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Lo sviluppo degli scafi veloci – di Renato “Sonny” Levi

24/01/2008/1 Commento/in Barche veloci, Offshore, Renato "Sonny" Levi, Sviluppo scafi veloci/da Renato "Sonny" Levi

Leggete questo articolo scritto da Renato “Sonny” Levi e pubblicato sulla rivista “MONDO SOMMERSO” nel 1973 diretta da Antonio Soccòl. Negli anni in cui chi voleva improvvisamente correre in offshore e sperare di vincere subito il titolo mondiale, comprava un Cigarette con un paio di Aeromarine e fine del discorso… (Antonio Soccol)

Lo sviluppo degli scafi veloci

Tornado L’evoluzione nel disegno degli scafi offshore, durante gli ultimi anni è stato pietosamente statico. Mi sembra che ciò abbia avuto conseguenze negative anche sulla popolarità di questo sport. Ho notato (e mi è stato fatto notare da altri colleghi) che non c’è più lo stesso entusiasmo, né lo stesso interesse dei primi anni da parte della stampa.

Si sa che l’offshore non è sport ideale per gli spettatori ma, per quel che mi riguarda, nemmeno il ciclismo lo è: eppure se ne parla continuamente per più settimane.

Non intendo offendere i tifosi di Eddy Merckx ed ammetto anche la mia completa ignoranza su ciò che rende il ciclismo così popolare. Altrettanto drasticamente non ammetto però la mia ignoranza sulle cose che riguardano l’offshore.

Inevitabilmente quanto sopra farà pensare a molti che la mia dichiarazione contiene più che una semplice gelosia professionale, dal momento ch’essa proviene da un mio particolare coinvolgimento nella progettazione di queste barche.

Tengo naturalmente la testa fuori dalla mischia, ma il vero problema è di attirare l’attenzione, il più obiettivamente possibile, sulla necessità di stimolare questo sport attraverso nuovi sviluppi ed anche sulle difficoltà che s’incontrano nella progettazione e costruzione di nuove barche.

Per quel pubblico che ha problemi nel riconoscere uno scafo da un altro, si può pensare che esistano altre strade per entusiasmarlo che non quella di avanzare sulla via del progresso “tentando” nuove barche. Ma per coloro che sono “addetti ai lavori” credo che nulla possa essere più stimolante del vedere nuovi scafi. Il rapporto fra il pubblico e i diretti interessati è, dal punto di vista numerico, sfavorevole ai secondi ma è altresì vero che questi compongono il nucleo vitale dal quale si irradia la noia attuale o l’eccitazione (d’altri tempi). E’ a questi appassionati che l’offshore deve molto del suo sviluppo e, purtroppo, è proprio da questi che manca oggi una certa spinta. Non ho termometri per giudicare il resto.

Memco Bob MagoonNegli ultimi anni abbiamo visto l’incondizionata supremazia degli scafi americani che, con motori americani, hanno monotonamente vinto ogni gara. Abbiamo anche visto che è inutile qualsiasi sistema di propulsione che non sia il gruppo poppiero. Questa (barca americana con efb americani) è la formula offshore che ha maggiori possibilità di successo pur di avere una certa dose di fortuna.

Naturalmente un minimo d’evoluzione nel disegno delle barche c’è stato: si sono allungate un po’ tutte di circa un metro ed i motori danno oggi circa 100 cv in più ciascuno per un incremento di velocità di circa 10 mhp (16 km/h). Inoltre la navigazione con mare agitato oggi è un po’ più confortevole di quanto fosse una volta.

E’ decisamente difficile sperare di mantenere vivo l’entusiasmo degli appassionati con questo lento tipo di evoluzione. Oh, dimenticavo: questa monotonia nei successi degli scafi americani è stata quest’anno interrotta da alcuni successi conseguiti da una barca inglese (vecchia di due anni) di forma abbastanza simile agli scafi made in USA e con una coppia di motori… americani. Unica differenza il fatto che è costruita in alluminio e ciò potrebbe significare un certo rilancio della lega leggera rispetto alla vetroresina ( i problemi avuti da Don Shead nella gara di Deauville dove pare che il suo Unowot si sia “aperto” in carena smorzano anche questo barlume di rilancio n.d.r.). Voglio essere obiettivo: devo confessare che la risposta onesta alla classica domanda “Quale barca ha oggi maggiori probabilità di vittoria?” non può essere che questa “Prendi quello che usano quelli che vincono”.

Certo come tipo di consiglio non si può dire che brilli di fantasia ma ciononostante è il più onesto ed anche il più economico per mettersi subito fra i piloti di prima fila e la controprova viene data dalle felici esperienze fatte sia in Europa che negli USA da principianti che con una di queste barche hanno vinto sin dalla loro prima gara. Questo dimostra l’elevato grado di meticolosa preparazione che questi scafi hanno richiesto e la relativa poca esperienza che i piloti devono avere.

Anche approvando queste qualità, uno può avere il coraggio di chiedersi quali vantaggi si siano avuti nell’evoluzione del disegno? Quali alternative ci sono all’acquisto di una barca ben sperimentata? Ce ne sono due.

La più sicura è costruire uno scafo simile a quelli che oggi vincono magari un po’ più lungo, un po’ più deciso, un po’ più leggero, con gli stessi motori entrofuoribordo: senza farsi venire gli incubi di notte il progettista ed il costruttore possono realizzare qualcosa di più veloce di quanto oggi non ci sia in giro. Magari ne uscirà uno scafo più diffìcile da portare, ma non sarà comunque mai richiesta la prontezza di riflessi di un Jim Clark. E questo è molto importante per il dilettante pilota offshore che raramente dispone di tutto il tempo necessario per dedicarsi agli allenamenti.

Dimenticavo di dire che questa strada sarà un po’ più costosa di quella oggi abituale perché comporterà nuovi modelli, nuovi stampi, eccetera (benché i costi abbiano buone probabilità di ridursi nelle barche successive man mano che si ammortizzano le spese iniziali d’attrezzatura). Mi rendo comunque conto che ciò non può essere di grande consolazione per un neofita.

Tornado L’altra soluzione può dare maggiori soddisfazioni: si tratta di sviluppare un discorso completamente nuovo. Nuovo disegno di scafo nuovi motori, nuovi sistemi di trasmissione. E’ l’alternativa più costosa e più rischiosa ma è anche quella che potrà dare le migliore soddisfazioni se tutto andrà bene. Bisogna subito aggiungere però che il potenziale incremento di velocità richiederà una capacità di guida professionale simile a quella di un Jim Clark e questo mi fa pensare a quanto siamo ancora lontani da una simile eventualità.

Ritengo che la risposta sarà possibile solo nel momento in cui la nautica diventerà davvero un grosso “business”: ci sarà allora un maggior interesse e un maggior numero di sponsor. Chi entra oggi con un patrocinio nel mondo offshore è quasi in posizione di monopolio e non deve correre alcun rischio per esser in prima fila.

Ben diversa sarebbe la situazione se vi fossero più industrie disposte a sovvenzionare cantieri e piloti per ricavarne della pubblicità. Quanto meno i piloti sarebbero dei professionisti: la vittoria per loro sarebbe un motivo di vita e non un piacevole hobby domenicale, e questo certamente farebbe sparire di circolazione gli attuali dilettanti con tutta la loro eccitazione e le loro preoccupazioni.

Questo lungo periodo di stasi nell’evoluzione del disegno sembra aver creato uno stato di tensione tra gli attuali proprietari di scafi offshore. Ho avuto questa sensazione precisa prima della scorsa stagione: si parlava molto di nuove barche, c’era in giro molta curiosità e molta indecisione.

Personalmente ho avuto quest’anno la mia dose di amarezze nel tentativo di inserire nel gioco alcune insolite soluzioni di progetto. I problemi che ho incontrato sono ancora freschi: desidero lasciarli un po’ sedimentare e poi, assieme alle esperienze avute, discuterli nei dettagli analizzando nella maniera più obiettiva possibile, i pro ed i contro.

Articolo pubblicato nella rivista “Mondo sommerso” nel fascicolo di ottobre 1973 e riprodotto per g. c. dell’autore.

Le immagini sono tratte dal sito: Albaco.net

Tags: Barche d'epoca e classiche, Carene V Profondo, Evoluzione degli scafi, Scafi veloci, Sonny Levi
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1 commento
  1. Mario
    Mario dice:
    25/01/2008 in 20:30

    é difficile riuscire ad immaginare un mondo dove ricerca e sviluppo siano fermi al trentennio scorso.

    Eppure, salvo sporadici casi, il mondo della nautica dimostra di non avere idee (parlando di opere vive), innovazione e coraggio. Idee, in quanto non fanno altro che scopiazzare carene, aggiungendo delle opere morte veramente morte (carver docet).

    Innovazione, investimenti, atti a produrre veramente qualcosa di moderno ed efficiente, veloce e che non richieda potenze stratoferiche per navigare. Coraggio, aprire strade nuove, magari tornare all’utilizzo del legno, inserito in un ciclo che preveda come in svezia, la piantumazione, per avere a fine vita delle imbarcazioni, prodotti non nocivi e di facile smaltimento.

    Saluti

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