I vantaggi della propulsione Step Drive
di Renato “Sonny” Levi
Dopo due anni di riflessioni del maggior esperto di motonautica veloce, “Sonny” Levi descriveva in questo articolo del 1974 pubblicato su “Mondo Sommerso” quali sono i vantaggi della propulsione “step drive”.
Oggi secondo giorno del 2014, sembra che moltissimi costruttori di imbarcazioni da diporto non abbiano appreso tale soluzione e continuano anacronisticamente ed incredibilmente a costruire e propinare barche con carene aventi disegni obsoleti risalenti a tanti anni fa e che richiedono potenze notevoli per ottenere velocità miserabili sia di crociera che di punta, a discapito del consumo e soprattutto di un altro fattore importantissimo che oggi proprio non possiamo non considerare: l’inquinamento.
Ancora una volta Levi è stato un precursore, non solo per aver inventato un sistema di propulsione straordinario dotato di eliche di superficie che, a distanza di quarant’anni dalla sua nascita è ancora il futuro, visto che nessuno ha saputo fare di meglio a livello di nuove soluzioni tecniche che migliorassero questa invenzione, ma è stato anche un ecologista, poiché con tale propulsione ha ottenuto vantaggi considerevoli che partono dall’incremento della velocità, dall’utilizzo di motori moderni più leggeri e maggiormente performanti che con potenze minori riescono a dare risultati incredibili come detto, oltre alla riduzione del peso. (g.v.)
Di seguito i vantaggi fondamentali della propulsione step-drive:
- A parità di peso e potenza, 20% in più di velocità
- Minor consumo di carburante
- Diminuzione dei rumori di scarico
- Facilità di entrare in planata
- ed altri ancora…
Ho usato l’espressione step drive per definire il sistema di propulsione che impiega le eliche di superficie. Come ho già avuto occasione di dire (Mondo sommerso ottobre 1972, pagina 98; febbraio 1973, pagina 69; dicembre 1973, pagina 104; e gennaio 1974, pagina 110) gli assi portaeliche si allungano oltre lo step – cioè oltre il redan – e oltre il cavalletto che viene piazzato in modo che le eliche lavorino in posizione semi-sommersa.
Ho composto il neologismo “step drive” basandomi sugli stessi criteri che avevano suggerito ad altri la scelta di termini come stern-drive per indicare il sistema di trasmissione entro-fuori-bordo, oppure come V drive per definire una linea d’asse che incorpora un invertitore capace di cambiare la direzione della trasmissione.
Sono passati alcuni anni dal giorno in cui ho disegnato la prima barca con trasmissione step drive. Da allora mi è stato spesso domandato perché abbia tentato questa nuova strada. A qualcuno le mie spiegazioni potranno suonare come un vecchio disco e di questo chiedo venia. In effetti, da quando ho progettato il primo step drive ho scritto parecchi articoli sull’argomento, ma ho la sensazione di non esser mai riuscito a dare un quadro completo, così come lo vedo oggi, dopo due anni di esperienze e di riflessioni, di tutti i vantaggi che, secondo me, le eliche di superficie garantiscono.
Alcuni entusiasti possono avere avuto modo, specie in Italia, di provare alcune barche con strep drive, tipo il Drago o il Mini Drago dell’Italcraft, oppure possono aver avuto notizie sulle inusuali velocità potenziali di queste imbarcazioni che vengono – infatti – pubblicizzate dai costruttori come i più veloci diesel da diporto costruiti in serie. Pochi, invece, possono sapere quanto incremento di velocità questi scafi siano in grado di aver avuto rispetto ad altri che impiegano il tradizionale sistema di trasmissione con eliche immerse.

Nella foto in alto: la semplicità di installazione della trasmissione step drive è assicurata dalla minima lunghezza dell’asse portaelica (nell’immagine la dimensione interna dell’asse è facilmente verificabile facendo le debite proporzioni con la batteria fissata vicino allo specchio di poppa). Un asse portaelica molto corto consente un’irrisoria facilità negli allineamenti, una certa forma di risparmio e diminuisce ovviamente la possibilità di rotture. Si nota altresì lo scarico che corre parallelo all’asse ed esce all’esterno dello scafo (il Sonny 18 Silver Wing dei Cantieri Vega) entro il redarn dello step drive. Questa soluzione permette una considerevole diminuzione del rumore: lo scarico esce infatti dentro l’acqua emulsionata sollevata dall’elica di superficie, funzionando da silenziatore senza creare contropressioni.

La ditta Vega di Giorgio Andreani & C di Vimodrone presentò a settembre del 1971 a Milano Marittima le nuove imbarcazioni della serie Sonny. Si tratta di tre scafi progettati da Levi con ottime qualità di navigazione veloce e di tenuta in mare, rispettivamente da 15′, 16′ e 18′
Recentemente ho realizzato una serie di prove sistematiche, durante diversi giorni, su due miei 18′ Silver Wing costruiti da Giorgio Adreani e distribuiti dal cantiere Vega con il nome di Sonny 318. Le due imbarcazioni usate per le prove erano assolutamente identiche e sono state anche zavorrate con gli stessi criteri e pesi. In entrambi i casi, il centro di gravità si trovava nella stessa identica posizione. Unica differenza, la motorizzazione:
- Uno scafo era infatti spinto da un entrofuoribordo da 120 hp
- Ll’altro da un entrobordo da 115 hp e adottava il sistema di propulsione step drive.
Ciascuna barca è stata provata a lungo su una base misurata di un chilometro e si sono poi fatte le medie dei passaggi migliori. La velocità massima fatta registrare dall’entrofuoribordo – dopo aver provato sei tipi differenti di eliche – è stata di 62 km/h, mentre l’entrobordo con step drive ha toccato i 71 km/h.
È importante sottolineare che in questo secondo caso è stata provata una sola elica, poiché era la prima volta che la barca toccava l’acqua e c’era stato tempo per realizzare un solo tipo d’elica: così, tanto per avere indicazioni di massima per i successivi esperimenti.

Nella foto 2 qui sopra: uno scafo con step drive al momento che precede l’entrata in planata. In queste condizioni l’elica di superficie si comporta come una frizione, consentendo al motore di andare su di giri e di esprimere così la sua potenza senza che il pilota debba manovrare per provocare pericolose cavitazioni.L’imbarcazione fotografata, spinta da un motore entrobordo da 115 hp, ha toccato la velocità massima di 71 km/h. Uno scafo identico nella forma e nel peso, spinto da un entro-fuoribordo da 120 hp, ha raggiunto la velocità massimo di 62 km/h, cioè il 15 per cento in meno
La differenza di velocità è stata comunque di 9 km/h, il che, sui 62 fatti registrare dall’entrofuoribordo, costituisce un incremento pari al 15 per cento. A proposito di queste prove, bisogna ammettere che le sei eliche provate nello scafo con entrofuoribordo erano del tipo standard e che le velocità migliori si ottengono solo con eliche speciali. Ma altrettanto si può dire per la versione entrobordo: sono matematicamente sicuro che, con una più vasta gamma di eliche a disposizione, anche la velocità di questo scafo avrebbe potuto essere migliorata..

Nei due disegni in alto: sopra, il profilo dell’Hidalgo; sotto, quello del Drago. Le due imbarcazioni hanno lunghezza e potenza motrice identiche. Si differenziano per la linea dell’opera morta (il Drago è un cabinato, mentre l’Hidalgo va considerato un open boat) e per l’installazione della trasmissione. Pur essendo simili i pesi e pur dovendo il Drago pagare un profilo aerodinamicamente meno pulito, la velocità di questo scafo è superiore di circa 8 nodi, con uno scarto pari a quasi il 19 per cento. Ciò, afferma Levi, è esclusivamente dovuto alla mancanza di assorbimento di potenza da parte delle appendici immerse, caratteristiche che consente al Drago lo sfruttamento integrale di tutti i suoi cavalli. E’ stato stabilito che un asse portaelica immerso “ruba”, alla velocità di 10 nodi, circa 150 hp per effetto dell’attrito
Un altro esempio pratico del tipo di incremento assicurato dal sistema step drive si può avere confrontando le prestazioni di un mio Delta 38, I’Hidalgo, con il Drago dell’Italcraft (sempre progettato da me).
Il peso e la potenza installata in questi due scafi sono infatti paragonabili: anzi, i motori sono assolutamente gli stessi (due diesel Cummins VT8-370M). I disegni delle due carene sono differenti, ma non sono in grado di assicurare una decisiva discrepanza fra i due.
La miglior velocità fatta registrare dall’ Hidalgo con eliche tradizionali (cioè immerse) è stata di 42 nodi (77,78 km/h),
mentre quella del Drago è stata di 50 nodi (92,60 km/h). Una differenza di 8 nodi (14,92 km/h) su 42 costituisce un incremento pari al 19 per cento. Questo eccezionale risultato non deve stupire più di tanto: ho spesso ricordato, infatti, come un asse immerso alla velocità di circa 50 nodi «rubi» pressapoco 150 HP.” In altri termini: praticamente il Drago ha circa 300 hp in più rispetto all’Hidalgo, pur avendo assolutamente gli stessi motori.
Potrà sembrare un assurdo e in effetti tale rimane per chi non intende prendere atto di una evidente realtà il proposito dell’assorbimento di potenza dato dalle appendici immerse. Naturalmente, questo assorbimento è tanto maggiore quanto più aumenta la velocità e questo spiega le notevoli difficoltà sinora incontrate per aumentare le prestazioni massime degli scafi da corsa con eliche immerse: ogni miglioria di dettaglio tendente a far aumentare la velocità teorica che veniva (e viene, per quanti non accettano questa realtà e si ostinano nell’errore) «assorbita» inevitabilmente dal maggior drag.
Il confronto fra queste due semplici formule spiega e verifica le ragioni di tale incremento di velocità:
- nelle formule 42 e 50 sono le due velocità in nodi
- 3,7 è un coefficente fisso
- 700 e 1000 sono gli hp
- 5,5 è il peso dei due scafi in tonnellate
Va ricordato che gli hp dei quali si parla sono hp, cioè cavalli all’asse e non cavalli-motore: e questo è anche logico, dal momento che sappiamo essere assolutamente identici i motori dei due scafi.
So che le formule possono sembrare sempre un po’ complicate, specie ai lettori meno affascinati dai problemi matematici: comunque quelle citate non hanno nulla di misterioso. Ogni carena ha un proprio coefficiente di rendimento, che, moltiplicato per la radice quadrata della potenza motrice divisa per il peso dello scafo, dà la velocità teorica massima dello scafo stesso.
Poiché noi sappiamo a priori la velocità fatta registrare dai due scafi e ne conosciamo altresì sia il peso sia il coefficiente di rendimento, potremmo supporre incognite le due potenze ed applicando la formula, troveremo appunto i 700 effettivi cavalli dell’Hidalgo ed i 1000 che praticamente spingono il Drago. .
I due esempi citati, cioè le prove sugli scafi del cantiere Vega e il confronto a distanza fra l’Hidalgo e il Drago, danno l’ indice degli incrementi di velocità ottenibili con lo step drive.
Altro notevole vantaggio dato dalla diminuzione degli attriti delle appendici immerse si riscontra quando, in uno scafo bimotore, un propulsore è fermo, vuoi per avaria al motore vuoi per qualsiasi altra causa. I più veloci cruiser bimotori (F. bi-elica, s’intende) hanno prestazioni veramente minime quando sono costretti a navigare con un solo motore: alcuni, che abitualmente toccano i 40 nodi, a spinta dimezzata non riescono nemmeno a planare.
Vi sono molti motivi che spiegano questa enorme differenza di prestazione, ma uno dei principali è che, oltre a dover trascinare sott’acqua un asse di un certo diametro; lo scafo deve subire anche l’attrito dato dalla superficie di un’intera elica. L’importanza di questo elemento, tutt’altro che marginale, è ben noto a quanti si occupano di imbarcazioni a vela da regata, dove l’elica del motore ausiliario viene scelta del tipo a passo variabile oppure a pale semi chiudenti (retrattili) proprio per diminuire al massimo, sotto vela, la superficie d’attrito: e si parla di scafi che nelle migliori condizioni non toccano i 10 nodi.
Ulteriore elemento positivo a favore delle eliche di superficie è il notevole incremento di velocità possibile su scafi con tre o quattro eliche, dal momento che ogni elica in più garantisce un aumento di velocità proporzionale alla maggior potenza istallata.
Mi spiego in altri termini:
in uno scafo che utilizzi il tradizionale sistema di propulsione ad eliche immerse e ne impieghi tre (tre motori, tre linee d’assi, tre eliche), la terza elica, dovendo pagare l’assorbimento di potenza dato dall’attrito delle appendici (cioè il suo asse e se stessa), consentirà un incremento complessivo di velocità pari al 6 / 7 per cento rispetto alle prestazioni ottenibili con lo stesso scafo e due soli motori (e perciò due sole eliche).
Un esempio può chiarire ancora meglio questa affermazione:
Una barca da 25 piedi (cioè da circa 7,50 m di lunghezza ft), capace di velocità sull’ordine dei 35 nodi grazie alla spinta di due motori da 120 hp ciascuno, passerà alla velocità di 37,5 nodi qualora le si installi un terzo motore, sempre da 120 hp: insomma, con il 50 per cento di potenza in più, si guadagnano solo 2,5 nodi. Il vero incremento di velocità – escludendo la perdita delle appendici – dovrebbe consentire di toccare almeno i 40 nodi: e questo lo si può avere solo adottando eliche di superficie.
Per quanto riguarda l’accelerazione, le eliche di superficie la garantiscono molto più graduale (se il termine mi è concesso) e nel caso di motori che abbiano una curva di potenza piuttosto lenta o piatta (in altri termini: che abbiano bisogno di andar su di giri per tirar fuori i cavalli, il che spesso comporta un’entrata in planata laboriosa e altrettanto lenta), le eliche di superficie hanno lo stesso effetto di una frizione che slitta in una macchina il cui motore debba andar su di giri senza entrare in seria cavitazione e così trasformare progressivamente la spinta in giri al minuto mentre la potenza continua ad aumentare.
Vale a dire, che anche in questo caso le eliche di superficie hanno un punto di vantaggio sul sistema tradizionale con il quale, per portar il motore su di giri, si deve tentare una cavitazione vera e propria con conseguente inevitabile fuori giri e altrettanto inevitabile danneggiamento di valvole, bilancieri eccetera.
Benché non mi sia mai curato di fare vere e proprie prove di consumo, penso veramente che lo step drive abbia alcuni vantaggi anche in questo campo: non fosse altro perché, garantendo un aumento di velocità, dimostra di poter raggiungere le stesse prestazioni di un sistema tradizionale a minor numero di giri-motore, e quindi di risparmiare benzina o nafta che sia.
Inoltre, penso che le eliche di superficie abbiano un notevole effetto riducente nei fenomeni sia di rollio sia di beccheggio. In un movimento di rollio, infatti, un’elica viene naturalmente a essere più immersa, mentre l’altra progressivamente esce dall’acqua: ciò produce automaticamente un momento raddrizzante, dall’attimo in cui l’elica che si trova a essere immersa aumenta la propria spinta di portanza.
La lifting force, cioè la spinta di portanza, è considerevole nelle eliche di superficie dal momento che queste lavorano in condizioni ideali solo quando la loro metà inferiore è immersa: così, se per effetto di onda o di vento, la barca rolla e nel momento X si inclina sulla dritta, l’elica di dritta tenterà di ritornare nella propria condizione mentre quella di sinistra, inevitabilmente fuori dell’acqua, non opporrà resistenza alcuna al raddrizzamento: e questo si trasforma in un movimento contrario a quello dello scafo.
Naturalmente, la stessa cosa non accade con eliche tradizionali: nessuna delle due eliche agevolerà il ritorno della barca alle condizioni ideali, dal momento che comunque rimangono ambedue immerse, cioè nella posizione-tipo.
Per quanto riguarda il beccheggio la profondità alla quale le eliche lavorano rientrerà in funzione dell’assetto dello scafo.
Così, se la barca sarà appoppata, le eliche risulteranno eccessivamente immerse e daranno una spinta verso l’alto sotto step, spingendo contemporaneamente verso il basso la prua della barca. Anche in questo caso si avrà un notevole effetto raddrizzante in senso longitudinale.
Se, invece, la barca avrà la prua entro il mare e lo specchio di poppa sollevato dall’acqua, immediatamente anche le eliche usciranno e diminuendo la spinta, tenderanno a far ricadere la poppa sull’acqua. Questo fenomeno, nel secondo caso, si può teoricamente immaginare possibile anche con eliche tradizionali, con la considerazione della differenza che, prima che queste escano dall’acqua, la barca deve raggiungere un assetto assurdamente appruato.
Altro vantaggio collaterale, e non direttamente collegato con le prestazioni del eliche di superficie, è l’apprezzabile diminuzione dell’immersione dello scafo: il punto più profondo della barca è sempre la parte più bassa dell’elica o la lama del timone. Con le eliche di superficie, l’immersione si riduce alla metà del diametro dell’elica stessa, mentre su una trasmissione tradizionale l’immersione è pari ad almeno un diametro e mezzo l’elica. Tale minor immersione si traduce in una minor possibilità di investire oggetti semi sommersi o di toccare su bassi fondali.
L’installazione dello step drive – secondo me – è estremamente semplice, dal momento che prevede un asse porta elica molto corto con evidente facilità di allineamenti.
Le imbarcazioni veloci sono spesso contraddistinte (negativamente, s’intende) da un alto livello di rumori di scarico: in una installazione step drive gli scarichi possono esser fatti fuoriuscire sotto lo step, entro cui l’acqua emulsionata generata dalle eliche di superficie agisce da silenziatore senza tuttavia produrre i fenomeni di contropressione tipici di tutti i silenziatori, soprattutto di quelli più efficaci.
In base a tutte queste considerazioni, ritengo che il sistema di trasmissione step drive debba diventare molto comune sulle barche dove i vantaggi che ho illustrato abbiano giusto valore è adeguata importanza.
Articolo pubblicato sul periodico Mondo Sommerso aprile – maggio 1974 e qui riprodotto per g.c. dell’autore ing. Renato “Sonny” Levi.
Gentile Alvise,
complimenti per essere possessore di una carena Levi ed in particolare al VEGA “Sonny” 318 ro., di cui anche io ne posseggo un esemplare che ho restaurato totalmente con la massima fedeltà possibile. Approfitto dell’occasione per invitarti ad iscrivere tale splendida unità nel “Registro Storico Carene Levi”. Inoltre, ti verrà rilasciato un attestato che certifica l’assoluta originalità di tale unità.
Il tutto assolutamente gratuito ed allo scopo di mantenere vivo non solo il ricordo di Renato “Sonny” Levi, che fu mio personale e straordinario amico, ma anche per far vedere e tramandare ai più giovani le carene speciali che egli sapeva inventare e far costruire, tutte aventi un minimo comune denominatore, vale a dire “riuscire a navigare in tutta sicurezza anche con mari formati e particolarmente duri..Una caratteristica difficile da trovare nelle barche recenti e non parliamo delle contemporanee…
Ti scrivo in privato per avere tale motivo.
Venendo alla tua domanda, mi dovreste far vedere qual’è la carena che intende modificare con una trasmissione step-drive ed avere maggiori indicazioni per capire di più in merito.
Resto in attesa di un suo gentile riscontro e se vuole può anche contattarmi telefonicamente al numero che trova indicato sul sito alla voce contatti, così semplifichiamo il tutto.
Grazie per averci contattato.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
AMB
Buona sera,
sono un meccanico veneziano di motori marini, possessore da sei anni di un Vega 318ro e da sempre ammiratore delle carene e trasmissioni Levi. Con un mio amico ci stiamo cimentando nel costruire uno step drive su un vecchio scafo in vtr; volevo sapere se era possibile avere qualche informazione in più riguardo ad alcune specifiche per seguire al meglio questa installazione.
Vi ringrazio anticipatamente,
Capovilla Alvise
Gentile Vincenzo,
l’ignoranza è sempre il peggiore dei mali ed in tal caso non si è in condizioni di capire… Levi ha progettato un sistema di trasmissioni riconosciuto nel mondo della nautica che conta come il futuro, mentre questa gente, perché così la devo chiamare è amante di chi vende fumo e diciamo a Napoli, di chi gli fa un tarallo così..
AMB sostiene da sempre le giuste scelte tecniche e le proponiamo ai nostri lettori spiegandole nel modo più semplice possibile. Se poi ci sono lettori ignoranti e mastri d’ascia presuntuosi che dirti: gloria alla loro ignoranza!!
Grazie per averci scritto, mostrando come sempre attenzione su temi importanti come quello specifico che abbiamo proposto a tutti i nostri lettori.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Non capiscono nulla, basta vender fumo.
Se si cominciasse – ho dubbi – a far prove di comparazione, senz’altro chi decide sull’acquisto saprà valutare i vantaggi, mentre l’accecante esposizione di gadget (magari anche utili) metterà in secondo piano il reale costo d’esercizio – che bada ben, nei risparmi carburante, inciderà notevolmente – (al venditore non interesserà e nemmeno a qualche “presuntuoso” maestro d’ascia!!)