HMS Belfast e il convoglio artico
Non sono molte le navi militari partecipanti alla II° Guerra Mondiale ancora in ottimo stato di conservazione.
Un sito americano, www.hnsa.org, ne stila un elenco completo; alcune di esse si trovano in Gran Bretagna, come la HMS Belfast, ancorata a Londra sul Tamigi, vicino al Tower Bridge la HMS Cavalier si trova a Chatham mentre la X 24 e la HMS Alliance sono a Gosport.
La Belfast, fu costruita nel cantiere Harland and Wolff a Belfast, in Irlanda del Nord e varata il 17 marzo 1938 proprio nel giorno dedicato a San Patrizio. La madrina era Anne Chamberlain, moglie del Primo Ministro Neville Chamberlain. Il costo totale della nave fu di £ 2.141.514, di cui 75.000 per i cannoni e 66.500 per gli aerei imbarcati.
Entrata in servizio il 5 agosto 1939, era a Invergordon il 3 settembre, quando la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania. Purtroppo il 21 novembre 1939 incappò in una mina tedesca, posata dal sottomarino tedesco U-47, durante un’esercitazione di tiro al largo della Scozia, vicino al Firth of Forth.
Anche se per fortuna non ci furono perdite umane, la nave subì gravi danni, tali da costringerla a un lungo periodo di riparazioni e di adeguamento presso il cantiere di Devenport, l’occasione le fu utile per installare a bordo il radar acquisendo così una superiorità tecnologica rispetto al nemico.
La Belfast: dopo un periodo di chiusura per restauri, la nave è stata riaperta al pubblico ed è visitabile a pagamento.
Il nuovo ingresso in servizio fu nell’ottobre 1942 e solo un mese dopo divenne la nave ammiraglia del 10° Squadrone. Poté così cominciare la sua missione di scorta ai convogli di rifornimenti in Russia.
All’inizio di giugno 1944, partecipò all’operazione Overlord in Normandia, come nave ammiraglia del suo gruppo, nell’assalto alle spiagge Juno e Gold, operato dalle truppe canadesi e britanniche.
La precisione di tiro dei suoi cannoni da 100 mm, fu così elevata che riuscì a neutralizzare le batterie nemiche, i cui occupanti si arresero alle sopraggiunte truppe alleate. Armata con maggiori difese antiaeree per contrastare i piloti giapponesi, partì nel luglio 1945 per l’Australia.
Impiegata per trasportare 5000 prigionieri di guerra britannici da Shanghai a Hong Kong, proseguì poi in una funzione di “peacekeeping” come nave ammiraglia della flotta dell’Estremo Oriente, fino al suo ritorno a Portsmouth il 15 ottobre 1947.
In seguito partecipò alla Guerra di Corea e dopo essere stata rimodernata tra il 1956 e il 1959 fu utilizzata per una serie di missioni in tutto il mondo.
La cartina ritrae la rotta seguita dalle navi alleate per portare aiuti alla Russia. I convogli si avvicinavano, soprattutto nei mesi invernali per tenersi lontani dai ghiacci, alle coste norvegesi, sottoponendosi così al rischio di attacchi tedeschi.
Messa in disarmo il 24 agosto 1963, sembrava che il suo destino fosse segnato e dovesse essere smantellata per il recupero dei materiali, ma una campagna organizzata da un ente privato, appoggiata dalla richiesta del contrammiraglio Sir Morgan-Giles, precedentemente Comandante della nave, riuscì a farla trasformare in nave museo, ormeggiandola a Londra sul Tamigi, vicino al Tower Bridge, dal 21 ottobre 1971, anniversario del Trafalgar Day.
La prima foto: un’onda alta 15 metri si presenta a prua della HMS Sheffield. Con vento spesso oltre ai 65 nodi e una visibilità inferiore ai 200 metri le capacità operative erano messe a dura prova.
l’HMS Cavalier ormeggiata a Chatman. 160 navi inglesi dello stesso tipo andarono perse durante il conflitto causando la perdita di 13.000 vite umane.
Dopo un periodo di chiusura per restauri, la nave è stata di nuovo aperta al pubblico.
Arctic Convoy
Dopo l’invasione della Russia da parte della Germania il 22 giugno 1941, Stalin chiese aiuto all’Occidente. Purtroppo l’itinerario più diretto era via mare, intorno alla Norvegia, fino ai porti sovietici di Murmansk e Arcangelo. Nonostante la difficoltà e il pericolo del viaggio, le forze Alleate riuscirono, a prezzo di enormi sacrifici umani e di materiale, ad andare in suo soccorso.
Il primo convoglio di aiuti partì nel settembre 1941 attraverso uno stretto corridoio che passava tra il ghiaccio artico e le basi tedesche della Norvegia, pertanto molto vicino a loro specialmente in inverno, quando il ghiaccio scendeva più a sud, fino a 200 miglia dalle coste norvegesi.
Molti furono attaccati da sottomarini, navi e aerei tedeschi: delle 34 navi che facevano parte di quello denominato PQ 17, solo 11 arrivarono a destinazione. Gli alleati riuscirono a consegnare più di 4 milioni di tonnellate di materiale bellico, ma il contributo più importante fu quello politico, dimostrando la volontà di aiutare la Russia, occupando nel frattempo una grande parte delle forze navali e aeree tedesche, distogliendole da altri fronti.
Altro pericolo era il ghiaccio, che doveva essere tolto regolarmente, in quanto il peso era tale che la stessa avrebbe potuto capovolgersi; era poi essenziale tenere in condizioni di funzionamento l’armamento, soprattutto le torrette. Anche i marinai che svolgevano servizio all’aperto erano costretti a vestirsi con più strati di indumenti molto pesanti, a causa del forte vento, dell’umidità e degli spruzzi.
Gli equipaggi delle navi affondate, da una parte o dall’altra, non avevano praticamente scampo.
Articolo pubblicato sul periodico “Arte Navale” n.71 giugno-luglio 2012 e qui riprodotto per g.c. dell’autore
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