G.di F. – G 42 Nuvoletta – maresciallo Luigi Santo: inseguimenti scafi contrabbandieri – ricordi di un radarista
di Concetto Carta
Sono imbarcato sul G.8 Brigadiere Greco, Bigliani VII serie, i 38 mt per intenderci. Ho avuto il piacere e l’onore di lavorare con il Mar. Santo, in quel di Otranto, quando lui era direttore del “G.42 Nuvoletta”, ricordo benissimo.
Arrivai a bordo un pomeriggio dei primi di settembre del 1984, con la categoria di radarista, avevo poco più di tre mesi di reparto passati a Taranto e poca esperienza, tutto l’equipaggio era lì come se stesse aspettando qualcosa, ricordo le facce quando entrai. Dopo i consueti convenevoli la prima cosa che mi disse il comandante dell’unità fu:
Cambiati che tra poco si esce in mare…
Porc… ecco cosa aspettavano. Il mio baule era ancora sul sedile posteriore della mia macchina…
Avevo già fatto un paio di navigazioni su GL 313 e sull’idrogetto V.5528 nel Golfo di Taranto, quindi credevo fosse un semplice e normalissimo “giretto” di un paio d’ore e nulla più.
Mi cambiai e quindi iniziai ad ambientarmi sull’unita guardando un po’ dappertutto. Il gruppo elettrogeno era acceso con le batterie in carica, in quanto a terra mancavano le colonnine di fornitura e mi soffermai vicino la mia postazione radar a guardare sul tavolo da carteggio dove c’erano poggiati e legati una sopra l’altro, col nastro isolante, tre apparati che conoscevo benissimo, essendo mio padre radioamatore da oltre venti anni allora e lo è tutt’ora.
Mi chiesi cosa ci facessero quelle radio li, erano in scansione e i numeretti giravano veloci. Mentre le osservavo alle mie spalle senti dire:
Se senti che qualcuna delle tre parla, chiamami subito
e nel contempo col braccio fuori il portellone girava un tubo con sopra una direttiva rivolta verso il mare. Era lui, Luigi, che dal di fuori dalla tuga, portellone sinistro, guardando la portante delle radio disse:
nienti ‘ncora…
e tornò in saletta dove c’erano gli altri. Nemmeno a farlo di proposito, dopo pochissimi minuti si sentì una voce un po’ disturbata ma chiara da una delle tre radio, stavo per dire Maresciàà… non ne ho avuto il tempo, stava già con una mano sulla radio a regolare volume e squelch, mentre con l’altra a muovere l’antenna guardandola di tanto in tanto come se sapesse in che direzione puntarla. Chiamò il comandante e dopo un brevissimo scambio di parole, di cui capii solo che era vicino, cosa… boh?.. lo stesso disse al motorista di mettere in moto e preparare la barca, appena pronti avremo mollato.
I due motori CRM erano già caldi, quindi ci vollero cinque minuti per vedere che la banchina dietro di noi si allontanava con una certa velocità… sentivo che i motori spingevano mentre ero seduto al mio posto ad aspettare che il 3RM20 finisse il preriscaldo per dare rotazione all’antenna.
Luigi era accanto a me e notavo con la punta dell’occhio che mi guardava, giustamente. Usciti dal porto, ci dirigemmo verso su… sul mio schermo c’erano tanti puntini verdi che apparivano ad ogni giro d’antenna e mai sullo stesso punto, ma era ancora giorno quindi, su consiglio di Luigi, onnipresente vicino le radio, dovevo guardare fuori per rendermi conto se il puntino era vero o solo segnale riflesso dal mare.
Arrivammo all’altezza più o meno di S.Cataldo e dalla controplancia senti urlare:
eccoloooooo, a pruaaaa
Ci fu all’istante un corri corri generale ma ordinato, la maggior parte erano ancora in saletta a chiacchierare, solo due o tre persone erano su coi binocoli. Iniziai a guardare verso prua ed in lontananza vidi un punto bianco che si avvicinava veloce… era fermo ma noi stavamo a manetta. Mi feci passare un binocolo e vidi un motoscafo con due persone a bordo una delle quali era indaffarato verso la poppa.
Insomma ci arrivammo a tutta velocità passandoci molto vicino, il motoscafo pur avendo 5 motori fuoribordo andava lentamente, aveva due motori di sinistra con i coperchi tolti, non si erano messi in moto. Dopo vari zig zag durati un bel po’, riuscimmo ad affiancarlo e legarlo alle bitte del Meattini e mi ricordo che il nostro R.T., per cercare di salire sul motoscafo, come poggiò il piede sullo scarpone dello scarico del motore destro, scivolò in mare tra le due barche, fu il mio secondo trauma dopo il passaggio radente al motoscafo. In un pomeriggio dei miei venti anni ho scoperto cos’era il contrabbando di sigarette nel canale d’Otranto, non sapevo nemmeno che esistesse.
Rientrammo con lo scafo a rimorchio e i due scafisti in saletta con il loro caffè ancora caldo in mano a chiacchierare discutendo con i colleghi, come fossero vecchi amici, del modo in cui erano stati affiancati, ci si rispettava a vicenda sempre e comunque conservo una foto di quel mio primo scafo, come conservo foto della Katia I° fatta a pochi metri, la motosilurante verde che si vede in questa pagina e mi riconosco presente ma non visibile in almeno un filmato quando poi, anni dopo, ero su un “Bigliani”, ricordo perfettamente l’intervista allo scafista.
Il mio battesimo fu quel giorno e seguirono tanti altri inseguimenti che non ricordo nemmeno quanti.. Ogni uscita era almeno un inseguimento fino dall’altra parte, più frequente era la rada di Durazzo e sulla via del ritorno recuperavamo quello che eventualmente era stato buttato in mare dallo scafo.
Si usciva in mare sette giorni su sette, non c’erano orari, famiglie, amicizie… si cercava di riposare il più possibile visto che non c’era un’ora predefinita per l’uscita. Tranne lui, Luigi, che anche e sopratutto di notte a casa era incollato alle radio.
Eravamo tutti li nei dintorni a portata di voce, sacrificavamo tutti il nostro tempo libero in attesa del passaparola, i telefonini non c’erano, ci si trovava in giro o nelle case di ognuno di loro, io scapolo ero alloggiato in caserma ma nel giro di un’ora la barca era in mare i motori non avevano tempo di raffreddare e credetemi, succedeva spesso essere chiamati la notte.
E lui era sempre li incollato alle radio. Sulla sua casa un traliccio con annessa antenna sempre puntata verso il mare.
Ho passato due anni insieme a lui ed ai colleghi, poi nove anni Gallipoli ancora su Meattini G.40 Cavalieri D’Oro, V 4011 e V 4012. Le stesse uscite, la stessa meta… canale d’Otranto, da Torre Dell’Orso fino a Cerano, ogni volta una battaglia poi il più delle volte persa, iniziava il momento dei “Corbelli”, dei “Molinari”, degli “Abbate”… nettamente più veloci, seppur carichi, dei nostri Drago.
Ci si incontrava spesso in mare con il “Nuvoletta” e porto un ricordo in particolare, la “pacca” sul collo che mi dava il Maresciallo Luigi, ormai lo chiamavo così, quando ci incontravamo. Era una pacca fraterna che mi dava sul collo quando ero seduto vicino a lui a guardare quel raggio di tre miglia sul radar.
Mi sono un po’ dilungato in questo racconto e penso che probabilmente, tanti colleghi che ho incontrato sono ancora ad Otranto e li saluto tutti insieme a Maurizio Santo.
Immagini e disegni tratti da archivi di: GdiF, Antonio Iraso, Maurizio Santo, Mario Magnatti e pubblicati per loro gentile concessione.
Gentile Vincenzo Campisi,
La ringraziamo per quanto dice e per averci contattato e che il ns. lavoro sia di Suo gradimento, ma è doveroso dirle che tutte le notizie e la documentazione del pezzo di riferimento che Lei ha commentato ce le ha fornite il finanziere di mare, Appuntato Maurizio Santo, figlio d’arte del compianto Maresciallo Luigi Santo. Approfitto ancora per ringraziare pubblicamente Maurizio Santo che continua per sua passione mettendo insieme un archivio storico interessantissimo circa gli uomini e le unità navali della GdF.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
ho letto tutto quanto sopra con vivo interesse anche in virtù che trattasi in gran parte di azioni cui ha partecipato il “Nuvoletta” (che porta il nome di mio zio- finanziere Pietro Nuvoletta – da Avola. Ringrazio tutti voi che mi avete fatto rivivere attimi che mai il tempo riuscirà a sbiadire
Un sentito ringraziamento a voi, per lo spazio concessomi. A presto, un caro saluto a tutti..
Gentilissimo Angelo,
ti ringrazio veramente tanto per questo bellissimo commento che ci hai inviato. Il racconto che ci hai descritto, senza alcuna polemica in riferimento alla sciagura della nave “Costa Concordia” e del suo “Comandante”, rende chiaramente l’idea di quanto un Comandante di una motovedetta deve essere preparato, forte fisicamente e soprattutto psicologicamente, per andare a soccorrere delle persone che si trovano in pericolo di vita in mare agitato, mettendo anche a repentaglio la propria vita.
Tutto questo è possibile non solo per le qualità intrinseche che i Comandanti delle motovedette hanno, ma anche per l’alto livello di preparazione, fisica, tecnica e psicologica che viene impartita nei centri di addestramento Navale, nel caso specifico, la “Scuola Nautica” della Guardia di Finanza di Gaeta.
La differenza tra la “Marina Mercantile”, i Gruppi navali della Marina Militare, Guardia Costiera e Guardia di Finanza ecc.. sta proprio in quell’ addestramento serio, duro, scrupoloso e speciale, che viene impartito agli allievi, futuri comandanti del domani. I risultati di tale preparazione, li hai stesso tu descritti nel tuo racconto riferito all’allora tuo C.te Turco ed altri tuoi colleghi attuali tra cui posso assolutamente citare, uno per tutti, Peppino Scarpa.
Le congratulazioni sincere di AMB a tutti gli uomini di mare della Guardia di Finanza, Guardia Costiera e della Marina Militare.
Se fa piacere a te ed ai tuoi colleghi impegnati a bordo delle unità navali della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, potete raccontare episodi Speciali che avete vissuto in mare e che vale la pena di portare a conoscenza dei lettori di AMB e non solo… Se tali racconti saranno di un certo numero, AMB dedicherà loro un’apposita rubrica.
Grazie ed un caro saluto a tutti Voi.
Giacomo Vitale
In questi giorni si parla della tragedia della “Costa Concordia” e senza fare nessun commento sull’operato del comandante, il racconto che vi descrivo fa capire cosa sia la vita umana in mare, la perizia e lo sprezzo del pericolo di un Comandante e del suo equipaggio, quando si tratta di salvare una vita.
Mi ricordo era la fine degli anni ottanta a Otranto. Un pomeriggio d’inverno, mentre insieme ai miei colleghi (allora come unità a Otranto c’erano il G16 “Denaro” fermo in avaria ed il G 42 “Nuvoletta”)eravamo in banchina, fuori lo stato del mare era quattro ed in aumento..
Ad un certo punto vedemmo entrare nel porto alcune auto targate Brindisi. Alla guida e all’interno riconoscemmo qualche contrabbandiere. Subito ci allertammo… forse erano venuti a controllare se le motovedette uscivano, ma con quel mare era una cosa improbabile. Notammo che i contrabbandieri si erano diretti vicino ai pescherecci dei molfettesi e cominciarono a parlare con alcuni componenti.. Tutto questo durò circa un quarto d’ora… Le auto uscirono per rientrare circa una mezz’oretta dopo.
Questa volta si fermarono davanti alla Capitaneria. Vedemmo alcuni marinai con un sottufficiale salire a bordo di una unità,mettere in moto e uscire. Questo sotto i nostri occhi. Ad un certo punto il “Mitico Comandante Turco” si diresse verso i pescatori molfettesi. Aveva capito che era successo qualcosa in mare (sicuramente un motoscafo carico di sigarette era affondato). Difatti ci fu la conferma… erano passate delle ore.. se fossimo stati avvertiti prima, avremmo potuto salvare tutto l’equipaggio ..invece).
La Capitaneria chiese la nostra collaborazione ed il Nuvoletta mollò gli ormeggi a spron battuto, mentre il mare era aumentato notevolmente di intensità. Ad un certo punto l’unità della CP dovette rientrare per il troppo mare, viste le sue ridotte dimensioni….. Il Comandante Turco, appena uscito dal porto, si diresse verso la rotta seguita di solito dai motoscafi blu: Dopo un’oretta ecco apparire sotto la luce del faro la scia delle sigarette, il mare era pieno, ma del motoscafo nessuna traccia. Intanto l’intensità del mare era aumentato a cinque e per un “G” era troppo. Nonostante tutto, si continuò la navigazione… Vennero recuperati due cadaveri… Intanto sulla banchina si erano accalcati un centinaio di contrabbandieri e ce ne dissero di tutti i colori…
Espletate le operazioni di sbarco dei due sfortunati contrabbandieri, il G uscì di nuovo. Nel frattempo il mare era aumentato ancora e stava quasi albeggiando. Il rischio era fortissimo… ma si continuò lo stesso con la luce del giorno. Il campo visivo si era allargato… ad un certo punto si scorsero delle taniche di benzina che galleggiavano e legato ad esse c’era un contrabbandiere VIVO!!!
Carissimo Maurizio,
ti ringrazio per il tuo intervento di “spalla” e adesso mi metti una curiosità, da neve nella tasca… Forza Angelo, racconta che siamo tutti impazienti…
Un Caro saluto a Maurizio ed Angelo e grazie infinite per i Vs. interventi che possiamo definire “storici”, vista la distanza temporale di alcune decine di anni..
Giacomo
Ciao Angelo
siamo impazienti, raccontaci del primo fermo di droga della storia della GDF…..avvenuto a Otranto
Un abbraccio
Maurizio
Gentile Angelo,
siamo contenti per questa tua comunicazione ed approfittiamo per salutarti e congratularci per tutto quanto hai fatto insieme ai tuoi colleghi.. e se ti volessi trasformare in cronista di allora e raccontarci qualche episodio particolare ed indimenticabile che hai vissuto, scrivici e certamente lo pubblicheremo. Oltretutto sei stato collega del Maresciallo Luigi Santo, di cui sono molto amico del Figlio d’arte, Maurizio, anche lui finanziere di mare e sarebbe per noi tutti e per tantissimi lettori appassionati che ci seguono costantemente, una cosa veramente speciale…
Un carissimo saluto e restiamo in attesa di tue notizie o reportage del tipo:
ora per allora…
Giacomo Vitale
Fa sempre piacere rivedersi nelle foto, anche se sono passati oltre 30 anni…
Maurizio, grazie per aver messo le mie foto..
Grazie a voi tutti!
Altomareblu
E’ stata una sorpresa trovare un sito così come questo, dove si possono rivivere certi momenti passati e ricordarsi di tante cose poi a pensarci.
Nomi che rileggo volentieri e foto dove rivedo più che volentieri colleghi/amici in quelle foto ingiallite dal tempo. Il nostro lavoro è fatto, come già detto, di parecchi sacrifici non solo nostri ma anche delle nostre famiglie che, meno male, comprendono le lunghe assenze che si fanno da casa, dai propri affetti.
Però c’è anche da dire un’altra cosa, che il nostro lavoro viene fatto per passione oltre che essere lavoro fine a se stesso, perchè piace sentire gli schizzi d’acqua salata sul viso quando si naviga, si è già “ripagati” quando c’è un risultato di servizio anche piccolo come lo si è quando si tengono in braccio i bambini in fasce di quei poveri disgraziati che cercano fortuna da noi e gli si cambia il panno, succede anche questo. Se non ci sarebbe questa passione… non esisterebbe il navale della G.di.f.
Abbiamo avuto apprezzamenti di lode negli Stati costieri adiacenti per la nostra professionalità, competenza ed umanità. In questo momento, come spesso succede nel reparto dove sono, siamo fuori in giro per mare e rientreremo in un luogo che non è la nostra sede abituale, ci rimarremo per un pò di giorni. Dopo un periodo di fermo forzato tutti i componenti l’equipaggio non vedevamo l’ora di prendere il largo, fare quelle 15 e più ore alla volta in giro per mare…
Un saluto a tutti
Caro Concetto,
AltoMareBlu e tutto lo staff ringrazia Antonino Iraso, Concetto Carta, Emilio Errigo, Maurizio Santo, Maurizio Mainardi e tutti gli appartenenti alla Guardia di Finanza di ogni ordine e grado che, raccontando i loro trascorsi in mare certamente unici al mondo, dando intelligentemente l’opportunità a tutti i nostri lettori di capire bene cosa vuol dire essere un finanziere di mare, a quali rischi va in contro nell’espletamento dei compiti istituzionali ed il ruolo importantissimo che la Guardia di Finanza svolge per la difesa e gli interessi degli italiani e del nostro territorio.
Quindi non solo compiti di Polizia Tributaria, ma anche di prevenzione e lotta contro il traffico internazionale di stupefacenti, cancro orribile di questo secolo che arricchisce criminali senza scrupolo da un lato e uccide e ferisce indelebilmente tanti giovani, distruggendo spesso la loro vita e quella delle famiglie; l’odiosissima tratta dei clandestini; il traffico internazionale di armi; il contrabbando di valuta; la cattura di pericolosissimi criminali legati ai traffici illegali citati e tanti altri reati di truffa e vendita di oggetti alterarti o confezionati con materiali pericolosi non rispondenti alle norme di sicurezza della CE ecc..
Un caro saluto a tutti voi e la riconoscenza per il vostro lavoro che svolgete con professionalità e grande sacrificio!
Giacomo Vitale
Altomareblu
E’ stato un vero piacere Maurizio portare questa mia testimonianza e ricordo di quei tempi.
Tutto quello che hai scritto qui su Altomareblu lo ricordo benissimo e l’emozione di pensare e di rivivere quei momenti è davvero forte. Anche se gli anni sono passati… sembra ieri.
Gli ICOM senza microfono eccome se le ricordo, le M…. immancabili per tutti o quasi a bordo, quei luoghi… i preparativi per le uscite… Allora non c’era il vestiario che c’è adesso, anche un jeans andava bene e da qualche foto vista qui si può evincere. Si badava al risultato, il resto veniva dopo.
Anni stupendi e indimenticabili! I nomi che hai fatto so chi sono, di sicuro almeno uno, Amedeo… ci sono tanti altri amici che stanno li. Maurizio, non mancherà che magari ci vediamo per mare. Di 38Mt una sola è in giro su Ionio e Adriatico, da quelle parti ci veniamo spesso e sarebbe un’occasione per conoscerci.
Di nuovo un piacere aver scritto e desidero ringraziare con l’occasione non solo teMaurizio, ma anche Giacomo Vitale per la pubblicazione del mio scritto.
Spero a presto,
Carta Concetto
Ciao Concetto,
quella direttiva, le tre ICOM legate con il nastro isolante e poggiate sul tavolo di carteggio del G 42 Nuvoletta seguivano mio padre dappertutto. Infatti, le trasportava in un borsone blu Scubapro col cernierone nero ed insieme a loro non potevano mancare i pacchetti di sigarette M…… che fumava in quantità durante l’attesa delle comunicazione in codice dei contrabbandieri.
Se ricordi bene, le radio non avevano mai la portante (microfono) e non potevano essere utilizzate per nessun tipo di comunicazione. Le frequenze giravano in automatico sui due display arancioni ed uno verde e quando una di queste intercettava una comunicazione, subito l’antenna veniva indirizzata nella direzione della fonte radio, poiché in quella direzione c’era lo scafo…
A casa, sui suoi brogliacci, segnava e trascriveva le comunicazioni, la direzione da cui provenivano, gli orari. Tutto era utile per decifrare le parole in codice e anticipare le mosse delle squadre che gestivano il traffico delle sigarette di contrabbando del basso Adriatico. Spesso e volentieri io lo seguivo durante le sue scampagnate pomeridiane che ci portavano alle Orte, a Porto Badisco dove c’era la “macchina bruciata”, alla Baia degli Alimini e in altri posti di mare alla ricerca delle tracce e dei punti di sbarco degli scafi. Quello era il periodo in cui le navi Emporio sostavano tra Grecia e Albania e i motoscafi partivano con il loro carico per raggiungere le nostre coste.
L’avventura che hai vissuto alla tua prima navigazione con mio padre è testimoniata da questo articolo comparso sul quotidiano in quegli anni, purtoppo non riesco a leggere la data, ma sintetizza l’operazione. Mi è passato tante volte tra le mani ma mi ha colpito il particolare del motore in avaria nel tuo racconto per collegare il tutto. Ho trovato anche alcune foto di un altro scafo simile a quello da voi fermato e altre degli ormeggi di Otranto.
Immancabile la foto del Mitico G 42 Nuvoletta di cui si sono perse le tracce molti anni fa, quando fu dismessa e venduta all’asta… Si facevano strada i moderni Guardiacoste classe Bigliani e Corrubia che dopo 40 anni stanno mettendo in pensione gli ultimi Meattini.
Sono ad Otranto da nove anni circa e il primo giorno alla sezione Operativa è stato emozionante. Ero tornato a casa e mi sentivo a casa, con tanti amici che conoscevo fin da ragazzino e che hanno condiviso con mio padre le avventure in mare che ci hai appena raccontato.
Indirettamente mi sentivo di far parte della famiglia. Abbituarsi alle lunghe notti in mare, al rumore dei Mercruiser con gli scarichi diretti, alle lunghe attese, 1.03 15/01/11 abituare gli occhi e scrutare la scia bianca della luna, trovare l’abbigliamento adatto per affrontare il freddo inverno e stato per me, che venivo da un reparto per così dire “tranquillo”, entusiasmante, specialmente perchè ero consapevole che una notte o l’altra si poteva fermare un gommone carico di clandestini o, carico di marijuana… e negli anni così è stato.
Lo spirito di questo reparto è rimasto invariato da tanti anni, il Canale d’Otranto continua ad essere tutt’ora scenario di attività illecite e noi tutti contribuiamo con i nostri sacrifici a difendere le nostre coste da spietati scafisti che portano carichi di clandestini o sostanze stupefacenti verso le nostre coste. Ogni sera si prepara la barca e si mollano gli ormeggi sperando che sia una notte avventurosa, oggi con Giovanni, domani con Daniele, dopodomani con Amedeo e tutti i ragazzi della sez. Op. Navale di Otranto.
Grazie
Maurizio Santo