Renato “Sonny” Levi: il migliore sfruttamento dell’energia
Migliore sfruttamento dell’energia
Ogni crisi stimola lo spirito inventivo e credo che non vi sia nulla come una scarsità di energia per indurmi a riflettere seriamente su nuovi metodi di propulsione o almeno, su un migliore sfruttamento dei metodi esistenti.
Sarà interessante osservare cosa l’industria nautica escogiterà per superare la scarsità di petrolio, che come è ormai generalmente riconosciuto, anche senza la crisi contingente è un problema globale destinato ad assumere aspetti ancora più gravi nel futuro.
Poiché la necessità è la madre delle invenzioni» posso anche azzardare l’ipotesi che uno stato d’allarme sebbene prematuro abbia i suoi aspetti positivi e stimolanti. Ora non mi sento abbastanza qualificato per predire cosa l’immediato futuro abbia in serbo, ma sono abbastanza ottimista per ritenere che siamo ancora parecchio lontani da una seria crisi energetica.
Quindi, indipendentemente dall’infelice e disagevole situazione nella quale ci troviamo in questo periodo, dovrebbe apparire ovvio come sia giunto il momento di pensare intensamente al miglior uso possibile dell’energia attualmente disponibile. Logicamente, questo concetto non va applicato solo a macchine che convertono fonti di energia in moti alternati o rotatori (motori), ma anche al più efficiente modo di impiego di queste macchine per produrre lavoro. “Trarre il massimo da un dato apparato motore” è l’aspetto che ci interessa in modo particolare.
In ingegneria, il termine “lavoro” significa: sollevare di una data altezza in un certo intervallo di tempo una massa. Più genericamente e succintamente, nel caso di una imbarcazione si tratta della velocità alla quale un mezzo di un certo peso viene spinto. Se si aumenta la velocità e il peso, ne viene aumentata anche la somma del lavoro svolto. Tuttavia, va preso anche in considerazione il fattore “efficienza” della imbarcazione, che è l’elemento sul quale possiamo influire.
In termini molto generici l’efficienza di un battello risponde a tre interrogativi:
- Quanto facilmente è governabile lo scafo?
- Quanto è alto l’effetto frenante delle “appendici” immerse?
- Quanto è alta l’efficienza del propulsore?
Questi tre fattori sommati tra loro determinano l’efficienza dell’imbarcazione, il che, tradotto in una elementare espressione matematica, ci dà l’equazione: cavalli potenza installati moltiplicato efficienza dell’imbarcazione, uguale potenziale lavoro prodotto dall’imbarcazione.
Quanto facilmente è governabile lo scafo?
Come tutti sappiamo esistono disegni di carena buoni, cattivi, indifferenti e vi sono moltissimi fattori che influenzano queste caratteristiche. Non entro in particolari perché ciò andrebbe al di là degli scopi di questo articolo. E’ abbastanza dire che si tratta della resistenza della carena: vale a dire la facilità con cui lo scafo viene governato.
Lo scopo è di produrre un disegno che richiede il minor dispendio possibile di potenza per portare lo scafo a una data velocità ed invertendo i termini del problema, andare il più velocemente possibile con un impiego di potenza dato per eguale in entrambi i casi: il fattore peso.
Sfortunatamente, dal mero punto di vista della velocità e della potenza, il disegno di una carena deve sopportare un certo grado di compromessi per poter “accordare” tutti gli altri requisiti, alcuni dei quali sono in conflitto con l’efficienza. Inoltre, ogni tipo di progettazione comporta più o meno dei compromessi e l’obiettivo è di produrre una forma di carena che sia governabile il più facilmente possibile, nei limiti del requisiti richiesti dal committente.
Ritengo importante sottolineare il fatto che, non si tratta semplicemente di esprimere una opinione sull’efficienza di un disegno di carena, poiché per avere un metro di misura occorre anche considerare il peso dello scafo, nonché i fattori costituiti dall’effetto frenante delle “appendici” e dall’efficienza del propulsore. Non voglio con ciò dire che un occhio esperto non possa avere una buona idea sui meriti ed i demeriti di una particolare forma di carena.
Quanto è alto l’effetto frenante delle appendici” immerse?
E’ sorprendente constatare quanto influiscono le cosiddette “appendici” immerse sull’effetto frenante dell’ imbarcazione. Per “appendice”, su un motoscafo convenzionale, intendo l’asse dell’elica, supporti, timoni, prese d’acqua ecc.. Il maggior effetto frenante è di gran lunga addebitabile alle linee dell’asse dell’elica.
La percentuale della resistenza che esse causano aumenta rapidamente alle alte velocità, a valori che sono maggiori della effettiva resistenza della carena in sé. Su un motoscafo da corsa sottoposto a test qualche anno fa, su velocità attorno ai 60 nodi l’effetto frenante delle “appendici” immerse risultò essere circa il 55 per cento dell’effetto frenante totale! Su un altro scafo a tre eliche, provato a 50 nodi, ogni asse produceva una resistenza pari a 200 hp installati!

Come è chiaramente indicato dai disegni, l’imbarcazione è un semi-cabinato veloce con una carena a V profonda che si vale del mio sistema di propulsione con eliche di superficie, detto “step-drive”(trasmissione a scalino). La barca è costruita in legno lamellare con rinforzi in vetroresina. I ponti sono in teak realizzati con strisce piuttosto strette e sigillatura a base di speciale gomma neoprene.

I serbatoi del carburante e dell’acqua sono costruiti come parte integrante dello scafo ed hanno rispettivamente la capacità di 650 e 250 litri. Pertanto, l’autonomia dell’imbarcazione con tale scorta di carburante e due motori diesel da 190 HP cadauno è di circa 300 miglia.
Come indicato nel disegno degli interni e del pozzetto, vi sono posti letto per cinque persone in tre cabine separate ed un ampio ponte prendisole a poppa. L’altezza nella cabina principale è di m 1,80.
Vi sono cifre spaventosamente alte in fatto di assorbimento alle alte potenze e fu proprio su questo aspetto del problema della resistenza che qualche anno fa focalizzai la mia attenzione. Ne uscì il sistema di propulsione “step drive” che impiegava eliche di superficie e che da allora brevettai.
I primi sforzi furono molto incoraggianti e con l’accumularsi dell’esperienza, la posizione degli assi e delle eliche migliorò al punto che ora ci si può aspettare qualunque risultato a partire dal 15 per cento di aumento delle prestazioni, percentuale che diventa ancora più alta col crescere della velocità.
Per me è stato molto incoraggiante il fatto che mi siano stati commissionati diversi altri disegni comportanti l’impiego del sistema “step drive” e spero che vi siano altri ordini in futuro. Un motoscafo simile è quello i cui disegni corredano questo articolo: il “Levi 33” in costruzione presso il Cantiere Delta di Fiumicino, il cui prototipo sarà presto pronto per le prove in mare.
Quanto è alta l’efficienza del propulsore?
E’ questo l’aspetto del problema in cui si possono verificare e di fatto si verificano le maggiori varianti. Dal punto di vista del progettista non è pessimistico assumere in linea di principio che circa metà della potenza installata venga effettivamente convertita in spinta. Senza inoltrarsi in particolari considerazioni sulla progettazione delle eliche (che comprenderebbero diametro, superficie della pala, sezione, passo eccetera) la posizione dell’elica sotto lo scafo influisce sull’efficienza. Va aggiunto che non sempre la scelta di una certa velocità dell’elica permette l’adozione di un disegno ideale per l’elica.
Concludendo, è questa la sfera in cui possono essere compiuti i maggiori progressi tecnologici, soprattutto se aggiungiamo alle eliche convenzionali, a cui mi sono riferito sopra, l’enorme campo che si apre nella progettazione con l’adozione dell’elica di superficie su motoscafi veloci da crociera e su imbarcazioni professionali. Finora le eliche di superficie hanno fatto parte del regno degli scafi a tre punti. In un prossimo articolo svilupperò questo argomento citando fatti a mio parere molto interessanti.
- Lunghezza f.t.: 10 metri
- Larghezza massima: 2,80 metri
- Immersione (scafo) 0,60 metri
- Dislocamento 3,5 tonnellate (leggero)
Motorizzazioni:
- 2 x 190 HP – Perkins diesel
- Potenza totale: 380 HP
- Velocità massima: 34 nodi
- Due 2 x 220 HP – AIFO TD
- Potenza massima: 440 HP
- velocità massima: 36 nodi
Approfondimenti:
Delta 33 Cantieri Delta di Fiumicino
Cantieri Delta Fiumicino; Delta 33 step-drive progetto ing. Levi
Le foto del Delta 33 (Le Petit Corsaire) pubblicate sono dell’unico esemplare dei quattro costruiti attualmente in perfette condizioni e visibile presso “NAUTICA SUD” Borgo San Michele, Latina. Restaurato dal titolare del cantiere Giancarlo Mazzotta con molta cura, lo ringraziamo per la g.c. alla pubblicazione delle immagini.
Articolo apparso sul periodico “Mondo Sommerso” diretto da Antonio Soccol, nel numero di gennaio 1974 e pubblicato su AMB per g.c. dell’autore.
Un particolare ringraziamento all’Associazione Marinara Aldebaran di Trieste ed al socio Alex Skerlj che ci hanno consentito la ricerca del presente articolo nei loro archivi storici.
Una chicca per intenditori da non farsi scappare. Barche così belle e marine oggi non le progetta e costruisce più nessuno. Renato “Sonny” Levi nel 1973, quando progettò questa stupenda carena, era all’avanguardia per l’efficienza del suo brevetto riferito alla trasmissione step-drive, che trasforma i circa 150 HP a motore (quindi in totale 300 HP per una barca come il Delta 33) che si perdono in drag (attrito), in potenza di spinta effettiva.
I vantaggi nelle prestazioni di questa carena sono assicurati anche dalle eliche di superficie che forniscono una spinta formidabile e la tenuta in mare è certamente delle migliori.
Purtroppo oggi con l’intento di inventarsi qualche cosa di nuovo si è cercato di introdurre trasmissioni (IPS) che a mio umile modo di vedere non sono assolutamente valide poiché oltre ad avere un drag notevolissimo, sono anche pericolose perché completamente immerse ed immaginate se capitasse di finire su qualche secca rocciosa cosa può accadere.
Ed ancora, se paragoniamo le trasmissioni step-drive di Levi dotate di eliche si superficie di ieri alle attuali evoluzioni che hanno avuto origine da questo principio, oggi ci rendiamo conto che entrambe consentono il raggiungimento dei medesimi vantaggi, In poche parole: il futuro di ieri è l’attuale presente ed l prossimo futuro: Chiedo scusa per il gioco di parole… La cantieristica importante e seria non deve lasciarsi incantare da offerte allettanti che grossi gruppi potrebbero propinare solo per fini commerciali.
Queste nuove soluzioni che pubblicizzano come “rivoluzionari sistemi di trasmissione”, sono ingegnieristicamente parlando “obsoleti”. Infatti, tutto quello che ai fini della trasmissione e delle eliche è sommerso totalmente sotto la carena di una barca è “preistoria” e l’ ing. Levi lo ha dimostrato nei fatti da circa quaranta anni.
Il futuro delle trasmissioni applicate alle carene serie è già nel presente ed è certamente quello realizzato con sistemi propulsivi che prevedono l’utilizzo delle eliche di superficie, per tutti i vantaggi che esse portano, incluso il contenimento dei consumi di carburante, quindi miglior rendimento, con un occhio rivolto alla tasca dei diportisti ed all’ambiente.
Ottimizzazione: Giacomo Vitale
Gentile Luca,
in effetti c’è un po’ di confusione sull’argomento. Partendo dal presupposto che stiamo analizzando carene e sistemi di propulsione molto diversi tra loro perché concepiti in epoche diverse e con diverse filosofie progettuali, possiamo tranquillamente asserire che dal punto di vista della resistenza qualsiasi cosa posta sotto carena quindi a contatto con l’acqua genera resistenza: tanta più superficie si immerge tanto più sarà maggiore la resistenza.
Le qualità evolutive e prestazionali di una carena non dipendono esclusivamente dai timoni e quindi dalle loro dimensioni, dal numero e dal posizionamento bensì anche dai punti di applicazioni delle forze propulsive dalle posizioni del centro di azione delle forze idrodinamiche, dalla posizione longitudinale del baricentro e sopratutto dalla superficie bagnata e di deriva che lo scafo offre.
Tutto è inoltre rapportato ad un progetto complessivo che implica anche considerazioni sugli spazi disponibili per alloggiare all’interno dello scafo gli apparati idraulici che muovono le pale dei timoni.
Una timoneria per pala singola ha indubbiamente bisogno di meno ingombro che una doppia timoneria con barra di accoppiamento. Detto questo banalmente si può affermare che il timone essendo un profilo alare più o meno grezzo e simmetrico per funzionare bene ha bisogno di pressione idrodinamica e che la stessa si genera mediante il flusso che lo investe e l’angolo di incidenza che la pala ha con esso.
Su un’imbarcazione con due motori un timone centrale posto in mezzeria dello scafo sullo specchio di poppa indubbiamente risente del disturbo dello scafo quindi spesso si tende a farlo molto immerso anche per mantenerlo quanto più immerso possibile o non farlo andare in stallo quando la barca in virata stretta ad alte velocità si inclina su un lato.
Tutto questo costa in termini di resistenza, ma sicuramente riduce pesi e complicazioni di installazione come la barra di accoppiamento. La posizione longitudinale del timone dovrebbe essere figlia della posizione longitudinale del baricentro inteso come punto di applicazione delle forze propulsive perciò si tende a mettere sempre quanto più a poppa possibile tuttavia nel caso di Drago la forma della poppa impediva di poter mettere più a poppa il cilindro ed il tiller (guardi la sezione longitudinale presente nell’articolo ad hoc o sul libro Milestones in my designs).
Sempre per completezza, su Drago, il singolo timone centrale venne presto sostituito dai due timoni a cappello posti intorno alle eliche poiché assolutamente inefficiente in manovra.
Le pale poste dietro le eliche hanno il vantaggio di ricevere acqua “sparata” ad alta pressione e velocità restando sempre in condizioni di flusso quasi ottimale inoltre durante le fasi di virata un timone resta sempre immerso garantendo la “presa”. Di contro, si raddoppia l’ingombro e ci si porta dietro una barra di accoppiamento dentro lo scafo.
In termini di drag il doppio timone consente di ridurre la dimensione della pala e di mantenerla leggermente meno sporgente dal fondo dello scafo. Tutto quanto sopra è da considerarsi in linea di principio ed esclusivamente a meno delle forme di carena quindi non va preso come legge assoluta ma la soluzione tecnica ottimale va ponderata caso per caso. Di sicuro c’è che è la carena a fare la parte maggiore nella sensazione di sicurezza e di stabilità in caso di accostata sia essa ad alta o bassa velocità.
Per quanto riguarda le trasmissioni ad eliche di superficie brandeggiabili di cui fa cenno nel suo intervento, le farà certamente piacere sapere che quelle di moderna concezione hanno ridotto moltissimo gli attriti interni facendo girare tutto in bagno d’olio e su cuscinetti a sfere o rulli ad altissima efficienza, pertanto anche le operazioni di manutenzione si sono ridotte ad un mero cambio dell’olio per stagione e solo dopo 300-500 ore ad una revisione completa.
Le posso assicurare che ho visto personalmente trasmissioni con 1000 ore che non hanno mai fatto manutenzione essere perfettamente efficienti seppur leggermente usurate. D’altra parte la componentistica è la stessa utilizzata nelle auto e quindi i carichi ed i cicli di funzionamento per cui è progettata vanno ben oltre l’utilizzo nautico diportistico medio. Per quanto riguarda poi il rendimento, i momenti torcenti etc… anche li sono stati fatti passi da gigante rispetto alle classiche trasmissioni di superficie degli inizi sempre grazie all’utilizzo di componentistica di derivazione automotive ed a nuovi concetti costruttivi.
Sperando di averle chiarito le idee, la ringrazio per il suo stimolante intervento.
Francesco Fiorentino.
Salve,
la ringrazio della risposta, è indubbio che abbia ancora un po di confusione in testa e provvederò a leggere attentamente gli articolo consigliati.
Ed è indubbio che abbia espresso male i concetti a cui facevo riferimento sotto. Non metto in dubbio l’alto contenuto tecnologico di eliche di superficie “sterzanti”, “trimmabili”… ma ci conceda la semplificazione, l’idea affascinante dello step drive consiste nel far uscire dallo specchio di poppa, o meglio dallo step gli assi del motore fino all’elica senza nessun rimando (al contrario delle sterzanti e trimmabili), invece che farle uscire da sotto lo scafo come le linee d’asse, avendo quindi meno drag, meno dispersione di potenza, più efficienza.
La cosa più semplice sarebbe istallare un Surface Drive TE della Top System Surface Drive o “Levi Drives Unit” della Driving Marine Propulsion Technology, su un qualsiasi specchio di poppa, ma mi piacerebbe capire come i timoni interagiscono con il fluidi , per cui per tornare alla domanda originale: in un ipotetica barca di 9/10 mt di lughezza con gli step drive, dove collocare il/i timone/i?
Prometto che da domani mi metterò a leggere il tutto con attenzione e mi scuso ancora per le semplificazione e inesattezze, aspetto il vostro articolo esaustivo e grazie ancora.
Saluti Luca
Gentile Luca,
ho letto con attenzione le Sue domande e non capisco. Onestamente, lasciare da parte trasmissioni con eliche di superficie trimmabili e brandeggiabili, con quello che la produzione odierna offre, lo considero un grave errore.
Per le IPS, non credo siano adatte per una applicazione diportistica in termini di drag/consumi, ma il loro utilizzo per navi da crociera, navi cargo e altre particolari da lavoro è sicuramente una innovazione per la facilità di manovra.
Il parallelo tra due o più imbarcazioni come Montecarlo 30, Drago, Mini Drago, Delta 33, Delta 38, Riva 2000, è da considerarsi improprio.
Questa affermazione categorica è dettata da una diversità dimensionale e di tipologia di carene. Le soluzioni scelte dai progettisti sono in funzione di tanti fattori. E’ evidente, per il Montecarlo 30, che ha più frazionamenti per ventilare l’opera viva, eliche immerse e due timoni. Tutt’altra tipologia le carene Levi da Lei elencate.
Nello specifico, le carene Levi e le soluzioni applicate ai singoli scafi, fanno parte di una evoluzione di ricerca tra materiali, studio del drag, eliche di superficie e soluzioni come le trasmissioni step drive (articolo: vantaggi dello step drive) con eliche di superficie (articolo: difesa delle eliche di superficie), hanno generato “diversi” risultati, ma è anche evidente ed innegabile che hanno anche generato qualche difficoltà come in retromarcia ed in virata repentina stretta.
Tutte cose che sono comunque ben discusse in tutto il sito nei vari articoli dedicati alle eliche di superficie:
Categoria: le carene Delta
Categoria: Carene a V profondo
Categoria: Triciclo rovesciato e Ram Wing
La invito pertanto ad approfondire tutti quegli articoli che parlano di queste tematiche.
Se mi si paragona un “Delta 38” con un Drago, evidentemente ci sono degli argomenti non chiari. Cercare di sviscerarli tutti insieme diventa davvero difficile. Un articolo su tutti lo segnalo davvero con molto piacere ed è il seguente: La progettazione degli scafi plananti.
Ritornando a ragionare… indubbiamente Renato Levi con il suo step drive ha innovato un concetto di carena, le eliche di superficie anche, ma è fuori discussione che la virata stretta e la manovra in retromarcia (proprio per la presenza dello step) è stato un problema/limite di questi progetti.
Tuttavia, se immaginiamo lo “specchio di poppa” come fosse lo “step drive”… con trasmissioni che possono raggiungere “elevati” angoli di trim e sterzanti, ecco come l’evoluzione di tutti i concetti sopra elencati “prendono forma” in una “logica” di evoluzione e mi permetta di obbiettare: le manutenzioni alle quali Lei fa riferimento non mi risultano essere così incidenti se paragonate al risparmio di litri/ora di carburante, come permettono sistemi di trasmissione ad eliche di superficie moderne.
In AltoMareBlu abbiamo scritto di “ingegno italiano”. Una soluzione che oggi sta trovando applicazione in barche di media e grande misura con un traguardo ineguagliabile: “illimitata” potenza di applicazione su sistemi di propulsione ad eliche di superficie “sterzanti”, “trimmabili”, “INDIPENDENTI” gestite da un sistema computerizzato. In pratica, l’assetto di qualsiasi imbarcazione può essere gestito, variato a seconda delle esigenze/condizioni di mare risolvendo il problema in manovra degli step drive.
Per risponderle ancora più nello specifico, le indico un “vecchio articolo” che abbiamo pubblicato:
Uomini ed ingegno italiano; le trasmissioni di superficie Top System.
Ci sono i riferimenti al sito del produttore e tutte le novità d’evoluzione che sono state fatte dalla data di quel nostro articolo. E’ evidente che applicare a un qualsiasi specchio di poppa un sistema di propulsione ad eliche di superficie, sterzanti e trimmabili, è già una risposta esaustiva a quanto da lei chiesto e risolve tutte le problematiche che lei elenca in termini di drag, timoni, consumo.
Fermo restando che scriveremo un articolo di risposta alle sue domande, ognuno è libero di pensarla come vuole, ma se un marchio come Pershing del Gruppo Ferretti per la produzione attuale ha adottato quei sistemi propulsivi preferendoli a quelli americani, probabilmente al di là di logiche commerciali, si è riusciti a innovare un concetto primordiale e di sperimentazione. Ovvio che l’origine di trasmissione step drive ad eliche di superficie è parte integrante di tutto il ragionamento.
Se guardiamo le tabelle di prestazione di quelle unità (che possono non piacere) montano queste innovative soluzioni e parliamo di imbarcazioni che vantano notevoli doti velocistiche, ottime recensioni per la manovrabilità, un ridotto consumo.
Credo che migliore risposta non ci possa essere, buona lettura e visione anche del video che le allego di seguito prodotto in occasione della fiera di Cannes di quest’anno.
La saluto,
Alessandro Vitale
p.s.: posizioni timoneria
MINIDRAGO: unico centrale a poppavia delle eliche
DRAGO: unico centrale a poppavia delle eliche (quasi alla stessa altezza longitudinale dello scafo)
DELTA 38: doppio a poppavia delle eliche
RIVA 2000: doppio a poppavia delle eliche (3)
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MONTECARLO 30: doppio a poppavia della linea d’asse (non ho mai condotto questa barca ma leggo e riporto: ” La trasmissione a linea d’asse, se da una parte tranquillizza con la sua sicurezza, ne condiziona le caratteristiche ed è necessario accompagnare il timone riducendo i giri del motore interno all’accostata.”)
Manovra che su barche meno veloci, con linea d’asse, ho sempre eseguito per effettuare l’accostata… è più divertente.
Salve,
Grazie per la risposta e grazie per averla considerata interessante da meritarsi un articolo dedicato.
Prima della stesura dell’articolo mi permetto di porre altri quesiti così da potere essere il più possibile esaustivo.
Cercherò di presentare il problema sotto un altro aspetto. Lasciando perdere trasmissioni a piede poppiero, IPS e eliche di superficie del tipo con trasmissioni trimmabili e brandeggiabili per la manutenzione troppo elevata di giunti e cardini e via dicendo e tenendo anche in conto la perdita di potenza che tutti questi snodi portano insieme a vibrazioni, componenti laterali di forza, momenti torcenti ecc. ecc (diciamo che la soluzione ideale e un asse che esce dal motore).
Concentriamoci su due gruppi di trasmissione, linea d’asse con uno o due timoni posteriori alle eliche e Levi Step-Drive (i vari tipi presentati nei tanti articoli di questo sito).
Possiamo supporre che come rappresentanti di queste trasmissioni, su un ipotetica ascisse di un grafico ci sia da una parte OFFSHORER MONTECARLO 30 e dall’altra ci sia il DRAGO (due barche da 55 nodi) e in mezzo tutte le varianti delle trasmissioni Levi Step-Drive (mini DRAGO, DELTA33 e 38, RIVA 2000 ecc ecc).
Tenendo in considerazioni parametri come i consumi (tenendo conto che una barca da diporto difficilmente supera le 100 h/anno), il costo annuo della manutenzione delle trasmissioni stesse (montaggio e smontaggio di boccole da sostituire, coppiglie ecc.ecc), vantaggi in termini di prestazione, manovrabilità a velocità di crociera e a velocità massima, manovrabilità in attracco in banchina, sarebbe bello una specie di classifica esaustiva con i vantaggi e svantaggi non tanto delle posizione delle eliche, aspetto oramai vivisezionato, ma del/i timone/i e relative resistenze, spero di essere stato chiaro sul tipo di richiesta e soprattutto spero di non chiedere troppo.
Cordialmente Luca
Gentile Luca,
La ringraziamo per la domanda che ci pone e che in verità merita una risposta molto lunga e articolata. Tuttavia, posso dirle che le differenti soluzioni che Lei cita nel suo commento e che Levi adottò sia su Drago, poi sul Delta 33, Delta 38 ecc. si diversificavano tra loro al fine di ottenere una maggiore efficienza delle prestazioni circa le sue carene in oggetto che presentavano, oltre ad un differente posizionamento dei timoni, lo step drive che serviva ed era determinante per ridurre drasticamente il drag, o la resistenza che dir si voglia, creata dagli assi, cavallotti e dalle eliche stesse, trasformando appunto il drag in potenza attiva alle eliche, incrementando le prestazioni in modo apprezzabile, facendo la differenza.
Tuttavia, lo step drive presenta qualche difficoltà nel manovrare in retromarcia.. Successivamente Levi per superare qualche limitazioni dei primi progetti appena descritti, progettò piedi poppieri, tra cui gli LDU che hanno risultati migliori rispetto alle trasmissioni con step drive ed eliche di superficie.
Arrivando ai giorni nostri esistono oggi tipi di trasmissioni trimmabili e brandeggiabili in coppia o separatamente, abbinate all’uso di eliche di superficie, che non richiedono step drive, risolvendo qualche problema fisiologico delle prime soluzioni scelte descritte. Dedicheremo, vista la Sua gentile richiesta, un articolo che scriverò per Lei e per i nostri lettori interessati a tale argomento, insieme all’ing. Francesco Fiorentino, consulente tecnico di AMB.
Continui a seguirci e nel giro di qualche settimana l’accontenteremo.
Grazie per averci contattato!
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Salve,
analizzando le foto del Delta 33 e le foto del Drago, la differenza che noto sono il numero e le posizioni dei timoni. Il Drago aveva un unico timone centrale in posizione leggermente anteriore alle eliche di superficie mentre il Delta 33 aveva due timoni a poppavia delle eliche di superficie. Vi chiedo gentilmente se potete darmi una spiegazione sulle differenze di resistenza all’avanzamento, attriti e dispersioni, manovrabilità in navigazione a velocità elevate e risposta ai comandi in manovra di ormeggio, soprattutto in retromarcia, grazie.
Meglio sarebbe un articolo esaustivo sulle posizioni dei timoni in quanto sulle eliche si è detto parecchio, arrivando al punto che il sistema LEVI Sidewinder sia il migliore, ma tralasciando i dettagli delle due trasmissioni all’inizio menzionate. Grazie ancora.
Cordialmente,
Luca
Gentile Giorgio,
il Delta 33 era la versione più contenuta e tranquilla del Drago che Levi progettò per la Italcraft e che debuttò di fronte alla stampa nel 1973.
Aveva la stessa trasmissione Step-Drive dotata di eliche di superficie. Questo tipo di trasmissione, il posizionamento delle eliche di superficie ecc.. effettivamente rendono la barca non troppo manovrabile in retromarcia ed ormeggiare in presenza di mare e vento può creare qualche difficoltà.
Tuttavia, prendendo la mano e manovrando in anticipo sui tempi di intervento si riesce a ridurre abbastanza questo comportamento e le caratteristiche della carena si fanno comunque apprezzare.
Grazie per averci contattato!
Saluti,
Giacomo Vitale
Il mio babbo aveva un Delta 33 di nome Capri registrato con targa VG… (non ricordo il numero).
Era motorizzata con 2 turbodiesel Perkins da 190 Cv ciascuno e raggiungeva i 25 nodi di velocità massima. Ricordo ancora i grandi spruzzi d’acqua che le eliche di superficie generavano a poppa, mi sembrava di essere su un off-shore di quelli che facevano la Viareggio-Bastia-Viareggio.
L’unico problema che si riscontrava con queste eliche era durante la manovra di ancoraggio alla banchina effettuata di poppa, quando si doveva procedere a mancia indietro: sembrava che la barca non sentisse la spinta e quindi era molto difficile manovrare.