Ciao “Negra” – Mercedes Sosa
di Antonio Soccol
E’ morta la mia amica Mercedes Sosa
Era, con Miriam Makeba e Odetta, una delle tre voci assolute del canto. Miriam, detta dagli amici “Negra”, era nata a San Miguel de Tucuman il 9 luglio del 1935.
Avevo conosciuto le sue canzoni grazie a Marian Skubin, un uomo eccezionale. La sua “Gracias a la vida” ha scandito i tempi e i ritmi della mia vita. Un giorno, nei primi anni Ottanta, venne a Milano per un concerto al teatro Ciak. Ci portai un po’ di amici che lo non la conoscevano: Enzo, Vittorio, Massimo.
Non erano, ahimè, di certo persone che condividevano le sue idee politiche ma alla fine, dopo che aveva cantato senza alcun accompagnamento strumentale, “Duerme negrito” erano tutti in piedi a urlare e ad applaudirla. Non capivano nulla di politica ma almeno sapevano distinguere il buon canto. In quella occasione le scattai, sul proscenio, una foto.
L’immagine venne piuttosto bene e ne feci un bel ingrandimento che cercai di farle pervenire a Madrid, dove viveva in esilio, tramite il comune amico Enrico “Quique” Ochando.
Alcuni anni dopo tornò a Milano e feci ristampare quella foto. La portai a teatro per consegnargliela in camerino. Ma quando provai ad andarci, alla fine della sua strepitosa esibizione, c’era così tanta gente che era impossibile entrare. Felice del suo successo in una nazione che la conosceva poco, troppo poco, rinunciai e me ne andai a cena in uno dei pochi ristoranti milanesi, proprio alle spalle del Duomo e vicino a Palazzo Marino – la sede del Comune – che lavorava anche “dopo teatro”. Con mia grande fortuna, poco dopo la vidi arrivare seguita da una mezza dozzina di amici.
Prese posto al tavolo in fianco al nostro. Ci scambiammo un’occhiata. Fu sufficiente. Mi alzai e le portai la fotografia e un grande poster del concerto: per la prima volta in vita mia chiesi a qualcuno (a lei) un autografo. “E perché?” mi chiese. Non seppi rispondere tranne che con il titolo della sua canzone più nota “Gracias a la vida”. Scarabocchiò il suo nome e mi apostrofò: “Compagno, come va la lotta?” “Non c’è più lotta, Negra” le dissi mentre si infilava in bocca una polpetta che qualcuno aveva portato al tavolo. Non erano ancora anni disperati, quelli ma il tragico declino che ci aspettava era evidente. “Abbiamo ospitato troppi “turisti”…” sintetizzò con un analisi acuta e oggi tremenda.
Conversammo ancora un bel po’ e diventammo amici. Paradossalmente ricordo più il timbro assoluto della sua voce che le drammatiche parole che mi disse, allegramente scandite da un congruo numero di polpette. Non so se mi seguite: parlare di politica (quella vera) mangiando polpette a pochi metri da Palazzo Marino…
Ho tutti i suoi dischi e in più copie: a casa, in ufficio, nella casa al mare, in barca. Nessun mia giornata inizia se prima non ascolto “Gracias a la vida”. Non è una canzone. E’ un inno.
Sul suo blog, poche ore dopo la sua morte, è stato scritto:
Cantiamo allora.
Nel suo sito ci sono ora che scrivo 1.195.223 entrate. Molti lasciano messaggi. Anch’io (n.2098).
E se qualcuno si chiede perché io ne abbia parlato in questo blog dedicato al mare legga le parole di “Alfonsina vestida de mar”, questa straordinaria canzone che Mercedes ha reso famosa in tutto il mondo:
Por la blanda arena que lame el mar
Su pequeña huella no vuelve mas,
Un sendero solo de pena y silencio llego
Hasta el agua profunda,
Un sendero solo de penas mudas llego
Hasta la espuma.
Sabe dios que angustia te acompaño
Que dolores viejos callo tu voz
Para recostarte arrullada en el canto
De las caracolas marinas
La cancion que canta en el fondo oscuro del mar
La caracola.
Te vas Alfonsina con tu soledad
Que poemas nuevos fuiste a buscar …?
Una voz antigua de viento y de sal
Te requiebra el alma y la esta llevando
Y te vas hacia alla como en sueños,
Dormida, Alfonsina, vestida de mar …
Cinco sirenitas te llevaran
Por caminos de algas y de coral
Y fosforecentes caballos marinos haran
Una ronda a tu lado
Y los habitantes del agua van a jugar
Pronto a tu lado.
Bajame la lampara un poco mas
Dejame que duerma nodriza en paz
Y si llama el no le digas que estoy
Dile que Alfonsina no vuelve …
Y si llama el no le digas nunca que estoy,
Di que me he ido …
Te vas Alfonsina con tu soledad
Que poemas nuevos fuiste a buscar …?
Una voz antigua de viento y de sal
Te requiebra el alma y la esta llevando
Y te vas hacia alla como en sueños,
Dormida, Alfonsina, vestida de mar …
Il testo è di Ariel Ramirez e Félix Luna ed è una autentica poesia (per questo non oso tradurla) ma è stata la voce della “Negra” a renderlo immortale.
Mercedes, noi che vorremmo e vogliamo essere “vestiti di mare” te ne siamo profondamente grati.
Un abbraccio immenso, quanto eri immensa tu, “Negra” y compañera. Hasta siempre.
Foto tratta da http://www.rider.nl che ringraziamo.
Altomareblu – Tutti i diritti riservati. Note Legali
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!