Deep eVolution
La tenuta in mare è da sempre stato un parametro di progetto della produzione di Renato “Sonny” Levi ed è tutt’oggi importante nella valutazione delle prestazioni di una carena.
Durante l’epoca d’oro dell’offshore mondiale, in cui i più grandi nomi tra progettisti e piloti si sono dati battaglia sui campi di gara delle più difficili competizioni motonautiche, l’importanza di sviluppare delle forme di carena che potessero consentire navigazioni veloci e confortevoli diventò una delle maggiori esigenze progettuali.
Nei primi anni 60’ due tra i maggiori esponenti del design nautico hi-performance, tutt’ora considerati come padri fondatori della motonautica moderna, arrivarono ad ideare percorrendo strade diverse ed a mettere in pratica, la stessa soluzione tecnica per aumentare le performances anche in condizioni di mare molto formato. In Europa Renato “Sonny” Levi ed in America Raymond Hunt concepirono ciò che è rimasto alla storia come carena a V profondo.
A tutt’oggi non si sa chi dei due ebbe per primo l’idea e la disputa rimane accesa tra i sostenitori delle rispettive parti. La carena a V profonda ha costituito negli ultimi sessant’anni la più grande innovazione nel campo dell’architettura navale motonautica; una rivoluzione copernicana che ha profondamente influenzato il design nautico a venire.
La caratteristica della carena a V profondo è l’elevata stellatura del fondo anche nelle sezioni poppiere (fino ad allora sempre molto piatte per facilitare la planata) con angoli di deadrise >18° e la presenza dei cosiddetti pattini di sostentamento ovvero dei correnti posti sul fasciame del fondo con una faccia quasi o completamente orizzontale che deviano il flusso di acqua agente sull’opera viva riducendo la superficie bagnata e di conseguenza la resistenza all’avanzamento.
Nel corso di gare importanti e blasonate come la Miami-Nassau, la Cowes-Torquay-Cowes o l’italianissima Viareggio Bastia Viareggio le carene Levi e le carene Hunt si sono più volte confrontate in condizioni di mare spesso molto impegnative dimostrando la totale efficacia della carena V profondo tanto da convincere anche i più scettici e da diventare da quel momento il mainstream di qualsiasi scafo planante a motore.
L’evoluzione della carena a V profondo nei progetti
Le esperienze di Levi nella progettazione di carene a V profondo iniziarono nel cantiere paterno in India dove il giovane Sonny, potendo sperimentare numerose e differenti soluzioni, ebbe modo di raccogliere un notevole know-how sul campo in termini di tenuta di mare e prestazioni. Da questa esperienza ne derivò la capostipite delle carene a V profondo a marchio Levi: Speranza Mia.
Arrivato in Italia negli anni ’60, la partecipazione societaria nel cantiere laziale Canav di Anzio e la volontà di continuare l’evoluzione della carena di Speranza Mia lo portò alla progettazione e realizzazione di A’ Speranziella con la quale esordì come pilota e progettista alla Cowes-Torquay nel 1961, dovendo confrontarsi con campioni del calibro di Dick Bertram che all’epoca gareggiava con Glass Moppie progettata proprio da Ray Hunt. Una sfida nella sfida in cui Levi non sfigurò piazzandosi al terzo posto.
Il risultato di A’ Speranziella non passò inosservato e portò a Levi ed a Canav una buona dose di notorietà e di commesse nonché la voglia di continuare a sviluppare l’evoluzione della carena a V profondo di A’ Speranziella e dando vita ad una serie di carene che comprendevano: Speranzella seconda, Trident (commissionata da Don Shead e costruita in UK) ed il suo gemello italiano Settimo Velo, ma anche Super Speranza ed Ultima Dea barca commissionatagli da Gianni Agnelli proprio per la partecipazione alla Cowes-Torquay del 1962.
Da quel momento le carene Levi furono per tutti sinonimo di velocità, grandi doti di tenuta di mare e leggerezza unita ad un’elevata robustezza strutturale. Da tutte queste esperienze Levi ottenne un notevole ritorno di informazioni tecniche sia per l’utilizzo sportivo delle sue imbarcazioni, sia perché la maggior parte di esse erano prodotte anche nella versione per il diporto.
A differenza di Ray Hunt le cui carene a V profondo mantennero sino agli anni ’70 geometrie abbastanza tradizionali (ad eccezione dell’ala di gabbiano progettata per Boston Whaler), Levi fu fautore di un’evoluzione delle forme e delle linee d’acqua e di nuove soluzioni progettuali per portare i limiti di velocità sempre oltre i precedenti.
La formazione accademica di Levi come ingegnere aeronautico e l’esperienza diretta come pilota di alcune barche da lui stesso progettate hanno contribuito notevolmente alla maturazione di una nuova visione del navigare in condizioni di mare avverso tenendo quanto più costante ed alta possibile la velocità, senza però perdere in termini di comfort a bordo e cercando di limitare le sollecitazioni per strutture, apparati meccanici ed l’equipaggio. Levi iniziò a sviluppare delle geometrie di carena con l’idea apparentemente discutibile di navigare non più planando sulle onde ma attraversandole.
Intorno alla metà degli anni 60’ ed in seguito ad alcune esperienze progettuali con piccole barche da circuito Levi iniziò sviluppare una geometria di carena totalmente inedita che presentava alti valori di deadrise a poppa (>22°), sezioni convesse ed il punto di maggior larghezza dello scafo a poppa. Data la somiglianza ad un triangolo allungato sia in lunghezza che in altezza, Levi stesso battezzò questa serie di carene con il nome Delta.
Dal punto di vista delle carene offshore il più riuscito progetto di carena Delta, tanto da essere tutt’oggi conservato in un museo della storia navale in UK, è Surfury commissionato dai fratelli Gardner per correre le Cowes Torquay dal 1965 al 1970 ottenendo sempre ottimi risultati.
La filosofia Delta è quella di ottimizzare oltre che l’aspetto idrodinamico, anche quello aerodinamico, difatti le sezioni di prua molto rastremate ed affilate consentono di avere una buona penetrazione aerodinamica con una navigazione molto asciutta anche in condizioni di mare formato.
Le doti marine della geometria Delta furono presto utilizzate ed apprezzate anche dagli utenti del diporto veloce e numerose sono le barche, di serie e one-off, che hanno beneficiato di questa innovazione.
Tra i progetti che destarono più clamore ricordiamo G. Cinquanta prima imbarcazione da diporto a raggiungere i 50 nodi di velocità massima equipaggiata con 4 motori BPM Vulcano da 320 hp cadauno.
Ma la vera sfida per Levi fu quella di riuscire ad ottenere lo stesso risultato anche con una barca di serie e con l’utilizzo di motori diesel, una sfida lanciatagli provocatoriamente dai fratelli Sonnino all’epoca proprietari di Italcraft. Levi accettò di buon grado la sfida uscendone vincitore e dando alla luce Drago il cui nome in realtà è l’acronimo di “Drag=0”.
Per il progetto Drago Levi introdusse per la prima volta nel diporto anche la soluzione propulsiva delle eliche di superficie per ridurre ancor più la resistenza all’avanzamento. Inutile dire che il traguardo dei cinquanta nodi, nonostante le iniziali difficoltà di messa a punto, fu raggiunto e destò tanto interesse che la divisione navale della Guardia di Finanza ne commissionò alcuni esemplari da utilizzare come motovedette veloci. Grazie alle esperienze con le carene Delta l’idea di penetrare l’onda prendeva sempre più corpo.
L’impulso di voler migliorare quanto già fatto con Surfury venne sempre dai fratelli Gardner che commissionarono a Levi una nuova barca ancora più estrema perciò Levi iniziò a pensare la naturale evoluzione della carena Delta intorno alla fine degli anni ’60 con una serie di concepts denominati Ramcraft in cui i parametri di penetrazione idro/aerodinamica della carena Delta vennero portati all’estremo.
Da questo studio prese corpo Dart chiamato così proprio per la somiglianza ad un dardo.
Lo scafo di Dart è una Delta molto allungata e molto affilata nelle sue sezioni di prua una vera e propria “lama” che aveva il compito di attraversare le onde. Queste le sue caratteristiche: diedro allo specchio di poppa di 25°, rapporto lunghezza/larghezza superiore ad 8 il tutto per una velocità di progetto di 70 nodi grazie ai 2 motori Alfa Romeo da 500 cavalli cadauno.
Al di la dei risultati sportivi di Dart c’è la sua unicità ed il suo essere quanto di più estremo si fosse visto fino a quel momento.
Un prototipo fatto su misura per suoi committenti e che descrive la massima espressione dell’evoluzione della carena a V spinta oltre ogni limite mai raggiunto. Il concetto della navigazione attraverso le onde di Levi è stato ripreso nelle carene “wave piercer” che utilizzando una geometria multiscafo, riducono la superficie bagnata e con le loro geometrie di prua decisamente affilate bucano letteralmente le onde diminuendo lo slamming ed aumentando il comfort a bordo.
L’evoluzione della ricerca
Le prestazioni velocistiche di un mezzo in condizioni di mare calmo sono un parametro relativamente importante ai fini della buona valutazione di una carena ma spesso non si accompagnano ad una capacità di mantenere questo livello di prestazioni anche con mare formato o di farlo in modo che ciò sia confortevole per gli occupanti del mezzo.
La tematica del seakeeping è un campo di studio ancora poco esplorato in maniera scientifica ma rappresenta un grande valore aggiunto per la buona riuscita commerciale di un progetto tanto quanto le prestazioni in senso assoluto. La ricerca semi empirica fatta sia da Levi che dai suoi contemporanei basandosi sull’esperienza diretta in mare ed in particolare sui campi di gara oggi sarebbe relativamente percorribile dal punto di vista economico.
La gran parte delle imbarcazioni attualmente è costruita in composito quindi necessita di uno stampo il cui costo incide non poco sugli investimenti per la realizzazione di un determinato modello di barca oltre che a rendere molto difficili ed onerose le operazioni di modifica delle geometrie.
Oggi è quanto mai importante una valutazione delle caratteristiche idrodinamiche degli scafi già in fase di progettazione mediante prove in vasca o ancora meglio tramite strumenti di analisi fluidodinamica computerizzata. Tali strumenti permettono di indagare non solo i parametri di resistenza di una carena ma anche il suo comportamento in termini di tenuta al mare in condizioni di onda regolare o di spettro ondoso proprio come se fossero provate in mare aperto.
Le indagini condotte con i software CFD possono dare ottime indicazioni sulle forze agenti sullo scafo e rilevare le accelerazioni di gravità risultanti dagli impatti della carena sulle onde in modo da poter avere parametri di valutazione del comfort a bordo. L’analisi delle accelerazioni di gravita e delle forze agenti sullo scafo può anche essere utilizzata come punto di partenza per un ottimizzazione delle strutture dello scafo e portare ad un’ottimizzazione dei rinforzi e dei pesi, sempre nell’ottica dell’ottimizzazione globale del progetto.
La grande importanza di questo tipo di studi preliminari è quella di poter riuscire a modificare le geometrie degli scafi prima ancora che ne sia realizzato il modello, naturalmente questo non elimina del tutto la messa a punto in mare poiché le variabili in fase di costruzione sono sempre da prendere in considerazione ma di sicuro elimina una buona parte di investimenti in termini di risorse umane ed economiche dovute ad eventuali modifiche di scafi e stampi. Ad oggi questo tipo di ricerca nel campo nautico non è ancora molto sviluppata sia per la relativa difficoltà nell’utilizzo dei software di calcolo sia per il costo relativamente elevato delle campagne di indagine dovute alle numerose ore di lavoro e soprattutto al costo dell’hardware per il calcolo.
Indubbiamente il CFD non sostituirà mai la prova in mare come i numeri non sostituiranno mai la sensibilità dell’uomo che valuta le prestazioni di uno scafo ma come già accaduto sia nel campo aeronautico che nel campo dell’automotive, sarà uno strumento sempre più utilizzato e quindi dai costi sempre più accessibili permettendo così ai costruttori di poter ottimizzare gli investimenti economici migliorando la qualità dei loro prodotti.
DEEP EVOLUTION
ANALISI DEL SEAKEEPING NELLE PRINCIPALI SERIE DI CARENE DI RENATO «SONNY» LEVI
- Dedurre il comportamento idrodinamico delle principali serie di carene Levi mediante l’utilizzo delle simulazioni di fluidodinamica numerica computerizzata con metodo RANSE (Reynolds Averaged Naviers-Stokes Equations).
- Studiare una procedura per poter confrontare carene diverse tra loro per dimensioni, dislocamento e forma, nelle stesse condizioni di funzionamento idrodinamico e di moto ondoso.
- Ottenere un andamento qualitativo delle grandezze più importanti per la valutazione della sensazione di comfort a bordo durante la navigazione.
Le Carene
A’ SPERANZIELLA SERIES Settimo Velo – 1962 |
CLASSIC DELTA SERIES Drago – 1972 |
EXTREME DELTA SERIES Dart – 1972 |
Grandezza | u.m. | SETTIMO VELO | DRAGO | DART |
Lunghezza f.t. | [m] | 7,31 | 13,00 | 11,50 |
Lunghezza al galleggiamento | [m] | 6,06 | 10,43 | 10,94 |
Larghezza f.t. | [m] | 2,72 | 2,62 | 2,75 |
Larghezza allo spigolo | [m] | 2,24 | 2,28 | 1,42 |
Immersione | [m] | 0,52 | 0,53 | 0,40 |
Deadrise a poppa | [°] | 30 | 25 | 25 |
Peso | [kg] | 2800 | 6000 | 3000 |
Potenza installata | [hp] | 2 x 450 | 2 x 370 | 2 x 500 |
Velocità di progetto | [kn] | 40 | 50 | 70 |
Dati rilevati da: Milestones in my design
Ipotesi Fisiche
Misurazione delle forze
Analisi CFD Settimo Velo:
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Analisi CFD Drago
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Analisi CFD Dart
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Analisi CDF Energia:
Analisi CFD – Confronti
Dettaglio nell’intervallo tra 36,5 e 37,0 secondi:
DART e DRAGO sviluppano forze di lift confrontabili ma hanno accelerazioni verticali sensibilmente diverse.
DRAGO ha valori di accelerazione verticale inferiori, nonostante la maggiore massa, ovvero la barca risulta più morbida nell’impatto sull’acqua.
Articolo qui pubblicato su concessione degli autori: Francesco Fiorentino e Daniele Bruno, si ringrazia MICAD (www.micad.it) per la disponibilità del materiale qui riprodotto.
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