Ritorno al tempo di Via col vento di Tealdo Tealdi
Battello a vapore Arabia
Il museo dove è esposto il materiale recuperato dal relitto del battello a vapore Arabia, ci permette tornare al tempo del film, una vera capsula del tempo.
Il 5 settembre 1856 il battello a vapore Arabia lasciò le banchine del porto di Kansas City per quello che doveva essere un viaggio di routine sul fiume Missouri, con a bordo 200 ton di merce per sedici differenti destinazioni lungo il fiume.
I battelli a vapore erano comuni in quei tempi, e rappresentavano il metodo migliore per muoversi su e giù attraverso il sistema fluviale americano, soprattutto lungo quel fiume, con decine di battelli a vapore che vi operavano contemporaneamente a tempo pieno.
Il traffico, che aveva visto i suoi inizi nel 1819, ma che solo dopo il 1831 era letteralmente esploso, era assolutamente essenziale per il commercio e gli scambi del periodo, quando le strade erano spesso impraticabili e insicure. Lungo le oltre 2000 miglia del suo percorso navigabile gli incidenti erano in agguato e fino alla fine del secolo affondarono 289 barche, di cui 27 per esplosione delle caldaie, con 1002 morti. Solo l’affondamento del Saluda, nel marzo del 1852, ne causò più di 100.
Purtroppo per l’Arabia un albero di noci caduto, galleggiante proprio sotto il livello dell’acqua e nascosto alla vista causa il riflesso dell’alba, l’aspettava.
Il battello affondò in pochi minuti, fortunatamente non ci furono vittime umane fra i 130 passeggeri e tutti riuscirono a guadagnare la riva, tranne un povero mulo che era legato al ponte e di cui, a causa della grande e comprensibile confusione, ci si scordò.
Il morbido fondo del fiume lo fece affondare velocemente, trascinandolo lontano a causa della forte corrente. Negli anni il corso del Missouri cambiò considerevolmente e per 132 anni l’Arabia fu dimenticata, anche se in effetti giaceva sotto un campo di granturco a Wyandotte, Kansas.
Nel 1987 però un abitante del posto, Bob Hawley, con i figli David e Greg, si mise a cercare il relitto, con l’aiuto di vecchie mappe e strumenti sofisticati.
Il suo tentativo fu premiato, facendoglielo trovare a mezzo miglio da dove passa il fiume ora, ottenendo dai proprietari il permesso di scavare, con la clausola che tutto dovesse essere terminato prima della primavera successiva, in modo da poter seminare.
E così, fra il novembre 1988 e il febbraio 1989 Bob, aiutato dai familiari, a cui si erano aggiunte molte altre persone affascinate dall’impresa e con l’aiuto di macchinari professionali, inclusa una gru da 100 ton, riuscì a vuotare la falda sottostante, risucchiando oltre 20.000 galloni di acqua dal pozzo profondo 20 metri.
Dopo due settimane di duro lavoro, incominciarono ad apparire le prime parti della barca, tra cui la ruota a pale, trovando veramente una miniera di oggetti, perfettamente conservati.
Porcellane ancora incartate, 247 cappelli, tra cui molti di pelle di castoro come nuovi, 235 asce, 328 coltelli da tasca, candele, ditali per cucito, vestiti, più di 29 tipi di bottoni, persino una bambola. Anche molto cibo commestibile, tra cui 29 vasi di cetrioli e conserve sott’aceto, una cassa di birra, tutto intatto a causa della mancanza di luce e aria.
Tra le centinaia di migliaia di oggetti più di 4000 scarpe, tutte impacchettate e pronte per la vendita, alcune ornate di pelliccia per climi invernali.
Non potevano mancare bottiglie di profumo francese, ancora fragranti e molte medicine (sicuramente scadute!)
L’aiuto di esperti inglesi che avevano già lavorato al recupero della Mary Rose a Portsmouth, insieme a quelli canadesi del Canadian Conservation Institute di Ottawa, ha permesso di conservare tutto quello estratto dal fango, anche se la fine del lavoro è prevista per il 2022!
All’inizio Bob e i suoi amici avevano pensato di procedere alla vendita per singoli pezzi del materiale trovato, ma poi man mano che procedendo allo scavo ci si rendeva conto dell’importanza storica della scoperta, si decise di creare un museo, che fu appunto inaugurato a Kansas City il 13 novembre 1991 e che naturalmente si chiama Steamboat Arabia Museum.
Su una superficie di 2700mq, si vanta possedere la singola collezione di oggetti pre-guerra civile più importante al mondo, tant’è che il The Wall Street Journal l’ha soprannominata: “La caverna di Aladino”.
La famiglia Hawley lo dirige e vi lavora tuttora, stante gli oltre 80.000 visitatori annuali e spesso, quando non è occupata a spolverare, accoglie con simpatia e orgoglio chi ne varca la soglia.
Scarica da qui il file PDF della mappa dei relitti: steamship wrecks maps
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