Catturare i delfini… con un click di Tealdo Tealdi
Dal suo posto accanto ai capitani delle navi in transito dal porto di Houston, il fotografo statunitense riesce a scattare straordinarie immagini di mammiferi intenti a giocare con i bulbi delle navi.
Con Lou Vest, uno dei fotografi marini più originali, eravamo in contatto da un po’ di tempo. Non siamo mai riusciti a vederci o a parlare con serenità fino a quando Vest non ha deciso di intraprendere uno dei suoi viaggi a Venezia.
E finalmente, sulle sponde della Laguna, c’è stata la possibilità di realizzare la tanto attesa intervista con questo curioso virtuoso dello scatto, in grado di catturare immagini uniche dall’alto di una posizione privilegiata: quella di pilota.
“Sono andato all’Accademia di Annapolis”, racconta Vest, “diplomandomi nel 1971 per poi rimanere cinque anni nella Marina Americana. La mia carriera militare si è conclusa nel 1986, anno in cui sono entrato nell’Associazione Piloti di Houston rimanendoci fino alla pensione, cioè all’inizio di quest’anno. I
In effetti, ripensandoci, tutta la mia vita è ruotata intorno al mare, non avendo mai vissuto più lontano di un miglio da una costa. E quando vado in vacanza, dove vado? Al mare, naturalmente. Venezia è una delle destinazioni che preferisco, mi fa sentire a mio agio e m’ispira come fotografo. Attività nella quale Vest è trascinato da una travolgente passione per la luce e i colori. “Ho incominciato seriamente a scattare foto nel Canale Galveston-Houston nel 2002, quando anche le macchine digitali più piccole hanno iniziato a permettere una grande qualità senza l’uso di treppiedi”.
Chi di mestiere conduce dentro e fuori dai porti navi di ogni dimensione, d’altra parte, non può permettersi di distrarsi troppo. “Portavo sempre la mia macchina al lavoro perché il luogo dove lavoravo era poco conosciuto dagli stessi abitanti, anche se nel 2004 era quello con il traffico maggiore di tutti gli Usa. Volevo farlo conoscere a tutti.
Quando la mia tecnica è migliorata, mi è stato chiesto di fornire foto per aste di beneficenza, come successe per quella del One’s Seaman’s Center di Houston. Fu un successo che mi convinsi ad acquistare apparecchiature sempre migliori”.
Mai scelta fu più azzeccata. I lavori di Vest iniziarono ad essere apprezzati un po’ ovunque. “Una mia foto” conferma il fotografo statunitense, “è stata nominata Best Photo of the Year al concorso Houston Web Awards; sono seguite due mostre personali negli ultimi anni e ora mie opere si trovano in uffici pubblici un poco in tutto il mondo”. In particolare a Houston, la città del Texas che dispone di uno dei porti più importanti di tutti gli Usa. “Sono in pochi a saperlo, ma quello di Houston è il terminal più importante per il commercio estero, con un traffico tre volte superiore di quello di New York o di Los Angeles/Long Beach”. Fare il pilota in uno dei porti più importanti degli Stati Uniti non deve essere un mestiere rilassante, soprattutto quando si ha a che fare con imbarcazioni di dimensioni mastodontiche.
“Ne ho condotte moltissime”, confessa Vest, “perché i piloti ruotano per essere sempre disponibili e possono salire sia su una molto grande, sia su una molto piccola. Il mio posto è accanto al capitano, sul ponte, una posizione ideale per fare scatti straordinari, ma io non sempre posso distrarmi.
Il mio lavoro comporta responsabilità elevate e il compito come pilota viene per primo, non solo perché è quello che devo fare, ma anche perché provo molta soddisfazione nel farlo bene”. Quando non ci sono rischi per la nave, però, Vest può lasciare fluire la sua passione. “I miei soggetti preferiti sono navi, persone e industrie, ma anche tutto quello che fa di un porto una cosa eccitante, colorata e interessante.
Come i delfini, per esempio. I marinai nutrono molta tenerezza per questi mammiferi marini capaci di risalire come frecce dalle nere profondità per saltare fuori alla luce e all’aria e giocare nell’onda del bulbo per ore. Il mio doppio ruolo mi permette di notare e prendere in considerazione come pilota le correnti, il vento, il traffico, le condizioni atmosferiche, mentre come fotografo devo stare attento al colore, alla luce e alla struttura di quello che ho davanti. Mi considero veramente una persona fortunata”.
Nonostante sia salito su una quantità incredibile di imbarcazioni, Vest è legato a pochi luoghi al di fuori della sua città. “Alla città di mia moglie, Cartagena, in Colombia e naturalmente all’Italia, sia per le vostre montagne – le Dolomiti sono le mie preferite – sia perché gli italiani sanno cosa vuol dire vivere, mangiare e bere bene”.
Ma cosa si dicono i delfini?
“Guarda, laggiù c’è una nave nuova, con un bulbo nuovo, anche se non si vede tutto, è molto grande, chiama gli altri del gruppo, andiamo a giocare!
L’uomo non è cattivo se ha creato questi enormi giocattoli per permetterci di fare salti, in avanti, all’indietro, capriole, nuotare sopra e sotto per ore, scambiandoci il ruolo, avanzando, retrocedendo, passando a lato, una vera goduria. In questo canale siamo tranquilli, nessuno ci disturba e la nave non può farci male, siamo più veloci di lei, anche se andasse al massimo, muovendo la nostra coda e facendo pochissimo sforzo, la possiamo seminare in ogni momento. Se poi vogliamo fare surf, ci basta lasciarci spingere dall’onda della prua, oppure potremmo anche aspettare stasera, perché di notte, con la fosforescenza dell’acqua, sembreremmo delle lucenti comete grigie che sfrecciano nel buio.
Ricordi personali di Galveston
E’ vero: pochi sanno che proprio in Texas vi è uno dei porti più importanti degli Usa, in quanto nell’immaginario collettivo questo grande stato è più collegato all’epopea del West, dei pellerossa e delle grandi praterie.
Tutto vero, ma lungo le sue coste vi sono molti porti, tra cui quello di Galveston, da cui appunto parte il canale che arriva a Houston, il porto nel quale Lou Vest ha lavorato per così tanti anni. Che Galveston sia un porto lo si desume anche dal gran numero di negozi che vendono surplus nautico, con molti magazzini dove è possibile comprare vestiti, attrezzature varie, equipaggiamenti nautici a volte nuovissimi, oppure appena usati.
Verso la fine degli anni ‘60 vi comprai un cappotto da ufficiale di marina, il migliore che abbia mai avuto, blu scuro, doppiopetto, molto lungo, adatto anche ai turni di guardia all’aperto, che faceva di me, insieme a una pettinatura da marines, 10 kg di meno e un trucco difficile da scoprire a prima vista, un perfetto ufficiale.
Il trucco era mettere dei bottoni con l’aquila, identici a quelli dei veri ufficiali di marina, ma con la testa rivolta dall’altra parte, per evitare incriminazioni che mi avrebbero costretto a una sosta nelle prigioni statunitensi di lunga durata. A questo avevo aggiunto delle pseudo mostrine di metallo sulle spalle e voilà, eccomi trasformato in un ufficiale, soprattutto di notte, quando la visibilità è inferiore. La cosa più lunga fu attaccare i bottoni, operazione che mi occupò per oltre due ore.
Galveston è anche purtroppo conosciuta per la tempesta che la colpì, con una violenza incredibile, l’8 settembre 1900, con venti a 145mph e onde altissime. I morti furono tra i 6.000 e i 12.000, (Katrina a New Orleans ne fece circa 1800) anche perché la città era più bassa sul livello del mare di ora, per cui fu totalmente spazzata via. Grandiosi lavori d’innalzamento di tutta l’area hanno evitato il ripetersi di disastri del genere, ma la memoria è sempre viva, merito anche di un museo dove si è immersi nella realtà di allora, per fortuna senza vento e onde.
Davvero interessante Tealdo!!