El barchett de Boffalora di Tealdo Tealdi
Milano ha un’antica tradizione di canali, che hanno rappresentato per secoli uno dei mezzi di comunicazione più usati.
Quello più importante è il Naviglio Grande, la prima opera del genere realizzata in Europa, una grande infrastruttura che consentì lo sviluppo dei commerci, dei trasporti e dell’agricoltura, di cui i primi documenti che riguardano la data di costruzione risalgono al 1152, ma che divenne navigabile nel 1272, rivoluzionando la vita e le abitudini di una vasta regione.
Purtroppo non si sa chi sia stato il suo ideatore, ma indubbiamente la sua creazione è da attribuirsi alla comunità milanese, che in pieno Medioevo riuscì a coniugare leadership ideologica e superiorità tecnica. Nei lavori di rifacimento delle sponde fu coinvolto nel 1509 anche Leonardo da Vinci, che ricevette un diritto d’acqua, cioè la proprietà di una bocca irrigua, menzionata nel suo testamento.
Tralasciando l’importanza dei navigli e del porto di Milano, che divenne il 13 porto italiano come movimentazione e che avrebbe bisogno di una trattazione a parte, e concentrandosi sul trasporto passeggeri, all’inizio il mezzo più usato consisteva in piccole barche per traghettare o spostarsi verso le fiere o i mercati locali, mentre le prime notizie certe risalgono al 1645, con una cadenza regolare da Tornavento fino alla darsena di Milano.
Questa data è certificata da un documento del 15 giugno 1645, della “morta subitanea” di tale Gioanni Motter tedesco, avvenuta il 15 giugno 1645, appena giunto a Boffalora col Navetin (Barchetto). Gestito fin dal 1777 da Giuseppe Castiglioni e soci, barcaioli di Boffalora, il servizio era molto efficiente e fu utilizzato fino al 1913, quando la politica di modernizzazione intrapresa da Giolitti, ne decretò la fine. In funzione in tutte le stagioni, impiegava tre persone, due a bordo e uno a terra per incitare e controllare i cavalli che trascinavano il barcone dalla sponda.
I biglietti dei passeggeri erano dati dal “Torototela”, un cantastorie che, suonando un buffo strumento costituito da uno spago teso e una zucca vuota che fungeva da cassa di risonanza, raccoglieva i soldi del biglietto fra i passeggeri. Era un modo di viaggiare comodo, sicuro e soprattutto economico, malgrado orari approssimativi; le barche impiegate, due all’inizio del Settecento, divennero dodici alla fine del secolo.
Probabilmente il suo ricordo si sarebbe perso nella nebbia del tempo se non fosse per una commedia in milanese di Carlo Righetti, in arte Cletto Arrighi, poeta milanese della corrente dalla Scapigliatura, dedicata appunto a una di queste barche: “ El Barchett de Boffalora”.
Dopo l’incerto avvio del 19 novembre 1870 divenne, con oltre quattrocento repliche, la più rappresentata in assoluto del Teatro Milanese, diventando il cavallo di battaglia di Edoardo Ferravilla, grande interprete del teatro milanese e attore molto popolare.
Vari tentativi sono stati fatti per costruire una replica di tale imbarcazione, ma fu solo il 19 aprile 1998, che il progetto si è concretizzato, grazie al sostegno economico di ditte private, di Associazioni Storiche, soprattutto quella chiamata La Piarda e all’impegno profuso da Ermanno Tunesi, instancabile centro di notizie per tutto quello che riguarda ampi stralci della storia milanese ed entusiasta promotore culturale di mille iniziative.
CARATTERISTICHE BARCHETT
Costruita in rovere, la barca corriera doveva essere lunga diciassette metri e mezzo e non più larga di due e novanta, priva di sporgenze esterne per non danneggiare le sponde. Il fondo era piatto, anche se il Regolamento del 26 novembre 1822 disponeva che per il terzo anteriore “le sponde concorrendo a congiungersi fra loro costituirebbero la prora, allo scopo d’incontrare minor resistenza nel movimento”.
La parte destinata ai passeggeri (il casello) non doveva occupare più di un terzo della lunghezza dello scafo, essere dotata di quaranta posti a sedere su panche fisse trasversali, altezza massima 2,35 m, ai fianchi almeno 1,62, con l’eventuale copertura in legno dolce, con timone a pala. La velocità massima raggiunta era vicina ai 20 km, soprattutto in un paio di rapide, che, anche se non pericolose, imprimevano un’andatura di tutto rispetto. Disegno realizzato da Aligi Sassu del Barchett di Boffalora, in ricordo di una giornata da lui passata sulle sponde del Naviglio, quando era giovane
Racconto relativo ad un viaggio effettuato dal giornalista A. Tedeschi il 15 agosto 1906 alla volta di Milano, per visitare la grande Esposizione Internazionale dei Trasporti, che si tenne quell’anno. Il Barchetto lascia discretamente affollato la riva di Boffalora (…) per visitare la grande Esposizione.
La partenza è deliziosa e il sole non è ancora spuntato; nella luce incerta e dorata dell’alba, ecco arrivare a coppie, a gruppi, i contadini, marito e moglie, suocera e nuora, due sposini, poi una ciarliera mercantessa, quattro o cinque negozianti del luogo: l’oste, il pizzicagnolo, il droghiere, il negoziante di bestiame, l’eterno merciaio girovago; tutti conoscenti fra di loro, tutti più o meno legati da interessi e da rivalità.
Alla partenza nella casetta … dell’Arca non sono riunite più di una trentina di persone, che subito si mettono a loro agio sulla doppia fila di panche.
Una bruna giovinetta ancora sonnacchiosa appoggia la testa sull’orlo del barchetto, e riprende il sonno e il sogno interrotto; … due uomini si mettono in un angolo, e cavano il mazzo di carte, per abbreviare la noia delle prime ore con una partita a scopa. Una bella ragazza e un robusto giovanotto, certo due fidanzati, o due sposi in viaggio di nozze, si siedono vicini, da toccarsi col gomito e non si lamentano della strettezza dello spazio.
Quello che amano respirare liberamente si siedono di fuori sulle panchine di prua e di poppa. I discorsi si intrecciano e poiché quasi tutti hanno per meta l’Esposizione, questa forma l’argomento principale. Chi l’ha veduta ne decanta le bellezze… “Ma che prezzi!” esclama una grassa fattoressa, che vi ha fatto una colazione… certo nel più modesto dei suoi restaurants… L’esclamazione non desta sorpresa. Tutti ne hanno sentito parlare di quei prezzi, e si sono premuniti. Tutti hanno il loro cestino col pane, col prosciutto, con formaggio e il fiasco di vino. (…) Ma il pilota è già “ sull’alta poppa intrepido ”.
Il cavallo è attraccato al barchetto e in groppa ha il suo baldanzoso cavaliere adolescente. Un altro cavallo, quello di ricambio scalpita fra la paglia a prua.
Il “patrone” che è quanto dire “il comandante” del barchetto comparisce, salta a bordo, Invita quelli che aspettano a riva, o si attardano alla vicina osteria, col tradizionale: “El barchett el vaa..:” e si parte. Il Naviglio da Boffalora ad Abbiategrasso ha la bellezza di un fiume, limpido e rapido, che scorre fra due rive regolari:; e sulle rive si allineano prodighi d’ombre e si riflettono le alte robinie e … cantano fra gli alberi i fringuelli, lievemente stormiscono le foglie, e la nave primitiva, che non conosce le ansie e le febbri moderne, va alla deriva senza scosse e senza fretta.
La piccola bruna continua il suo sonno e il suo sogno, cullata dall’onda, accarezzata dagli zefiri; e il suo sorriso di beatitudine è riflesso nel naviglio limpidissimo… Nell’interno continua la conversazione vivace. I viaggiatori si confidano i loro progetti .. (…)
Il barchetto, partito da Boffalora alle 5 del mattino, dovrebbe arrivare a Milano, percorrendo circa 40 chilometri, alle 9; ma non è raro che vi si arrivi alle 10 o alle 11; perché in quanto a ritardi, può gareggiare con un treno lampo.
Ai boffaloresi rimangono tre o quattro ore per poter visitare l’Esposizione e ripartire collo stesso barchetto nel pomeriggio … Ma che importa? Ai più basta di poter dire: Ghe sun sta anca mi! (…) Così si arriva dopo due ore soavissime di navigazione a Castelletto, frazione di Abbiategrasso.
Qui io e l’artista fotografo che ci accompagna scendiamo, proponendoci di ritrovare il domani alcuni dei nostri compagni di viaggio all’Esposizione. Prenderemo più tardi un altro barchetto per scendere da Abbiategrasso a Milano. Ci hanno detto che nei giorni di festa il barchetto è nel suo pieno trionfo di animazione, nel pomeriggio; e noi avevamo scelto, per la nostra gita, appunto la festa delle feste: “ Il Ferragosto”; buon consiglio fu dunque l’aspettare. Alla partenza il barchetto è pieno ma non affollato.
Ci si può muovere, si può salire a prua; e quando la nave rasenta una delle due rive, le sponde fiorite mandano alle narici gli olezzi dei timi e delle mente…
Nell’interno si discorre e si discute… con quell’animazione che hanno i discorsi dopo una colazione bene annaffiata.
Sento i nomi di Ferri e di Giolitti.. di Turati e di Lazzari. Dio mio, la politica anche … nell’Arca di Noè!
…Le mamme hanno un gran da fare a tenere a bada i loro figliuoli, che scappano fuori, a rischio di pigliarsi un calcio dal cavallo di ricambio; e i bimbi, che si annoiano a star fermi, strillano …Di tanto in tanto la barca si avvicina a riva e raccoglie qualche nuovo passeggero… Ogni casolare ne affida qualcuno… Cominciamo a trovarci a disagio… “Che folla” dico al mio compagno”.
Il Navarco mi guarda con occhio truce e poi sorride sotto i baffi come per dire: “Si lamenta adesso, ma vedrà poi..” e per vendicarsi intanto viene a chiedere i soldi. Da Abbiategrasso a Milano 30 centesimi… non è rovinoso. La metà ci era costato il tragitto da Boffalora ad Abbiategrasso… L’ammiraglio aveva ragione, ne dovevamo vedere poi.
Gaggiano riversa nel barchetto un mezzo villaggio… Famiglie intere, pescatori armati di canne e di ceste ripiene di tinche, di ranocchi, di gamberetti, cacciatori coi loro grossi cani, donne che serrano sotto il braccio i verdi mappamondi delle angurie, che allieteranno il pasto serale dei figliuoli. L’anguria è il frutto di Ferragosto. A ogni sbarco dei ragazzini portano ceste di angurie in fette rosse o rosate… “un soldo la fetta!” In un fiat il cesto è vuoto.
Così tutti i viaggiatori estinguono la sete e dimenticano la noia e l’oppressione… Non è però facile avvicinare il dolce nettare alla bocca, tanto si è schiacciati in quella stia umana. Dieci gomiti vi colpiscono la faccia e il petto, le umide sementi ci piovono sul cappello e sulla giacca… Io ero seduto presso la scaletta di imbarco, e le mie ginocchia sorreggevano cinque o sei ragazzetti e le zampe di un grosso cane da caccia, e tre o quattro ceste di pescatori, mentre sul mio capo pendevano e ceste e sacchi e ami.
Ad ogni scalo qualche viaggiatrice frettolosa scambiava le mie ginocchia con un gradino della scaletta, e vi posso assicurare che le vispe forosette delle borgate lombarde non hanno il passo leggero!!!
Nel barchetto con ci si stava più… eppure a ogni scalo si trovava modo di farci entrare della gente…
Di tanto in tanto, qualcuno, per sgranchirsi, scendeva a terra; Seguiva camminando sulla riva il barchetto per un chilometro o due; e poi risaliva a farsi schiacciare ancora un po’ le ossa.. Questo vi dà l’idea precisa della nostra velocità di navigazione… “ Ed è sempre così, di festa” mi diceva un operaio, uscito, come è vecchio costume milanese, a pescare le tinche e i gamberetto, nei fossati di Magenta e di Robecchio.
“ E’ il nostro divertimento!…” Per fortuna ogni “divertimento” deve finire; così finì anche la gita sul barchett… Dopo quattro ore di viaggio sbarcammo con la folla dei lieti gitanti alla Ripa Ticinese, salutando con un “Oh” uscito dal profondo dell’anima il tram elettrico, che doveva condurci d’un balzo dai tempi preistorici nel cuore pulsante di vita febbrile e moderna di questa grande, di questa meravigliosa Milano, che cammina ardita sulla via del progresso, pur conservando una grande tenacia, che non manca di poesia, le vecchie abitudini ereditate.
Alcuni cenni sul Naviglio Grande
Dislivello totale 34 mt, su una lunghezza di 49,9 km Larghezza variabile da 22 a 50 mt tra Tornavento e Abbiategrasso, poi fino a Milano 15 mt, fino a ridursi a 12 nel tratto terminale. Portata a Turbino 64m3 al secondo in estate e 35 in inverno
Rien ne va plus Ill 31 marzo 1979, alle 14 l’ultimo barcone ormeggia alla darsena: lungo 38 metri e largo cinque, ha matricola 6L-6043. Partito alle 6 del mattino da Castelletto di Cuggiono, scarica l’ultimo carico di sabbia, 120 tonnellate, l’equivalente di oltre 20 autocarri.
Per le foto ringraziamo: Roberto Garavaglia ed Ermanno Tunesi
Grazie per averci regalato uno scorcio d’epoca di quel naviglio che ancora oggi potrebbe avere la sua utilità.
Lino MANCINI