GdF – Stiamo inseguendo Mike/Sierra di Maurizio Mainardi (seconda puntata)
CAPITOLO I: Stiamo inseguendo Mike/Sierra
G38 DE TURRIS
Stava per finire il secondo anno di corso a Gaeta e ci chiesero se qualcuno aveva preferenze riguardo il reparto di destinazione. Tutti sapevano quanto fosse “calda “ la Puglia con il suo contrabbando ed io dissi che avrei voluto qualsiasi destinazione da Gaeta in su, anche La Spezia o Trieste, ma non volevo assolutamente andare a Bari, nonostante la vicinanza a casa mia o alle isole Sicilia e Sardegna. Il giorno che uscirono le destinazioni: ….”Dov’è che voleva andare lei? Beh, l’hanno accontentata, andrà vicino casa… a Bari!

Stazione Navale GdF di Bari
Arrivai alla Stazione Navale di Bari una sera d’ estate dell’ agosto del 1994. Avevo telefonato qualche giorno prima a Gaetano per dirgli a che ora dovevo presentarmi e la strada da fare. Arrivai al porto di Bari e quindi alla stazione Navale intorno alle 23,30 la sera prima che mi sarei dovuto presentare.
Mi accolsero Giovanni e Antonio, entrambi miei paricorso che erano arrivati un mese prima di me poiché avevano terminato il corso prima. Ormeggiate alla banchina c’erano due barche grandi. ovvero guardacoste e due vedette. Dopo una chiacchierata andai a dormire su quella che sarebbe stata la mia barca per i prossimi due anni: il mitico Meattini G. 38 De Turris

G.38 DE TURRIS
Era la prima volta che salivo su di una barca del genere ma non avevo voglia di mettermi a vedere come era fatta, ero stanco per il viaggio. Rimasi comunque più di un’ ora a guardare fuori dall’oblò che si apriva nella cuccetta due metri per due da cui entrava una corrente d’aria fresca e dopo un po’ cominciarono ad entrare anche le zanzare, ma non ebbi il tempo di pensare anche a loro perché mi addormentai.

Baglietto Classe Meattini – De Turris
La mattina dopo feci la conoscenza dei ragazzi con cui avrei diviso un mese di vita tra mare e caserma, perché il primo mese a Bari vidi solo quelli. In mattinata insieme ad Agostino, Carmine, Massimiliano e Mimmo ci presentammo dal Tenente Antonino il quale ci fece una “paternale“ sulla lealtà e sulla serietà, di cui ancora oggi mi ricordo.
Il Comandante della Stazione Navale era il Capitano Maurizio, ma non ci ricevette poiché era molto indaffarato. Lo conoscemmo più tardi quando venne a bordo verso le dieci, orario in cui ci fermavano tutti per il caffè e parlando del più e del meno ci chiedeva qualcosa per conoscerci.
Il contrabbando di Sigarette…
di racconti ne avevo sentiti ma a Bari era un modo di vita, era una realtà che coinvolgeva tutto e tutti. Era un vero e proprio lavoro che coinvolgeva non solo i fuorilegge, non solo i “cattivi “, ma padri di famiglia, studenti, ragazzini, persino le mamme.
Tutti si ritrovavano all’arrivo dello scafo per aiutare a scaricare e per “guadagnarsi la serata“: c’ era chi caricava le sigarette, chi le scaricava, chi guidava lo scafo, chi reggeva lo scafo con le cime mentre venivano scaricate le casse di sigarette, chi teneva d’ occhio le strade, chi guidava le macchine o le apette, chi badava ai depositi, chi distribuiva, chi vendeva e chi comprava! Ovunque ti giravi vedevi segni di contrabbando!!!
L ‘equipaggio del De Turris era di dodici persone e tutte tranquillissime. Non c’ era un’ atmosfera militare, ci chiamavamo tutti per nome comandante compreso. Il mio compagno di macchina era Giacomino, un ragazzo siciliano che mi insegnò le principali cose da sapere e da fare a bordo. Su venti notti che passai a Bari nel mese di agosto ne passammo quindici in mare senza avere nessun contatto con il contrabbando. Sentivamo solo qualcosa per radio dalle pattuglie che ogni tanto inseguivano una “macchina carica…”
L’atmosfera era però indescrivibile. Mollavamo gli ormeggi alle diciotto e ci dirigevamo quasi sempre verso Nord. Poi ci appostavamo a circa sei miglia dalla costa e rimanevamo in attesa. La barca era al buio più assoluto. Non si poteva accendere alcuna luce tranne quella della cucina per fare il caffè, ma solo dopo aver accuratamente chiuso la porta e l’oblò con la tendina. Nella saletta della plancia c’ era la luce soffusa del radar, le lucine del Lowrance, i leds delle radio. Si sentiva il continuo rumore dell’ antenna del radar che girava ed all’orizzonte si vedeva la costa tutta illuminata dalle luci delle città, gialle, rosse, bianche, sembrava proprio una “Via Lattea terrestre“.
Nel mare si vedevano le luci delle navi o dei pescherecci che pescavano in coppia e certe volte ci costringevano a spostarci perché ci passavano troppo vicino e sembrava di stare in un’ astronave di qualche film di fantascienza. Il paiolato sulla sala macchine era bollente e spesso ci ritrovavamo a dormire li cullati dal mare quasi sempre calmo in quei giorni di agosto.

gdf Baglietto G.13 ponte-poppa
I giorni passavano ed a settembre andai a vivere con la mia dolce metà in un paese vicino Bari, ma il contrabbando tardava a farsi conoscere. Era un periodo un po’ morto, inoltre i mezzi che avevamo a disposizione erano pochi: la V. 6000 un offshore progettato e costruito dall’ing. Buzzi, la Ferrari come la chiamavano i contrabbandieri era l’ unica vedetta efficiente. Dovetti aspettare il 15 settembre per la mia prima esperienza.
Quel giorno vengono a bordo con noi alcuni giornalisti: giro semi-turistico nelle acque pugliesi, solita scenografia delle vedette ed a mezzanotte rientriamo. I giornalisti scendono ma noi ripartiamo… non avevo proprio voglia di riuscire, pazienza… Ci appostiamo davanti a Barletta e poco distanti da noi ci sono la V.6000 e la V.1681, un Vitrosport di Buzzi ex contrabandiero venuta da Brindisi apposta per i giornalisti. La notte continua tra fischi avvisatori via radio, intercettazioni di telefonate, risa, tanto caffè e sigarette.

gdf – V6000 – Corbelli – elicottero NH500
Finalmente la chiamata decisiva: “metti in moto, metti in moto!!“ mi grida Giacomino. Neanche cinque minuti e le turbine dei due C.R.M. del De Turris urlano come non le avevo mai sentite diventando rosso fuoco. Giacomo scende in sala macchine, lo seguo a ruota, guarda intorno ai motori le temperature, le pressioni, i manicotti, i tubi, tutto. Poi si rivolge a me e con un cenno fra quell’assordante rumore mi dice “Occhio a tutto“.
Il Meattini prosegue la sua corsa quasi sempre dritto, rallenta ogni tanto e poi riprende più veloce di prima. Sta albeggiando e mi chiedo quando finirà, è almeno un’ora e mezzo che andiamo avanti così. Mi accontentano subito: tutti che gridano “Preso, preso!“ . L’andatura adesso si fa sempre più lenta. E’ l’ alba ormai, nel mare vedo molte cose rettangolari marroni che galleggiano… Casse di sigarette, saranno decine e decine, forse di più… e la V.6000 con la V.1681 vicino ad un motoscafo bianco ferme: lo Scafo contrabbandiero! Sento dire che è un Vitro Sport di Buzzi. Sono curioso di vedere i contrabbandieri. Forse li faranno salire a bordo da noi. Ma si devono recuperare le sigarette ed i contrabbandieri rimangono sullo scafo scortati dagli equipaggi delle vedette.
“Forza, gommone a mare”. Tre dei nostri salgono sul gommone e si dirigono verso le casse di sigarette e le cominciano a prendere una per una, ma intorno ci sono tanti pescherecci e mentre raccolgono le casse si affiancano ai pescherecci, salgono a bordo e li controllano. Alcuni tirano fuori le casse subito, altri le ributtano a mare prima che i nostri si avvicinino, altri ancora hanno aperto i cartoni e hanno nascosto le stecche dappertutto, anche fra le cassette di pesce. Ecco che torna il gommone carico di sigarette. A bordo c’ é anche Giacomo che cerca di salire sul Meattini, ma scivola e cade in acqua. “ Tiratelo su. Vai tu sul gommone!” mi dicono. Faccio un salto, anzi mi butto sul gommone e dirigiamo verso un peschereccio e salgo insieme a Michele.
Comincio a guardare dappertutto mentre uno dei pescatori di bordo mi segue passo passo. In una cuccetta sotto il materasso si intravedono stecche di Merit tutte allineate… una trentina! Le prendo tutte in una volta e le butto al volo nel gommone. Il pescatore continua a starmi dietro e mi dice che le ha prese per fumare, poi vede che non gli do retta e mi dice di controllare un peschereccio blu non distante : ”Nud per me , nud per nud!“.
Intanto le vedette con lo scafo a seguito tornano verso Bari e dopo un paio di ore siamo anche noi sulla via del ritorno. Le casse di sigarette le abbiamo disposte a prua del Meattini, saranno una cinquantina, tutto intorno ci sono stecche sfuse. Non ho mai visto tante sigarette in vita mia!!!
Stremati, torniamo agli ormeggi verso le dieci. Lasciamo la “Stazione Navale” verso mezzogiorno! Torno a casa da mia moglie dopo diciannove ore. La sera alle ventidue viene a casa mia il direttore Angelo a dirmi che la mattina dopo saremmo andati a Brindisi e ci saremmo restati per almeno tre o quattro giorni: in quel periodo non avevo né telefono fisso a casa, né telefono cellulare. Rimanemmo quattro giorni a fare servizio nelle acque di Brindisi ma dei contrabbandieri neanche l’ ombra!
Nel Marzo seguente l’equipaggio del De Turris fu smembrato poiché un nuovo guardacoste, il G. 101 Lombardi, fu assegnato a Bari e molti tra cui Giacomino furono imbarcati li. Il nuovo guardacoste iniziò a fare risultati a raffica grazie ai due radar potenti, alla velocità, al fatto che veniva accoppiato sempre alle unità “Veloci“ e soprattutto perché essendo nuovo doveva riportare risultati e quindi “le notizie buone“ erano solo per lui.
Una sera ci fu uno spiegamento di forze inconsueto. Doveva scendere uno scafo alla Foce dell’ Ofanto e si doveva prenderlo per far bella figura con qualcuno. Il Lombardi in prima fila davanti a Barletta, affiancato dalla V.6000 e dalla V.1681 serie A. La V.1679 (mia futura motovedetta) da Manfredonia, alla baia delle Zagare verso Vieste, insieme ad un ormai “stanco e sgangherato” Drago, una vedetta di Bari e noi piazzati quasi a Vieste (la serie B).

gdf V.1679 Power Marine 50 nodi
Verso le due di notte puntuale …arriva lo scafo! La radio del Lombardi comincia a dare indicazioni alle veloci che dopo neanche dieci minuti stanno già inseguendo. Vistosi accerchiato da due vedette veloci lo scafo non tenta la fuga verso il largo, ma si mantiene sotto costa, anzi punta verso Manfredonia. Dalle radio escono grida, posizioni, avvisi, di tutto e di continuo. Lo scafo sta dando filo da torcere alle nostre unità e come se non bastasse ad un certo momento la V.1681 avvisa per radio che ha fatto avaria, lasciando la V.6000 da sola ad inseguire. Insieme continuano a costeggiare il Gargano e …stanno puntando dritto verso di noi.
Intanto, il Lombardi ha perso il contatto radar con l’inseguimento e chiede la posizione alla V.6000 che però é troppo impegnata nell’ inseguimento per rispondere. Entra nell’inseguimento il nostro Drago ma solo per cinque minuti perché rimane subito ad un motore. Lo scafo sta puntando verso di noi cercando di sfuggire alla V.6000 che non lo molla.
Dal nostro radar Giovanni da la posizione dello scafo a tutti ed io cerco di vedere dove si trovano scrutando l’ orizzonte. Il Golfo di Manfredonia ci circonda. Si vedono le luci di Mattinata. Intorno tantissime luci dei pescherecci che pescano …ed è proprio vicino ad un peschereccio che vedo dei fasci di luce che si muovono su e giù: sono i faretti della V.6000 che stanno illuminando lo scafo…sono vicini. Lo scafo sta cercando di staccarsi dall’ inseguitrice correndo tra i ai pescherecci che sono disseminati nel golfo ed infatti ci sta riuscendo poiché sento dire per radio: “L’ abbiamo perso, l’ abbiamo perso!“. Sono quelli della V.6000.
Ma sul nostro radar l’ eco dello scafo è tenuto sotto occhio già da un pezzo: “Vai per sessanta che ti guidiamo noi“. Siamo tutti pronti, lo scafo è ormai vicino a noi, il comandante nostro accelera. Mentre sono sul boccaporto della sala macchine vedo due luci che nel buio si stanno avvicinando. All’improvviso un fascio di luce illumina a giorno tutto intorno, parte dalla nostra controplancia: è il potente faro del Meattini che illumina una cosa bianca che sta sfrecciando sull’acqua…
E’ lo scafo, proprio vicinissimo: vedo le persone a bordo, i contrabbandieri! Le loro facce tirate, i loro sguardi pieni di adrenalina. Sono vestiti con giubbotti e berretti, normalmente, non sono come me li ero immaginati! Sono in tre: uno guida e guardando a destra e sinistra urla qualcosa ad uno dei due sventurati che è con lui; questi neanche si gira e continua con l’ altro a gettare a mare gli scatoloni di sigarette a raffica!!!
Lo scafo e’ un Napoli. Non corre molto forse ha problemi ai motori. E’ proprio a fianco alla nostra sinistra, naviga parallelamente a noi, ma siamo un po’ più veloci e quando ormai lo abbiamo superato iniziamo a tagliargli la strada verso sinistra. Lui passa sopra la scia nostra e fa un bel volo. Di nuovo a fianco stavolta a dritta, di nuovo il sorpasso e nuovo salto… non riesco a credere alla scena eccezionale a cui sto assistendo!
Infatti, quando lo scafo salta sopra la nostra scia esce dall’acqua come se volesse volare, ricadendo poi in mare tra migliaia di spruzzi che arrivano quasi a bagnarci. Al terzo passaggio interviene la V.6000 che lo illumina da sinistra. Lo scafo è in mezzo a noi. La V.6000 gli si mette davanti e vedo che attaccata alla poppa ha una cima lunga distesa che salta sulle onde e finisce sotto la prua dello scafo e si stacca!
Il De Turris rallenta… mi giro verso prua e vedo le luci di due pescherecci proprio vicino…. Mamma mia!! Ci sono troppi pescherecci in questa zona e lo scafo furbamente fa apposta ad andare dove ce ne sono di più, ma riprendiamo a seguirlo e lo abbiamo di nuovo a fianco: la V. 6000 lo ha fatto rallentare. Continua a buttare scatoloni. Passiamo sopra ad alcuni di essi ed il mare si riempie di stecche di sigarette.
Di nuovo lo scafo punta verso due pescherecci e questa volta anche la V.6000 è costretta a fare il giro largo e rallentare: stava diventando troppo rischioso e ad un certo punto, grazie al suo zigzagare tra i pescherecci, il fuggitivo riesce a prendere un margine di vantaggio anche sulla V.6000 che ormai sta inseguendo da sola poiché noi siamo rimasti molto dietro e poco dopo rallenta fino a fermarsi: lo scafo ha vinto ed è riuscito a darsi alla fuga!
Quella sera rimasi segnato dalla bravura del mio comandante Peppino, che con il Meattini tenne testa allo scafo riuscendogli a fargli dei passaggi di prua ed ancora oggi ripenso a quell’inseguimento.
Nel filmato si può vedere come si svolge un inseguimento con conseguente fermo di uno scafo contrabbandiero:
Maggio 1995
In quel periodo il De Turris era in avaria a causa di un motore e non si navigava. L’ equipaggio faceva servizio sulla barca sia per ripristinare l’ efficienza del motore, sia per fare lavori che durante il periodo in cui si navigava, non si aveva tempo di fare: verniciare, sistemare gli alloggi, fare delle modifiche, ecc. Di notte inoltre si effettuava a turno la custodia a bordo. Quella sera sono io di custodia dalle diciotto alle sei del giorno dopo.
Agli ormeggi della Stazione Navale ci sono anche gli equipaggi di due vedette che non sono uscite poiché il mare è mosso. Sono le venti, stiamo tutti in garitta. Il telegiornale da le notizie del giorno. Qualcuno di noi ha già in mano il “panino triste” che rappresenta il novanta per cento della cena del Finanziere di mare! Insieme a Paolo ci sediamo ai bordi della vedetta ormeggiata nei pressi della garitta e parliamo del più e del meno. Arriva una macchina.
E’ Enzo uno scapolo e vive negli alloggi della Finanza a Piazza Mercantile, nel rione vecchio della città a Bari vecchia! Questa zona è frequentata dalla maggior parte delle persone che vive con il contrabbando. Enzo scende dalla macchina e ci dice che ha notato del “movimento” in piazza. Ha anche notato due apette che erano piazzate in posizione strategica! Le api a tre ruote della Piaggio, dette in gergo le treruote, erano usate dai contrabbandieri negli sbarchi nel porto piccolo di Bari.
Esse venivano caricate di sigarette e grazie alla loro ridotta dimensione riuscivano a dileguarsi nel labirinto di vicoli e vicoletti della zona vecchia. Dopo la notizia di Enzo ci teniamo tutti in allerta con un orecchio alla radio della garitta sintonizzata sul canale delle nostre pattuglie. Ore venti, stiamo vedendo un film, arriva una macchina.
E’ il nostro Capitano Maurizio e ci conferma che uno scafo deve sbarcare a Molo Sant’Antonio. Bari ha due porti: uno grande, verso nord e dove approdano navi mercantili, traghetti, navi da crociera e dove c’è la Stazione Navale della Guardia di Finanza. L’ altro più piccolino, a sud, dove ormeggiano imbarcazioni da diporto, barchette da pesca, qualche peschereccio. Le due imboccature distano tra loro circa tre chilometri.
Il Capitano dà disposizioni per un eventuale intervento nostro sia a mare che a terra. Gli equipaggi preparano le vedette senza fare troppo movimento (gli ormeggi nostri erano tenuti costantemente sotto controllo dai pali contrabbandieri). Una macchina è pronta per uscire con tre dei nostri guidati dal Capitano. Insieme ad Enzo e Paolo dobbiamo rimanere con il piantone agli ormeggi pronti ad intervenire se c’e’ bisogno di manforte.
I preparativi sono ancora in atto quando dalla radio della garitta si sente una voce agitata che grida: “A tutte le papa (pattuglie), sbarco in atto! Sbarco in atto! A molo Sant’ Antonio! “. E’ una nostra pattuglia che sta dando l’ allarme. Lo sbarco di sigarette è in atto nel porticciolo. Le danze iniziano! Gli equipaggi salgono sulle vedette e si dirigono verso il punto di sbarco.
Il Capitano con gli altri esce di corsa dalla Stazione Navale. Enzo, Paolo ed io rimaniamo in attesa…in stand by! Stiamo davanti alla radio come se stessimo a sentire una radiocronaca di una partita di calcio. Lo scafo si sta dando alla fuga e dopo non molto è braccato dalle nostre vedette che lo inseguono con difficoltà a causa del mare mosso. C’è però parte del carico sparso sul molo. C’e’ molta gente a piedi. Un’ apetta carica sta fuggendo.”Mandate rinforzi! Qui c’e’ una marea di gente!. Noi però non ci possiamo muovere: solo il Capitano Maurizio può darci il Via!
Ed ecco che dalla radio: “Ormeggi, ormeggi, qui Charlie- Mike (Capitano-Maurizio), intervenite pure voi! “ E’ lui , è il nostro Capo che ci chiama! Io salto in aria come una molla. Enzo ha già il piede sull’accelleratore della sua auto. Paolo prende un bastone e si catapulta in macchina. Ci dirigiamo a velocità sostenuta verso il porticciolo. Pochi minuti e ci siamo quasi. Eccoci.
Ci dobbiamo fermare un centinaio di metri prima: una marea di persone in mezzo alla strada, sul molo, uomini, donne, bambini… Si sentono grida. Molti corrono in direzioni diverse. Macchine in strada, sui marciapiedi. Traffico paralizzato. Clacson che suonano all’ impazzata. Sul muraglione che corre lungo la strada che costeggia il porticciolo altrettanta gente che urla, butta oggetti. Parolacce a catinelle in barese doc (arabo per le mie orecchie). Ci sono alcune pattuglie dei nostri. Ci sono i nostri.
Ci sono una trentina di casse di sigarette affilate sul bordo del molo. Dobbiamo scendere dalla macchina e proseguire a piedi per poter arrivare dai nostri. Ma mentre sto per aprire la portiera, Enzo grida: “Un treruote. Carico!”. Ma dove lo vede e come fa a vederlo in mezzo a questo pandemonio? Penso tra me e me. Riaccellera, sale sul marciapiede e mette l’ auto di traverso. Un’ apetta sta andando a tutta birra sul marciapiede sfiorando decine di persone, proprio verso di noi. Gli abbiamo chiuso la via di fuga. Continua a correre. Già immagino il botto, quando sterza di colpo, verso il molo. E’ troppo veloce. Si inclina. Una delle due ruote posteriori si alza. Continua per una decina di metri a correre inclinata su due ruote. Si ribalta su di un fianco. Una marea di scintille illuminano la scena. Continua ad andare verso la banchina del molo continuando a sputare scintille. Un nugolo di persone si riversa verso la scena. La povera apetta non si ferma. Sta seminando casse di sigarette lungo il suo tragitto, continuando a strusciare sull’ asfalto verso il ciglio della banchina. “Caz.. non si ferma“ dice Enzo. Cade a mare!
Nel punto si riversano una trentina di persone, minacciose che ci cominciano ad urlare contro bestemmie di tutti i tipi. “E chi scende più dalla macchina” penso io. Cinque dei nostri baschi verdi ci vengono ad aiutare. Vengono anche i nostri con il Capitano Maurizio. Beh adesso posso anche scendere! Ci affacciamo sul bordo della banchina. L’apetta galleggia ad un paio di metri dal muraglione.
Una decina di metri verso il centro del porticciolo il guidatore sta per essere issato a bordo su di un barchino a remi su cui ci sono due tizi. Tutto intorno ci sono una decina di casse di sigarette che galleggiano. Dopo che il malcapitato sale, i tre issano a bordo anche due casse e cominciano ad allontanarsi, andando verso la parte buia del porto dove ci sono i pescherecci. Ci dirigiamo verso i pescherecci. La banchina è disseminata di casse di sigarette. Un tizio corre con una di esse in braccio. Un’ altro ne butta una a mare. C’è anche una donna in evidente stato di gravidanza seduta su una cassa che grida “Guai a voi se mi toccate“. Tra il nugolo di persone scorgo il nostro Capitano che corre con noi verso il presunto punto in cui si nasconde il barchino. “Lo vedete?” ci chiede. Paolo :”Si, sta dietro al peschereccio grande, eccolo è affiancato”. I tre sono ancora a bordo. Ci vedono e rimangono impietriti. Saliamo sul peschereccio. Enzo si tuffa sul barchino con le braccia e le gambe allargate…ad ics !
Quasi lo affonda! “Comandà nun ve facite male!” dice uno di loro. Li facciamo scendere a terra e recuperiamo le due casse che avevano raccolto. “Sono solo tre?“ ci chiede il Capitano.”Veramente sono due e mezzo! Uno di loro è un ragazzino che potrà avere si e no tredici anni. Sta piangendo e non dice una parola. “Comandà, sono lo zio lasciateci andare, stavamo solo pescando. Domattina ‘u piccinudde deve andare a scuola!“.
“Teneteli d’ occhio” dice il Capitano, si gira e comincia a correre verso l’ entrata di un vicolo da solo. “Questo è matto” penso io. Intanto nel porto è arrivata una delle nostre vedette. Hanno interrotto l’inseguimento poiché il mare è troppo mosso per inseguire. La situazione si calma. Le persone si sono sparpagliate. Ci sono due pattuglie della Polizia ed una dei Carabinieri. Arriva un camioncino con una piccola gru per tirare fuori dall’ acqua l‘apetta.
Un Tenente dei baschi verdi si avvicina e ci chiede:“Sapete dov’é il Capitano Maurizio?” “…ma veramente l’ultima volta che l’ ho visto correva come un razzo!!! E’ andato dentro quel vicolo “ gli rispondo. Mentre indico l’ entrata buia del vicoletto appare proprio lui il Charlie-Mike. Cammina lentamente verso di noi. Ha qualcosa sulle spalle… No non ci credo, è una cassa di sigarette! E’ riuscito a recuperare una cassa, chi sa come e chi sa a chi! Da solo! “Allora è proprio Matto“ ripenso. Viene verso di noi, butta la cassa a terra, saluta tutti e dice :”Complimenti ragazzi, possiamo tornare agli ormeggi! “…”Ma i complimenti se li è meritati lei (caro mio) Charlie“ gli rispondo, questa volta non con il pensiero!!!
Un altro contatto con i contrabbandieri lo ebbi dopo che venne alla stazione navale. Il Ten. Roberto aveva degli informatori a dir poco fantastici…. per i contrabbandieri! L’informatore gli diceva “A Poli“ noi ci appostavamo a Polignano e sbarcavano a Fesca o Mola, oppure: “Lo scafo scende ad Ofa“ e alla foce dell’ Ofanto passavano solo pescatori. Ma una notte dopo tante, gli arrivò la telefonata: “Cala Pantano! E’ sicuro!“ Solo che nessuno sapeva dove si trovava il posto.
Poi arrivò un’altra telefonata: “Il mattatoio di Mola“. Le piccole, la V.6000 ed il Baia, ovvero la V1684 uno scafo ex contrabbandiero unico del suo genere in quanto americano e soprannominato BEST, con tre motori Isotta Fraschini ed unico esemplare nella flotta della gdf, si appostarono a Mola e noi con il De Turris a Cala Pantano, dopo aver mobilitato mezza Bari per sapere dove si trovava, cioè non lontano da San Giorgio. La notte scorreva lenta ma ad una certa ora le radio cominciarono ad urlare: “Stiamo inseguendo Mike/Sierra“ (Mike/Sierra sta per motoscafo).
Le piccole avevano intercettato lo scafo e lo stavano inseguendo, naturalmente dalla parte opposta in cui noi stavamo appostati. Il tempo di arrivare sul posto e lo scafo era stato già catturato. E‘ affiancato alle due vedette e qualcuno dice: “E’ un Cigarette“, non è tanto grande. Infatti i contrabbandieri stessi ci dicono che non portano più di centocinquanta casse. Vengono fatti salire a bordo e sono in due. Uno di loro, lo scafista cioè il pilota del motoscafo è un omone napoletano si sente dall’accento, ci chiede un caffè ed io lo faccio in dieci minuti e mentre lo sorseggia il caffè’ lo osservo…. cerco di capire cosa hanno di diverso..
I contrabbandieri: hanno ispirato romanzi, film, canzoni, leggende! A me sembrano persone normalissime. Dopo aver bevuto l’ omone sorride, mi guarda con i suoi occhi color mare e mi fa i complimenti. Poi comincia a parlare: “Ho un figlia che studia. Un giorno diventerà una dottoressa. Mia moglie mi ha lasciato il giorno in cui è nata. Lei è tutto il mio mondo e non sa niente di questo mio lavoro!” Caspita…se è vero quello che dice, c’è da commuoversi. In effetti sembrano tutti e due delle persone tranquille. Chiacchieriamo insieme, ridiamo, ci raccontano inseguimenti dove hanno seminato i nostri. Sono anche simpatici! Allora e’ vero che il contrabbando è un lavoro?
Gli inseguimenti sul De Turris non erano molto entusiasmanti per il fatto che gli scafi si vedevano solo sul radar, poi intervenivano le “piccole“ e tu o vedevi solo le lontane luci dei faretti che illuminavano lo scafo o se anche la scena dell’ inseguimento si avvicinava al guardacoste, non si riusciva a capire niente.
Un giorno d’ estate del 1995 usciamo alla solita ora, le diciotto. Puntiamo al largo con la solita rotta perpendicolare alla costa. Facevamo sempre quella rotta in uscita ed arrivavamo fino ad una decina di miglia dalla costa per non farci vedere da eventuali “vedette spie“ che potevano scoprire se andavamo a nord oppure a sud. Cosa che per i contrabbandieri era già tantissimo.
Quel giorno la visibilità era ottima e proseguimmo la rotta fino ad oltre le dodici miglia, ma gli occhi sempre vigili di tutti scorgono all‘orizzonte una scia! Procede verso nord, è uno scafo! Ci fermiamo ed aspettiamo che prosegue oltre la nostra rotta. E’ molto basso e tozzo … E’ carico a “tappo”. Prosegue a navigare con la rotta verso Barletta. Lo controlliamo a vista fino a che non fa notte e poi continuiamo a tallonarlo con il radar.
A circa dieci miglia da Barletta comincia a scendere parallelo alla costa verso Bari, poi all‘altezza di Giovinazzo punta a terra. Siamo in compagnia della V.1679 un motoscafo tipo Corbelli ex contrabbandiero che però sta arrivando da Manfredonia, quindi non dobbiamo perdere il contatto radar dello scafo fino all’arrivo della vedetta.
Ma lo scafo senza fermarsi ed ad una certa andatura arriva fino ad un miglio da terra e si ferma in mezzo ad un folto gruppetto di barchette. La V.1679 arriva dopo una mezzora e comincia a perlustrare la zona che gli indichiamo, ma il nostro radar lo vede benissimo e riusciamo a guidare i colleghi, mentre lo scafo rimane fra i barchini sperando di non essere visto. Però sul “Target“ inizia l‘inseguimento: “Stiamo inseguendo un M/S, è un Napoli”.
Noi stiamo a circa due miglia fuori. Guardo in direzione dei due mezzi e riesco a vedere che virano e vengono verso di noi. Siamo pronti ad intervenire per dare aiuto alla vedetta ed infatti lo scafo, forse pensando erroneamente che l’imbarcazione davanti tutta illuminato fosse un peschereccio, punta verso di noi. Il faro del De Turris lo illumina appena arriva a tiro, come per dire “Sorpresa“ ed veramente una sorpresa per lui visto che effettua una virata quasi sotto la prua.
Ci fa un mezzo giro intorno che gli permette di defilarsi un po’ dalla vedetta la quale forse ha problemi perché non riesce a stargli dietro. Ad un certo punto una luce dall’alto: che diavolo è? La Victor, cioè l’ elicottero ha sentito le note per radio dell’inseguimento ed è venuto sul posto.
Intanto lo scafo sta buttando a mare qualcosa… saranno le sigarette, penso. Ma sono dei cilindri bianchi grossi. “Ma cosa sono?” chiedo a Nicola: “Taniche di benzina che svuotano nei serbatoi e le buttano a mare“. Lo scafo ci passa davanti tagliandoci la rotta, cosa che non eravamo riusciti a fare noi poiché era più veloce ed infatti vedo uno dei contrabbandieri che tiene una tanica grande in braccio, proprio come un sacco, con un tubo che va nel serbatoio: “E’ un pazzo, rischia di cadere in mare“. Intanto l’ elicottero dalle radio dice: “Sta buttando a mare!“.
Ma Antonio lo corregge avvisando la sala operativa che sono solo taniche. Ribadito dalla V.1679 che non riesce a recuperare neanche un metro anzi perde sempre più, fino a quando inizia a rallentare e si ferma. Noi tentiamo di proseguire ma è inutile, ormai lo scafo se ne sta andando e siamo costretti anche noi a fermarci.
Tornammo indietro dalla vedetta che ha fatto avaria e offriamo ai colleghi un buon caffè. Tra una chiacchiera e l’ altra passa metà nottata con la speranza di veder riapparire lo scafo, ma senza successo. Evidentemente ne aveva avuto abbastanza per quella sera!
In quello stesso mese altri due episodi con i contrabbandieri
Il primo fu breve ma ci lasciò di stucco: una sera stavamo pendolando lungo le coste di Monopoli e stavamo salendo verso Bari. Il mare era una tavola ed eravamo soli, non era uscita nessuna vedetta. La serata stava passando lenta e noiosa, quando il radar iniziò a battere un’ eco che procedeva parallela alla costa a circa tre miglia da noi.
All’ improvviso arrivato ad un miglio e mezzo da noi si fermò. Ci fermammo anche noi, continuando a procedere tranquillamente per la nostra rotta cercando di non destare sospetti! Evidentemente l’eco che era uno scafo, aveva mangiato la foglia e rimase fermo una mezzora. Forse si stava accertando se eravamo effettivamente da soli. Magari facendo qualche chiamata a qualche palo per assicurarsi che le vedette non fossero uscite.
Infatti, ripartì e venne verso di noi. Mi trovavo presso il boccaporto della sala macchine e aspettavo il faretto dalla controplancia del De Turris che illuminava lo scafo. Ma sorpresa… una luce abbagliante ci illuminò: era lo scafo che aveva un potente faretto sul cupolino e ci stava illuminando. Iniziò a girarci intorno per prenderci in giro. Due giri e poi fece rotta per il largo continuando ad illuminarci. Lo seguimmo solo per lanciare la nota alla sala operativa, cioé per segnalare la sua presenza perché comunque sarebbe stato inutile andargli dietro.
Dopo neanche un quarto d’ora tornammo a pendolare lungo la costa e trascorse un paio si sere siamo di servizio assieme al Drago e poiché il mare è un po’ mosso, è rimasto agli ormeggi in prontezza operativa, pronto ad intervenire in caso di bisogno. Noi siamo appostati a circa cinque miglia da Bari. Ci sono molti pescherecci e ci mettiamo vicino con tutte le luci accese così ci confondiamo con loro. Siamo quasi tutti in contro-plancia a chiacchierare quando Aldo si rivolge a Mimmo: “Si è spento!“.
Uno dei pescherecci che evidentemente era sospetto ha spento le luci. Subito ci allarmiamo ed andiamo tutti ai propri posti. Il radar continua ad evidenziare gli spostamenti del peschereccio al buio che verosimilmente si tratta di uno scafo. Infatti dopo un po’ l’eco inizia a puntare a terra ad una certa velocità.
Il Drago, già allertato prima , inizia ad uscire dal porto. Lo scafo ha ormai raggiunto la diga foranea vicino al molo S. Antonio e si è fermato a neanche cento metri dall’ entrata del porticciolo. Probabilmente viene allertato da qualche “palo“ poiché appena si fa vivo il Drago inizia a costeggiare il molo dal lato opposto da cui sta arrivando la nostra vedetta. Peppino dal Drago ci chiama e dice che il loro radar non essendo molto potente non riesce a battere lo scafo e quindi li dobbiamo guidare noi.
Guidato per radio il Drago riesce ad arrivare ormai ad un miglio dallo scafo. Questo all’ improvviso parte ed inizia a fare rotta verso il largo, resosi conto che era stato scoperto. “E’ partito, è partito“ grida Tonino per radio rivolgendosi alla vedetta… il Drago accenna un timido inseguimento ma si ferma subito per avaria ad un motore!
Ma che SFIGA! Comunque rimane in quella posizione, se non altro a far da spaventa-scafi! Nel frattempo lo scafo si è fermato a circa quattro miglia dal porto non vistosi seguito, ma noi che nel frattempo siamo rimasti fermi, gli stiamo a due miglia illuminati sempre come un peschereccio.
Aspettiamo se magari ci riprova!! Intanto il mare si sta ingrossando e sta iniziando a piovere. Rimaniamo fermi per più di un’ ora con i motori in moto e avvicinandoci piano piano verso di lui… Gli arriviamo ad un miglio e si inizia a sentire un forte odore di benzina, evidentemente si sta rifornendo. Passa un’altra ora ed il mare si ingrossa sempre più. Il Drago ci chiama e ci dice che deve rientrare perché le onde lo fanno sbattere e con un motore solo non riesce a governare.
Comincia a piovere a dirotto così decidiamo di tentare di abbordare lo scafo, anche perché se si accorge di noi, non riusciremo neanche a vederlo. Ci avviciniamo sempre più. Gli siamo quasi addosso, ma la sua sagoma non si vede poiché la pioggia ce lo impedisce. Mentre sono sul boccaporto della sala macchine cercando di scrutare nel buio nella speranza di vedere qualcosa, a malapena riesco a vedere i miei colleghi che stanno sulla prua estrema del Guardacoste, all’ improvviso il faro dalla plancia lancia nel buio il suo fascio di luce. Neanche il tempo di illuminarlo e lo scafo parte a razzo volando letteralmente sulle onde! Lo riesco ad intravedere, fa due salti e per un attimo lo vedo quasi perpendicolare al mare con la prua che si alza e non scende più. E’ un Napoli e lo seguiamo per meno di un miglio. Intorno a noi si sta scatenando una burrasca con fulmini che cadono tutto intorno e acqua che arriva da tutte le parti. “Il solito temporale d’ estate“, dice il nostromo!
“Alla faccia! E me lo chiami temporale sto putiferio, ma riusciremo a rientrare?“. Lasciamo lo scafo a circa sette miglia dalla costa in mezzo alla tempesta e rientriamo in porto dopo un’ora. Mentre navighiamo sbattiamo molto e faccio fatica a mantenermi in equilibrio… Guardo verso il largo e vedo le onde del mare con le creste bianche di schiuma e sembra quasi che vogliano salirci sopra. Non voglio dire che mi sto spaventando, ma…. Il mio pensiero va a quei contrabbandieri sullo scafo… a quelle persone sullo scafo. Cosa staranno pensando, se magari qualcuno di loro starà anche pregando: lo sto facendo io che bene o male in un’ora ritoccherò la terra. E loro che si devono fare la traversata fino al Montenegro?
Nell’ estate 1995
venne a bordo del De Turris a fare il comandante un maresciallo che fu trasferito da Termoli, si diceva per sventura poiché era di Termoli, viveva a Termoli, faceva servizio a Termoli da parecchio tempo. Con lui iniziammo a fare un tipo di servizio che prevedeva orari molto lunghi, dalle otto di mattina alle otto della mattina dopo. Forse perché lui viveva a bordo e non avendo nessuno a Bari preferiva andarsene a mare. Comunque in quel periodo giustamente i contrabbandieri non sapevano mai dove ci trovavamo poiché andavamo navigando lungo tutta la costa per tutto il giorno ed anche la notte. Ma ciò non venne a nostro vantaggio perché non riuscivamo comunque a vedere neanche uno scafo.
Una mattina di ottobre, mentre stavamo agli ormeggi arrivò la notizia di uno scafo che si trovava sottocosta. L’ elicottero lo teneva sottocchio al largo del porto di Monopoli. Molliamo gli ormeggi con un equipaggio di fortuna, poichè non tutti i titolari erano presenti. C’è un bel Maestrale, ma noi con una discreta velocità ci dirigiamo sul punto segnalato a costo di rompere la barca! Un’ oretta di terremoto ed ecco da lontano a circa tre miglia dal porto di Monopoli vediamo un peschereccio affiancato ad uno scafo. Ci avvicinammo ed i due si separano: il peschereccio punta verso il porto mentre lo scafo punta verso il largo a lento moto. Il mare è veramente grosso. Riusciamo ad arrivare a fianco allo scafo è un Cigarette piccolino. Lo scafista si affaccia dal cupolino e dice rivolgendosi verso la controplancia: “Comandà siamo vuoti!“.
Ma noi gli intimiamo di fermarsi e di affiancarsi. Con difficoltà riusciamo ad affiancarci ed appena ci siamo affianco vedo Gabriele che salta a bordo e sposta lo scafista dalle manette (gli acceleratori dei motori). Gli altri colleghi invitano i contrabbandieri a salire a bordo da noi mentre anche Leonardo salta a bordo dello scafo. I contrabbandieri sono in tre ed uno di loro appena salito dice al comandante: “Fateci andare via siamo vuoti!“ Il De Turris fa rotta verso il porto di Monopoli con lo scafo al seguito. Non si può stare più c’ é troppo mare.
Ormeggiamo alla banchina del porto e prepariamo il caffè. Uno dei contrabbandieri indicando me dice : “Il caffè fatelo preparare a questo ragazzo che lo fa buono“. Riconosco lo stesso scafista del primo scafo che catturammo al largo di Mola: l’omone simpatico, napoletano. Intanto nel porto arrivano le pattuglie con il tenente Roberto e portano via i tre. Ma noi non possiamo mollare poiché il mare é peggiorato ed è ormai in burrasca. Riesco ad avvisare mia moglie che mi aspettava per pranzo solo nel pomeriggio, grazie ad una sgangherata cabina telefonica non lontano dal porto.
La notte facciamo i turni per controllare lo scafo e per un controllo generale. Durante il mio turno, verso due di notte, il porto si riempie di furgoni e macchine. Penso subito ad uno sbarco e corro a svegliare il comandante che mi tranquillizza. Cominciano ad entrare nel porto una decina di pescherecci che pescano il pesce spada. Sono giganti… con quel mare stavano fuori e stavano rientrando da chissà dove. Scendiamo in banchina io e Mario il quale si avvicina ad uno dei pescherecci e saluta amichevolmente un tizio che sembra il comandante, poi mi dice di seguire il mozzo che mi carica sulle spalle un pesce spada di oltre un metro e mezzo. Il giorno dopo mangiamo pesce spada cucinato in dieci modi diversi. Vivemmo a bordo due giorni e all’ alba del terzo il mare concesse una leggera tregua permettendoci di tornare a Bari anche se alquanto sconvolti, almeno io.
Con il comandante Gaetano
ci ritrovavamo a fare servizio in giorni e notti del tutto casuali e in orari del tutto diversi dagli orari che facevamo di solito. Per cui i contrabbandieri che avevano sicuramente dei pali che li informavano sulle uscite e sulle eventuali zone in cui ci dirigevamo, erano del tutto disorientati e quindi non sapevano mai dove potevamo essere.
Una notte mentre ci ritrovammo a pendolare, naturalmente da soli e senza vedette a seguito al largo di Mola, eravamo usciti dalla mattina e la nottata sembrava una delle solite che trascorrevano lente tra una chiacchiera e tanti caffè, mentre stavo riposando vengo svegliato da un improvviso fermento. Vedo tutti che si agitano, che vanno su e giù dalla controplancia. Mi avvicino alla postazione radar: c’e’ una eco che sta dirigendo nel porto di Mola.
Non va veloce ma… è al buio: questo piccolo particolare può bastare per far presupporre che è uno scafo. L’ eco sta entrando dritto di filato nel porto. Noi stiamo a quattro miglia dal porto ma ci entreremo anche noi tra una ventina di minuti. Tonino intanto sta allertando le pattuglie a terra. Siamo tutti pronti, anche se non sappiamo bene cosa dobbiamo fare, almeno io. Dopo un quarto d’ ora entriamo anche noi nel porto a quasi tutta birra. Io sto sul boccaporto della sala macchine e guardo lungo la banchina cercando di scorgere non so neanche io cosa.
Sul lato destro del porto c’è un piccolo braccio, è pieno di persone, forse una quarantina, tutti che si muovono freneticamente, ma non riesco a capire cosa stanno facendo. Neanche il tempo di dire “c’è gente la’“, che si sente un rumore assordante di motori. Da sotto la banchina dove c’ era tutta quella gente, da dietro un peschereccio è partito uno scafo già in planata, tutto bianco, un Corbelli. Lo vedo che da sinistra si defila davanti alla prua del Meattini.
Passo di corsa dal lato di dritta dove dovrebbe riapparire. Ci passa lungo tutto il fianco a dritta a meno di sette otto metri dirigendosi verso l’imboccatura del porto. Non riesco a vedere quante persone sono a bordo ma vedo benissimo un tizio affacciato dal cupolino che mi guarda e mi fa “ciao” con la mano. Lo scafo sparisce nel buio in una nuvola di fumo bianco e acqua sollevata dalle eliche. Ma non c’è tempo per guardare.
Il Meattini si sta affiancando al peschereccio ormeggiato sul molo dove c’ erano tutte quelle persone che nel frattempo stanno correndo via lasciando a terra una quindicina di taniche di benzina da cinquanta litri disseminate ovunque. Neanche il tempo di toccare il peschereccio che vedo Andrea che salta a terra con Leonardo. Senza pensarci due volte salto a terra e mi metto a correre con loro. Seguiamo un gruppetto di persone che si infila in uno dei tanti vicoli tra le case che si affacciano sul porto. Dopo un centinaio di metri ci ritroviamo in una piazzetta. Un furgone fugge via con il portellone di dietro aperto dal quale rotola via una tanica di benzina, una macchina si mette in moto e parte a luci spente. Andrea gli si mette davanti e spiana la sua pistola intimando di fermarsi. “Non sto facendo niente“ dice l’ uomo alla guida e Andrea, alla Sceriffo maniera gli risponde: “Sei capitato nel posto sbagliato e nel momento sbagliato!” insieme a Leonardo fermiamo due che fuggivano. Leo spiana il mitra e intima di fermarsi… ed io con niente… perché non avevo avuto il tempo di prendere niente, grido lo stesso.
Poco dopo arrivano Mario e Aldo e controlliamo le referenze dei fermati sono tutti puliti e quindi li dobbiamo rilasciare. Ci avviamo verso la barca nostra e lungo il tragitto recuperiamo altre due taniche una delle quali era stata buttata in un bidone dell’ immondizia. Dopo un po’ arrivano anche le pattuglie. Rimaniamo ormeggiati per le operazioni di rito e poi ripartiamo alla volta di Bari dopo aver gradito un’ ennesimo caffè.
Il porto di Mola era spesso teatro di queste scene e purtroppo una scena simile si ripeté una notte in cui intervennero delle pattuglie durante uno sbarco. Era la notte del 12 Luglio 1996, alcune persone , cercando di sfuggire alla cattura, si buttarono in acqua e furono travolte dallo scafo in fuga. Le vite di Ignazio De Tullio e Vito Antonio Iacobellis vennero portate via da quel maledetto destino che purtroppo ogni tanto faceva la sua comparsa pretendendo delle vite innocenti.
(Fine seconda puntata)
Si ringrazia la “Guardia di Finanza”, il Colonnello Antonino Iraso e l’appuntato di mare scelto Maurizio Santo per aver già fornito le immagini pubblicate anche nel seguente articolo e tratte da vari archivi.
Grazie Fabio,
ma non ho fatto quasi nulla mentre Maurizio è stato veramente bravissimo nel saper rappresentare la scena di momenti di battaglie durissime, spesso pericolose per la sua vita e quella dei suoi colleghi, altrettanto bravissimi!!
Grazie per averci scritto!!
Saluti,
Giacomo Vitale
Carissimo Fabio,
ti ringrazio per quello che dici, ma sei troppo buono ed alla fine non ho fatto quasi nulla, mentre è “stupendo” quello che Maurizio ci sta descrivendo nel suo preziosissimo “piccolo ma grande libro”, che è una lezione di vita per tutti e mi permetto di estendere il tutto anche ai bravissimi colleghi di Maurizio che hanno condiviso con lui battaglie in mare che difficilmente dimenticheranno!!
Salutissimi!!
Giacomo Vitale
Complimenti a tutti, sopratutto a te Giacomo ed a Maurizio.
Stupendo come sempre!
Carissimo Maurizio,
non esagerare, cerco solo di evidenziare quanto, con la tua immensa sensibilità e semplicità, hai saputo descrivere in questo tuo “piccolo ma grande libro” che è una lezione di vita per tutti e chi è intelligente capisce!!!
Come al solito Giacomo sa stupire…
La frase del contrabbandiere evidenziata in grassetto è l’essenza di come venivano considerati i nostri antagonisti… Tra i finanzieri ed i contrabbandieri c’era rispetto… anche in battaglia. Infatti, i contrabbandieri erano persone normali che il destino aveva posto in quel lato.
Maurizio Mainardi