La barca non è un auto – (XIII puntata) – Eurotax barche
di Antonio Soccol
IL VOLUMETTO
Il mese scorso abbiamo provato ad addentrarci nel difficile e delicato mondo delle imbarcazioni usate. Sia chi scrive che il suo “suggeritore ufficiale” (al secolo Giacomo Vitale) hanno fatto riferimento all’esistenza, nel settore delle auto, di una pubblicazione che si chiama Eurotax e che indica con dignitosa approssimazione l’effettivo valore di una vettura usata. Entrambi hanno tralasciato di dire che questa pubblicazione esiste anche per il settore nautico. Non era dimenticanza. Purtroppo, come mi hanno anche rapidamente segnalato alcuni lettori, questa versione “marina” esiste e come. Solo che né serve, né è del tutto attendibile. Mi spiego.
Nel sistema consumistico che regola la larga maggioranza del nostro mondo (specie quello nord-occidentale) i prezzi di un qualsiasi prodotto sono regolati sempre, oltre che dalla qualità del prodotto stesso (nel nostro caso, dal suo stato di conservazione), da una antica e incondizionabile legge di economia: a poca offerta e alta domanda corrispondono sempre prezzi alti, mentre molta offerta e poca domanda comportano valori di listino modesti. E’ così per tutto: dalle caramelle per i bambini buoni agli aeroplani da 400 passeggeri. Per tutto. Meno che per le barche usate.
Il listino Eurotax Nautica (Sanguinetti editore, 76 euro per due edizioni all’anno) nelle sue prime pagine recita testualmente:
“Le valutazioni esposte rispecchiano i valori medi dell’usato del mercato italiano. I valori esposti sono il risultato di indagini di mercato. La raccolta e l’elaborazione dei dati è affidata alla Sanguinetti Indagini di Mercato che si avvale della collaborazione di corrispondenti che effettuano rilevazioni presso gli operatori dei principali centri italiani. Le valutazioni riportate non derivano dall’applicazione di percentuali fisse di svalutazione, ma esclusivamente dalla media del rapporto domanda-offerta nelle diverse zone”.
Come dire: “Diamo i numeri che vogliamo e non chiedetecene i motivi. Ma, intanto, influenziamo il mercato come ci garba”.
Sono citati 169 cantieri in ordine alfabetico: da Abbate (Bruno) a Zuanelli. Le pagine di testo del volumetto sono 326, ognuna delle quali ha i dati di un numero variante fra i 12 e i 18 scafi: complessivamente si hanno dati e notizie su circa 4.500 imbarcazioni. Sono compresi anche i gommoni. Una sezione a parte si occupa, invece, dei motori fuoribordo.
Ma, prima sorpresa, alcuni cantieri storici non figurano:
“non c’è Baglietto, non c’è Benetti, non c’è CRDA (Cantieri dell’Alto Adriatico), non c’è Cantieri del Garda, non c’è Cantieri di Pisa, non c’è Delta, non c’è IAG Nautica, non c’è Italcraft, non c’è Mochi, non c’è Navaltecnica, non c’è Picchiotti, non c’è Posillipo”.
E qui mi fermo per non annoiare. Non c’è, in buona sostanza, tutta la nautica “storica” degli anni Sessanta e Settanta, fatta eccezione per i Cantieri Riva di Sarnico. Perché?
Una risposta potrebbe essere: “Perché questi cantieri non esistono più”. Ma non vale perché Baglietto-Pisa; Italcraft, Mochi e Picchiotti sono, per esempio, risorti. E sono stati anche fortemente rilanciati.
Altra risposta possibile: “Non ci sono barche di questi cantieri sul mercato dell’usato”. Non è vero, ci sono, eccome!
“E questa è la fregatura del volumetto”
che elenca solo barche standard, quelle che si danno in affrettata permuta ai cantieri quando si acquista qualcosa di nuovo.
In altri termini la pubblicazione è tutt’altro che esaustiva e non aiuta a trovare autentichi gioielli come erano e sono i vari “Elba”, “Bora”, “Roar”, “Akir”, “Delta 33”, “Drago”, “Speranzella” eccetera, tanto per citare i primi che mi vengono in mente.
“Non stiamo qui parlando di imbarcazioni “one off”, esemplari unici come potevano essere il “G. Cinquanta” di Gianni Agnelli o l’ “Hidalgo” di Adriano Olivetti… Questi sono “preda” di autentici “cacciatori di barche storiche” che si muovono con ricerche e parametri (anche economici) davvero esclusivi”.
“Parliamo di barche costruite in serie e che, oggi, rimesse in sesto con capacità e dedizione fanno (o farebbero) schiattare di rabbia tanti ignobili bagnarole (nuove o usate) che ingombrano i nostri porti, porticcioli e marina”.
E perché queste barche non figurano nel volumetto di Sanguinetti? Per il semplice fatto che le citate “rilevazioni presso gli operatori dei principali centri italiani” effettuate dai corrispondenti della pubblicazione consistono nella banale raccolta di dati di brooker e cantieri interessati a smaltire un po’ di mercanzia nautica subìta in permuta. Non si tratta, insomma, di un lavoro di “vera” ricerca, accurato e davvero utile per gli appassionati. E’, al contrario, una raccolta di prezzi fissati, non in base a precise valutazioni fatte dal mercato (domanda e offerta), ma da venditori “che ci provano” (e, “se la và, la gà i gamb…”, dicono a Milano). Gli stessi prezzi, controllare per credere, si trovano spesso anche nella pagine finali di molte pubblicazioni del settore dove, d’abitudine, vengono raccolte le inserzioni dei brooker.
“Insomma l’Eurotax per la Nautica non svolge affatto una operazione di valutazione ma si limita a riportare elementi decisi da alcuni operatori. Non c’è critica, non c’è giudizio, non c’è valutazione. Il tutto all’insegna della banale affermazione che nel settore della nautica da diporto il concetto di “svalutazione” di un prodotto di serie non è applicabile”.
E allora che deve fare l’appassionato che vuol affrontare le “sabbie mobili” dell’usato?
Il mio suggeritore ufficiale, Giacomo Vitale, mi risponde:
“Prima di tutto deve capire cosa vuole fare con questa barca da acquistare usata: quali motorizzazioni desidera? entrobordo? o entrofuoribordo?, oppure fuoribordo?, motori a scoppio o diesel? potenza massima?, numero delle persone che dovranno esser trasportate?, a che distanza dalla costa?, tipo di carena a dislocamento? o planante?, lunghezza massima ft.?, età?, materiale di costruzione?, compensato marino?, lamellare in mogano incollato ed incrociato in vari strati ed a 45° tra loro?, tavole in legno massello?, vetroresina?. Meglio rispondere a tutte queste domande prima di mettersi alla ricerca, altrimenti si finisce in un frullino di proposte che nemmeno la centrifuga della lavabiancheria…”
Il mio amico tira il fiato e poi riprende:
“Altra precisazione: prima di orientarsi su quale imbarcazione usata comprare, una volta determinato il tipo da scegliere, tra open, open con cabina sottocoperta, cabinato eccetera, una raccomandazione è d’obbligo.
“Bisogna scegliere una barca nota e che abbia ottime doti di navigazione, costruita da un cantiere serio. Non è possibile fidarsi troppo di amici “esperti”, che spesso sanno tutto, ma in realtà non sanno niente. Meglio chiedere ad un tecnico del settore, un perito nautico abilitato. Aggiungo solo che non è molto importante se il cantiere esiste ancora, poiché in caso di riparazioni o altro si possono facilmente risolvere i problemi senza il supporto tecnico degli antichi costruttori.”
Ma come trovare queste barche che “ufficialmente” (vedi Eurotax Nautica) non esistono?
Questo lo vedremo la prossima volta.
(segue)
Articolo pubblicato nel fascicolo di gennaio 2008 della rivista “Barche” e riprodotto per g.c. dell’autore – Tutti i diritti riservati. Note Legali
Ciao,
quanto posso chiedere di prezzo per un minidrago del 75 sempre originale con motori perfetti e carena perfetta?
Luca
Caro Alfredo, cari tutti,
sembra anche a me che il lavoro sia stato effettuato a regola d’arte. Tranne in un punto. Mettere del tessuto tra gli strati di fasciame vuol dire tentare di creare una struttura monolitica che non è più in grado di muoversi e di assorbire colpi, sono sicuro che il tessuto si è fratturato in seguito ad un colpo di mare.
Non credo che esistano problemi di coesione dello scafo e non mi sento di proporti di smontare tutto per vedere il percorso della via d’acqua. Se la barca “suona” bene in secca dopo che si è asciugata non mi preoccuperei, se al contrario avverti qualche cambiamento di tonalità alla percussione, lì puoi cercare.
Perché non ci fai vedere qualche foto di questo preziosissimo oggetto? Come è motorizzata? che angolo ha a poppa? (se ce l’ha) Me la immagino solenne e bellissima.
Ciao a tutti.
Bruno.
Caro Giacomo,
grazie per aver risposto all’accorato appello ma, visto che anche il simpatico Bruno discetta di fasciame devo spiegarmi meglio.
L’opera viva di “pamina” e stata portata a legno vivo nel 96′. sono state ripulite tutte le teste della chiodagione in rame e, una per una, sono state riempite con resina addensata, gli angolari in rame sono stati eliminati e al loro posto è stato collocato il tessuto. Infine a regola d’arte è stata trattata l’intera opera viva con 10/10 della Cecchi.
Già nel 2000 sono stato costretto a rifare per metà la parte di dritta dell’opera viva.uno straordinario maestro d’ascia siciliano fece un lavoro perfetto.oltre la coperta in teak massello,a prua piegato a caldo per farlo convergere su una lisca di pesce in mogano, ha ricostruito parzialmente, com’era in origine, il triplo faciame di mogano incrociato longitudinalmente usando colla al resorcinolo, chiodagione in rame e anche la tela tra due strati.
Purtroppo, dopo tanto lavoro, nel 2008 sono certo di non poter più navigare in sicurezza se prendo mare formato di prua trafila acqua abbondante, se “pamina” sta in porto tre giorni l’acqua sparisce.
Quest’inverno non ha fatto un filo d’acqua, ma con il cambio di temperatura dell’acqua di Aprile trasuda anche da fermo.
Ho chiesto a del Carlo di Viareggio, il vecchio per intenderci, lui sostiene che bisogna richiodare lo scafo. Una cosa è certa: il logorroico Cecchi non mi frega più!
L’epossidico può essere usato per rigenerare e isolare uno scafo dislocante; non va bene su “pamina” che è uno dei primi, se non il primo esempio di applicazione diportistica della carena dei “mas”,
sono troppe le sollecitazioni subite dallo scheletro che ha ordinate sottilissime.
La pretesa di irrigidire tutto il fasciame è un’utopia che si è infranta sul mio esangue portafoglio, le vie d’acqua si insinuano nel triplo fasciame e tutte le volte che ispeziono la sentina trovo l’amara sorpresa.
Mi scuso per il tedioso e puntiglioso scritto, ma, come potrai constatate, “pamina” è un paziente maltrattato e forse incurabile.
Grazie per l’attenzione,
grigi e piovosi saluti milanesi
Alfredo
Gentile Alfredo Zampogna,
visto che parli con un “matto”, come mi deficnisce affettuosamente il mio carissimo amico – giornalista Antonio Soccol, autore di tutta questa interessantissima serie di articoli “la barca non é un auto”, vedo che condividi quello che lui afferma circa il famoso e fasullo listino Eurotax delle barche usate e tutte le altre forme di valutazione improprie delle barche usate.
Il mondo della naiutica da diporto è certamente un mondo a se e per certi versi un po’ strano e mi dispiace per il carissimo amico psicanalista Bruno Intreccialagli, siamo comunque dei “matti” sani di mente, perchè non abbiamo bisogno del medico dei pazzi quale lui è… anzi gli consiglio di trovarsi degli amici veramente pazzi, altrimenti fosse per noi, rischierebbe di rimetterci la carriera, inquanto non siamo assolutamente dei “malati da curare” …siamo dei malati di motonautica che amano le barche Levi e come tali, guai chi tenta di farci guarire da questa malattia… anzi ti avverto bonariamente, se ci provi caro Bruno, come minimo ti faccio due occhi neri….
Insomma scherzo e che aggiungere: come sono belle queste malattie, ne vorrei avere a iosa…
Adesso parliamo della barca di Alfredo:
prima di tutto da buon marinaio, una barca bella va usata sempre e se ne devono sfruttare tutte le sue potenzialità al massimo per viverla fino all’ultimo centimetro del ponte, dei motori della sua funzionalità ecc..
Caro Alfredo permettimi di affermare che la tua barca non deve essere una reliquia. D’accordo che deve essere tenuta in modo impeccabile, ma su via sei un umano e non un extraterrestre… quindi usala bene, goditela fin che puoi e non ti fissare a renderla come un oggetto speciale che poi utilizzi ogni tanto, perchè se fai questo mi viene subito da pensare che non sei un bravo marinaio.
Sarebbe come avere una Ferrari e non usarla per la paura che si possa rompere…. inaccettabile per me questa cosa. Io, se avessi una Ferrari la userei al massimo delle sue possibilità andando ogni tanto in pista per scatenare tutti i suoi cavalli per bene, oltre a uscire e godermela a modo mio…
Ma ritorniamo alla tua barca e per lo scafo sembra di capire che sia a fasciame longitudinale… ecc.
Sarebbe troppo lungo spiegarti del trattamento con epossidica che hai eseguito alla tua barca, ma in linea di massima hai parzialmente ragione….
Dici che la barca si trova a Tropea e in poche parole vorresti essere consigliato sul suo stato e sui lavori da eseguire per tenerla sempre in perfette condizioni…
Se vuoi potrei venire personalmente a vederla a Tropea e poi fare una relazione sul suo stato, aggiungendo tutte le notizie del stai cercando.
Il cantiere più vicino a te capace di intervenire con serietà sulla tua barca è “Union Marine” a Salerno di Luca Bassanini e trovi le sue coordinate sull’articolo che parla del restauro del Rudy Santamaria.
… Siamo comunque a tua disposizione e contattaci sempre quando vuoi
Giacomo Vitale
Carissimo Alfredo,
mi permetto di rispondere alla tua accorata mail im quanto mi sento chiamato in causa come psichiatra. E’ vero, il mondo delle barche d’epoca è un mondo di matti, non pericolosi però, specie quelli appassionati di barche a motore.
Mentre aspettiamo il più autorevole commento di Giacomo Vitale, lascia che ti dica che sono un po’ perplesso sul trattamento in epossidica di uno scafo in fasciame. L’epossidica è perfetta sul lamellare, ma il fasciame a mio parere si muove troppo, specie se lo fai navigare a 22 nodi, la sua anima è inquieta di natura, direi che il trattamento potrebbe addirittura aver peggiorato la tenuta dello scafo.
Conosco la cantieristica di Anzio, penso che il cantiere di Sandro Gallinari o di Peppino Gallinari sia in grado di affrontare e risolvere il tuo problema.
Per una consulenza psichiatrica sono a tua disposizione, ma a mio parere è la tua passione ad assicurarti la salute mentale!!
Un caro saluto.
Bruno
Mi permetto di dissentire da quotazioni Eurotax e quant’altro di simile.
Il mondo delle barche d’epoca è un mondo di matti.
Posseggo un protoptipo di Polaris C. di Porta a mare(oggi Pisa) one-off del 58. Allora così chiamato per la passione lirica del suo primo armatore tedesco.
sono maniacale al punto che ogni anno tratto il teak della coperta fino a recuperare il colore giallo oro per poter apprezzare il contrasto cromatico con il mogano a vista, che tratto con 7 mani di Spinnaker gold. Poi mi godo lo spettacolo in porto.
Per me salpare è come mettere a rischio l’opera d’arte, mi viene lo sress da falchetta.
Tutto questo mi prosciuga le tasche, ma ciò che rende inaccettabile continuare è la certezza che il restauro non ha mai fine!
Ho trattato a regola d’arte l’opera viva con la resina epossidica Cecchi 1010 nel 98, ma sono convinto che non funziona.
Lo scafo del Pamina 13,20 ha un tagliamare di prua che è sottoposto a troppe sollecitazioni.
Viaggia a 22 nodi veri di crociera, troppi per un fasciame del 58. Trovo l’acqua in sentina e non sò da dove arriva. Forse si crea una via tortuosa che si infiltra nel triplo fasciame.
Non ho mai trovato un cantiere che abbia le competenze per risolvere i miei problemi. La barca si trova a Tropea. Avete per caso qualche suggerimento da darmi? Ve ne sarei veramente grato.
La cabina si è marcita in divarsi punti per l’acqua piovana e devo fare interventi decisivi per la sopravvivenza dell’esemplare del tutto diverso dai Polaris di serie.
Grazie e cordiali saluti
Alfredo Zampogna
p.s. è un momento di sconforto, magari domani passa!
naturalmente fino ad oggi è…
Caro Cicogna,
grazie per l’intervento e per il commento. Quanto al suggerimento di comparare i prezzi che ci sono sul web…beh, io ci ho provato ma dopo mezza giornata di lavoro ho lasciato perdere. E’ lavoro improbo: tutti vendono tutto. Spesso sono le stesse barche proposte probabilmente dalla stessa fonte unica e presentate su siti web diversi: la logica è di pescare un pesce (cliente) e quindi più ami innescati ha un palamito meglio è, no?
In altri casi mancano elementi per fare dei confronti probanti: non c’è l’anno di costruzione oppure manca la motorizzazione. raramente si hanno immagini (autentiche e recenti) sullo stato di conservazione e così via. Come fare a realizzare confronti? Onestamente io non ci sono riuscito. Ma se qualcuno ha voglia e tempo… e riesce a venirne a capo, sì: sarebbe utile e credo che questo “nostro” fantastico blog sarebbe ben lieto di pubblicare una analisi del genere.
Un cordiale saluto.
Antonio Soccol
Parole Sante…
Quando una persona viene abilitata alla condotta di imbarcazioni un’eventuale “Master”, come oggigiorno si usa, dovrebbe essere d’obbligo – iltre un piccolo tirocinio in qualche cantiere e/o officina motori (ma anche grossista di legnami) non guasterebbe… ma ottenuta la patente, ormai, il novizio sa tutto oltre a dar consigli a chi ne sa di più .
Si sa le pubblicazioni esistono per soddisfare le curiosità… ma dare opinioni, valutazioni, consigli, ecc… La “PROPRIA PELLE” deve lavorare in prima persona – e non condiviso… dare la colpa a terzi.
La regola che una volta si adoperava per la svalutazione non la vedo applicata:
1° anno – 10%
2° anno – 20%
3° anno – 30%
poi ogni anno sucessivo – 10 %
Tutto cambia ??
Saluti e grazie per averVi letto.
P.s. una buona idea per conoscere il mercato dell’usato potrebbe esser una seria ricerca nei siti che trattano la nautica… compilando successivamente tabelle comparative, allora, i professionisti della compravendita “super esperti con supervalutazioni o supersvalutazioni” si ricrederebbero delle loro offerte.
Vincenzo Cicogna