlo (appena rientro da questi estenuanti fuori sede) e mentre lo rileggo, magari mi ricordo che in qualcuna di quelle avventure c’ero anche io…
Buon vento a tutti
Inseguimento e fermo Guardia di Finanza, nel video anche la motovedetta Drago…
Inseguimento della Guardia di Finanza in mare
Inseguimento GdiF con motovedette in Adriatico
Gentilissimi Nicola, Peppino e Maurizio,
Altomareblu Vi ringrazia per i vostri esaustivi commenti e la domanda di Vittorio di Sambuy per l’uso delle cime utili a fermare gli scafi contrabbandieri, Vi è stata posta semplicemente per saperne di più circa l’uso di questa tecnica difensiva.
Ringraziamo anche Vittorio di Sambuy per la sua domanda.
Giacomo Vitale
Carissimi,
aggiungo (quando sento Nico non penso piu’ a niente) tornando al discorso “cime”, che ero indeciso se nominarle nel libro, pero’ nel gennaio 2001 uscì un articolo su JACK, settimanale internazionale, che descriveva le tecniche di inseguimento della Guardia di Finanza e parlava esplicitamente di cime e reti lanciate sotto gli scafi!
Desidero ringraziare l’ Egregio Signor Sambuy per aver commentato e sollevato una questione vecchia. Per rendersi conto, bisognerebbe però stare a bordo di una barca di sedici metri, di notte, con il mare mosso, a piu’ di cento chilometri dalla costa italiana, direzione Montenegro, affianco ad uno scafo di diciotto tonnellate che a sessanta nodi cerca di speronarti… prima di criticare l’ uso delle cime… Cosi’ come bisognerebbe stare alla guida di una UNO FIAT, sempre di notte, da soli con affianco una JEEP BLINDATA CHE TI SALE SOPRA E TI UCCIDE I DUE COLLEGHI ED AMICI CHE HAI AFFIANCO… prima di criticare qualsiasi metodo DI DIFESA!
La nostra era purtroppo una guerra! Devo sottolineare che comunque a mare si aveva grande rispetto per i contrabbandieri, perche’ erano persone normali, costrette a fare quella vita e come si sa’, c’e’ sempre una pecora nera… dappertutto. Ma ogni volta che si fermava uno scafo si dava la mano ai contrabbandieri e ci si prendeva un caffe’ insieme. Padri di famiglia anche loro, come noi.
Scusate lo sfogo.
Meno male che Nicola ha spiegato tutto,
altrimenti io avrei fatto solo una figuraccia nominando qualche “voce di corridoio”. Nicola ha sempre guidato lo scafo come se guidasse la propria macchina… con lui ai comandi della m/v uscivi in “battaglia” tranquillo…
La scena della sua mano tesa verso di me quando quella notte risalii in superficie dopo esser caduto in mare mosso, a tre miglia da terra, vestito… SIGNORI, QUESTO RAGAZZO MI HA SALVATO LA VITA!!!! Ed io lo considero un Fratello, anche se era il mio Comandante sulla V.1679.
Un abbraccio forte
Sicuramente Lei avrà combattuto le “battaglie vere” come le chiama Lei… come a distiguerle da quelle combuttute da altri che evidentemente non sarebbero altrettanto vere…. forse perchè i tempi attuali fanno pensare ad una sorta di gioco alla play station.
Non credo ci sia molta differenza fra l’essere ammazzato da una cannonata sparata da una corazzata della Royal Navy, che dall’essere ammazzato dalla prua rinforzata in acciaio di un scafo contrabbandiero… piu’ o meno, le medaglie e le cerimonie sono simili e “l’eroe” segue lo stesso destino.
Se differenza c’e’, è che nel primo caso vi è uno stato di guerra noto a tutti, nel secondo caso vi è uno stato di guerra tra forze di polizia e organizzazioni criminali, per lo piu’ sconosciuto al grande pubblico e che riceve gli onori delle cronache solo in caso di incidenti.
Gli scafi non si fermavano lanciando delle cime in mare… troppo facile cosi’. Bisognava legare cime da 20 – 22 mm di diametro, ad un penzolo di un paio di metri o poco piu’, dal diametro di una decina di millimetri (meglio se inferiore) e quindi dar volta al penzolo ad una delle bitte poppiere. Questo accorgimento serviva ad avere la certezza che quando la cima finiva nell’elica dello scafo inseguito, si spezzasse il penzolo, per il carico di rottura inferiore rispetto alla cima di 20/22 mm e far si che la cima si spezzasse dalla poppa della vedetta che la rimorchiava verso l’esterno dell’unità stessa.
Utilizzando cime di un unico diametro, il rischio era che si potevano spezzare in un qualsiasi punto, peggio se dall’ estremità avvolta all’elica, con il conseguente ritorno a bordo dell’unità che traina. Tale ritorno a bordo, come è facile immaginare, avverrebbe con un colpo di frusta tremendo ed estremamente pericoloso per uomini (la cima in nylon che si spezza è tremenda), mezzi e attrezzature (antenne radar, antenne radio, ecc.ecc.).
Gli scafi contrabbandieri a pieno carico navigavano anche a 52 nodi e avere tre o quattro nodi in più di loro, non vuol dire che era facile infilare la cima nelle eliche e non era detto che alla prima cima lo scafo si riusciva a fermare. Bisognava raggiungere lo scafo, ruiscire a passere davanti ad una distanza compresa tra i 2 e i 5 metri e atteso che la lunghezza di questi scafi era compresa tra i 16 e 21 metri fuori tutto, significa che oltre al penzolo dovevi avere fuoribordo una cima stesa in acqua lunga 30 metri… Si tenga conto che una cima del genere già ti porta via un nodo o due, riducendo la manovrabilità… di connseguenza, piu’ è lunga la cima, più si riduce la velocità e la tua manovrabilità.
Bene… in questo modo avevi una velocità di un paio di nodi in piu’ dello scafo contrabbandiero, dovevi passare davanti e restarci manovrando in anticipo sulle sue manovre evasive, fino a quando non sentivi lo strappo della cima… lo strappo era il segno che la cima era finita nell’elica. A quel punto uscivi un attimo da quella situazione, ti ponevi parallelo allo scafo contrabbandiero, preparavi un altra cima e ci riprovavi… e così via fino a quando non avevi piu’ cime. Il tutto di notte… raramente (un paio di volte l’anno) con condimeteo fovorevoli… ad oltre 50 nodi… Vuole provare?
Ovviamente non è che tutto questo avvenisse su binari ferroviari, il tutto si svolgeva con virate, controvirate, come un numero da circo e se eri solo ad inseguire eri anche contento, perchè non dovevi curarti e coordinarti con altre unità che inseguivano insieme a te, tra faretti, fanali di via che saltavano sotto colpi di mare, cime a rimorchio di altre vedette cooperanti e non ultimo, nella bella stagione, oltre ai pescherecci… anche i diportisti che per risparmiare le batterie magari erano fermi all’ancora completamente al buio con le loro canne da pesca in mano… Come ciliegina sulla torta… Le ricordo che tutto questo accadeva sull’Adriatico meridionale… il che vuol dire anche… gommoni carichi di clandestini che navigavano al buio, senza radar e che venivano battuti dai radar delle vedette operanti solo a breve distanza perchè molto bassi e piccoli.
Tenga conto che una spazzata radar sullo schermo puo’ durare aunche 4 secondi e ad oltre 70 nodi di velocità, con l’ unita classe 6000, si percorrono oltre 35 metri al secondo, quindi in 4 secondi hai percorso oltre 120/130 metri, avvistato un bersaglio al radar il radarista attende almeno una o due battute radar per aver la certazza che non si tratti di un falso eco… quindi hai percorso non meno di 400 metri tra la prima battuta e l’urlo del radarista in cuffia che ti dice: ” bersaglio dritto di prora”… hai un istante per decidere e non puoi sbagliare… devi pensare in un atttimo l’unica decisione possibile… quella giusta.
Va bhe mi fermo qua… il libro l’ha scritto Maurizio…
Saluti,
Giuseppe
Il non dire dell’uso delle cime deriva dall’interpretazione di ciò che la legge mette a disposizione, di cosa è lecito fare e cosa no.
Era sempre in senso restrittivo, ovvero la legge ti permette di far fuoco su di uno scafo contrabbandiere in fuga che non ottempera all’ALT (fatto a segnali di luce di notte o con le bandiere di giorno), nonostante gli oltre tremila litri di benzina presenti nei serbatoi (senza considerare i nostri tremila litri distanti non più di 5 0 6 metri dagli altri), ma in teoria non ti permetterebbe di tagliare la rotta di uno scafo in fuga (sempre teoricamente e restrittivamente).
Insomma è come dire che una pattuglia della polizia non può tagliare la strada ad una macchina in fuga perchè viola il codice della strada. Ma come potrebbe fare altrimenti?
Spero di aver chiarito l’arcano.
Saluti,
Nicola
Caro Vittorio,
la domanda che tu poni ha evidentemente creato molti interrogativi sul fatto che non si doveva dire di questa manovra necessaria per fermare le barche contrabbandiere. Penso invece che al principio, quando fu adottato questo metodo, non doveva essere detto per l’evidente effetto sorpresa necessario ad ottenere successi. Catturati poi un certo numero di scafi, la notizia diffusasi non era più riservata, ma ormai conosciuta da tutti gli “addetti al contrabbando”.
Trovo intelligente e validissima questa pratica che consente di fermare gli scafi illegali, senza rischi e soprattutto senza sparare un colpo. Immagina come si potrebbe sparare su barche imbottite di benzina senza provocare vittime o feriti gravi? Oppure quale potrebbe essere un metodo differente ed altrettanto valido?
Salutissimi,
Giacomo Vitale
Giacomo
Interessanti i racconti delle “battaglie navali” contro i contrabbandieri, soprattutto per me che le “battaglie vere” le ho fatte, a suo tempo, contro la Royal Navy sulle rotte per la Libia.
Una domanda:
visto che non potevate fermarle sparando, perché mai non si doveva dire che buttavate delle cime in acqua sperando di danneggiare così le eliche degli scafi avversari?
Un bellissimo filmato:
Carissimi,
è immenso il piacere nel leggere i vostri commenti e vorrei solo aggiungere che:
• se non si hanno bravi Maestri capaci di sapere insegnare…
• se le persone che si hanno affianco non sanno svezzarti sia professionalmente che umanamente…
“si rimane agnellini!”
Grazie veramente a Voi tutti per ciò che mi avete saputo insegnare!!!
Conservo ogni minimo consiglio “GELOSAMENTE” e fiero di averlo avuto da persone come Voi, “Persone Speciali!!!”
Con stima ed affetto,
Maurizio
Per chi ha vissuto quelle avventure è sicuramente un libro “Magico”.
Ogni rigo, ogni parola, il nostro “Gergo – Operativo” ed ogni inseguimento raccontato, riesce a far rivivere con le stesse emozioni quei momenti di estrema tensione. Fredde notti passate tra gli schizzi di mare che ti frustano la faccia, su scafi che sfrecciano a più di 50 nodi, fianco a fianco…dove ogni piccolo movimento delle mani sulle manette può essere decisivo per il servizio o può provocare una tragedia….
Attimi decisivi che possono essere affrontati solo da uomini che servono il nostro paese con la passione e la dedizione dei “veri uomini di mare”.
Bravo Maurizio!!!
E’ doveroso per me fare ancora e ancora i complimenti a Maurizio. E’ stato capace di fermare il tempo ad ogni momento vissuto in quelle avventure. Leggo e rileggo il libro e ogni volta sono di nuovo lì, in quel momento sul nostro scafo, tra le onde e gli scafi contrabbandieri.
Quoto il commento di Peppino sei arrivato agnellino (come me) e sei ripartito lupo di mare.
Un abbraccio
Gentilissimi Peppino e Valerio Suter,
Altomareblu vi ringrazia per i Vostri auguri al bravissimo Maurizio Mainardi che ha saputo descrivere con la sua semplicità e la sua schiettezza di abruzzese d.o.c., momenti memorabili della sua carriera di Appuntato Finanziere di mare, coinvolgendo il lettore totalmente, tanto da avere l’impressione di viverla in quello stesso momento in diretta.Certamente un libro da comprare e da leggere assolutamente!!!
Altomareblu
I miei più vivissimi complimenti al sig. Maurizio Mainardi per essere riuscito a trascrivere su carta emozioni e sensazioni provate in quegli anni di lavoro al servizio dello Stato.
Comprerò sicuramente questo splendido libro, che mi farà compagnia nelle notti duranti le quali non riesco a prendere sonno.
Saluti
Maurizio…….se finisce che ci fanno un film….bhe ricordati di noi.
In bocca al lupo per il tuo libro…e, giusto per la cronaca dopo…non ha più sbagliato a montare le eliche e non solo. E’ arrivato in Puglia come tenero agnellino, l’abbiamo svezzato e poi è andato via come specialista di barche, motori e alta velocità…