Antonio Soccol: una vita tra storia e tecnica
di Francesco Fiorentino
Una vita vissuta in mare e per il mare, un pioniere della tecnica e del giornalismo nautico italiano
La motonautica, la progettazione, la storia e tutto ciò che riguarda l’infinito universo del mare e della tecnica nautica che negli ultimi cinquant’anni ha visto la luce in Italia e nel mondo è sicuramente stata vissuta, come spettatore e spesso protagonista, descritta o raccontata da un cittadino del mondo che, nato tra i canali veneziani, non poteva che avere nel DNA lo spirito stesso del mare.
Antonio Soccol
Ancora oggi a due anni dalla sua scomparsa, rappresenta la memoria storica dell’evoluzione della nautica e della motonautica in Italia. Una personalità eclettica, sincera e schietta spesso scomoda, ma per questo sempre coerente con i propri principi! Giornalista, cronista, come lui stesso amava definirsi, di un’epoca che ha visto la nascita e l’affermazione delle più importanti personalità e realtà del panorama della nautica italiana e mondiale.
Amico di grandi progettisti come: Renato “Sonny” Levi, Paolo Caliari, Pietro Baglietto, Peter Du Cane, Pierluigi Spadolini, di personalità che hanno dato alla nautica lustro e prestigio del calibro dell’avvocato Gianni Agnelli (di cui era consigliere personale per le questioni legate alla nautica)
Richard Branson il patron della Virgin e Carlo Riva, di miti della nautica internazionale come Don Aronow, Dick Bertram e Jim Wyne ma anche di grandi esponenti della letteratura internazionale come Gabriel Garcia Marquez.
Collaboratore di 131 testate giornalistiche tra cui Nautica e direttore di 30, molte delle quali fondate da lui stesso come Mondo Sommerso e No Limits World.
Antonio Soccol pur non essendo un progettista di mestiere ha respirato, visto, sentito e vissuto da sempre l’arte della costruzione nautica nel cantiere di famiglia acquisendo quella rara sensibilità pratica propria di chi, pur non avendo effettuato studi accademici specifici, con appena uno sguardo alle forme di uno scafo riesce ad intravederne pregi e difetti.
Questo grande interprete della storia della nautica contemporanea ha contribuito allo sviluppo ed alla diffusione di molte innovazioni nel periodo d’oro della motonautica tra gli anni ‘60 e ‘70 non solo con i suoi articoli ma sperimentandole in prima persona.
Sempre a stretto contatto con costruttori e progettisti tanto da essere ideatore e fondatore della prima associazione professionale italiana dei tecnici e progettisti per la nautica da diporto, che non ha mai volutamente presieduto per salvaguardare la sua neutralità di giornalista e che negli ultimi anni della sua vita ha però dolorosamente abbandonato a causa di forti divergenze con la dirigenza.
Uno dei suoi principi fondamentali era quello di non parlare di barche che non avesse provato personalmente. In Antonio la passione per il mare, unita ad una immensa cultura costruita nel tempo grazie agli innumerevoli interessi e ad uno spiccato intuito per l’innovazione, lo ha portato ad essere il narratore della storia della motonautica mondiale.
Carene, design, motori, trasmissioni e tutto quanto ruotasse intorno ad una barca a motore è stato analizzato nella sua lunga carriera con profondo spirito critico nei suoi articoli autentici e veritieri fino ad essere spesso anche molesti per coloro i quali provassero a proporre come innovative idee o soluzioni che invece con il senno di poi si sarebbero rivelate solo bolle di sapone.
Con il medesimo trattamento Soccol ha, però, elogiato e promosso nei suoi articoli ciò che invece era forte di fondamenta tecniche valide, spiegandone con dovizia di particolari il funzionamento ed i benefici. L’analisi tecnica di Soccol spesso andava anche oltre ciò che gli stessi progettisti riuscissero ad immaginare anticipando applicazioni ed utilizzi con la stessa abilità con la quale Jules Verne nei suoi racconti anticipava ciò che oggi è per noi tecnologia comune.
Antonio Soccol pilota e cronista
La sua attività di giornalista nautico lo ha condotto da sempre sui campi gara di importanti competizioni motonautiche come la Viareggio-Bastia-Viareggio, o la Cowes-Torquay. Dopo qualche anno trascorso a raccogliere le impressioni e le testimonianze altrui, Antonio decide di non volersi più limitare a raccontare quelle competizioni riportate da terzi e magari arricchite con un pizzico di fantasia ma di volerle vivere in prima persona in una costante ricerca della verità giornalistica, una dote per Antonio fondamentale ma spesso mancante nel mondo dell’editoria.
Antonio aveva già una nutrita schiera di conoscenze tra i costruttori ed i progettisti che illuminavano il panorama motonautico degli anni ‘60 ed aveva, come sempre, ben chiaro quale fosse il suo obiettivo. Grazie a questa fitta rete di contatti, alla sua abilità, ma soprattutto alla sua credibilità riuscì a coinvolgere nel suo intento il cantiere Sapri, il rappresentante italiano del costruttore di motori Perkins ed il progettista di imbarcazioni a motore più in vista e vincente dell’epoca che da quel momento in poi sarebbe diventato uno dei suoi più grandi amici: Renato “Sonny” Levi.
Il progetto prevedeva la partecipazione alla Viareggio-Bastia-Viareggio del 1969 in classe OP2 con un’imbarcazione di 27’ motorizzata con due diesel, scelta ardita per i tempi visto lo strapotere dei Mercury a Benzina. Il progetto funzionò alla grande ottenendo la vittoria nella loro classe e per Antonio fu l’inizio di una proficua attività di secondo pilota su barche, quasi tutte progettate dall’amico “Sonny” Levi, delle quali alcune avrebbero scritto pagine indelebili della tecnica motonautica.
Arcidiavolo
Arcidiavolo fu una di queste. Una grande intuizione di Levi realizzata da Giorgio Acquaviva titolare degli omonimi cantieri riminesi e finanziata da Giorgio Tognelli, imprenditore nel settore dei prefabbricati e affermato pilota di offshore. Tra Soccol e Tognelli fu un “amore” a prima vista: Tognelli aveva voglia di vincere ed Antonio sapeva chi avrebbe potuto accontentarlo senza costringerlo a rivolgersi ai costruttori d’oltreoceano.
Erano i primi anni ’70 e la richiesta di Tognelli era quella di poter avere una barca che facesse 60 nodi con mare 2 o 3, il genio di Levi fece il resto: “una roba così nuova che era difficile anche immaginarla” avrebbe detto Antonio parlandone qualche anno dopo. Nacque la carena a triciclo rovesciato, una commistione tra catamarano e mono carena la cui propulsione venne affidata ad un motore BPM di produzione italiana accoppiato ad una trasmissione ad eliche di superficie, che già aveva dato ottimi risultati sul Drago Italcraft e che avrebbe garantito il raggiungimento delle prestazioni richieste da Tognelli.
La logica di questo tipo di carena era quella di ridurre al minimo la resistenza facendole toccare l’acqua in soli quattro punti: tre degli scafi e l’elica. In maniera del tutto volontaria Antonio Soccol aveva dato il via ad una nuova sperimentazione nelle forme di carena stimolando la creatività dell’amico Levi e rendendosi ancora una volta cronista di una nuova avventura che lo vedeva protagonista come secondo pilota di un mezzo che come tutte le innovazioni più radicali avrebbe portato tante difficoltà iniziali ma anche tante soddisfazioni nel tempo.
I primi esperimenti di Arcidiavolo furono fallimentari, la barca faticava a planare e non raggiungeva la velocità di progetto, causa anche gli errori di “gioventù” intrinsechi di ogni progetto. La prima stagione di Arcidiavolo fu deludente ma Tognelli, del tutto incurante dei risultati negativi in gara e di tutte le difficoltà di messa a punto del mezzo, decise di commissionare ancora a Levi un’altra barca della stessa tipologia di Arcidiavolo ma più leggera: Arcidiavolo II.
Anche questa volta Antonio aveva giocato bene le sue carte e questa volta la tenacia e l’esperienza maturata con il primo esemplare di triciclo rovesciato lo premiarono con una barca che valse a lui ed a Tognelli non solo molte vittorie sui campi di gara (nonostante le altrettante numerose rotture meccaniche del motore) ma anche un record di velocità nel 1976 sulle acque di Sarnico che venne battuto di lì a breve ma da una barca equipaggiata con quasi il doppio della potenza!
Il concetto del triciclo rovesciato rimase uno dei punti fermi del Soccol “pensiero” e fu da lui profondamente descritto ed analizzato nel corso degli anni tanto da pensare, nella seconda metà degli anni 2000 sempre insieme a “Sonny” Levi, di proporre un concept di megayacht con una carena a triciclo rovesciato lunga 100’ e progettato per fare 100 nodi.
Fu una delle sue tante e sempre sottili provocazioni con le quali Antonio, ben cosciente della già conclamata crisi di idee del comparto nautico, cercava di far capire il concetto secondo cui il progresso spesso andrebbe cercato nel migliorare ed attualizzando ciò che già ha funzionato in passato.
La difesa delle eliche di superficie
Come già accennato Antonio Soccol è stato un uomo che ha saputo guardare oltre le apparenze, ha saputo riconoscere le vere innovazioni difendendole a spada tratta con argomenti che superavano la semplice dialettica e sempre con la cognizione di causa che la costante ricerca dell’esperienza diretta gli ha consentito di avere.
Come accaduto per la geometria a triciclo rovesciato, Antonio ha portato avanti una strenua difesa del sistema di propulsione ad eliche di superficie sin dalla sua prima applicazione diportistica sul Drago Italcraft.
Spesso presa di mira sia da alcuni tecnici che dalla stampa e relegata al solo utilizzo agonistico, la propulsione ad eliche di superficie fu ampiamente testata ed analizzata da Antonio su numerose applicazioni dell’amico “Sonny” Levi.
Numerose sono le testimonianze delle conversazioni tra Soccol e Levi su come migliorare il sistema e sulle numerose applicazioni possibili; si potrebbe tranquillamente sostenere che Soccol sia stato il secondo padre di questo tipo di propulsione e non si contano gli articoli o gli interventi che Antonio ha scritto sull’argomento riuscendo a spiegare in parole semplici e chiare il loro funzionamento senza mai dimenticare di condire il tutto con un pizzico di sano spirito provocatorio.
Exocetus Volans
Provocatorio e quasi al limite della ragione fu un altro dei progetti di Levi di cui Antonio si innamorò. Era la fine degli anni ‘70 quando dal genio di Levi insieme all’estro di Harrauer ed alla collaborazione di Alex Carrozzo (primo velista navigatore solitario italiano) nacque un progetto che per l’epoca aveva dell’incredibile e che a causa della sua “troppa avanguardia progettuale” non è ancora stata compreso a fondo ai giorni nostri.
La sfida era quella di creare una barca a vela che andasse bene anche a motore planando, due concetti apparentemente inconciliabili: un motorsailer planante che facesse scoprire ai motonauti la bellezza della vela ed ai velisti la comodità della navigazione a motore. Exocestus volans (pesce volante) venne realizzato dai cantieri Iag Nautica di Venezia e possedeva tutte le caratteristiche di una barca a vela.
A prima vista e nessuno mai avrebbe pensato, vedendola veleggiare di bolina fino a stringere i 30°, che sarebbe bastato ammainare le vele ed accendere i suoi due motori AIFO da 220 hp per schizzare a oltre 30 nodi di velocità massima: 33 per la precisione! Purtroppo il progetto non ebbe successo commerciale forse perché lontano dalle logiche dei regolamenti di regata, forse perché troppo estremo o forse perché realizzato e presentato nell’epoca sbagliata. Antonio racconta che l’avvocato Agnelli vedendolo al salone di Genova nel 1977, alla sua presentazione lo apprezzò molto pur non potendolo prendere in considerazione per se stesso solo a causa delle dimensioni (12 metri di lunghezza erano pochi).
Nonostante il rifiuto del mercato Antonio continuò ad amare quella barca credendo nelle sue potenzialità e nei suoi principi progettuali tanto da farla sua e ripristinarla dopo un lungo periodo di abbandono nel 1991-92, sostituendone i motori con due più potenti Man-Nanni Diesel da 330 hp.
Con Exocetus volans disalberata ed adeguatamente preparata, Antonio prese parte alla Venezia-Montecarlo del 1992 (questa volta come primo pilota) raggiungendo la ragguardevole velocità di 37,7 nodi e dovendo ritirarsi solo a causa di un tronco semi-sommerso finito sotto lo scafo durante la navigazione.
Le fotografie di Exocetus Volants T7 e l’equipaggio della Venezia Montecarlo del 1992
sono state gentilmente messe a disposizione da Daniele Pompili
Dopo quell’avventura Exocetus volans rimase la barca sulla quale Antonio trascorse le sue estati fino quasi all’ultima.
Il personaggio Antonio Soccol
Per raccontare Antonio Soccol, la sua ironia, il suo stile, la sua grande sensibilità spesso celata dietro un modo di fare distaccato ma mai scortese e per raccogliere ogni suo scritto tra articoli, interventi su qualsiasi mezzo di comunicazione, mail etc.. non basterebbe un’intera enciclopedia, così come non si riesce capire a fondo il suo pensiero e la sua personalità senza averlo conosciuto o aver scambiato qualche opinione con lui anche solo per via epistolare.
E’ invece molto semplice conoscere ed apprezzare l’enorme eredità storica, filosofica e tecnica che ci ha lasciato poiché oltre ad essere un grande del giornalismo nautico (in tutti i campi) sulla carta stampata è stato un grande interprete fruitore del web per mezzo del quale, pur solo digitando il suo nome su un qualsiasi motore di ricerca, si riescono a trovare numerosi suoi articoli.
Ad Antonio va un grazie particolare da parte di tutti: progettisti, giornalisti, tecnici ed anche solo appassionati, i quali si sono formati leggendo i suoi articoli, le sue critiche, i suoi racconti e che ancora credono nella nautica, quella vera, quella della sostanza e non della forma e del business a tutti i costi.
Antonio Soccol: un mentore, un amico ma soprattutto un maestro!
Indimenticabile… bellissimo e veritiero articolo… grazie per questo ricordo…
Gentile Dott. Lamberto Deho’,
La ringrazio sinceramente per quanto in modo sobrio e sincero ha espresso circa il nostro indimenticabile Antonio Soccol!
Ci manca tantissimo.. un vuoto incolmabile!
Un caro saluto,
Giacomo Vitale
Articolo
Articolo molto toccante. Un ricordo indelebile.Tutta la mia gratitudine.
Per me è molto difficile parlare di Antonio Soccol senza commuovermi e non solo… perché lui non amava i complimenti per la sua immensa umiltà che lo ha accompagnato in tutta la sua vita, sempre ricca di nuove esperienze ed avventure, soprattutto nel cercare di essere corretto e far capire ai suoi lettori ed alla gente che leggeva i suoi pezzi, dove erano le verità e dove gli inganni…
Come lui afferma in una intervista di cui compaiono alcune sue brevi frasi in un video che potete vedere dalla home page di AMB, “l’umanità la divideva in due grandi categorie:
. gli starter
. i ranners
Gli starter sono quelli che hanno il coraggio di aprire le porte, mentre i runners sono quelli che arrivano dopo e trovano tutto già fatto!!
Certamente Antonio apparteneva alla prima!!
Un abbraccio infinito a te che ci hai insegnato tante cose e chi ti ha voluto bene non potrà mai dimenticarsi di te!!
Grazie Tealdo!
E’ stato un grande piacere rendere il giusto tributo ad una persona insostituibile come Antonio, mettendo nero su bianco una piccola parte della sua realtà a memoria di tutti coloro che lo hanno conosciuto ed apprezzato ed anche per coloro che adesso ed in futuro vorranno leggere i suoi scritti per conoscere la vera essenza del giornalismo nautico!
Veramente un articolo splendido, completo, da amico sincero!