Stiamo inseguendo Mike/Sierra di Maurizio Mainardi (terza puntata)
CAPITOLO II: Vedetta 5002
Vedetta 5002
Partii per la licenza estiva a fine luglio 1996 ed un giorno mentre stavo in montagna mi telefonò Felicio dicendomi che mi avevano imbarcato sulla V. 5002! Non ci potevo credere: ero entrato a far parte dei Top Gun! Rientrai a fine Agosto ed il Tenente Roberto mi disse che mi aveva voluto premiare perché ero un “bravo ragazzo”. Lo ringraziai della fiducia ed andai a bordo della V. 5002. Peppino era il comandante e quando salii a bordo non mi disse buongiorno, ma: “Ah, tu saresti Lorenzo“, con tono non molto contento.
La verità era che io stavo prendendo il posto del suo motorista a cui era molto affezionato: cominciamo bene, pensai… Il direttore era però Raffaele, un ragazzo eccezionale e mio coetaneo che sarebbe poi stato mio direttore sulla V.1679. Comunque la 5002 era in avaria per via della centralina di un motore e quindi non navigava. Il 16 settembre andai a sostituire per quindici giorni Orazio, il motorista della V.6100. ”Visto che sei entrato nel giro comincia a fare qualche navigazione veloce“ mi disse il Tenente. La 6100 era uno scafo offshore lungo circa 15 metri con tre motori entrobordo diesel, costruito dall’ ing.Abate per le gare. La Finanza lo aveva preso in prova da utilizzarlo per fronteggiare il contrabbando. Non era tanto veloce, sfiorava appena i 45 nodi ed era completamente scoperto…
Ma come si faceva di notte d’ inverno? Infatti, essendo una specie di “offshore” aveva solo lo spazio per stare in piedi… due posti, cioè due sedili avanti, due dietro… e non aveva altro, tranne una poppa di qualche metro che era la sala macchine coperta da un portellone… E se pioveva? Nelle quattordici ore che si faceva servizio le persone che cosa facevano in quattro metri di spazio?
E se ci bagnavamo come facevamo a cambiarci? Ah …poi c’erano le PALLE… per cercare di fermare gli scafi si lanciavano delle cime lunghe almeno una ventina di metri, arrotolate a gomitolo, che venivano poi legate da un lato a poppa dello scafo. Una volta buttate a mare durante l’ inseguimento in velocità si srotolavano da sole. Almeno sei o sette palle… tutte tra i piedi durante tutto il servizio, poi c’erano i due faretti, uno a destra ed uno a sinistra per illuminare lo scafo. I giubbotti che li dovevi mettere quando iniziava a fare freddo, le cime, gli attrezzi, i salvagenti… riassumendo, un manicomio totale!!! Infatti, facemmo un paio di navigazioni senza vedere niente…
Una sera stiamo di servizio con la V.1686, un Corbelli ex contrabbandiero (Pantera era stato il suo soprannome) preso pochi mesi prima, allestito da noi, pitturato di grigio con la scritta GUARDIA di FINANZA sul fianco e messo a mare per inseguire i “suoi simili!!!” Siamo appostati verso Trani insieme al mio De Turris, quando Roberto dalla 1686 ci chiama via telefonino: c’è uno scafo che sta a Fesca, una zona sul lungomare di Bari, “Vogliamo andare a vedere?”.
Neanche a finire di chiederlo e già stiamo in navigazione verso Bari. Roberto rimane un po’ dietro, ma poi ci riprende e naviga a tutta birra affianco a noi. Riesco a scorgere la sagoma dello scafo nel buio. Venti minuti e ci troviamo quasi sul punto. Lillo mi da disposizioni sul faretto, sulle palle da lanciare, su cosa dire per radio… Già perché la radio di bordo è posizionata dietro di me, quindi tocca a me parlare…
La barca naviga velocemente sulle onde. Fortunatamente il mare è abbastanza calmo ma devo comunque reggermi al maniglione davanti a me per attutire i salti e gli scossoni che fa la barca. Oltretutto, sto con le gambe allargate reggendomi per attutire gli spostamenti bruschi laterali. Arriviamo a Fesca, rallentiamo, ci sono molti echi e tutti illuminati. Penso fra me e me: Forse non era vero… Roberto si ferma e rimane in attesa, ma Peppino punta una barca illuminata e aumenta l’andatura… ”E’ lui” grida. “Chiama Roby e avvisa la sala operativa” rivolgendosi a me.
Siamo sullo scafo, è proprio lui. Come ci vede parte subito. Noi arriviamo da fuori e siamo costretti a fargli un mezzo giro intorno poiché lui ha la prua verso il largo e già sta planando. “Illumina, illumina” mi dice Peppino. Accendo il faretto e lo punto sullo scafo: è un Corbelli tutto bianco ma sembra vuoto perché la luce sottocoperta è accesa e non si vedono scatoloni. Con l’ altra mano prendo il mike della radio: “Mito da alpino” (nomi in codice della sala operativa e della vedetta), “Stiamo inseguendo Mike/Sierra“. La barca comincia a ballare. Non riesco a reggermi, ho le mani occupate. Allargo le gambe e faccio forza sul seggiolino. “Butta la palla” sento dire. “butta la cosa?”…
Ho il faretto nella mano sinistra, il micro con la destra e mi reggo al maniglione, con le gambe mi reggo al seggiolino.. Con che cosa cavolo… la prendo sta benedetta palla? Intanto lo scafo è proprio affianco a noi e andiamo a tutta velocità. Lo vedo bene e cerco di tenere il fascio di luce del faretto fisso su di lui, ma non ci riesco mica. Lo vedo fare salti ed ogni tanto esce quasi tutto fuori dall’acqua… mi sembra gigante. Vedo che a bordo ci sono delle persone, ma non riesco a capire quante sono. Arrivano schizzi d’acqua di continuo dappertutto e non riesco a tenere gli occhi aperti. Mentre mi trovo totalmente nel pallone sento Peppino che grida: “E Roby?” – Felicio gli risponde: “E’ dall’altra parte e ci sta passando di prua allo scafo ed a noi, ha la cima a mare!!!”
Dalla poppa della V.1686 si stende una lunga cima che salta sulle onde e ci taglia la strada. Peppino è costretto a rallentare per non prenderla ed impreca! Con questa manovra lo scafo guadagna una decina di metri su di noi. Intanto la sala operativa ci chiama: “La papa (posizione), dammi la tua papa. Le piccole sono con te?” – rallentiamo. Lo scafo ha guadagnato troppo ed è più veloce di noi e Roby riesce a malapena a stargli affianco. “E’ vuoto ed è troppo veloce!” dice Peppino.
Di nuovo la sala operativa: “Dove sono le piccole? La posizione delle piccole, stanno lontano dal Mike/Sierra?“ Peppino mi strappa il mike dalle mani si accende una sigaretta: “Mito, vedi che la piccola sono io e lo scafo è vuoto e se ne sta andando perché è troppo veloce!” Mi accendo una sigaretta anche io. Ho ai miei piedi la palla ed il faretto. Li guardo: come primo inseguimento, anche se è durato poco… non ci ho capito niente!!!
La V.5002 entrò in efficienza verso novembre e mi tolsero subito il mio direttore Raffaele sostituendolo con Tonino. Non facemmo risultati di rilievo fino all’ Aprile dell’ anno dopo.
14 Aprile 1997
Stiamo di servizio con la V. 6000 e la V.1688 (un Corbelli sequestrato a Pescara sullo scalo). Quest’ ultima ha dei problemi e quindi ritardiamo l’uscita. Verso le cinque il mio comandante viene contattato dal nostro Capitano che gli dice di uscire. Le altre due rimangono agli ormeggi e noi navighiamo verso Molfetta.
Ci manteniamo sulle dieci miglia al largo, ci fermiamo ed aspettiamo gli altri. Dopo un po’ scorgiamo dei pescherecci più al largo… sono cinque o sei. Va a finire che ci segnalano. Gli andiamo incontro e facciamo finta di andarcene, ma mentre ci avviciniamo uno dei pescherecci non sembra più un peschereccio… ”Troppo basso“ dice Biagio.
Ci avviciniamo di più e quando gli arriviamo a tre miglia lo vediamo bene, è uno scafo. Tutti ai propri posti. Lancio subito via radio la nota per avvisare le altre due vedette. Gino dal radar mi da la posizione. Intanto la V.5002 comincia il suo TAGADA’. Già perché la classe 5000 è un tipo di scafo che anche se il mare è calmo, “balla come un Tagada delle giostre“- “Otto miglia per zeroquaranta da Molfetta!” mi urla Gino. Nella plancia della V.5000 vibra tutto.
Il rumore dei motori è assordante e si deve urlare per capirsi; intanto riusciamo a raggiungere lo scafo, è un Termoli tutto blu con il cupolino, radar e tre persone a bordo. “NELLA I” è il soprannome. I contrabbandieri si vedono bene, ma nessuno di loro sembra spaventato. Lo scafista sta fumando e come stiamo per affiancarci, vira su di noi e ci taglia la strada costringendoci a virare sullo stesso lato. Lui controvira dal lato opposto e guadagna una decina di metri. C’ è da dire che le V.5000 lasciavano un po’ a desiderare nella virata, avendo una virata molto larga e questo sembra che lo scafista lo sapesse perché il gioco di farci virare venendoci addosso lo fa spesso.
Intanto continuo a chiamare le altre indicando le posizioni alla sala operativa. L ‘ elicottero nostro sentite le note per radio ci raggiunge dopo una mezz’ora iniziando a volteggiare sullo scafo spruzzandogli l’acqua con il vento, ma lo scafista rimane tranquillo, si sta quasi divertendo! Infatti non stanno neanche buttando a mare le sigarette …sono tranquilli perché pensano che da soli noi non riusciremo a fare niente. Andiamo avanti per quasi un’ ora. La V.5002 balza quasi fuori dall’ acqua, vira di continuo. Non faccio in tempo a riprendermi da una spinta cinetica verso destra che vengo spinto a sinistra… però Peppino ci sa fare!”
Penso: Gino continua ad urlare le posizioni ed io le ripeto urlando al microfono della radio e chiedendo le posizioni delle sorelle alla sala operativa: sono ormai vicine. Il viso tranquillo dei contrabbandieri, dopo aver visto la scia della 6000, si tramuta in una espressione come per dire “o ca…!!!” Dopo un’ ora finalmente ci ha raggiunti.
La V.6000 ad arrivare e gli uomini sullo scafo a buttare sigarette è tutt’uno. Noi lasciamo entrare nell’inseguimento la sorella e ci teniamo un po’ distanti. Riesco a vedere i due marinai che buttano contemporaneamente le sigarette, ma lo scafista è un volpone e vira sempre alla ricerca di noi. Poi la 6000 lo riprende e gli fa fare girotondo, ma si libera dalla morsa e ritorna su di noi. Ormai è buio e quando lo scafo si avvicina verso di noi anch’ io illumino con il faretto che ho al mio fianco.
Affianchiamo lo scafo, ma quando sopraggiunge la V.6000 dall’altro lato lui vira davanti alla prua nostra ed ogni volta che si infila sotto di noi e penso: “Ma questo e’ pazzo!“. Durante l’ennesima virata sotto la nostra prua, dalla mia postazione lo vedo sparire di nuovo sotto. Questa volta mi sembra che è un po’ troppo in anticipo… Non lo finisco di pensare che Lo scafista ha anticipato troppo la virata… una botta tremenda a cinquanta nodi!!!
Un attimo e il frastuono degli M.T.U. vengono coperti dal fracasso della vetroresina dello scafo che si sbriciola sotto il peso e l’inerzia della V.5002: la prua nostra porta via tutto il cupolino e parte della poppa dello scafo!!! Un attimo e temo il peggio: Vedo lo scafo a metà, solo quella superiore! E quei cristiani??? Ci fermiamo e lo scafo si allontana ma per l’ abbrivio perché i motori non si sentono più. Viene affiancato dalla V.6000. E noi? Mica abbiamo una falla per caso?
Mi precipito giù sottocoperta a prua e controllo tutte le paratie. Spaiolo tutta l’ estrema prua, controllo se c’e’ acqua….Niente , asciutti e neanche scalfiti ! Probabilmentela ruota di prua della V.5002 e’ veramente tosta! Risalgo a tranquillizzare tutti e chiedo dei contrabbandieri. Stanno bene e non si sono fatti niente eccetto qualche ammaccatura…. voglio dire, dopo una botta del genere!!! “Meno male“. Ci affianchiamo allo scafo ed alla V.6000… ”Lo avete fatto cabrio!“ ci dice Michelangelo per sdrammatizzare un po’. Accogliamo i tre, chiamiamoli malcapitati e li rifocilliamo con un caffè. Dopo un po’ arriva la V.1688 ed anche un Meattini, forse quello di Manfredonia e dirigiamo verso casa!
Agli ormeggi svuotiamo lo scafo ed il Capitano Giuseppe ci fa i complimenti nel suo ufficio per poi farci riuscire a mare. E’ quasi l’alba e ci appostiamo davanti a Mola. La V.6000, poche miglia più in là e la V.1688 non si vede. Restiamo a chiacchierare un’ oretta aspettando di rientrare. Cominciano ad uscire le barchette da pesca ed il mare piano piano si riempie di pescatori. Ma…cos’ é quella? A poche miglia da noi una scia… ”Sarà la 88“ e ci passa davanti a circa cinque miglia.
Passa davanti alla V.6000. Passa davanti alla V.1688 ….la V.1688? La radio, che fino a quel momento era muta comincia ad urlare: “Mike/Sierra, Mike/Sierra“ Felicio ci chiama. La V.1688 sta inseguendo quello che tutti credevamo fosse lei invece era uno scafo. Di nuovo l’adrenalina ricomincia a circolare e ci lanciamo anche noi all’inseguimento. Ma non facciamo in tempo ad arrivare che lo scafo è stato già affiancato e Felicio e Nicola sono saltati a bordo. Arriva anche l’elicottero: “Catturato Mike/Sierra!!!” E’ un Vitrosport (scafo progettato dall’ ing. Buzzi ) vuoto. Infatti lo scafista si rivolge a Peppino e gli dice: “Vabbé comandà siamo vuoti. Possiamo andarcene?“ “Seee, era una volta! Ora si prende tutto!!!“.
10 Maggio 1997
Una serata d’attacco: noi in compagnia della V.1688, e della V.1686 (il Corbelli ex contras denominato Pantera). A dirigere il tutto il G.38 De Turris. Andiamo a Sud e ci appostiamo verso Torre Canne. La serata sembra morta. Pensiamo che con una squadra così i contrabbandieri hanno preferito starsene a casa, ma verso la mezzanotte ci chiama Roberto dalla ’86: il De Turris sta tenendo d’ occhio una eco molto sospetta che sta ferma a venti miglia al largo di Monopoli. “Vogliamo andare a controllare? Almeno passiamo un po’ di tempo.”Una mezz’oretta per organizzarci e ci cominciamo a muovere tutte e tre verso il punto che ci ha segnalato la Mamma! Mentre stiamo andando arriva la conferma che si tratta di uno scafo poiché l’ elicottero è andato a controllare da vicino.
Comincio ad avere le pulsazioni a mille… Mancano sei miglia al punto ed il nostro radar comincia a battere l’eco della Mamma. ”Lo scafo sta a tre da me“ dice Tonino dal De Turris. “Ci vedi?“ dice Roby, “tutti e tre“ risponde Tonino. Procediamo a circa quarantacinque nodi in formazione di attacco. Tre miglia dal punto: la Mamma si batte benissimo e iniziamo a battere anche lo scafo. Sta a sei da noi. Roberto accelera e parte subito all’attacco. Noi e Peppino rimaniamo un po’ indietro. Roby gli è addosso e lancia subito la nota dell’ inizio dell’inseguimento.
Si vedono i faretti della V.1686 che illuminano lo scafo e cominciano a girare: “Lo sta facendo virare!!”. Gli stiamo addosso anche noi. Lo illuminiamo… La scena si illumina a giorno, lo scafo è un Corbelli tutto bianco, nuovo di zecca… Si vedono le persone a bordo che stanno già buttando le casse a mare. Roberto lo sta facendo girare ancora, poi si raddrizzano tutti e due e arriviamo noi che ci mettiamo al lato dello scafo. Improvvisamente uno dei contrabbandieri smette di buttare le casse, apre i portelloni della sala macchina e scende tra i motori. Lo scafista inizia ad andare avanti e indietro. La V.1686 gli rimane affianco mentre noi ci defiliamo un po’. Lo scafo ha rallentato e sta andando indietro.
L’ 86 gli è vicina, Maurizio e Fabio sono già sulla fiancata della loro barca pronti per saltare a bordo, ma non ci riescono per via delle manovre pericolose effettuate dallo scafista. Noi ci fermiamo a pochissima distanza dai due per non intralciare ne loro ne un eventuale abbordaggio. Intanto il contrabbandiere in sala macchina urla qualcosa allo scafista che si distrae quel tanto che basta a far azzardare una manovra decisiva di Roberto. La V.1686 è quasi attaccata allo scafo. I due finanzieri con un salto sono sullo scafo, Maurizio a prua e Fabio sul fianco. Lo scafista guarda Fabio con uno sguardo come per dire: “Ci sei riuscito!“ ma continua a manovrare lo scafo come se volesse ancora tentare di fuggire.
Intanto il terzo contrabbandiere continua a buttare casse a mare. La V.1686 si è un po’ allontanata e sento Biagio che grida a Peppino: “C’è Fabio a bordo, dagli una botta che sta cercando di andarsene lo stesso!“. Fortunatamente non c’è bisogno di ricorrere a questa soluzione, anche Maurizio ha raggiunto la postazione dello scafista, ha tolto le mani dello scafista dalle manette ed ha spento i motori dello scafo! “Catturato Mike/Sierra!“.
Ma tutti ci chiediamo che cosa stava facendo quello sotto ai motori? Una copiglia, un semplice pezzo di filo di ferro se ne era uscito dal fermo della barra del timone e quindi lo scafo non governava più. L’ uomo stava semplicemente cercando di rimettere quel fermo. Uno scafo nuovo al primo viaggio che raggiungeva la velocità di cinquantacinque nodi, carico con più di trecento casse di sigarette, preso per colpa di un filo di ferro!!! Lo scafo non aveva il soprannome e fu acquisito dalla Guardia di Finanza: diventò la V.1692… La barca su cui avrei passato quattro anni!
28 Giugno 1997
La mattina avevamo fatto lavori di bordo ed eravamo di servizio il pomeriggio seguente. Erano le nove e mezza di sera ed ero a casa con la mia famiglia intenti a vedere un programma alla televisione. Squilla il telefono e rispondo: “C’è un’emergenza, devi venire subito a bordo che dovete uscire“. Mi rivolgo a mia moglie e le dico che devo andare alla Stazione Navale per un
problema, cercando di non allarmarla troppo.
Arrivo agli ormeggi e la mia barca è già in moto.. Tonino è in tuta, mancavo solo io. Senza chiedere niente mi vado a cambiare e mentre indosso la divisa di servizio ci cominciamo a muovere. Salgo in saletta e dalla radio la sala operativa ci chiede la posizione. Mi avvicino a Salvatore e vedo che ha un punto sul G.P.S.
“C’e’ una navetta albanese che ha lanciato S.O.S., forse sta affondando. E’ carica di profughi!“ Non siamo soli e c’è il Guardacoste già in navigazione oltre alla V.1686 dietro di noi. Il mare è calmo e la navetta dovrebbe stare a circa trentacinque miglia da terra in direzione di Monopoli. Arriviamo a trenta miglia dalla costa e cominciamo a controllare tutti gli echi che il nostro radar evidenzia sul suo schermo. Intanto Peppino mi dice di contattare il Guardacoste per sapere se ci sono novità. Nessuna novità! Può darsi che sia un falso allarme, ma ci sono anche le vedette della Capitaneria di Porto e della Polizia, quindi la notizia è credibile.
E’ passata un’ora e continuiamo a cercare. Mi vado a fumare una sigaretta all’aperto e mentre guardo in direzione della costa vedo una piccola luce rossa, non sarà mica uno scafo, penso? Rientro e vado a vedere sul radar. No, c’è un’eco grande ed è troppo grande per essere uno scafo… ma la luce che ha è troppo piccola per essere una nave! Vado da Peppino e gli faccio vedere la luce.. Nel dubbio andiamo a controllarla. Prua verso la lucina rossa che dista da noi circa sette miglia.
Sono le tre di notte e stiamo per arrivare sull’ eco. Adesso che ci stiamo avvicinando si intravedono a bordo altre luci più fioche, sembra una navetta…. Una navetta classica… albanese…..E’ lei!! E’ proprio quella che stiamo cercando!!! Lanciamo subito l’ allarme a tutte le nostre unità ed alla sala operativa: “Motonave Klemar battente bandiera albanese…compartimento DURRES.. Durazzo”. Arriviamo vicino, la navetta sarà lunga come il Guardacoste. Ha la plancia con le cabine a poppa e la prua lunga, è una nave da carico di colore bianca e rossa o per lo meno lo era una volta, poiché c’e’ talmente tanta ruggine che i colori non si vedono più.
C’è molta gente a bordo. Ha la prua piena di persone e se ne vedono anche in plancia e sulla poppa. Sono giovani, anziani, donne e tanti, tanti bambini.Tutti salutano con ampi gesti gridando ed urlando. Siamo quasi affianco e Biagio è già pronto con una cima sulla nostra prua, Salvatore a poppa, mentre metto un altro parabordo sul fianco. Si sente un vociare insolito, continuo. Bambini che piangono, qualcuno che grida in una lingua che non capisco, probabilmente albanese.
Qualcuno che grida in italiano di lanciare la cima. Tutti si riversano verso il lato della nave dove si sta affiancando la nostra barca. Guardo la scena e vedo una moltitudine di facce che ci guardano. Hanno un’ espressione che non si può descrivere, sembrano felici, sembra che dicano “finalmente siamo salvi“. Qualcuno ha le lacrime agli occhi. Qualcun’ altro sta piangendo di felicità, mentre tanti bambini stanno piangendo per paura, altri perché hanno fame.
Biagio salta a bordo e grida di non ammassarsi tutti su di un lato della navetta e cerca qualcuno che lo capisca. Intanto la V.1686 è arrivata e sta affiancandosi dall’altro lato. Tonino è andato nella cucina nostra ed ha portato su del pane, cioccolatini e bottiglie d’ acqua e le comincia a distribuire alle persone. Salgo a bordo anche io e le persone mi cominciano a dare pacche sulle spalle in segno di benvenuto. Mi dirigo verso la cabina di comando seguendo Biagio, non riesco a camminare.
Ci sono tante persone sdraiate per terra. C’è una donna che sta allattando il figlio che avrà circa due mesi ed è avvolto in una maglia marrone. Un bimbo che sta dormendo… Mi faccio strada tra un nugolo di gambe umane. C’è un odore insopportabile, non voglio e non devo neanche pensarci.
Finalmente arrivo davanti al Comandante della navetta che sparlucchiando in italiano dice che uno dei due motori della nave è in avaria. Il Guardacoste è arrivato e ci chiama sul canale sedici. Biagio gli descrive la situazione e si decide di trasbordare la maggior parte dei bambini e delle donne a bordo da loro. Meno male che siamo in estate ed il mare è calmo. E’ ormai quasi l’alba, torno a bordo della mia barca ed iniziamo a dirigere verso il porto di Bari. Continuo a guardare quella sottospecie di nave e mi faccio mille domande. Li chiamano viaggi della disperazione, della speranza ed hanno proprio ragione.
Sono le otto e trenta, arriviamo nel porto di Bari ed intorno alla navetta ci sono oltre le vedette nostre, della Capitaneria di Porto, della Polizia e dei Carabinieri. Il porto e’ pieno di barche. Ci sono anche quelle dei pescatori che rimangono imbambolati dallo spettacolo poco umano che la navetta offre. La radio ci chiama e ci dice di ormeggiare presso la banchina dove di solito ormeggiano i traghetti. Ci dirigiamo verso il molo e sulla banchina …. C’e’ un pandemonio.. ambulanze, Vigili del Fuoco, camioncini della Finanza, della Polizia, dei Carabinieri ed automobili a non finire, tantissimi colleghi nostri.
C’è un cordone che hanno formato per non fare avvicinare troppa gente. Poi si vedono tanti giornalisti e tante, tante telecamere e macchine fotografiche con i loro flash. C’è anche il nostro Capitano Giuseppe ed il nostro Tenente Stefano. Siamo ormeggiati al molo e non si capisce niente. Vado sulla navetta e iniziamo a fare scendere i bambini che hanno più bisogno di assistenza. A terra ci sono molti altri colleghi della Stazione Navale, mentre altri sono a bordo della navetta.
Un bambino sta piangendo a dirotto, grida ancora di più quando lo prendo in braccio, mi fissa e grida.. mentre penso a mio figlio che ha due anni e mezzo! Mi tolgo il cappellino che ho e lo metto sul suo capo, gli sorrido. Quasi rassicurato smette di piangere e lo porgo ad Antonio che sta sulla banchina che lo porta verso un gruppetto di persone. Un giornalista gli scatta una fotografia …Quella foto uscirà come copertina della rivista “Il Finanziere”.
Il bimbo torna tra le braccia della madre e comincia a sorridere… Quasi tutte le donne ed i bambini li fanno salire su di un pullman e portati al centro profughi di Palese. Alla fine si saprà che sulla nave c’erano centoventi persone di cui quaranta adulti e ottanta bambini!!! Centoventi persone che hanno fatto il viaggio della speranza sopra una “tinozza“ di ferro!
(fine terza puntata)
Si ringrazia: La Guardia di Finanza, il Col Antonino Iraso e l’appuntato di mare Maurizio Santo per le foto messe a disposizione di AltoMareBlu e pubblicate nel presente articolo.
Le foto dei gruppi poppieri della serie V.5000 sono di Antonio Soccol (Sicilia 02.07.2002)
RIMANI SEI E SARAI SEMPRE UN SIGNORE………… DEL MARE!SALUTONI E GRAZIE
Solo chi ha vissuto quei momenti sa cosa significa!
Grande Mauri.
Complimenti, emozionante, un’esperienza da vivere…
Fantastico Maurizio!!!
Bellissimo, Emozionante… Leggendo ciò sono tornato indietro, nel tempo…
Grande Maurizio… Fenomenale!
Un Abbraccio.