Il fotografo in cima al mondo – Photographer on top of the world
di/by Tealdo Tealdi
Dopo trent’anni passati in giro per il mondo, il fotografo francese è tornato nella sua terra e adesso vive a Plouhinec, dove la Francia si tuffa nell’Atlantico. Il luogo ideale per immortalare gli spettacolari incontri fra le impetuose onde oceaniche, i pochi edifici costruiti dall’uomo e le selvagge coste della Bretagna
Le coste dei mari francesi sono come una moneta con l’effige di Giano bifronte: da una parte, quelle mediterranee, dall’altra quelle che danno sull’oceano, due mondi con caratteristiche molto diverse e spesso opposte, ma con estimatori per entrambe, a volte anche gli stessi.
Le prime piacciono soprattutto a noi italiani con nomi mitici che hanno lasciato un’impronta nel costume e nella storia: Monaco, la Costa Azzurra con Nizza e Cannes, la Provenza, Saint Tropez. Tutte con un minimo comune denominatore: dolce far niente, lunghi bagni in mare, abbronzature e bikini.
Dall’altra mari tempestosi, acque fredde, cieli coperti, maree esagerate, navi in difficoltà, come quelle descritte nel libro Remorques di Roger Vercel del 1935, la cui trasposizione cinematografica ci fa vedere un Jean Gabin che prende a traino navi ormai senza equipaggio per salvarle da una tragica fine.
Grandi differenze in cucina con specialità contrapposte, come nel film La cuisine au beurre, dove troviamo Fernandel marsigliese amante dell’olio e della bouillabaisse e Bourvil del burro e della sogliola alla normanna, rigorosamente al burro.
Anche le barche utilizzate dagli abitanti delle rispettive coste hanno caratteristiche diverse: in massima parte a motore nel Sud, a vela quelle del Nord, che convivono però con le pêche promenade, dove il riparo è per proteggersi dai freddi spruzzi, mentre per noi serve per il sole.
Da un punto di vista fotografico i panorami offerti affascinano entrambi: nel Sud la luce, merito del Mistral, con cieli puliti e caldi, la tavolozza dei colori immutabile nel tempo, un’immagine certamente più vivibile di quella del Nord, con cieli tempestosi, una sensazione di freddo e umido, ma con la potenza della natura che quasi ipnotizza.
Una terra dove Ronan Follic, ora 54enne, è tornato, dopo 30 anni passati in giro nel mondo: “Sono a Plouhinec, in cima al mondo”, dice con orgoglio. In effetti la cittadina è il punto più a ovest della Francia, luogo di tempeste, mari spesso invivibili dal nostro punto di vista, ma che spettacolo!
Abitando a 300 mt dal mare, è naturale che Ronan si sia specializzato in foto marine, specialmente del faro chiamato La pointe du Raz, conosciuto a livello mondiale, nelle cui vicinanze passa molto del suo tempo, senza però tralasciare altri punti di grande interesse, di cui la regione è piena: vecchie chiese, monumenti antichi, luoghi carichi di storia, molini ad acqua o a marea.
“C’era un poco di vento oggi, 110 km/h”, dice Ronan il 13 novembre scorso, “un mare formato, ma niente d’eccezionale” e il bello è che quando dice un poco, lui vuole veramente intendere poco, non è ironico.
La Bretagna è un terreno selvaggio, con gli spruzzi delle onde sui fari, che segnano scogliere mortali, teatro di mille tragedie, adatta a uomini duri, con fisici robusti e con il viso scolpito dal vento, dalla salsedine, dalla fatica, anche ora, per fare delle foto diverse, come quelle degli arcobaleni, abbastanza frequenti nella regione e che portano un poco di colore fra le nuvole grigie, bisogna attendere anche un giorno, aspettando le trombe marine, coperti fino all’inverosimile, con l’attrezzatura che rischia ogni momento.
Per mantenere la veridicità dell’immagine Ronan non fa mai uso di Photoshop, gli basta la natura:
“Ci sono delle notti che alzo la testa e contemplo la luna, poi la chino ancora, guardo il mio paese natale, quella notte delle nuove stelle scintillavano in cielo, era la scorsa notte”.
“La ricerca della luce giusta è incessante, a volte è lei che viene da te, a volte sei tu che devi inseguirla, in modo che altri possano goderne successivamente”.
“La notte è il mio territorio di caccia, a volte la passo seduto su una roccia a contemplare il cielo e le stelle, d’estate attorniato da migliaia di zanzare, come quando ero nella Guyana, ma non importa, davanti a certi spettacoli dimentico tutto”.
“In certe zone, come all’isola di Sein, la magia è continua, non importa l’ora o il luogo, basta chiudere gli occhi e ascoltare il rumore degli uccelli e del mare per credere di essere in un sogno, un bel sogno”.
Ronan non fa solo delle fotografie, partecipa a quello che è intorno a lui, lo vive, lo soffre e in questa sofferenza trova l’ispirazione poetica per quel tocco di magia che ispira le sue immagini.
The French coast is like a coin with the effigy of two-faced Janus: on one side is the Mediterranean, with it’s placid and reassuring sea, on the other the ocean, pounded by waves that seem to have been made by huge propellersgone mad.
We Italians prefer theformer, with the mythical names that accompanyour customs and history: Monte Carlo, Nice, Cannes, Saint-Tropez. And they have a minimum common denominator: sweet idleness, afternoons spent swimming, hours lazily sunbathing, andincreasingly scanty bathing suits.
The latter instead are stormy seas, cold waters, overcast skies, extreme tidal ranges, andships in dire straits. Photographically, both panoramas are fascinating: the south is dominated by light, warm and clear skies, an unchanging palette of colors.
These images are most certainly more enticing when compared to the northern seas with their stormy skies, where nature is as powerful as it is alluring, so cold and humid that it penetrates to the bone. Ronan Follic chose the ocean. His heart dictated his choice, together with his preference for the wilder side of nature and it’s power.
After thirty years traveling the world, at 54 Follic returned home: “I live in Plouhinec, at the top of the world,” he says with pride. The town marks the westernmost tip of France, where storms and treacherous Mediterranean in their veins. But what a sight! When a photographer lives only 300 meters from the coast, his primary subject is necessarily the sea.
“It was a bit windy today, 110 kilometers per hour,” Ronan told us in November, “the sea is running high, but nothing exceptional.” There is no irony in his words. What to most of us is a stormy sea, for Ronan is really nothing out of the ordinary.
His criteria are calibrated differently. Brittany is a wild stretch of land, where spray covered lighthouses are the norm, where the rocky shoreline is a theater for a thousand tragedies, where the men are tough, solidly built with faces sculpted by the wind, the salt, and fatigue. If you are a photographer there, you have to conform.
To succeed in creating that special image, of a rainbow perhaps, frequently found in the area, you might have to wait a whole day, covered by layers of clothes with your camera gear in constant danger. To maintain the authenticity of his images, Ronan never uses image elaboration software. Nature is enough. “The search for the right light is never ending.
Sometimes it’s the light that comes to you, sometimes it’s you who follows it,so that later others can enjoy it.” But the light that Ronan favors is starlight. “The night is my hunting ground. Sometimes, in the summer, I’ll spend the whole night sitting on a rock, contemplating the sky and the stars.
In Guyana was surrounded by thousands of mosquitos, but when the scene is so beautiful, you can bear anything.” Then there scenes like those of Sein Island. “There the magic is ever present. At any moment, all you have to do is close your eyes and listen to the birds and the sea to think you’re dreaming.” The same dream that admirers of Ronon’s images dream.
www.photosduboutdumonde.fr
www.facebook.com/RonanFollicphotographies
- Articolo pubblicato sul n. 86/2015 di “Arte Navale” e qui riprodotto p.g.c. dell’autore
- Foto Ronan Follic
Merci Tealdo
pour ce très bel article, tu as su retranscrire ce que je ressens de mon travail, c’est parfait.
Tu sais que je suis passionné par ce que je fais et j’essaye de faire au mieux pour transmettre ce que mes yeux ont vu car un capteur ne sera jamais aussi performant que notre vision.
Amicalement,
Ronan Follic