Progettare la velocità
Oltre al mondo del diporto nautico qualche progettista si scontra anche con le problematiche legate alla progettazione di imbarcazioni da competizione.
Le imbarcazioni da competizione hanno sempre un grande fascino. Ecco come progettarle.
Progettare un’imbarcazione a motore da competizione non è un’operazione banale. Anche se le scelte tecniche da operare sono di numero molto inferiore a quelle che occorrerebbero per un’unità da diporto, la loro corretta valutazione in fase di progetto determina la futura resa in mare del mezzo che a differenza di una barca da diporto, dovrà spesso essere condotta in condizioni molto mutevoli e decisamente al limite.
Tecnica, tecnologia: la progettazione di una imbarcazione offshore.
Una delle considerazioni iniziali che spettano al committente più che al progettista è legata al tipo di classe in cui gareggiare che va scelta in base al budget economico che si ha a disposizione nonché alla capacità tecnica dei piloti.
Lo studio preliminare
Una volta decisa la classe il progettista deve studiare a fondo i regolamenti tecnici di classe previsti dalla federazione sportiva a cui fa riferimento il campionato o la competizione in cui si intende gareggiare.
Per i maggiori campionati o competizioni a livello mondiale si fa sempre riferimento al regolamento U.I.M. (Union Internationale Motonautique) che stabilisce dei parametri inerenti rapporti tra peso, lunghezza e potenze dei propulsori nonché alcuni requisiti di sicurezza da adottare per la costruzione e l’allestimento delle unità in base alla classe di appartenenza.
Nel mondo delle competizioni motonautiche, diversamente da quanto accade in quello delle competizioni automobilistiche o motociclistiche, la quantità di fondi disponibile per la progettazione e lo sviluppo dei mezzi non è quasi mai tale da poter investire in una ricerca tecnologica e tecnica adeguata per lo scopo e pertanto spesso e volentieri, soprattutto in tempi di ristrettezze economiche, ci si affida più all’esperienza ed alla coscienza del progettista ed alla sensibilità dei collaudatori piuttosto che ad analisi sistematiche.
I parametri tecnici fondamentali da considerare sono in ordine di importanza: geometria dello scafo, aerodinamica complessiva, materiali e tecnologie di costruzione e meccanica propulsiva. La geometria dello scafo naturalmente gioca un ruolo fondamentale in qualsiasi progetto e dipende molto dalla tipologia di unità che si vuole progettare, dal rapporto peso/lunghezza o peso/potenza stabilito dal regolamento di classe e dalle condizioni di funzionamento dell’unità (circuito o mare aperto).
Le tipologie maggiormente utilizzate per le competizioni motonautiche sono per lo più monocarena o catamarano: la prima maggiormente utilizzata nelle gare di durata (endurance) in mare aperto in cui sicuramente ha maggiori vantaggi specie con il mare mosso; la seconda utilizzata in competizioni in cui è predominante ottenere una prestazione assoluta di velocità e disputate sia su circuito inshore sia offshore.
La geometria di carena
Una volta scelta la classe e studiato il regolamento ma soprattutto i risultati e le prestazioni a cui tendere il progettista decide la geometria dello scafo stabilendo la lunghezza, l’angolo di deadrise della carena ma soprattutto la posizione dei pattini di sostentamento e la presenza, il numero e la posizione dei redan.
Questi ultimi due parametri sono fondamentali per la buona resa idrodinamica dell’unità poiché influenzano in maniera considerevole l’assetto in navigazione e quindi le prestazioni; inoltre la loro posizione una volta costruita la carena difficilmente può essere variata se non con importanti interventi di modifica i quali, nel caso dei redan, vanno anche ad interessare la struttura resistente dello scafo. E’ quindi molto importante uno studio attento ed oculato dei pesi e della loro distribuzione a bordo.
Fortunatamente, a differenza di un’unità da diporto, per una barca da competizione il numero degli elementi di peso da considerare è molto limitato ed è dato dal peso dello scafo, della coperta e delle eventuali strutture di protezione dell’equipaggio, dal peso dell’equipaggio stesso, da quello dei motori e da quello della meccanica presente a bordo.
Un’analisi in fase di progetto di questi parametri è quindi relativamente semplice e può portare con buona approssimazione all’individuazione del baricentro della barca e di conseguenza alla successiva fase di studio del comportamento idrodinamico dell’unità. E’ importante tenere sempre sotto controllo i pesi poiché spesso i rapporti peso/potenza espressi nei regolamenti tendono ad avere pochissimi margini sul peso dell’intera imbarcazione che in gran parte è costituito dal peso degli elementi strutturali principali (scafo e coperta) e dalla meccanica propulsiva.
Di questi due elementi il secondo è difficilmente migliorabile essendo indipendente dalla volontà di chi progetta, il quale invece può e deve necessariamente agire sul peso dei componenti di scafo e coperta. Il progettista è, quindi, davanti ad una scelta delicata poiché deve cercare di avere un manufatto che sia al contempo leggero ma resistente e può contare su due variabili principali.
Prima di esse è la quantità delle superfici sviluppate le quali dovranno essere studiate con molta attenzione per poter dare alloggio e protezione sia alla meccanica che all’equipaggio senza eccedere per non creare peso inutile e con un occhio sia all’aspetto strutturale sia a quello aerodinamico che analizzeremo in seguito. La seconda variabile è il materiale di costruzione; la scelta di una tecnologia piuttosto che un’altra è dovuta fondamentalmente al budget che si ha a disposizione ed alla capacità tecnica del cantiere che dovrà metterla in opera.
Sarà compito del progettista valutare bene quest’ultima e lavorare a stretto contatto con le maestranze per l’intera durata del progetto.
La scelta dei materiali ed il dimensionamento strutturale
Nel corso degli anni i materiali e le tecnologie di costruzione che si sono avvicendate nelle competizioni motonautiche sono state le più svariate e tutte hanno portato ad una successiva evoluzione anche nella cantieristica da diporto.
Dal compensato marino al lamellare, dal composito in vetroresina all’alluminio per poi ritornare ai compositi avanzati a base aramidica o in carbonio fino alla strada ancora poco battuta dei nanocompositi ogni materiale ha espresso pregi e difetti ed ogni epoca ne è stata caratterizzata da uno specifico in particolare.
Ciò che più colpisce è che molto spesso in competizioni offshore aperte ad imbarcazioni storiche molte barche del passato riescano a tenere il passo o addirittura a surclassare imbarcazioni di più recente costruzione, a riprova della bontà intrinseca e senza tempo del progetto. Definiti la geometria di carena, le superfici, e scelti il materiale e la tecnologia di costruzione, uno studio di notevole rilevanza dovrà essere dedicato al dimensionamento delle strutture le quali contribuiranno a rendere sufficientemente resistente tutti gli elementi dell’imbarcazione poiché frequentemente le imbarcazioni da competizione si trovano ad affrontare condizioni di funzionamento al limite in cui capita che zone come i fianchi o la coperta possano essere sollecitate in maniera rilevante.
Basti pensare al classico caso della cosiddetta “infilata” in cui dopo aver preso ad alta velocità un’onda trampolino si ammara con un angolo di assetto negativo sulla cresta successiva ”bucandola” ed entrando con l’intera prua (a volta anche l’intera barca) sott’acqua. In quel caso anche la coperta subisce una pressione idrodinamica notevole e non è raro l’insorgere di incidenti in cui si assiste alla vera e propria esplosione della prua ed al successivo affondamento dell’unità.
Aerodinamica in nautica
Un aspetto determinante, non tanto nelle categorie monocarena quanto nella progettazione dei catamarani, è costituito aerodinamica poiché il flusso di aria che agisce nel tunnel tra i due scafi influisce notevolmente sulle prestazioni dello scafo. Il tunnel ha un’importante funzione di sostentamento aerodinamico che si aggiunge al sostentamento idrodinamico degli scafi.
La sua forma insieme alla forma della coperta rappresenta un vero e proprio profilo alare sul cui dorso (coperta) si generano forze di depressione mentre sul cui fondo (tunnel) forze di pressione. Come una vera e propria ala il tunnel va studiato con accuratezza ottimizzandone i flussi in maniera tale che, specie alle basse velocità e quindi con un alto angolo d’attacco, generino una portanza sufficiente a favorire l’ingresso o il mantenimento della planata e che alle alte velocità aiutino a mantenere il giusto angolo di assetto.
Anche nei monocarena l’aerodinamica gioca un ruolo molto importante, seppur non quanto nei catamarani, poiché a velocità che spesso superano i 100 Km/h l’effetto di penetrazione aerodinamica delle superfici frontali diviene rilevante nella prestazione finale complessiva.
Negli anni ‘90 molte imbarcazioni da competizione monocarena hanno usufruito di appendici aerodinamiche per generare un effetto di portanza maggiore e quindi ridurre la resistenza idrodinamica o per far si che tale effetto di sollevamento potesse rendere più sicuro e morbido l’atterraggio in caso di salto sull’onda.
Anche in questo caso lo studio delle appendici aerodinamiche aggiuntive ha richiesto un’attenzione particolare non solo per quanto concerne la forma ma soprattutto nella posizione longitudinale che doveva risultare bilanciata rispetto a quella del centro di spinta dinamico dello scafo, in modo da non generare dannose variazioni di assetto complessivo dell’imbarcazione.
Il sistema di propulsione
Ultimo ma non meno determinante aspetto della progettazione di una imbarcazione da competizione è la scelta della meccanica propulsiva con cui far scaricare la potenza dei motori e che comprende quindi trasmissione ed eliche. Il tipo trasmissione adottata influisce non poco sul tipo e sulla geometria di carena così come anche sulla distribuzione dei pesi.
Le tre maggiori tipologie di trasmissioni utilizzate in campo agonistico sono: le trasmissioni ad eliche di superficie trimmabili o non, il piede poppiero, (se accoppiati a motori entrobordo) oppure il motore fuoribordo. In tutti e tre i casi la direttrice della spinta propulsiva varia di molto e pertanto a parità di carena e di posizione del baricentro il comportamento dell’imbarcazione varierà di molto.
Prima di definire la geometria di carena è bene sempre tenere a mente alcune considerazioni sui vettori di forza della spinta propulsiva in dipendenza della tipologia di trasmissione: in tutte e tre le opzioni l’elemento su cui si scaricherà la potenza sarà comunque lo specchio di poppa che quindi dovrà essere adeguatamente rinforzato per reggere non solo sforzi di taglio ma anche i notevoli momenti flettenti generati dai drives nei loro movimenti di trimmata e brandeggio.
Nel caso delle trasmissioni ad eliche di superficie la spinta avviene con un’angolazione molto ridotta rispetto all’orizzontale e con un braccio verticale molto ridotto rispetto al baricentro della barca quindi gli effetti sull’assetto complessivo in navigazione in base al trim sono molto limitati e dipendenti soprattutto dalla componente verticale di spinta dell’elica. In questo tipo di propulsione il trim ha pertanto una funzione di regolazione dell’immersione dell’elica per variarne il carico in fase di pre-planata o a particolari regimi di funzionamento.
Inoltre, grazie alla lunghezza dei drives, le trasmissioni di superficie consentono di mantenere le eliche ben distanti dalla carena e quindi di diminuire gli effetti disturbo dovuti alla carena. Diversamente nel caso dei piedi poppieri o dei motori fuoribordo la spinta è trasmessa tramite un meccanismo a Z che crea, anche nel caso dei piedi corsa, un braccio verticale maggiore rispetto al baricentro della barca rispetto al caso delle trasmissioni di superficie.
Il grande vantaggio del piede poppiero è quello di riuscire a variare l’assetto della barca con il movimento di trim ovvero di variazione dell’angolo di incidenza del piede rispetto allo specchio di poppa su cui è fissato ed incernierato, cosa che però gli impedisce di poter variare l’immersione dell’elica.
Nel motore fuoribordo, oltre che a poter variare l’angolazione del piede e quindi a variare l’assetto, se necessario è possibile con l’utilizzo di un sistema di sollevamento dell’intero gruppo propulsivo, variare anche l’immersione dell’elica potendone così gestire il rendimento in base alle condizioni di navigazione.
Tale sistema è molto utilizzato soprattutto nei catamarani in cui il lift aerodinamico fa si che la differenza d’immersione dello scafo e quindi dell’elica in base alla velocità possa essere anche considerevole.
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