Motorsailer Exocetus Volans – Progetto “Sonny” Levi & Franco Harrauer
Motorsailer planante: Exocetus Volans
Questo motorsailer molto particolare ebbe una gestazione un po’ lunga da parte di Levi che iniziò a pensarlo nel 1972, ma il progetto si realizzò solo quattro anni dopo.
- Lunghezza f.t. 11,89 m
- Lunghezza al galleggiamento 9,14 m
- Larghezza massima 3,96 m
- Larghezza allo spigolo 3,20
- Immersione 0,51 m
- Diedro allo specchio di poppa 23°
- Peso 7 tonnellate
- Motori Diesel AIFO 2 x 240 HP
- Velocità a motore 33 nodi
- Velocità a vela 8 nodi
Sonny Levi incontrò, al Salone Nautico di Genova del 1976, Nani Sartorio, titolare dei cantieri “Iag Nautica” di Venezia, che gli commissionò il progetto per la realizzazione di un motorsailer planante.
Costruita in lamellare di mogano il prototipo dell’imbarcazione fu varato nel giugno del 1978.
Era un’esperienza nuova e complessa, poiché fino a quel tempo non si era mai visto un motorsailer che navigasse bene a vela con ogni tipo di vento e che poi fosse in grado di planare con velocità massima di oltre 30 nodi.
Insomma nessun progettista al mondo aveva mai realizzato un motorsailer planante.
Questa nuova sfida appassionò notevolmente Levi ed i problemi tecnici da risolvere furono molteplici. Mettere insieme quello che occorre per realizzare una buona barca a vela con una buona barca a motore che deve planare e filare ad una velocità di tutto rispetto era una cosa completamente nuova e certamente da rompicapo. Infatti si dovevano studiare bene i parametri per la realizzazione di:
- forma dello scafo
- attrito delle appendici di carena
- albero
- Forma dello scafo:
La velocità di una barca a vela, nettamente inferiore di quella di una barca planante, richiede certamente a livello di progetto linee di carena molto diverse tra loro. - Attrito delle appendici di carena:
Per avere una buona barca a vela sono necessarie una deriva ed un timone abbastanza grandi ed un’elica piccola. Per una barca a motore il concetto si ribalta completamente e la deriva è certamente estremamente negativa per le prestazioni e la velocità . Insomma la perdita di cavalli per la presenza della deriva è notevole e quindi negativa. - Albero:
Un albero alto consente l’utilizzo di adeguate vele per il raggiungimento di valide prestazioni, ma quando si va a motore alle velocità di una barca planante esso diviene fortemente vulnerabile.
L’albero di una barca a vela aumenta la superficie esposta al vento, mentre la superficie dello scafo è per la maggior parte immersa. Questo parametro è inferiore in uno scafo a motore di uguali dimensioni, poichè, planando, ha una superficie ridotta in acqua e grandi volumi al di sopra della linea di galleggiamento.
Dopo varie considerazioni sulla distribuzione degli spazi a bordo Levi, affiancato nel layout generale e degli interni dall’architetto Franco Harrauer, diede le seguenti dimensioni definitive allo scafo:
- Lunghezza f.t. 39′(11,90m)
- Al galleggiamento 30′(9,14)
- Larghezza massima 13′(3,96)
- Peso a barca leggera 5 tonn
- Peso a pieno carico 6,8 tonn
I motori previsti furono una coppia di diesel Aifo-Iveco CP3SM da 440 cv complessivi.
300 cavalli, in fase di progetto, erano sufficienti, ma Levi preferì abbondare per far fronte a eventuali perdite di potenza dovute a carico notevole, carena sporca ed altre eventualità correlate.
Il disegno della scocca fu un compromesso a due geometrie e con forti sezioni di spigolo per garantire una buona efficienza di planata e per far fronte a due valori diversi di velocità e cioè 8 nodi circa con andatura a vela e 20-30 nodi con andatura a motore.
La chiglia e gli spigoli, secondo la tradizione delle barche a vela, salivano verso poppa, eccetto un corso dritto che era inserito nelle sezioni centrali del fondo terminando con un leggero step (scalino) a poppa. Due flap erano sistemati all’altezza dello step, in modo da aumentare il corso piatto delle superfici plananti. A flap completamente sollevati ed a bassa velocità la scia allo step era pulita e senza turbolenze.
Una barca a vela ha bisogno, al contrario rispetto ad una barca a motore, di una considerevole stabilità laterale che si può raggiungere con la zavorra o dalla linea di carena o da tutte e due le cose assieme.
A questo punto era obbligatorio l’uso di una zavorra fissa di piombo o di ferro che avrebbe comportato l’utilizzo di motori più potenti per consentire la planata e di conseguenza il montaggio di serbatoi carburante di maggiori dimensioni e peso con le ovvie difficoltà a cui si sarebbe andati incontro.
Se un fondo piatto in un monocarena può dare stabilità a bassa velocità, alle alte velocità , con andatura a motore e in mare aperto questa forma di scocca è ottima per distruggere la barca.
Levi diede alla carena una stellatura di 23° per circa i 2/3 della larghezza, svasando quindi in fuori con un raggio fino allo spigolo quasi piatto e largo. Questo assicurava una carena morbida con buona tenuta laterale.
Per avere ancora una maggior tenuta allo sbandamento fu prevista una zavorra d’acqua di mare del valore di una tonnellata in serbatoi posizionati appena a prua dei motori. Queste casse di zavorra erano riempite all’occorrenza e svuotate dinamicamente durante la navigazione a motore.
La deriva era del tipo mobile posta al centro barca e parallela al centro chiglia e quando andava a motore veniva regolarmente ritratta altrimenti sarebbe stato impossibile planare a causa del fortissimo attrito generato da questa appendice. Una soluzione semplice e “furbacchiona”.
Il timone aveva un problema simile e Levi aveva pensato di farlo retraibile alle forti velocità , ma per semplicità di progetto gli diede una forma particolare che decresceva la sua larghezza man mano che andava verso il basso. Questo disegno del timone permetteva una notevole riduzione della sua superficie bagnata quando la barca planava ed era in velocità.
Invece quando era alle basse velocità il timone aveva una superficie maggiore bagnata e quindi assicurava una buona governabilità. Le eliche di superficie da oltre 60 cm di diametro non erano un grande problema poiché lavoravano all’ ombra dello step di poppa e quindi la resistenza che offrivano era veramente minima.
Il punto di maggiore compromesso fu l’ armamento vela che venne realizzato con un albero ridotto di altezza (circa 10 metri) per diminuire i problemi che eventualmente si sarebbero generati con una forte velocità. Inoltre questa scelta con albero basso permise una superficie velica tale da favorire angoli di sbandamento minori, agevolando eventuali clienti più propensi alla navigazione a motore. Le prove a vela del “V5 – Exocetus Volans” furono soddisfacenti: la barca risaliva di circa 30 gradi di vento e, con brezza fresca, filava 8 nodi.
“L’allestimento velico venne seguito personalmente da *Alex Carozzo, il primo navigatore solitario italiano”. Con il termine “allestimento” non si indende lo studio del piano velico che è di Levi, ma la scelta del costruttore dell’albero, dei fabbricanti delle vele, delle scotte, dei winch e degli strumenti relativi all’andar per mare a vela (segnavento eccetera) e il loro armamento sullo scafo…
A motore la velocità registrata sulla base misurata ufficiale della Federazione Italiana Motonautica di Venezia, con i due Aifo CP3SM, fu di 33 nodi. Il mercato dell’epoca non recepì questa speciale barca costruita dai Cantieri Iag Nautica, essendo troppo in anticipo sui tempi e la produzione di serie non si realizzò mai. Oggi invece produrre una barca simile, magari in dimensioni maggiori (tipo 20 metri ft), sarebbe certamente una scelta vincente apprezzabile da moltissimi diportisti.
La barca dondola nel periodo estivo a Riposto – Marina dell’Etna (a 6 miglia da Taormina).
Exocetus Volans è stato ripristinato nell’inverno 1991-1992 dopo che era rimasto invenduto e abbandonato in un campo dalle parti di Trieste per circa 14 anni. I ladri avevano rubato tutto il possibile creando danni alle sovrastrutture con il piede di porco per divellere bussole e altri strumenti, ma la carena era sanissima e, infatti, lo è ancora.
Gli Aifo invece erano gelati e quindi sono stati buttati e sostituiti con due Man – Nannidiesel da 270 cv ciascuno. Questo ha imposto il cambio di assi e eliche ma ha portato la velocità max (a barca leggera) a 37,7 nodi di gps (media tenuta con leggero vento in poppa e mare “brizzolato” per TUTTO lo Stretto di Messina dall’entrata dal Tirreno all’uscita a Saline Joniche).
Ha partecipato alla gara motonautica Venezia-Montecarlo del 10 luglio 1992 ma, nella prima tappa (Venezia-Pescara), fu investito un tronco portato a mare dal Po, all’altezza di Cervia.
C’era mare grosso e due barche che partecipavano alla gara affondarono… Staccato dai suoi supporti uno dei due grandi serbatoi di nafta da 600 litri, scardinato di netto e perso a mare il flap sinistro costrinsero ad un ritiro obbligatorio quando era in testa alla sua categoria. Così sono le gare…
Attualmente è stato tolto l’albero e naviga solo a motore.
Questo prototipo è stato realizzato in lamellare marino proprio per fare tutte le prove (ed eventuali modifiche) necessarie nel 1977. La produzione doveva esser fatta in vtr. ma nessuno l’ha accettato forse perché troppo piccolo (solo 12 metri).
*Alex Carozzo, nato a Genova ma vissuto a Venezia (sin dal terzo mese di vita), negli anni Sessanta fece per primo al mondo la traversata dell’oceano Pacifico (dal Giappone a San Francisco) d’inverno con una barca che si era auto progettato e costruito con materiale di recupero, dentro ad una sezione di stiva inutilizzata del Liberty di cui era ufficiale di rotta. L’albero (il primo) era un palo del telefono di Tokio caduto a terra…
Pochi giorni dopo la partenza un tifone investì la barca e le divelse l’albero. Alex proseguì con un moncone dello stesso, faticosamente recuperato a bordo, sino alle Midway (base militare americana) dove ebbe il permesso di entrare in porto, tagliare un albero di cedro rosso (mi pare di ricordare) , lavorarselo a mo’ di albero da vela, montarselo a bordo e ripartire… Racconta il tutto in un ottimo libro “Qualsiasi oceano va bene” edito da Mursia ma ormai introvabile.
Era in assoluto il primo italiano ad andar per mare da solo.
Ed è mio buon amico da sempre”.
Tutte le immagini pubblicate in questo articolo sono tratte dal libro di Levi “Milestones in My Designs” per g.c. dell’autore. – Tutti i diritti riservati. Note Legali
Gentile Elio,
la ringraziamo per questo suo commento che evidenzia intelligentemente e con acume la proiezione verso il futuro attuale che ebbe Levi nel progettare la carena di questo fantastico motorsailer one-off. Infatti, non c’è stato più alcun cantiere o progettista capace di comprendere la veggenza del grandissimo progettista Renato “Sonny” Levi che ha avuto la genialità di realizzare una carena che va a vela e capace di planare a velocità considerevole per togliersi da situazioni di pericolo, come forte maltempo ecc..
Personalmente, pur essendo un amante delle barche veloci ad alte prestazioni, riconosco che da oggi in avanti la nautica da diporto debba essere basata su un motorsailer vela – motore ibrido (endotermico ed elettrico) con accumulo di energia elettrica tramite l’eolico, i pannelli solari con cui realizzare speciali vele ecc..
Chi rimane fuori allo schema descritto appartiene al passato e credo che per motivi economici ed ecologici non ce lo possiamo più permettere.
Ben vengano nuovi progetti in tal senso e credo si debba fare molta leva sui nuovi laureandi in ingegneria navale cercando di stimolarli verso la promozione di nuovi progetti in tal senso.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
AMB
Ancor oggi una imbarcazione così avveniristica non si è più vista! Magari ci fossero proposte commerciali come l’Exocetus Volans, barca che mi consentirebbe l’ecologica e piacevole navigazione a vela, pronta però a trasformarsi in assenza di vento o per consentire un rapido rientro in un veloce motoscafo. Non sarebbe meglio finirla con gli stupidi dualismi fra i sostenitori della navigazione a vela e/o della navigazione a motore? La vela è bellissima (navigo a vela da oltre 40 anni), ma la velocità che solo il motore consente significa anche SICUREZZA! Complimenti quindi ai progettisti Dell’ Exocetus.
Carissimo Antonio,
mi ha telefonato un nostro lettore appassionato di vela che, avendo per caso saputo di Exocetus Volans e facendo una ricerca in rete, Google lo ha portato sul Altomareblu in cui ha potuto ammirare sorpreso di questa straordinaria barca ibrida che oggi, riporto le sue parole, é attuale più che mai. Prima di tutto mi ha pregato di ringraziarti per mantenere in vita questo genialissimo invento e continuando, dice: Certo non conosco le economie del suo proprietario, ma fossi in lui, sostituirei la motorizzazione attuale con un paio di propulsori ibridi, cioè a scoppio ed elettrici, cercando anche di sviluppare, per la produzione di energia free e assolutamente pulita, le vele a pannelli solari…
Il tutto per andare principalmente con il motore elettrico in caso di bonaccia e per le manovre in banchina, quindi adottare anche il possibile sistema di ricarica delle batterie, magari agli ioni di litio, che oggi sembrano essere le migliori per questo uso, utilizzando le eliche che collegate al motore elettrico, possano produrre energia per la ricarica delle batterie durante la navigazione a vela ed assolutamente free…
Insomma, ancora una volta l’ennesimo invento di Levi è stato precursore su tutto ed oggi, con l’aiuto delle nuove tecnologie e delle recenti sperimentazioni, aggiungo che, se vi fosse un progettista intelligente, supportato da un altrettanto cantiere che abbia la timone gente con i dovuti attributi, si potrebbe mettere in produzione una barca d’avanguardia…
Purtroppo sappiamo che la cantieristica in questi momenti soffre di due mali gravissimi:
Il primo, la contingenza economica nella quale ci troviamo come Italia in particolare e nel mondo.
Secondo, mancanza di coraggio imprenditoriale da parte di imprese e cantieri che preferiscono andare sul convenzionale, perché a loro modo di vedere è meno rischioso. Ma è qui che casca l’asino, perché in questo momento, parafrasando in modo colorato, chi è in grado di mettere in piedi un progetto come suggerito dal nostro lettore, inventando un nuovo uovo di Colombo, certamente avrebbe un successo incredibile che aprirebbe nuovi scenari nel futuro per tutti quelli che vogliono andar per mare al solo rumore delle vele baciate dal vento e della carena che dislocando taglia il mare emanando quel rumore classico ed armonico di sciacquio che tanto piace a chi vuole godersi la natura senza rumori indesiderati.
Alla fine della telefonata, questo signore, di cui mi scuso, non ricordo il nome, mi ha fatto una domanda secca:
Ho risposto a questo lettore dicendogli che il signor Antonio Soccol non è più un giovanissimo e non se la sente di andare più a vela e per questo motivo ha scelto questa soluzione…
Tuttavia il nostro lettore ci teneva a comunicare questo punto di vista all’armatore di Exocetus Volans e considero ottima la sua dritta, con le nuove sperimentazioni in atto di questi tempi, certamente sarebbe una barca d’avanguardia e tecnologicissima…
Caro Antonio, ti ho voluto comunicare per iscritto il contenuto di questa telefonata descritta nelle righe e lo considero come un messaggio messo in una bottiglia e lanciato in mare, nella speranza che sia recuperato dalla persona giusta… ma, credo che questo gentile lettore meriti una risposta tua diretta.
Grazie!
Giacomo Vitale
Sono un velista di media esperienza (ho corso solo 2 500×2, 2 transat, etc). Ho navigato più volte sull’Exocetus Volans e ne ho apprezzato le caratteristiche con le sole vele.
Mi ha affascinato la genialità della carena e la capacità di garantire una buona stabilità di forma anche senza riempire i ballast. Resta ancora oggi, a mio avviso una delle imbarcazioni ibride (motori potenti e vela) più avanzate mai progettate. Forse non c’è stato tempo e denaro sufficienti a sviluppare di più l’idea, ma per me resta un progetto geniale e una delle pietre miliari della navigazione a vela.
Purtroppo si è bravi a fare confronti tra un 60 piedi di oggi che costa come una F1, pesa come un francobollo e una barca di 30 anni fa, costruita con tanta passione ma in relativa economia, ma così temo si cada nell’ignoranza da bar sport.
Valerio
Caro amico,
se potessi rispondere alla sua domanda iniziale non farei il giornalista ma il progettista….
Battute facili a parte, sento una certa mancanza di riflessione nelle cose che lei dice. E’ ovvio che una imbarcazione a motore consumi decisamente meno se fila 15-18 invece che 25/28 nodi e questo indipendentemente dal tipo di carena di cui dispone. Se lei non chiede potenza ai suoi motori è evidente che questi consumano meno.
Non è simpatico auto citarsi ma legga quanto già da tempo pubblicato su questo blog (vedi https://www.altomareblu.com/?p=1596 ) .
La carena che lei propone è un obbrobrio: filare 28 nodi con uno scafo a fondo piatto a poppa significa solo dare lavoro al proprio dentista … oppure rischiare la vita per uno spin out provocato dalla grande V di prua. Giusta invece l’idea di impiegare eliche di superficie.
Chi possa studiare una carena come quella da lei cercata, lo racconta la storia. Non faccio dei nomi perché non sono l’ufficio stampa di nessuno dei miei molti amici progettisti e non vorrei fare inutili quanto sgradevoli torti.
Però, scusi, lei dovrebbe documentarsi di più: leggere articoli ma anche libri. Come si fa a chiedere “il motivo vero per il quale le carene delta sono state sostituite da quelle a V profonda?” Dove sta scritto? Chi l’ha detto? Le carene delta sono assolutamente carene a V profonda: ne sono il “vangelo”! Non vedo dunque modo di rispondere alla sua domanda impropria circa “quali siano i vantaggi o gli svantaggi di ciascuna”, visto che si tratta della stessa cosa.
Antonio Soccol
Forse non sono velocità per questo sito, ma se da 15 – 18 nodi si può passare a 35 – 40 la cosa è ancora piu’ interessante.
La ringrazio per la risposta,
ma vorrei sapere precisamente come dovrebbe essere una carena che naviga in dislocamento da 15 a 18 nodi dopo di che plana e raggiunge i 25 – 28 nodi. Dovrebbe però consumare meno in dislocamento che in planata. Dovrebbe, la butto giu’ così da appassionato, avere a prua una V molto slanciata e quasi piatta a poppa con eliche di superficie? Chi secondo Lei può essere il miglior progettista per una simile carena, chi può trovare il punto di onorevole compromesso, come dice Lei?
Un’ altra cosa che vorrei sapere è il motivo vero per il quale le carene delta sono state sostituite da quelle a v profonda? e quali sono i vantaggi svantaggi di ognuna?
Cordialità,
Arduino
Si può sempre inventare un nuovo ombrello (a questo proposito vedi su questo blog https://www.altomareblu.com/corsi-nautica-2009-aspronadi/ ) ed è perciò giusto che la ricerca continui.
Personalmente non ho provato il Mochi Long Range né il nuovo Magellano della Azimut. Chi lo ha fatto e ne ha scritto sulle riviste di settore ne ha parlato bene. O, quanto meno, benino.
Per abitudine professionale io non scrivo di ciò che non ho collaudato di persona, per un congruo numero di giorni e con navigazioni su mare almeno formato.
Fare una barca che navighi in dislocamento è arte antica. Farne una che plani bene e governi altrettanto bene è ormai abbastanza semplice. Fare qualcosa che funzioni contemporaneamente significa, per forza di cose, trovare un punto di onorevole compromesso.
“Exocetus volans” plana a motore (fila oltre 37 nodi) e risale 30 gradi di vento sotto vela. Ma non è uno scafo che possa partecipare a regate veliche. Funziona (a vela) in modo più che dignitoso come scafo da diporto e crociera ma il suo piano velico è inesorabilmente condizionato da un albero alto solo dieci metri. Questo per evitare i problemi legati “all’effetto frusta” che, per forza di cose, si creerebbero se l’albero fosse alto 15 metri come meriterebbe uno scafo lungo 12 m ft. Ecco: questo è l’onorevole compromesso accettato a suo tempo da chi ha progettato quella imbarcazione.
Non ho idea di quale sia il compromesso accettato dai progettisti dei due scafi da lei citati.
Di sicuro entrambi hanno sbagliato a non utilizzare una trasmissione con eliche di superficie ma l’ignoranza in materia (sia dei costruttori che dei clienti) è assoluta. Direi disarmante.
Per sua comodità le trascrivo parte di una intervista in materia che ho fatto, due anni or sono, a Renato “Sonny” Levi e che può leggere integralmente sempre su questo blog (vedi https://www.altomareblu.com/scafi-veloci-progettare-efficienza/ )
Ma vi sarebbero dei vantaggi ad usare le eliche di superficie anche se la barca, ovviamente con poppa piatta, naviga in dislocamento e non plana?
Se dici 10, significa 15? Perché tu, quando si parla di velocità, hai sempre l’abitudine di tenerti qualche nodo… nascosto nella manica della giacca…, lo interrompo. Sorride, glissa sulla battuta e riprende:
Però, a ben guardare, ogni barca planante è, prima di entrare in planata, uno scafo che naviga in dislocamento e io, già da almeno 45 anni, ne conosco moltissime che funzionano egregiamente in entrambe le “posture”: Speranzella, per esempio e tanto per fare un nome conosciuto e indiscutibile.
Dunque c’è il rischio che non vi sia nulla di nuovo sotto al sole. Neppure un ombrello.
Quanto alle carene dei Grand Banks, con tutto il rispetto per i pescatori che le utilizzavano quasi un secolo fa sui banchi a est di Terranova e per lo straordinario fenomeno di marketing che ne ha poi consentito il rilancio come scafi da diporto, credo non siano proprio da citare come esempi. Ha mai provato a filare 35/40 nodi su mare formato con una di quelle barche? Beh, glielo sconsiglio vivamente.
Antonio Soccol
Vorrei sapere cosa ne pensate di queste “nuove carene” che navigano sia in dislocamento che in planata.
Mi riferisco alla carena del Mochi 23 long range e del nuovo Azimut Magellano. A me sembrano delle imitazioni di quelle di Grand Banks, ma non sono un tecnico e avendo studiato economia, ho tanta voglia di capire…
Guardando Exocetus Volans è già stata realizzata una carena sia dislocante che planante, ma essa mi sembra profondamente diversa da quelle commercializzate attualmente come nuove proposte. Ciò dipende dal fatto che Exocetus era anche a vela e queste sono solo a motore, oppure ci sono altre differenze?
Cordialità,
Arduino
@Roberto,
presto ci sarano delle novità che ti potranno interessare e proprio su Exocetus… Questo tuo commento lo avrei immaginato più su Ram Wing 100 Levi che è molto futuristico, è ovvio che l’eccezionale Exocetus è un oggettino da cultori e unico nel suo genere.
A presto,
Alex
Sono un architetto e progettista nautico e il mio scopo nella vita è quello di progettare imbarcazioni che diano delle vere emozioni, proprio come dovrebbe essere lo scopo di tutta l’architettura.
Potrei altrimenti accontentarmi di possedere un Exocetus Levi-(Harrauer?).
Vi faccio i miei complimenti e spero un giorno di poter mettere a disposizione un oggetto di tale spessore.
Roberto
Caro Antonio Soccol,
ti ringrazio per questa tua segnalazione e devo dirti che mi trovo pienamente d’accordo con te per quello che sostieni in merito alla risposta data alla sig.na Alexia da parte di Extrem Veteran e sei stato veramente molto gentile nel suggerire che certe persone devono leggersi la seconda parte di quel libricino scritto da Carlo M. Cipolla in cui si parla della stupidità umana. Interessante la citazione dell’intervista che a suo tempo Gianni Roghi fece al Premio Nobel per la Pace dott Albert Schweitzer, al quale chiedendogli quale fosse il peccato peggiore, la risposta fu “la stupidità “.
Bene una bella lezione di cultura. Infatti quello che traspare in certi sbrigativi commenti rilasciati a persone che gentilmente chiedono spiegazioni di cose che non conoscono è il non sapere colpevole, anche perchè disorienta e disinforma chi al contrario chiede lumi. Ergo, si fa in questo modo ignorante disinformazione. Un grave danno per chi vuol sapere. Nello specifico sono dispiaciuto per l’atteggiamento di certe persone che, come diciamo a Napoli, “Parlano a schiovere”, cioè senza sapere, dimostrando tutta la loro ignoranza.
Exocetus Volans a mio parere è geniale, poichè “Sonny” Levi, con questa sua speciale invenzione è riuscito a realizzare una barca che può essere dislocante a vela e planante a motore. Un esperimento unico al mondo che nessun altro ingegnere progettista è riuscito mai a inventare e nemmeno a pensare.
In questo blog ho pubblicato l’articolo dedicato alla tua “Exocetus Volans” per appunto far capire quanto fosse “geniale” questo invento.
Purtroppo Alexia, non sapendo che poteva interagire direttamente in questo blog, ha chiesto lumi a chi, secondo lei, è magari più titolato come esperto a rispondere circa le sue perplessità ed i suoi dubbi. Purtroppo si è imbattuta in una persona che dall’alto del suo sapere circa le barche a vela è ignorante su quello che “Sonny” Levi ha espresso con questo progetto speciale di barca a vela dislocante-planante chiamato appunto “Exocetus Volans”.
Spero che Alexia ritorni su questo blog a rileggere questo articolo e sarò ben lieto, magari con il tuo aiuto, visto che tu vivi le emozioni che questa barca ti da, di rispondere a tutte le domande che vorrebbe e potrebbe farci, sicura della giusta risposta.
Un caro saluto e grazie per avermi dato l’opportunità di esprimere il mio pensiero circa questo episodio.
Giacomo Vitale
Caro Direttore,
La 7, intesa come emittente tv, ci ha dato le gioie e i dolori delle dirette per la Vuitton Cup e quindi per la finale dell’America’s Cup. Bene: un buon lavoro anche se talvolta il commento dei redattori era opinabile (ma cosa non lo è oggi?).
La stessa emittente ha anche un sito web dove, fra moltissime altre cose, c’è un forum dedicato alla vela che risponde alla url
http://www.la7.it/community/forum/forums/thread-view.asp?tid=10614&posts=2.
In data 6 maggio, una “navigatrice” ha scritto quanto segue:
Poichè digitanto su Google “Exocetus volans” la prima url che appare è proprio quella del tuo di “Amalficharterboats” mi rivolgo a te come responsabile dell’amabile stupore di Alexia. Che dire, caro direttore, davanti alla tanta arroganza e sprezzante “competenza”, oltre a tutto garantita da un sedicente “veterano”, della risposta? Come giudicare chi continua a buttar benzina sull’inutile fuoco di vedere belle&buone solo le barche a vela e orribili quelle a motore? Cosa pensare di chi non ama assolutamente il mare in quanto tale (e quindi in ogni suo aspetto) ma lo vede solo come palcoscenico della sua personale vanagloria giusto perchè sa cos’è uno strallo o una strambata (capirai che difficoltà )? E, infine, come valutare il fatto che uno dei più difficili (e riusciti) tentativi di realizzare un progetto nautico geniale, inedito e assolutamente particolare sia addirittura definito una “non barca”?
In questo blog ho avuto occasione di scrivere:
(S’intende dire che la persona può, indifferentemente, essere giovane o vecchia; femmina o maschio; ricca o povera; bianca o nera; analfabeta o premio Nobel, lavorare a “La 7” oppure a “La Gazzetta dello Sport” eccetera. Nda)
Peraltro, molti anni prima, Gianni Roghi, intervistando il premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer, gli chiese quale fosse il peccato peggiore: “La stupidità” aveva risposto il grande Dottore.
Purtroppo si tratta di un peccato molto diffuso. Assolutamente “extrem”.
Cordiali saluti,
Antonio Soccol, proprietario di “Exocetus volans”