Lo Stradivarius del Mare – Barca d’epoca Speranzella Fujiyama
di Antonio Soccol
Fuji Yama: sembra che la corretta grafia del nome del famoso vulcano (nonché montagna sacra) giapponese preveda che le sue due componenti si scrivano staccate. Ma ormai è entrato in uso comune la scrittura Fujiyama e così, infatti, si legge a poppa di una straordinaria barca italiana.
Nei primi anni Novanta io ho avuto una profonda crisi di rigetto nei confronti della nautica da diporto: nato in un cantiere a Venezia avevo deciso di fare il giornalista e, sapendo di barche, ho iniziato sin da giovane (1957, quando avevo appena 17 anni) a scrivere su questo argomento, a frequentare prima i settori dedicati al diporto nautico delle Fiere Campionarie (Padova 1958, Milano 1960) e poi i saloni nautici (Genova, 1962) e quindi a vivere nelle redazioni delle riviste specializzate.
Dopo aver scritto per oltre cento testate e aver partecipato ai primi trentun saloni di Genova (da due giorni prima dell’apertura a due giorni dopo la chiusura) e a non so più quanti London Boat Show, Salon Nautique de Paris e a altre manifestazioni analoghe a Amsterdam, Oslo, Friedrichshafen, New York, Fort Lauderdale, Detroit e persino a Beirut (prima che iniziasse quel casino che non è ancora finito…); dopo aver visitato praticamente tutti i cantieri di Italia e di mezza Europa e di buona parte degli Usa beh, non ne potevo proprio più di scrivere di barche: volevo solo andar per mare.
Ma c’è sempre un “ma” in ogni decisione umana, qualcosa che interviene e crea le eccezioni. Nel mio caso fu il trentacinquesimo compleanno del Salone Nautico Internazionale di Genova: qualcuno mi chiese di scrivere un articolo indicando quale fosse stato, in quel lasso di tempo, la barca (da diporto) che maggiormente mi aveva colpito, interessato, affascinato. E perché.
Passai in rassegna tutti i “file” della mia memoria e la risposta fu univoca: Speranzella della Navaltecnica era in assoluto la miglior barca di serie che l’industria nautica avesse mai prodotto. E l’unica che avesse una carena invidiabile. “Certo – scrissi in quella occasione – sarebbe il caso di riproporla oggi sul mercato.
Ovviamente con nuovi motori più affidabili e potenti, con le nuove trasmissioni con eliche di superficie e magari anche con qualche piccolo ritocco nell’arredamento interno. Di sicuro sarebbe molto più efficiente e di classe di tante caravelle oggi in produzione.” Sono passati altri dieci anni e non ho cambiato idea.
Dalle parti di Amalfi vive un uomo mezzo matto: si chiama Giacomo e ha creato un blog dedicato alle barche d’epoca che risponde a questa url: www.altomareblu.com
Se andate a guardarlo questo blog vi troverete in grande compagnia: è il 39° al mondo per visite e, in assoluto, il primo in Italia per quanto concerne il settore nautico. Pensate che Google ogni tanto gli manda un assegno per ringraziarlo del traffico che crea… Come fa ad avere un così strepitoso successo? Non lo so, bisognerebbe chiederlo a Alessandro, il figlio di Giacomo, che è un autentico e imbattibile guru della materia web & company. Ma vi sconsiglio di farlo perché vi stordirebbe con tutto quello che sa.
In questo blog, una grandissima sezione è dedicata alle imbarcazioni progettate da Renato “Sonny” Levi e proprio da questa area mi è pervenuta la notizia che c’era ancora in circolazione, e tenuto in perfetto stato, un esemplare di quella antica e stupenda barca che era “Speranzella”.
Questo raro campione si chiama “Fujiyama” ed è di proprietà di Paolo Greppi. Pare che il nome sia stato dato dalla moglie del primissimo armatore: era appena rientrata da un viaggio in Giappone e la montagna sacra aveva colpito. Ovviamente, i proprietari successivi si erano poi ben guardati dal cambiarlo quel nome così inconsueto per una barca: come ben sappiamo la sfiga non esiste ma ci vede e sente benissimo e su questi fatti non scherza.
In breve: pochi giorni fa sono andato per mare con questo autentico miracolo di barca che ha oltre quarantadue anni di vita (di cui uno solo passato a terra per lavori di manutenzione).
I motori originali erano già stati sostituiti, nei primi anni Settanta, dai precedenti proprietari (la famiglia del leggendario Liborio Guidotti, grandissimo pilota di circuito degli anni Cinquanta e successivi), così che oggi “Fujiyama” gode della spinta di una coppia di Mercruiser V8 da 340 cv e tocca i 35 nodi di punta.
La barca è perfetta in ogni dettaglio: Greppi ha la fortuna (quasi incredibile) di poter godere della collaborazione di due rari esemplari umani: Paolo Boragno (un “vero” mastro d’ascia) e Marco Frassino (meccanico, contitolare della ditta M & P Frassino & Parodi di Finale Ligure). Quest’ultimo cura la parte motoristica dell’imbarcazione sin dal 1973 con meticolosità e precisione certosina mentre il primo ha rifatto il ponte in teak e gli interni con invidiabile maestria.
A bordo ogni elemento è preciso: la sala macchine è un piccolo capolavoro, l’impianto elettrico è impeccabile, gli interni curati in ogni particolare.
Siamo usciti dal marina di Finale Ligure con “Fujiyama” e il mare aveva appena appena un po’ di pelle d’oca: quasi un peccato che non fosse almeno “formato” per provocarsi un po’ di scariche di adrenalina con quella carena magnifica ma non sempre si può avere tutto dalla vita e dalla natura.
Emozioni? Sì. Quelle che può dare il toccare con mano uno stradivarius autentico.
Non le avete mai provate? Sino a quel giorno neppure io e, in realtà, mai nemmeno con quei famosi violini. Ma questo è quello che mi è subito venuto alla mente: la perfezione del più perfetto dei liutai. L’unica cosa che posso aggiungere è che mi sembrava che, persino l’incantevole dolcissima spiaggia di Varigotti, sorridesse allegra e felice al nostro passaggio morbido e di indicibile eleganza. Di assoluta classe.
Come sarebbe bello se anche le barche di oggi avessero questa classe. Già. Ma, appunto, non sempre si può avere tutto dalla vita.
Però a Paolo Greppi che ha l’ardire di mantenere questo stupendo monumento storico e alla bravura dei suoi ottimi collaboratori, un grazie è, davvero, di rigore.
Articolo apparso sul fascicolo di gennaio 2008 della rivista “Barche” e riprodotto per g.c. dell’autore.
Tutti i diritti riservati. Note Legali
Ciao Giacomo, ciao Roberto,
a 6 anni di distanza leggo dal vostro scambio. Vi leggo perché sto cercando informazioni sulla storia del cantiere Telaroli del Lido di Venezia e delle barche che ha costruito: in particolare del Telaroli “Tifi”.
Capisco che questa barca abbia fatto nascere delle passioni per la motonautica in chi l’ha usata all’epoca: io vado soprattutto a vela, ma il giorno che ho visto il primo Tifi me ne sono innamorato e da allora a piccole tappe cerco di restaurarlo.
Quindi, vorrei documentarmi sulla storia di questa barca, del periodo nel quale è stato costruito e se possibile, avere i dati tecnici di costruzione.
Avreste un’idea dove potrei rivolgermi?
Pippo
Caro Davide,
ti ringrazio per le gradite congratulazioni e da quello che mi dici comprendo bene la passione che vi ha sempre animato per le barche rigorosamente in legno e tutte di ottimi cantieri.
Scusaci se non le abbiamo pubblicato tutte le immagini che ci hai inviato, ma per motivi di programmazione e spazi abbiamo qualche difficoltà. Comunque ci congratuliamo sinceramente per tutti i risultati che avete raggiunto e le coppe vinte che lo dimostrano chiaramente. Bravi!
Siamo contenti che il video di Fujiyama ti sia piaciuto e ne seguiranno altri….
Continuateci a seguirci e grazie per la tua costante attenzione…
Un caro saluto.
Giacomo Vitale
Caro Giacomo,
finalmente trovo il tempo per scriverti e spedirti alcuni articoli e immagini delle imbarcazioni in legno possedute da me e da mio fratello. Si parla degli anni ’80,per quanto riguarda le competizioni nautiche con mio padre come pilota, io come cronometrista e mio fratello come navigatore.
Le gare consistevano in prove di regolarità (ve-pn,rally della laguna nord, ve-caorle, rally dei porti, etc.), abilità manovriera (gimcane di Brondolo, Adria, Cavarzere, Poveglia, etc.) e cultura nautica generica e storica (caccie al tesoro in laguna).
L’imbarcazione che ha fatto scattare la molla per questa passione e’ il ‘Telaroli Tifi’, un semicabinato che ci ha regalato infinite emozioni e soddisfazioni, seguito poi da altri scafi veneti: Dalla Pieta’, Dese, IAG Nautica, in più di un esemplare e sempre rigorosamente in legno.
Ora ti lascio gurdare le foto e continuo a farVi le congratulazioni per la rubrica e sopratutto per il video del Fujiyama 32, mi è piaciuto molto.
Ciao Roberto,
si, il Corsair esiste eccome. Costruita in alcuni esemplari si può trovare in rete essendo in vendita su alcuni siti inglesi. Sottolineo che è una gran bella barca e con motori di potenza media, raggiunge delle velocità ragguardevoli con un’ottima tenuta anche con mare formato.
La carena è di VTR, più corta della Speranzella 32′ di circa un metro, a quest’ultima si è ispirato l’ing. Levi e si può tranquillamente affermare che il Corsair si rifà alla pietra miliare più importante di tutta la vita da progettista di “Sonny” Levi. Io comunque ho le mie idee circa la VTR e questo Corsair è costruito da una società formata da tre persone tra cui il figlio di Levi, cioè Martin.
Per qualsiesi altra domanda sono a tua disposizione.
Giacomo Vitale
Di recente ho scoperto che esiste anche il Corsair, immancabilmente da voi inserito nel sito.
Allora una barca di produzione come la Speranzella nel mercato esiste!!!
Roberto
Inserisco di seguito il filmato della prova dello Stradivarius del mare…
L’articolo con la prova: Speranzella Fujiyama 32 Levi
Alex