Come nasce una barca Offshore: Zeta Elle 43’ di Francesco Fiorentino
La Passione, quella con la “P” maiuscola. E’ stata quella che una bella mattina del mese di Luglio del 2008 ha fatto si che accettassi l’ennesima sfida, questa volta ancor più ambiziosa.
Sono giovane si, ma di battaglie sul campo di gara ne ho vissute tante ed alcune anche molto intensamente. Ho vegliato per ore, giorni, per vedere passo dopo passo nascere barche che andassero oltre il limite, oltre quel limite che ogni volta si poneva come un muro solidissimo da abbattere ma con un punto debole anche se ben nascosto. Quel punto debole che ti consentiva di guadagnare un nodo forse due con numerose modifiche, ragionamenti fatti insieme ai miei compagni di avventura che anche questa volta erano li con me.
Proprio uno di loro, Massimo Lippi, ex pilota di offshore Classe 1, uno che ha corso su qualsiasi mezzo terrestre, navale o aereo che fosse, proprio lui quella mattina si presentò nel mio ufficio con il suo sorriso a 32 denti e il suo solare ottimismo e mi prospettò la possibilità di iniziare una nuova avventura Hi-Performance in cui avrei avuto carta bianca per creare una barca che potesse competere nel campionato del mondo Powerboat P1 ma anche per creare una barca da diporto dalle prestazioni emozionanti. Nessun vincolo a parte quello di riuscire a realizzare qualcosa di veramente innovativo sotto tutti i punti di vista e per farlo c’era la possibilità di avere la miglior tecnologia disponibile sul mercato.
La migliore carena, i migliori motori, i migliori materiali e le migliori tecniche di costruzioni oltre che a tutto il know-how e l’esperienza che in tre avremmo potuto mettere in questo nuovo oggetto. In tre… least but not last, come dicono gli anglofoni, Vincenzo Tuccio… mr. TopSystem. Un ragazzo come me, schietto, intraprendente, vero. Un grande lavoratore, uno che non conosce sabati, domeniche o festività e che quando ha in mente un obiettivo in un modo o in un altro ci arriva! Eccoci qua registi ed interpreti di una nuova avventura.
Era tanto… troppo tempo che aspettavamo un occasione così e non si poteva fare brutta figura, e per non fare brutta figura ci si deve presentare al pubblico con il più bell’aspetto possibile! Ecco quindi il primo obiettivo da raggiungere la bellezza formale, una forma che esprima dinamicità, potenza, grazie ed eleganza allo stesso tempo e che sia diversa da tutto il resto.
Diversa dalle powerboat americane che da trent’anni a questa parte ripropongono sempre le stesse linee cambiando solo le grafiche esterne sempre più graffianti ed appariscenti. La mia barca deve essere bella anche “acqua e sapone” senza il trucco e senza l’inganno del luccichio delle cromature. Ecco quindi che senza nemmeno pensarci scatta subito l’idea di prendere come modello quella che a mio avviso è una delle più belle automobili attualmente sulla piazza, una vera fuoriserie bella, semplice e “cattiva”: Lamborghini Gallardo. Da subito inizio a tracciare su un foglio lucido le forme tirate e sinuose del cupolino e del cofano motori con un occhio sempre fisso alle foto della mia musa ispiratrice e modificandone qua e la le forme per renderle più proporzionate alle dimensioni della barca.
In meno di una settimana il design è pronto e via subito a farlo “digerire” al PC che ci restituirà le forme definitive per la successiva fresatura a controllo numerico. Ci siamo! Il modello tridimensionale ed i primi rendering sono pronti e lo siamo anche noi per l’incontro con il cantiere che costruirà la nostra creatura!
Io, Vincenzo e Massimo, ci mettiamo in macchina e ci rechiamo in Puglia, la mia terra natale, in un luogo che di marino ha veramente poco… Lucera in provincia di Foggia nel cuore del tavoliere delle Puglie, presso lo stabilimento della Co.Ge.Po. una società che fa capo al Gruppo Marli Costruzioni alla cui guida c’è uno degli imprenditori più talentuosi che mi sia capitato di conoscere: Lello Zammarano.
Un vero appassionato, una persona a cui piace davvero andare per mare che si occupa di tutt’altro nella vita ma che con vero spirito imprenditoriale e disponendo anche di molte risorse, ha deciso di provare anche l’avventura della nautica avendo sin dall’inizio sempre ben chiaro nella mente il proprio obiettivo ovvero quello di creare prodotti di assoluta eccellenza.
Un personaggio riflessivo, un acuto osservatore a volta anche pungente nelle sue esternazioni, quasi provocatorio ma che difficilmente si sbaglia e prova ne è il grande successo dei suoi battelli pneumatici al loro primo salone di Genova nel 2008, diversi nella forma e nel concetto da qualsiasi altro prodotto presente sul mercato, fatti con forniture interamente custom e tecniche costruttive proprie della grande cantieristica.
La nostra creatura non sarebbe stata da meno! Eccoci quindi intorno ad un tavolo in un’afosa giornata estiva Massimo tira fuori le tavole dei rendering dalla sua inseparabile valigetta di plastica… come quelle che gli studenti del liceo artistico usano per trasportare i propri lavori.
Indubbiamente il disegno della linea esterna colpisce subito per la somiglianza con la mia “musa ispiratrice” è veramente palese specie se la si guarda da poppa, ma dopo un primo sguardo alle forme esterne ed ai piani generali si passa ad un acceso dibattito sulle caratteristiche tecniche e sui processi produttivi che avrebbero consentito di produrre la barca…ovviamente avevamo le idee ben chiare, eravamo ben preparati al confronto tecnico e sapevamo già che per ottenere un prodotto conforme agli standard del costruttore e soprattutto che potesse competere con quei “mostri“ americani dovevamo puntare in alto. I punti fissi erano leggerezza, potenza e tecnologia.
Leggerezza del manufatto in vetroresina unito a caratteristiche meccaniche elevate, la risposta era infusione… un processo di laminazione dei compositi ormai universalmente riconosciuto come una garanzia di alte caratteristiche meccaniche e risparmio di peso ma che nonostante tutto fatica ad entrare nella routine produttiva per lo scetticismo di alcuni “puristi” del composito. Ricordo che ci fu un acceso confronto con il capocantiere per riuscire a convincerlo della convenienza tecnica ed in parte anche economica di questa scelta ma alla fine, anche se con grande fatica, l’obiettivo venne raggiunto. Potenza, nelle motorizzazioni e soprattutto nella trasmissione della stessa dai propulsori alle eliche e qui la risposta era eliche di superficie! TopSystem.
Un prodotto italiano come italiani erano coloro che hanno inventato le eliche di superficie nel diporto nautico e parlo del mio mito, Renato “Sonny” Levi e di coloro che ebbero la fortuna di collaborare con lui negli anni in cui in uno dei più grandi cantieri italiani, sperimentava non senza difficoltà, l’applicazione di questa “diavoleria” che faceva andare gli scafi oltre qualsiasi limite di velocità fino ad allora raggiunto. Anche questa scelta, come del resto tutto il progetto, si distingueva dalla filosofia americana che predilige il piede poppiero alla trasmissione di superficie, molto spesso per mascherare con l’ausilio del trim difetti di assetto e di bilanciamento di quelle carene così estreme e strette.
Tecnologia, dei materiali e delle tecniche costruttive, dalla fresatura a controllo numerico dei modelli, grande patrimonio e risorsa della Co.Ge.Po., alle resine esclusivamente vinilestere, ai PVC ad alta densità per una costruzione totalmente in sandwich, ai serbatoi in neoprene di derivazione aeronautica così come molti degli componenti e dei materiali dell’impianto elettrico di bordo, agli accessori prodotti da una delle più grandi aziende produttrici di materiali per il tuning anch’essa italiana! Il dado era tratto!
Tutti i partner tecnici cercati e coinvolti da Massimo erano pronti a sostenerci in questo progetto. Iniziava l’avventura della costruzione. Prima di tutto il modello dello scafo. Era immensamente emozionante vedere un enorme parallelepipedo di polistirolo scolpito progressivamente al passaggio di un mandrino che disegnava con precisione e simmetria assoluta le linee d’acqua di quella carena così tirata.
Tutti gli spigoli erano vivi proprio com’erano stati modellati dalla mano sapiente del mio collega Marco Ramundo il quale con immane pazienza e precisione certosina ha addomesticato il programma di modellazione tridimensionale delle superfici, e molto spesso anche le follie di alcune forme che tracciate sulla carta avevamo un senso ma che poi riportate in tridimensionale spesso non si prestavano alla praticità della produzione. Dopo lo scafo, anche la coperta e la sovrastruttura presero forma sotto il sapiente lavoro di quel “Michelangelo” meccanico.
Parallelamente a ciò arrivò dapprima per il modello dello scafo e poi via via per tutti gli altri il momento di dare vita agli stampi. A febbraio del 2009 eravamo pronti per stampare il primo scafo, con ancora tanti dubbi e tante perplessità sui processi di infusione, che come accade per tutto ciò che è nuovo e sconosciuto assalgono anche i più sicuri addetti ai lavori.
Dopo aver laminato la prima pelle in maniera tradizionale (detta in gergo tecnico skin coat) una squadra di tecnici del cantiere affiancata da alcuni uomini della ditta partner per il processo di infusione, iniziano a “vestire” lo scafo con i tessuti ed i PVC.
E’ stato un processo lungo e laborioso, come per ogni prototipo che si rispetti, ed una volta posato il sacco del vuoto eravamo pronti per l’infusione una vera e propria di “prova del nove” per tutti, che non senza qualche intoppo tecnico alla fine ha portato al risultato sperato: uno scafo leggero e molto resistente!
Contemporaneamente in quel periodo era in rifinitura il modello della coperta ed era veramente impressionante constatare la somiglianza con il design automobilistico (foto 15-16-17) ed a volte anche io, guardando quel modello, mi sono stupito di quanto fosse davvero diverso da qualsiasi altra barca, rimanendo sempre conscio del fatto che “ogni scarrafone è bell’a mamma soja”. Di lì a poco anche la stampata della prima coperta fu realizzata e a breve giro venne accoppiata allo scafo. Proprio in occasione di questa fase, andai in visita in cantiere e anche li rimasi piacevolmente soddisfatto del risultato di abitabilità del pozzetto e della facilità di fruizione degli spazi di coperta grazie alle superfici di passaggio laterale da prua a poppa decisamente generose così come è generosa anche la larghezza fuori tutto della barca, oversize rispetto ai siluri americani.
Ma ciò che mi colpì di più quel giorno fu la precisione delle superfici di accoppiamento scafo-coperta perfettamente combacianti anche se poste in una posizione totalmente anomala ovvero sull’inclinata della murata, una scelta tecnica adottata per mascherare senza troppa rifinitura l’accoppiamento e rendere il fasciame di coperta e scafo un’unica superficie senza soluzione di continuità! I primi di giugno 2009 la barca lascia la Puglia ed arriva finalmente nel Lazio precisamente ad Aprilia nella sede del Club Italia Offshore Race e qui inizia una specie di pellegrinaggio di una folta schiera di curiosi e più o meno interessati a questa creatura di cui fino ad allora si era solamente parlato sulla carta e della quale si erano solo viste le i rendering tridimensionali che Massimo, da abile comunicatore, aveva presentato a molti suoi conoscenti ed amici appassionati di powerboating.
Ora iniziava il lavoro di allestimento, un lavoro spesso sottovalutato ma che è alla base della resa di imbarcazioni di questo tipo al quale dona valore aggiunto in termini di affidabilità e prestazioni. Alle professionalità di Massimo e Vincenzo in questa fase si sono aggiunte quelle di alcuni dei meccanici migliori che l’agro pontino possa offrire coordinati da Alessio Tuccio, fratello di Vincenzo e co-genitore delle trasmissioni Top System di cui conosce ogni singolo componente di ogni singola trasmissione prodotta e da lui assemblata!
La squadra è pronta, ma purtroppo i lavori iniziarono un po’ a rilento per via delle vicissitudini legate al rapporto tra il Club Italia Offshore ed il team che avrebbe preso in gestione la barca per la stagione del campionato Italia Powerboat Series 2009 e che avrebbe portato in dote i propulsori… due mostruosi SCAM-Lamborghini da 750 hp cadauno.
Purtroppo si sa: non sempre tutte le ciambelle riescono con il buco e, nonostante tutto, l’accordo viene a mancare lasciando la barca senza motori. Inizia quindi l’affannosa ricerca di una coppia di propulsori che possano finalmente far volare la carena sull’acqua, il tempo stringe siamo a luglio, la gara è ad ottobre!
Dopo numerosi contatti Massimo riesce finalmente a trovare un accordo e vengono acquistati due FPT a gasolio da 560 Hp, ovvero gli ultimi nati in casa FPT ma già ampiamente sviluppati e collaudati dal costruttore insieme all’Ing. Buzzi durante il giro d’Inghilterra. La barca si può quindi allestire!
Nel frattempo è passata l’estate ed il giorno della gara si avvicina.
Alessio e Massimo con le rispettive squadre lavorano freneticamente come formiche per fare in fretta ma in maniera impeccabile tutto il lavoro di preparazione senza dimenticare nulla ed al tramonto del 14 di ottobre finalmente la barca è pronta per essere caricata sul rimorchio ed essere portata a Napoli per la gara che di lì a due giorni avrebbe segnato il suo debutto!
E’ il giorno del mio 30° compleanno, il 16 di ottobre del 2009, la mattina mi sveglio prestissimo per recarmi da Sabaudia a Napoli al prestigioso Circolo Canottieri, sono eccitato e preoccupato allo stesso tempo, quasi dimentico che in quel giorno ho varcato la soglia dei trenta, piuttosto mi sento come un bambino al suo primo giorno di scuola! Io ed Alessio arriviamo li e la barca è la prima che si vede già da fuori…bella, imponente e tremendamente gialla, impossibile non vederla! Sembra la scatola delle altre e li mi iniziano ad assalire dei dubbi sul suo peso ancora sconosciuto! Salgo a bordo per controllare tutto e liberarla dalla fasce utilizzate per il trasporto, subito dopo arriva Massimo in compagnia dei due piloti Mario Petroni e Roberto Lo Piano.
La mattinata è calda e soleggiata una cornice perfetta per gli esordi…il mio nel popolo dei trentenni e quello della mia creatura nel mondo delle corse! Sento i commenti della gente… si fermano tutti a guardarla con aria più o meno scettica ma di sicuro stupita! Dopo i controlli tecnici di rito da parte dei commissari finalmente inizia la sessione di prove libere siamo i secondi ad andare in acqua e nel momento della pesata con la gru la mia strizza diventa qualcosa di incontrollabile… pian piano la barca viene sollevata con e il peso sul display sale… sale… sale… tra sinistri scricchiolii di assestamento delle sospendite, ma si ferma su una cifra 5100 Kg (foto 38-39-40)!
Il peso perfetto! Era esattamente quello che serviva! La prova è passata! Adesso l’unica cosa che saliva era la mia soddisfazione, sono passato dall’ansia grande legata al peso ad un ansia enorme che ora è legata alle prestazioni. Gruista metti in acqua sta barca!
Tutti pronti, i motori partono ed emettono un rumore pacato, sornione quasi come se facessero le fusa, non come quei motoracci americani che urlano i loro cavalli quasi volessero intimorirti con tutto quel baccano! Molliamo gli ormeggi e corriamo tutti sul molo. La barca sfila lentamente tutte le altre attirando su di se gli sguardi di tutti i presenti a terra ed in mare è lei la protagonista adesso.
Ho la pelle d’oca! Mario, alle manette, da un filo di gas e la barca esce in planata con una semplicità quasi sconvolgente e prende subito un assetto molto fluido e spianato il muso è sempre giù dopo un primo giro di riscaldamento i ragazzi a bordo provano a fare un giro tirato ma non troppo i motori sono ancora in rodaggio! Rientrano e la velocità riportata è stata di 75 Kn! Sia Mario che Roberto, che era al timone, sono rilassatissimi e tranquilli… la barca va bene si guida con una facilità estrema ed è dolce sulle onde plana in un attimo e non ha mai comportamenti nervosi! Queste erano le parole che volevo sentire! Sono al settimo cielo e con me anche Vincenzo, Massimo ed Alessio!
Questo è il più bel regalo di compleanno che avessi mai potuto ricevere! Ma la gara è domani, di certo non puntiamo alla vittoria, siamo realisti, ci sono barche e equipaggi e team più agguerriti e preparati di noi ma l’obiettivo è l’affidabilità e a quanto pare è a portata di mano! E’ sabato meteorologicamente una giornata grigia, il cielo minaccia pioggia ma questo poco mi importa, spero solo che il detto che vale per le spose valga anche per le gare!
Subito dopo pranzo si va in scena! La tensione è ancora maggiore di quella del giorno prima… oggi il gioco si fa duro ed i giri di percorso da fare sono tanti ed inoltre è li anche Lello Zammarano, patron del cantiere Zeta Elle che per l’occasione ha messo a disposizione uno dei suoi battelli come barca appoggio, non si può fare brutta figura! Qualcuno ha già rotto in prova… incrociamo le dita… via si parte i primi tre della nostra categoria se le suonano di santa ragione mentre le uniche due barche di evolution conducono una gara a parte!
ZL 43’ battaglia con un RIB 42 FB Design al quale riesce a recuperare terreno in alcuni tratti del percorso fino a quasi al sorpasso ma gli ordini dal “muretto” sono chiari… la parola d’ordine è: non rischiare, l’importante è arrivare!
Quinta posizione su otto partecipanti! Al rientro solito debriefing, controllo dei livelli e degli apparati e di nuovo sull’invaso a riposo per affrontare la gara della domenica! La domenica mattina dopo tre giorni di sveglia all’alba per fare il tragitto Sabaudia-Napoli, confesso che fossi un po’ provato ma ancora molto carico nonostante l’ennesima giornata bagnata e grigia… se ha portato fortuna il sabato speriamo si ripeta! Si gareggia prima oggi, la gara è a metà mattinata appena arrivati mettiamo la barca in acqua a far scaldare i motori e subito pronti per il via.
La gente nonostante il tempo inclemente è tantissima ed è divertente ascoltare i commenti della gente guardare in “incognito” le loro facce compiaciute, incuriosite, meravigliate, attonite alla vista di quella barca che assomiglia tanto ad una macchina! E’ una bella sensazione al di la che i commenti siano più o meno positivi perché è la cartina al tornasole del lavoro che hai fatto! Si parte!
La pioggia batte sulle coperte ma si corre lo stesso e dopo il via la barca sapientemente condotta da Mario e Roberto giunge quinta un posto in più del giorno prima sempre senza strafare sempre facendo la gara con tutta la tranquillità possibile… al taglio del traguardo tutti noi del team fa un grande applauso dal molo dov’eravamo appostati nemmeno fossimo delle vedette!
Rientro in porto e finalmente relax… almeno fino alla prossima gara! Tutti contenti, tutti soddisfatti di un lavoro intenso, a volte difficile e sicuramente ricco di imprevisti ma consci del fatto che ora iniziava il lavoro più difficile, un lavoro certosino e paziente: l’ottimizzazione delle prestazioni e l’affannosa e spasmodica ricerca dell’ottimo, del nodo in più dell’assetto perfetto da ottenersi con ore ed ore di prove sistematiche… ma questa è un’altra storia…
ZL 43’ Offshore Specifiche tecniche (supersport version)
Dati tecnici:
- Lunghezza F.T.: 13,04m
- Larghezza F.T.: 2,74m
- Dislocamento a pieno carico: 5100Kg
- Carburante (serbatoi in neoprene anti-deflagrazione di derivazione aeronautica): 700 lt
- Materiale di costruzione: Sandwich di poliuretano ad alta densità con fibre di vetro impregnate con resina e gelcoat vinilestere in sottovuoto DIAB Core Infusion.
- Motorizzazioni: 2 x 560 FPT IVECO Diesel
- Propulsione: TopSystem TS 45 Racing
- Velocità massima prevista con motorizzazione FPT 560: 90 mph
- Progetto&Design: Francesco Fiorentino – PRC International
Veramente un bell’articolo.
Peccato che la barca non corre in Powerboat GPS ndr P1 2010 di questa stagione.
William Cassar