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Importanza dei flaps

L’importanza dei flaps – di Renato “Sonny” Levi

25/12/2012/4 Commenti/in Renato "Sonny" Levi/da Renato "Sonny" Levi

Appunti sugli scafi “Delta”

Ho ricevuto in questi giorni una lettera dalla Nuova Zelanda. E’ di un mio amico, diventato da poco proprietario di una imbarcazione da 24′ che ha progettato per un cantiere neozelandese. Si tratta di uno scafo da diporto appartenente alla linea Delta, spinto da un paio di motori abbastanza potenti per una velocità attorno ai 40 nodi.

«Sono soddisfatto della barca – mi scrive – ma agli inizi non riuscivo ad evitare che, alle alte velocità e con vento al mascone, lo scafo tendesse ad inclinarsi sopravento. Ora ho montato dei flaps poppieri e mi sono accorto che manovrando con quello sopravento riesca ad evitare lo sbandamento.

A mio avviso tu dovresti insistere con determinazione presso i costruttori che realizzano scafi su disegni della serie Delta, perché tra le dotazioni di serie inseriscano i flaps poppieri. Credo si tratti di un elemento dell’attrezzatura, assolutamente indispensabile specie per le imbarcazioni veloci».

Ricevo spesso lettere come questa e poiché il numero delle imbarcazioni da diporto che sfruttano la linea Delta va aumentando, ho pensato di rivedere in questo articolo alcuni degli elementi tipici di questo tipo di scafi. Ho già avuto occasione di elencare (vedi Mondo Sommerso Giugno 1967, pag. 556) le principali differenze tra la linea Delta e le imbarcazioni a V profonda tradizionali.

Penso comunque che sia il caso di riassumerle:

  • prua rastremata e molto slanciata, spigolo alto in modo da migliorare le possibilità di sopravanzare il mare in prua
  • nessuna svasatura nelle sezioni di prua per sminuire la tendenza al decollo
  • cavallino marcatamente rovesciato in modo da abbassare notevolmente la prua e spostare verso poppa il centro aerodinamico

importanza dei flapsQuesti i tre punti chiave. Inoltre, la linea Delta si caratterizza per avere una carena a V profonda con forte stellatura e sviluppo quasi monoedrico, con superficie bagnata ridotta al minimo in condizioni di mare calmo e perimetro bagnato molto esteso con mare duro (vedi schizzo n. 1).

Si può parlare, in altri termini, di una carena con linea di immersione dinamicamente variabile in funzione dello stato del mare.

Il fatto che la linea Delta presenti un marcato cavallino rovesciato e quindi che la prua sia molto abbassata, oltre a spostare il centro aerodinamico verso poppa, assicura un’area centrale aerodinamicamente molto più bassa e pulita, anche quando lo scafo naviga con forti angoli d’incidenza per ridurre con mare calmo il più possibile la superficie bagnata e raggiungere quindi le più alte velocità.

Si prenda una imbarcazione tradizionale, le si dia un forte angolo di incidenza con superficie bagnata ridotta alle sezioni poppiere e si osservi sia la posizione in cui viene a trovarsi la prua, sia il tipo d’area in cui aerodinamicamente questa prua deve passare. Si noterà che la prima è molto alta per il tradizionale slancio di prua (quindi maggior superficie d’attrito) e che la seconda non è molto pulita (quindi maggior difficoltà a penetrare).

S’è detto dello spostamento verso poppa del centro aerodinamico. Gli scafi con carena normale a V profonda avevano un inconveniente: alle alte velocità e con vento al mascone tendevano ad inclinarsi sopravento con angoli talvolta paurosi.

Questo era causato da un motivo molto semplice. Tutte le opere vive con forte stellatura sono molto sensibili ai piccoli spostamenti dalla verticale. Inoltre la spinta del vento tendeva a far scarrocciare la barca: questo scarroccio andava corretto con la barra portando le pale del (o dei) timone contro vento (vedi schizzo n. 2).

Automaticamente l’imbarcazione si inclinava sopravento e questo non era davvero molto simpatico perché al rientro da un decollo lo scafo presentava al mare non l’affilata chiglia ma un lato del fondo, quindi impatti fortissimi e perdita di velocità.

Anche il fatto di dover dare molto timone era negativo dal punto di vista della velocità pura: una pala di timone (o addirittura due) posta in direzione non parallela a quella dell’asse di chiglia costituisce una superficie immersa d’attrito non indifferente. Era necessario risolvere nel migliore dei modi questo problema che l’impiego dei flaps non era riuscito ad eliminare completamente.

Così la linea Delta, spostando verso poppa il centro aerodinamico, diminuisce notevolmente il braccio di leva che corre tra questo ed il centro giratorio e richiede un intervento minore del timone per correggere lo scarroccio: insomma, tende meno delle imbarcazioni normali a V profonda ad inclinarsi sopravento, perdendo anche meno velocità.

Come giustamente mi faceva notare il mio amico neozelandese, con l’aiuto dei flaps poppi eri questo inconveniente viene pressoché annullato: basta dare una certa incidenza al flap sopravento per compensare l’azione di scarroccio e la conseguente inclinazione.

E qui il discorso si apre ad altre considerazioni. Molti cantieri non montano i flaps perché ritengono che la loro adozione corrisponda ad una dichiarazione evidente di scarsa efficienza di uno scafo: a mio avviso questo concetto non è giusto.

Nemmeno l’asfalto, che pure è rigido, si presenta sempre nelle medesime condizioni, eppure abbiamo avuto esempi di automobili con timoni aerei: a maggior ragione in mare dove le condizioni cambiano con incredibile rapidità e varietà, si rendono necessari questi accorgimenti che consentono di modificare l’assetto di corsa degli scafi.

E’ vero che talvolta i flaps si sono usati per rimediare, in qualche modo, un assetto sufficiente per scafi la cui progettazione o la cui costruzione non era stata molto accurata, ma è altrettanto vero che se uno scafo è sostan- zìalrnente sbagliato, non vi sono flaps che possano farlo diventare un buon natante.

Ogni imbarcazione è per natura un compromesso poiché in motonautica l’optimum è solo un ideale cui si mira, ma che si sa irraggiungibile. Prendiamo, per esempio, la stabilità direzionale con il mare di poppa. Le imbarcazioni con carene plananti erano, sotto questo aspetto eccezionalmente handicappate: nonostante si cercasse di ovviare a questo
inconveniente applicando loro delle pinne direzionali lungo l’asse di chiglia e benché queste pinne avessero spesso la forma di vere e proprie derive, non c’era modo di avere una sufficiente stabilità direzionale con forte mare di poppa.

Le carene a V profonda, il cui profilo sommerso si presentava con una forma vagamente rettangolare, spostano il centro di resistenza molto più a poppa e sminuiscono questo fenomeno. Anzi, sulle onde, lo scafo a V profonda tracciava una specie di rotaia nella quale correva senza molti scarrocciamenti.

La linea Delta presenta un profilo della parte immersa a forma di triangolo rettangolo i cui lati sono formati dalla trave di chiglia, dallo specchio di poppa e dalla linea di galleggiamento: il punto più immerso si trova sempre in corrispondenza delle sezioni poppiere, poiché com’è noto, la linea Delta è caratterizzata dalla figura di un triangolo allungato anche nella vista di profilo. Il punto di resistenza viene così a trovarsi ancora più spostato verso poppa e la stabilità direzionale con mare di poppa aumenta considerevolmente.

Si tratta di un grosso vantaggio rispetto alle vecchie carene plananti ma non è escluso che si possa avere di meglio anche se per il momento è difficile immaginare soluzioni migliori.

Un altro degli elementi che caratterizzano la linea Delta è il « rocker », Non mi risulta esista in italiano un termine che traduca il vocabolo inglese rocker con il quale si indica la tendenza della chiglia a salire nelle sezioni poppiere verso lo specchio di poppa, anziché correre parallelo alla linea di galleggiamento com’è normale.

Alcuni progettisti non riconoscono l’utilità del rocker. lo penso invece che sia in grado di dare alcuni vantaggi non indifferenti. Questo andamento della chiglia consente infatti, in condizioni di mare calmo, di spostare ancora più a poppa il punto d’incontro tra la carena e l’acqua, di diminuire ancor di più la superficie bagnata e di aumentare quindi la velocità.

Certo, non è possibile esagerare nell’incidenza del rocker perché si rischia di dare all’imbarcazione un angolo d’incidenza con l’acqua troppo alto e di alzare troppo la prua, rischiando o il decollo (che è sempre negativo agli effetti della velocità perché le eliche in aria non spingono) o il capovolgimento dell’imbarcazione.

Quindi la linea Delta ha un rocker molto controllato e direttamente proporzionato alla lunghezza dell’imbarcazione  in molti casi ad occhio nudo non si può nemmeno distinguere. D’altra parte sarebbe anche inutile forzare troppo in questo senso dal momento in cui esistono i flaps poppieri che possono, se ben governati, cambiare dinamicamente l’assetto di uno scafo veloce, così come del resto si può fare con le Casse di zavorra che si fissano a prua di tutti gli scafi progettati per la navigazione veloce in altura.

Articolo pubblicato sul periodico “Mondo Sommerso” – luglio 1968, diretto da Antonio Soccol e qui riprodotto p.g.c. dell’autore 

 

 

Tags: Antonio Soccol, Assetto Navigazione, Dhows To Deltas, Diedro di poppa
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4 commenti
  1. Giacomo Vitale
    Giacomo Vitale dice:
    25/01/2013 in 13:43

    Gentile Giacomo Denaro,
    la laminazione di una carena in compensato marino con resina epossidica è consigliabile farla solo all’esterno dell’opera viva e morta, in modo da lasciare la possibilità di farlo respirare, consentendo a tutta l’umidità accumulatasi nel suo interno di migrare in aria.
    In una barca con molti anni di vita è questa una procedura da preferire. Tuttavia, se le infiltrazioni in carena sono notevoli ed il legno si presenta tabaccoso e sfibrato in più punti, non esiterei a cambiare il compensato. Inoltre, nel caso che il compensato sia nelle condizioni descritte nelle righe, il trattamento di laminazione con resina epossidica non restituisce al medesimo le sue caratteristiche meccaniche necessarie a garantire la massima sicurezza durante la navigazione.
    Cordiali saluti,
    Giacomo Vitale

  2. Giacomo
    Giacomo dice:
    23/01/2013 in 22:27

    Invece di sovrapporre un nuovo strato di compensato, perché non sostituire quello già esistente?

    Per una barca di quelle dimensioni la spesa non dovrebbe essere eccessiva. In aggiunta ai precedenti consigli del sig. Vitale, io prima della sostituzione lo coprirei da entrambi i lati con almeno due strati di resina epossidica.

    Saluti e buon lavoro.
    Giacomo

  3. Giacomo Vitale
    Giacomo Vitale dice:
    11/01/2013 in 22:01

    Gentile Filippo,
    in linea di principio quando una barca in compensato marino come la sua ha i fondi marciti in alcuni punti è un gravissimo errore intervenire sovrapponendo un nuovo fondo a quello già esistente per i seguenti motivi:

    – Si aumenta considerevolmente il peso della barca
    – Il fondo già esistente, snervato nelle fibre e marcito sicuramente nei punti delle infiltrazioni d’acqua,
    innescherà così un accumulo di umidità in tali punti per motivi tecnici un po’ lunghi da spiegare, ma che
    posso sintetizzare dicendole che l’umidità che viene trasmessa dal nuovo fondo ed i punti marci, magari non
    visibili, si estenderanno in breve tempo anche al nuovo fondo, innescando un processo di deterioramento
    della carena che potrebbe pregiudicare la resistenza meccanica della carena, quindi la sicurezza e la vita
    della stessa e mi dispiace leggere di queste scelte estemporanee fatte da cantieri poco onesti, per non dire
    di peggio e che per lavorare ad un costo contenuto, pongono a rischio quanto appena detto nelle righe,
    rischiando in breve tempo di rovinare per sempre una barca che, appesantita dal doppio fondo, per
    ripristinarla come era in origine, potrebbe costare un valore decisamente superiore a quello della barca,
    costringendo il proprietario a demolirla perché la spesa non vale l’impresa. Quindi, aggiungendo al danno
    anche la beffa.
    Un cantiere serio e competente deve assolutamente rifiutare queste scelte assurde, principalmente
    per la vita della barca e per le tasche del suo proprietario.

    – Circa l’aggiunta dei flaps suggerisco sempre quelli elettro-idraulici che sono più costosi, ma più potenti ed affidabili di quelli elettrici che in determinate condizioni potrebbero essere insufficienti a spostarsi verso il basso per una non adeguata potenza disponibile.
    Avere i flaps su una barca a carena planante è sempre uno strumento di governo che non deve mai mancare ai fini di una corretta navigazione, con i vantaggi tecnici che l’ing. Levi spiega nell’articolo dedicato, anche in riferimento alla sicurezza della navigazione, per esempio: se per un qualsiasi motivo la timoneria di una unità dovesse venir meno ed in caso di barca mono-motore i flaps sono insostituibili per poter governare la barca, soprattutto in virata, oltre alla funzione primaria di anticipare la planata impedendo pericolose impennate della stessa.

    Grazie per averci scritto!
    Cordiali saluti,
    Giacomo Vitale

  4. Filippo
    Filippo dice:
    11/01/2013 in 15:17

    Ho un motoscafo in legno di circa 6.5 metri simile ad un dp 7 con un motore entro-fuoribordo 130 Volvo Penta. Il fondo di compensato marino è molto vecchio e presenta problemi di infiltrazioni, soprattutto nei punti di attacco dei pattini.
    Sto facendo rifoderare il fondo con nuovi fogli di compensato marino.
    Con questa operazione però aumenterà il peso dell’imbarcazione.
    Già adesso con 5 persone a bordo mi aumenta di molto il tempo per arrivare alla planata.
    Pensavo di far installare due flap elettrici per aiutare la planata.
    E’ qualcosa che ha senso o sarebbe una spesa inutile?
    Grazie

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