Il restauro di barche d’epoca Levi in lamellare di mogano
Le carene realizzate con doghe in lamellare di mogano incrociate a 45° ed incollate tra loro con colla resorcinica, hanno notevoli caratteristiche meccaniche che ne esaltano le prestazioni e pur se curate in modo attento, data l’età che in buona parte si aggira intorno ai 30 – 40 anni, possono manifestare problemi di delaminazione che devono essere risolti al più presto. Vorrei a questo punto aprire una parentesi molto importante su questo tipo di barche, mettendo in chiaro alcuni aspetti determinanti per assicurare loro lunga e sana vita.
Come dicevo, dopo 30 – 40 anni di vita per le carene in quattro strati di lamellare, possono crearsi dei punti in cui si sono verificate delaminazioni e se il fenomeno riguarda l’opera viva si deve prestare molta attenzione poichè se trascurato, gli strati intermedi di lamellare si marciscono e si scollano inesorabilmente tra loro, con gravi conguenze.
Tra gli addetti ai lavori vi sono due metodi di intervento che sono uguali per la parte che riguarda la sostituzione del lamellare danneggiato, ma si differiscono perchè uno prevede l’uso della colla resorcinica e l’altro della resina epossidica con i suoi additivi.
A. Nel caso di impiego di collante resorcinico, il lavoro viene certamente bene, ma si limita alla sola sotituzione delle parti che erano danneggiate e si completa poi con l’uso dei protettivi necessari a seconda se ci troviamo sopra o sotto la linea di galleggiamento.
Questo metodo, secondo gli addetti ai lavori più anziani, è da preferire perchè la barca si mantiene originale senza intervenire con resine epossidiche che sono estranee al ciclo di lavorazione originale, essendo stata incollata alla sua nascita con la classica colla resorcinica.
Nulla da eccepire contro questo metodo, ma si dimentica che queste imbarcazioni di cui parliamo hanno un gran numero di anni sul groppone e certamente il fenomeno età ne riduce le caratteristiche meccaniche e non capisco perché non proteggere e migliorare la carena.
E’ noto a tutti coloro che vanno in barca che la carena è la parte soggetta a vari problemi e nel caso specifico di cui si discute, data anche l’età, senza le dovute e necessarie protezioni che ne rinvigoriscono le caratteristiche meccaniche elevando anche la sicurezza,mi sembra inopportuno non intervenire con un trattamento della carena anche dall’esterno laminandola con la resina epossidica.
Esprimo alcune osservazioni sulla Speranzella II serie e Drago, due notissime barche d’epoca. La prima offshore costruita dalla fu Canav di Anzio e la seconda costruita dalla Italcraft di Gaeta.
Sia la Speranzella che il Drago con la loro struttura portante e quindi priva di ordinate sono realizzate solo con paratie interne che servono per separare i vari ambienti e da longheroni longitudinali posti in sentina secondo una certa logica e per contribuire alla opportuna rigidità strutturale dell’insieme, come potete notare nei disegni di seguito pubblicati,.
L’ingegnere Levi per dare consistenza e protezione nelle sentine di queste due meravigliose imbarcazioni, già da quando era in India nel cantiere che fu di suo padre, aveva sperimentato l’uso di rinforzi fatti con resina epossidica e tessuto biassiale in lana vetro.
Canav: Speranzella II Cabin Cruiser -disegni
Infatti avete letto e capito bene: per mantenere la leggerezza della struttura portante senza ordinate Levi mise a punto questo metodo per rinforzare e proteggere le sentine di queste barche che così trattate nell’area della zona motori, con l’uso, che fu allora all’avanguardia, di resina epossidica e tessuto di lana vetro.
Insomma l’ing. Levi si preoccupò, con i suoi metodi di costruzione evoluti, di conferire alla struttura delle sue creazioni la giusta robustezza strutturale con un peso contenuto e non si era ancora sperimentato, il metodo oggi diffusissimo tra le barche d’epoca in lamellare di legno ed anche altri tipi, del trattamento delle carene sia per l’opera viva che per l’opera morta con la stesura di più mani di resina epossidica su di esse. Insomma il trattamento dello scafo dall’esterno.
Detto questo e visto i risultati raggiunti con le applicazioni descritte, realizzate su barche d’epoca in lamellare di legno sono stati ottimi, proteggendo e migliorando prestazioni e più in generale migliorando la struttura e prolungandone a lungo termine la vita nel tempo, permettendo ai propri armatori di navigare in tutta sicurezza con imbarcazioni spesso bellissime e nel caso di quelle progettate da “Sonny” Levi, di vere e proprie rarità ed in alcuni casi di esemplari unici.
Vi parlo brevemente dell’altro metodo di cui ho implicitamente già detto abbastanza nelle righe precedenti.
B. Per restaurare una barca in legno, come nel caso precedente (A), vanno eliminate tutte le parti marciescenti e rimpiazzate con lamellare nuovo dalle stesse caratteristiche e dello stesso spessore e necessariamente, una volta che la carena è stata fatta asciugare bene con un’umidità relativa della superficie stessa inferiore al 12% -15% e misurabile con un apposito strumento, si procede con l’incollaggio delle nuove parti, mediante resina epossidica. Inoltre consiglio, assolutamente, di estendere l’asciugatura a tutta la carena oltre alla parte da riparare, per poi trattarla con due o più mani di resina epossidica, a seconda dei casi.
Insomma è preferibile trattare tutto lo scafo, cioè opera viva e opera morta badando bene a far saturare le parti della carena che assorbono rapidamente molta resina, ripassandoci sopra di seguito fino a quando non assorbe più. E’ importante dire che questa operazione è meglio farla in successione e non aspettare che si asciughi la prima mano, poichè non avendola saturata permettendo alla resina di scendere in profodità, si finisce poi con il non ottenere un risultato valido, poichè la seconda mano, si aggiunge alla prima, ma non si ancora intimamente alla stessa. Insomma non è proprio la stessa cosa.
L’incollaggio si deve fare usando un additivo ad alta resa come la silice colloidale mescolata nella giusta quantità con la resina epiossidica. (Vi sono anche altri tipi di additivi che aiutano molto quando si devono fare riempimenti di una certa consistenza o per la realizzazione di stucchi epossidici per le superfici ecc. di cui si può leggere benissimo negli opuscoli informativi delle fabbriche che li producono). Questa é un’operazione molto semplice, ma si deve prestare molta attenzione e va fatta con determinati criteri. E’ preferibile usare delle resine epossidiche di indiscussa qualità e per esperienza consiglio la nota C- Systems 10 10 Classic bicomponente [www.cecchi.it] che ha tempi di asciugatura lenti.
Apro anche qui una brevissima parentesi: Le resine epossidiche che usiamo nella nautica da diporto sono prodotte in due tipi fondamentali, una a lenta ed un altra a rapida essiccazione. La differenza dei due tipi è dovuta alle diverse temperature che vi possono essere a secondo dei periodi dell’anno o delle latitudini dove vengono effettuati i lavori di laminazione carene o incollaggi ecc. Facendo un rapido esempio: in estate la temperatura da noi si sa è spesso intorno a valori medi di 30 e più gradi centigradi e se dobbiamo fare una laminazione di una carena, cioè stendere con l’apposito rullo la resina epossidica per effettuare un trattamento della carena,dobbiamo necessariamente usare l’epossidica a lenta essiccazione. Avremo così tutto il tempo necessario per permettere alla stessa di essere assorbita dal legno e avendo anche la possibilità di effettuare un’altra mano prima che secchi la precedente.
Diversamente, se non usassimo in estate la resina a lenta essiccazione, potremmo rischiare di non avere nemmeno il tempo di stenderla che questa andrebbe subito in “pot-life”, cioè il momento in cui inizia a solidificarsi e in cui non è permesso più maneggiarla, pena la nullità del lavoro svolto che comunque è da rifare e con un’altra serie di problematiche che derivano dall’errore commesso. Ovviamente d’inverno, data la bassa temperatura, si usa la resina a rapida essiccazione con il criterio descritto, ma all’inverso. Insomma l’elemento che stabilisce l’uso di una resina a lenta o veloce essiccazione è la temperatura. Per basse temperature atmosferiche, resina veloce. Per alte temperature atmosferiche resina lenta. Tutto qui.
La fluidità della resina con la quale si tratta la carena della barca è importantissima per permettere un buon grado di assorbimento della stessa da parte del compensato di mogano. I risultati a lavoro finito si vedono e sono ottimi. Inoltre la lentezza nell’asciugarsi permette alla resina di penetrare in profondità e permettere di fare la seconda mano di laminazione sulle parti dello scafo da trattare e quando ancora la prima mano è attaccaticcia la seconda mano di attaccarsi bene sullo strato preesistente, risparmiando la fastdiosa levigatura. Va necessariamente precisato che i migliori risultati si ottengono quando la temperatura ambiente è pari o superiore ai +20°C Celsius e con un’umidità relativa dell’aria attestata su valori non superiori al 60%.
Non mi soffermo sui vari sistemi di mantenimento della temperatura che permettono di effettuare queste lavorazioni delicate anche in inverno, sia al al coperto che allo scoperto, ma posso semplicemente aggiungere che durante la stagione fredda è utilissimo riscaldare le parti da incollare o laminare con una pistola ad aria calda, attestandosi su valori di temperatura media, senza far surriscaldare la resina che non deve assolutamente fumare. Per la resina è importante dire che alle basse temperature ambientali, sia prima che durante la miscelazione dei due componenti, riscaldarla come detto rendendola fluida è di grande aiuto e semplifica la miscelazione che deve essere tassativamente fatta benissimo, pena risultati pessimi e lavoro da rifare.
Prima di iniziare il trattamento delle superfici da proteggere è importante stuccare tutte le fessure con una miscela di epossidica e silice colloidale per piccole imprecisioni, mentre per dislivelli considerevoli o riempimenti vi sono altri tipi di additivi che aiutano moltissimo al raggiungimento di ottimi risultati. Questi additivi vanno aggiunti alla resina precedentemente miscelata a fondo in opportuna percentuale, ricordandosi che si possono aggingere alla miscela dei coloranti che aiutano moltissimo nel risultato per parti che poi devono essere trattate a vernice trasparente.
Importante anche la resa tecnologica del prodotto che per esempio, se miscelato con un apposito colorante liquido marrone o nelle varie tonalità che si possono raggiungere, si protegge la resina rendendola insensibile ai raggi ultravioletti per le parti che rimangono esposte al sole e mantenendo un coefficiente tixotropico adeguato che assicura lunghissima vita alle parti trattate con questi semplici criteri.
Il colorante che ho usato in varie tonalità come testa di moro, marrone, rosso, mogano ecc. con risultati veramente ottimi si chiama “mordensante per vernici trasparenti, flatting, impregnanti. La confezione è di 15 c.c. consigliata per un litro di vernice, ma questa è una cosa che stabilite voi a secondo la tonalità che volete raggiungere. Il colorante citato è liquido e la ditta che lo produce è Wagen Lack srl di Lanciano – CH.
Ho fatto degli esperimenti in merito, tra cui il recupero di una struttura di un parabrezza in mogano di una barca d’epoca che era scollato e con deformazioni in alcuni punti. Un particolare con 43 anni di età oggi, 31 quando l’ho riparato. Dopo dodici anni che ho fatto questo esperimento, cioè smontaggio e pulizia di tutte le parti in massello portandole a legno vivo; Incollaggio delle stesse parti con miscela di epossidica, silice colloidale e colore nella dose necessaria.
Quindi, una volta asciugate tutte le parti incollate e levigato tutto rigorosamente a mano con l’opportuna attenzione al fine di ottenere una superficie opportunamente levigata, ho poi trattato con una mano abbondante di epossidica sempre con l’aggiunta del solito colorante. Infine a resina ben essiccata ho levigato per l’ultima volta con carta abrasiva 120 ed acqua fino ad ottenere una superficie finemente levigata. Infine ho trattato con una vernice monocomponete poliuretatnica della Stoppani in più mani del tipo resistente ai raggi u.v.. Questo parabrezza è ancora sulla barca e questa estate ho fatto una mano di vernice lucida perchè nella parte dove poggia la tenda attaccata alla struttura del parabrezza era divenuta un po’ opaca. Forse con una lucidata con appositi polish si poteva anche rimediare, ma dopo tredici anni una mano di flatting si può anche passare ed è ritornato bello e splenedente come prima.
Voglio qui precisare che i prodotti citati non sono per fare pubblicità agli stessi, non me ne importa nulla e non sono pagato per questo, ma solo per dare delle indicazioni chiare e precise, specie agli appassionati che hanno capacità individuali tali da effettuare da soli certe operazioni indicando semplicemente come arrivare ad ottenere sicuri risultati comunque da me sperimentati.
Per completezza di informazione aggiungo che per le resine, i suoi additivi, le vernici e le pitture, ho fatto molti esperimenti ed assicuro che vi sono grandi differenze nelle rese meccaniche delle stesse; esse sono dovute a differenza tecnologica strutturale sostanzialmente rilevante che può dare risultati da ottimi a pessimi.
Quindi, vanno usati prodotti di alta qualità e che spessono costano molto rispetto ad altri che sono una vera schifezza, scusate la parolaccia, ma è importante per rendere l’idea, perché si deve avere rispetto del lavoro che si va a fare e soprattutto di se stessi. E’ inaccettabile usare prodotti scadenti, che speso costano poco meno rispetto a quelli professionalmente validissimi e danno dei risultati ignobili a volte costringendo a rifare il lavoro da capo. Alla fine avrete speso tanto di più e con una buona dose di arrabbiatura. A voi le logiche deduzioni!
Aggiungo che per la resina si trovano sul mercato diversi prodotti validissimi, ma sostanzialmente direi che per quello che è di mia conoscenza sono due quelle assolutamente affidabili, riconosciute dai vari enti internazionali di classificazione. Insomma mi riferisco chiaramente alla nostra italianissima Cecchi Gustavo con tutti i suoi additivi e l’americana West System [www.vernicicolor.it/main/index.php?id_pag=14] sempre con i suoi ottimi additivi che è indiscutibilmente ottima come prodotto e che rispetto alla concorrente italiana ha delle lievi differenze di resa a seconda delle operazioni da fare, ma altrettanto validissima nei risultati. Questa è comunque un’altra cosa di cui magari parleremo un’altra volta.
Vi sono altre resine che ho usato, anche italiane, ma hanno un grande pregio-difetto: anche quelle marcate come a “lenta essiccazione”, sono invece rapidissime e questo potrebbe essere un vantaggio per gli incollaggi strutturali, ma ho notato che una volta addensata anche in piccole quantità in determinati punti dove si è accumulata per “riempire”, tende ad innalzare troppo la temperatura e questo per il lamellare non è una cosa buona…
In poche parole: affidatevi a prodotti di indiscussa qualità, purtroppo costosi, ma non vanificherano i risultati che vi assicuro durano molti anni se le operazioni di trattamento delle superfici ed incollaggi si effettuano seguendo le ottime istruzioni che le marche sopra citate danno, abbinate anche a strumenti di supporto digitali, i risultati saranno certamente eccellenti.
Concludendo e riassumendo tutte le osservazioni descritte, le barche in lamellare di mogano a quattro strati incrociati ed incollati tra loro con colla resorcinica, devono necessariamente essere trattate con epossidica che rendono la vostra barca inossidabile nel tempo. La resina epossidica oggi rende possibile il restauro di barche che diversamente dovrebbero solo essere demolite o sottoposte a costosissimi lavori di restauro che non darebbe loro l’adeguata resistenza meccanica che indiscutibilmente la resina epossidica dà a tutto lo scafo.
Il pregio fondamentale della resina epossidica è che una volta trattata bene l’opera viva, l’umidità rimane fuori dal legno perchè il grande pregio di questo prodotto moderno è la sua struttura che vista al microscopio non presenta buchi ed è assolutamente chiusa. Ergo, non fa passare ne acqua ne umidità nel compensato appositamente trattato. E’ tutto qui il “segreto”.
Una cosa elementare, ma importantissima per assicurare lunga vita alla vostra barca. Altra condizione “indispensabile” per un ottimo risultato è l’asciugatura delle carena e comunque delle parti che devono essere incollate e laminate, con umidità relativa inferiore al 12% – 15% come sopra detto e come stabilito dai registri navali Lloyds di Londra, Rina, Bureau Veritas ecc.. che definiscono in questi valori la stagionatura del legno, pronto ad essere incollatto per la lavorazioni che consentono la costruzione o la riparazione delle barche in legno.
Le barche d’epoca che hanno le carene trattate nel giusto modo e restaurate con le resine epossidiche sono migliori strutturalmente di quando erano nuove e hanno una vita praticamente illimitata. Occorre solo quel minimo di cura ed attenzione per tutto ciò che è soggetto all’usura del tempo e la resina epossidica è un grandissimo aiuto per perseguire questo scopo. Il restauro di barche d’epoca in lamellare di mogano, va eseguito con attenzione e con un minimo di esperienza.
Tanti lettori che ci seguono conosceranno certamente Speranzella “Fujiyama” ed avranno notato con quanta cura viene mantenuta in eccellenti condizioni dal suo armatore e dai suoi angeli custodi Paolo Boragno per lo scafo e le sovrastrutture e Angelo Frassino per la parte elettrica, motori e meccanica.
Di seguito a quanto sopra descritto è qui rappresentato un intervento straordinario all’ opera viva di poppa che aveva subito una delaminazione provocando una piccola e fastidiosa infiltrazione d’acqua. Se non vi fosse stato questo intervento fatto dal bravissimo mastro d’ascia Paolo Boragno, le conseguenze sarebbero state molto serie, compromettendo la sua struttura della stessa in un punto vitale.
Aggiungo che mastri d’ascia come Paolo Boragno capaci di intervenire con una precisione chirurgica e con una competenza assoluta su questo tipo di imbarcazioni , sono veramente pochissimi. Gli artigiani “incapaci” affermano che queste barche, quando hanno le carene delaminate in più punti, devono essere demolite e mi è capitato purtroppo in più occasioni di constatare la fine di barche rare e bellissime dalle caratteristiche marine uniche al mondo come quelle di “Sonny” Levi determinata da “ingiuste condanne a morte” date da “artigiani sfaticati, incapaci e disonesti”. Rilevo purtroppo che in giro ce ne sono anche troppi…
Di seguito potete vedere le immagini dell’intervento indicato con brevi commenti, visto che le immagini parlano da sole. L’ inconveniente riscontrato era una fastidiosa infiltrazione d’acqua concentrata nella parte bassa della poppa in corrispondenza della chiglia all’interno, come si può ben vedere nelle immagini successive.
Si nota in questa fase di lavorazione che la parte interessata è stata fresata con precisione e successivamente asportata per una profondità di 10 mm. Inoltre si può notare sulla destra, all’altezza del supporto in metallo rosso che maniene la barca, il punto in cui vi era una subdola infiltrazione d’acqua tra fasciame e ordinata di poppa.
Da questa immagine si nota il tessuto biassiale in lana di vetro che corre da poppa fino alla ruota di prua imbevuto di resina epossidica e posto in origine dal cantiere come rinforzo strutturale. Il nero che si vede non è superficie marcita , ma sono residui di colla rossa venuti in evidenza con la discatura della superficie precedentemente fresata e asportata
Fase di realizzazione doghe da sovrappore allo specchio di poppa – opera viva precedentemente fresato e levigato e dal quale è stato asportato, per uno spessore di 10mm, uno strato di lamellare in parte danneggiato dall’infiltrazione sopra menzionata che negli anni ha poi richeisto questo intervento strordinario.
Incollaggio delle doghe sullo specchio di poppa-opera viva. Notare la pulizia del lavoro
Superficie levigata e trattata con resina epossidica pronta a ricevere la mano di fondo anticorrosivo per base epossidica
Rimontaggio timoni e flap su superficie trattata con anticorrosiva
Lavoro terminato. La barca è stata provata in mare il giorno dopo ed il lavoro è risultato ottimo, passando le prove di collaudo a cui è stata sottoposta per il dovuto controllo.
Conclusioni:
Non aggiungo altro alle eloquenti immagini scattate dal mastro d’ascia Paolo Boragno, che ha effettuato il lavoro descritto e che ringraziamo per averci consentito di realizzare questo articolo congratulandoci per la sua indiscussa bravura ed eccellente professionalità di artigiano divenuti ormai rarissimo da incontrare nella cantieristica specializzata.
Salve Carmine,
nel ringraziarti per averci contattato, posso dirti che il danno non è cosa grave ed è riparabilissimo. Basta asportare la parte danneggiata, tracciando accuratamente con una matita il foro lungo il quale eseguire il taglio. Con un seghetto alternativo si deve praticare un foro preciso della misura, da te detta, cioè 300×300 mm. Quindi tolta la vernice che va oltre il foro praticato dalla parte interna della zona interessata, si provvede a tagliare un tappo delle stesse dimensioni della parte asportata. Ho definito “tappo” la parte che deve essere costruita in compensato di mogano da 300 x 300 x 10 mm di spessore e che serve a chiudere il foro, ma la definizione tecnica corretta è: “tassello quadrato”.
Si procede a tagliarla, verificando che alloggi bene nel foro 300 x 300 mm precedentemente preparato e badando bene a lasciare un millimetro per lato sul pannello di chiusura creato, in modo che la resina epossidica, miscelata con la silice colloidale, possa essere ben distribuita per un perfetto incollaggio. Realizzato questo pannello, se ne deve realizzare un altro che che abbia 50 mm in più per lato, da alloggiare all’interno dello scafo e che deve fare da battuta e supporto dell’incollaggio come dal disegno allegato. Al fine di consigliarti per il meglio sarebbe necessario che ci inviassi alcune foto del danno subito scattate dall’esterno e dall’interno della barca, in modo da avere una visione reale della parte danneggiata.
Quanto descritto, in linea di massima è il modo migliore per riparare il danno subito. Il tappo di chiusura cosi creato, può alloggiare nella sua sede senza usare viti o chiodi, ma aiutandosi con altri pezzi di legno e morsetti stringenti, posti dall’interno della barca in modo da mantenere in sede il tappo con la controbattuta realizzato.
Purtroppo nella zona di Catania non ho contatti a cui indirizzarti e mi dispiace molto.
Le immagini della parte danneggiata, se vuoi, puoi inviarle a info@altomareblu.com
Restiamo in attesa di tue notizie.
Un caro saluto.
Giacomo Vitale
Salve,
ho subito un danno alla mia imbarcazione,un foro 30 per 30 sulla carena parte prua.Italcraft “Sarima” anno ’70.lunghezza m 7.
Volevo avere qualche suggerimento per la riparazione del danno e se in zona Catania avete dei contatti che
possano fornirmi assistenza.
Carmine
Grazie per la pronta risposta e per le delucidazioni che mia hai fornito. Non so se comprero’ questa imbarcazione, in quanto sto cercando una barca in legno che possa fare restaurare in modo conservativo, ma senza grosso impegno di capitale, poiché sono gia’ in possesso di un Mochi Craft “Dominator 40” del 1987 che messo in vendita. Sicuramente ti disturbero’ ancora per consigli, forse sulla carena Levi messa in vendita sul sito e visibile in un cantiere di Agnano, ma senza l’indicazione di un referente da contattare. Grazie tante.
Giampiero
Ciao Giampiero,
non conosco da vicino la barca, ma da quello che mi ha descritto il suo proprietario, le condizioni in cui si trova e le foto ricevute, dovrebbe essere una buona barca. Ovviamente un parere tecnico certo si può esprimere solo vedendola da vicino.
Il lamellare di mogano o altre essenze sono eccezionali per le loro caratteristiche tecnologiche e meccaniche, ma va tutto valutato con attenzione ed esperienza per capire quale sia la reale situazione attuale e quali potranno essere i costi di ripristino da affrontare per ricondizionarla. Io certamente toglierei tutta quella copertura rigida che poggia sul parabrezza e la riporterei all’origine, cioè open… visto che è appesantita e non troppo bella a vedersi.
Altra nota sui motori che sono dei Perkins, anche se ben tenuti sono troppo vecchi e li sostituirei con dei Volvo Penta adeguati e potresti dare in permuta i tuoi… mettendo dei motori revisionati, ci sono delle ditte che svolgono questo tipo di lavoro… Il fine è di avere una barca più performante e meno soggetta a difficoltà di reperibilità dei ricambi, visto che la Perkins ormai non esiste più e la sua rete di distribuzione è stata rilevata qualche anno fa dalla Caterpillar.
Queste sono comunque considerazioni che puoi fare in un secondo momento, se non vuoi spendere troppo all’inizio. Puoi lasciare questi motori esistenti e poi successivamente sostituirli con altri più moderni. Per il Cantiere in cui si trova non so dirti ne bene e nemmeno male perché non lo conosco. Se hai altro da domandarmi, sono a tua disposizione e grazie per averci scritto.
Un cordiale saluto,
Giacomo Vitale
Sto pensando di acquistare lo Zarcos 12 inserito nel vs sito,
vorrei conoscere il tuo parere e se conosci bene la barca.
Se tutto dovesse andare in porto penso di lasciare l’opera di restauro ai cantieri dove si trova ora.
Ti ringrazio della cortesia.
Giampiero
Ciao Paolo,
certamente tra la chiglia in ghisa ed il compensato della carena, ci sarà del tessuto di tela con sigillante. Il tutto funge da isolante tra la ghisa ed il compensato che, se fosse a contatto diretto con il metallo, si sarebbe corroso in breve tempo.
Non so quanti anni abbia la tua barca, ma se prossima ai trenta o quaranta anni di età, sicuramente sarà come ti ho appena detto e non è cosa facile rimuovere la chiglia senza fare alcune operazioni particolari che non arrechino danni al compensato.
Se mi inviassi qualche foto del particolare sarebbe sicuramente di aiuto. Non esagerare con colpi forti dati sulla chiglia di ghisa, potresti danneggiare seriamente il compensato. Prova a riscaldare uniformemente le superfici interessate con una pistola ad aria calde del tipo professionale quindi, una volta che il sigillante tende a cedere, inserire un piccolo piccolo paletto in metallo con la punta inclinata, tra la chiglia ed il compensato della carena, quindi dare dei leggeri colpi con una mazzola sul paletto, procedendo da un lato e dall’altro opposto. Appena il sigillante cede, puoi fare leva anche tra la chiglia ed il compensato, ma devi interporre tra il compensato ed il paletto di ferro una piccola lamiera di metallo da un millimetro di spessore, in modo da non dannegiare il legno.
Devi procedere con molta calma, senza farti prendere dall’ansia di fare in fretta, devi insistere con vari tentativi, fino a rimuovere la chiglia.
Una domanda: perché vuoi smontare la chiglia?
Ed infine, mi dovresti dire, per piacere, quanto è lunga la chiglia da smontare. Resto in attesa di una tua risposta e scrivimi sempre quando vuoi.
Un caro saluto
Giacomo
Caro Giacomo,
avrei bisogno di un’altro prezioso consiglio in particolare riguardo allo smontaggio della chiglia di ghisa della barca (compensato marino) che stò sistemando.
La chiglia è fissata con tre coppie di prigionieri fissate all’interno della barca con tre piatre di acciaio e bulloni. Allentati i bulloni e rimosse le piastre… la chiglia non si è mossa nonostante avessimo anche dato qualche colpo per staccarla.
Può essere che il sigillante (silicone e/o gomma poliuretanica) stia facendo un’effetto ventosa?
Come possiamo fare per smuovere il tutto evitando energiche “mazzate”?
Grazie,
Ciao
Carissimo Paolo,
grazie per i tuoi graditi apprezzameti circa le mie descrizioni su come restaurare una barca in lamellare di mogano, usando resina epossidica.
Per la tua domanda riferita al marcioume che si potrebbe riscontrare sul primo strato esterno del lamellare di una carena, la cosa in assoluto migliore é quella di rimuovere la parte marcia e sostituirla con uno stesso pezzo di mogano da 5 mm, seguendo i criteri già descritti. La stuccatura con resina epossidica e microfibre é sufficiente quando si devono riparare piccole superfici.
Un caro saluto
Giacomo
Cordiali Saluti
Carissimo Giacomo,
complimente per le “opere” eseguite e per l’ottima descrizione in particolare per quanto riguarda il restauro di barche in lamellare di mogano con epossidica.
A tal proposito vorrei sapere se nel caso si riscontrasse del marciume nel primo strato di lamellare su zone ridotte basti, dopo un’adeguata pulitura, eseguire una stuccatura (resina+microfibre) o se sia meglio fare una pezza nuova?
Ciao
Caro Vincenzo,
ti ringrazio per i tuoi graditi apprezzamenti circa la mia grande passione per le barche Levi e per questo blog ad esse dedicato, ma non credo di meritare tanto.
Il mio scopo è aiutare i fortunati intenditori e possessori di queste straordinarie barche a tenerle in perfetta efficienza cercando di dare tutti quei piccoli consigli che possono rivelarsi preziosi per mantenere perfettamente in vita barche che da sole testimoniano la nostra fantastica storia della cantieristica italiana degli anni 60′ 70′ fatta di barche speciali progettate da “Sonny” Levi e costruite da uomini straordinari di cui qui ricordo a caso Guidio Tuiach, Nello Bini, R. Greco, Filiberto Vaudi, Guido Lanzi…
Insomma ci siamo capiti, la passione mi guida… ed il fatto che tu abbia un Riva ed un Rudy della Canav, certamente potrai apprezzare le grandi doti di navigazione di quest’ultima e poi qundo la metterai a mare mi riferirai… Tienimi informato quando la varerai una volta restaurata, ci terrei ad essere presente e fare un giro di prova ai comandi di una bella “Signora del Mare”…
Un caro saluto e buon lavoro.
Giacomo
Caro Giacomo,
ho letto con attenzione e passione il tuo blog, soprattutto la parte dedicata al restauro, e mi voglio complimentare con te per la professionalità e la completezza di notizie che ci dai sulle barche di Levi.
Sono un appassionato di barche d’epoca (fino ad ora Riva) e da poco anche proprietario del Rudy Santamaria dei cantieri CANAV che sto restaurando a Salerno presso il Cantiere Nautico UNIONMARE di Luca Bassanini.
Saluti e di nuovo complimenti
Enzo.
Ciao Filippo,
sono contento che tu segui questo blog nato dalla mia grande passione per le fantastiche barche progettate dall’ing. Levi e per aiutare gli armatori di barche in legno in genere, che abbiano passione e capacità di agire da soli e tenerle in modo impeccabile.
Sono a tua disposizione per tutte le domande che intendi farmi circa la realizzazione di un posto di guida per la tua barca.
A questo proposito puoi scrivermi all’indirizzo di posta eletronica: info@altomareblu.com ed inviarmi immagini per farmi vedere come procedono i tuoi lavori e darti tutte le dritte che possano esserti di aiuto per risolvere con successo gli interventi di riparazione e miglioramenti che stai effettuando sulla tua barca.
Un caro saluto e resto in attesa di tue notizie.
Giacomo
Devo dire che ho scoperto alcune tecniche da adottare quando si usa la resina che non conoscevo soprattutto nelle applicazioni di quest’ultima.
Ringrazio il signor Vitale e spero che un giorno mi contatti tramite la mia e-mail per avere un suo giudizio sul faticoso restauro effettuato da me stesso sul mio motoscafo in legno regalatomi in condiziponi pietose e magari chi sà?
Darmi qualche dritta per migliorarlo e soprattutto se cè la possibilità di poter creare un posto guida con i comandi guida-motore che attualmente non ci sono.
Grazie.
Come da telefonata,
ho bisogno del libro dell’ ing. Levi Milestones in my design, può dirmi come fare?
Libreria di Roma o devo contattare il figlio di Levi?
Cordialità
Arduino
Carissimo Enzo,
ti ringrazio per quello che mi dici e sono felicissimo di essere compreso per la vera passione con cui mi dedico al blog, con la mia massima semplicità e con grande umiltà.
Un caro saluto e sono sempre a disposizine per tutti gli appasionati che come te e me sanno capire il grande valore di vere opere d’arte come il tuo Drago e la mia Speranzella e le tantissime barche che “Sonny” Levi ha disegnato, nella sua brillantissima ed infinita carriera di progettista di barche uniche al mondo come: G.5o, Barbarina, Hidalgo, Ultima Dea, Spumante, A’ Speranziella, Speranzella II Cabib C., la grandissima Surfury, lo straordinario Arcidiavolo I e II e tante altre…
Giacomo
Carissimo Giacomo,
ho letto con gran piacere quest’articolo, si evince la tua passione in ogni argomento che tratti.
Non ho resistito alla voglia scriverti, e ringraziandoti per le conoscenze che ci trasferisci, desidero congratularmi con te per la tua grande professionalità e dedizione.
Tutto quanto ho letto, per me è veramente oro e ne trarrò sicuramente enorme profitto quando inizierò i lavori al mio Drago.
A presto risentirti, ti saluto cordialmente
Enzo
Ringrazio pubblicamente gli amici di SIBMA per quanto mi dicono circa questo articolo e sono contento per questo apprezzamento fatto da “addetti ai lavori”, nel caso specifico produttori di kit imbarcazioni dislocanti a vela e a motore e specialisti nella ristrutturazione di barche d’epoca in compensato marino, tavole massello e lamellari vario tipo.
Sinceri ringraziamenti e colgo l’occasione per dire che prossimamente tratterò altri argomenti tecnici rigurdanti le carene il lamellare di mogano.
Giacomo Vitale