Eliche di superficie – eccellenti sconosciute
di Francesco Fiorentino
In molti pensano che le eliche di superficie siano adatte solo a barche veloci, altri credono che ci si possa navigare solo a velocità sostenute, altri ancora non ne hanno mai sentito parlare, ma le eliche di superficie sono una realtà consolidata da ormai più di quarant’anni e costituiscono un capitolo della storia dell’evoluzione della motonautica che è stato interrotto e deve essere ancora portato a termine.
La storia delle eliche di superficie
Nella nautica da diporto si inizia a parlare di eliche di superficie quando proprio in Italia, per la precisione a Gaeta nei cantieri Italcraft, si vara il primo esemplare di Drago.
Non l’ennesimo cruiser ma una vera e propria scommessa di un eclettico progettista e di un ambizioso imprenditore alla guida di una delle più importanti realtà della nautica europea dell’epoca. Renato “Sonny” Levi era il nome del brillante progettista e Mario Sonnino Sorisio il nome del coraggioso imprenditore, due nomi che per questa e per numerose altre realizzazioni sono scritti in maniera indelebile nella storia della nautica.
La scommessa era creare la prima imbarcazione da diporto al mondo spinta da due motori diesel che riuscisse a superare il muro dei 50 nodi! Considerando che nei primi anni settanta raggiungere i 30 nodi era già un grande risultato, arrivare a 50 con una barca allestita per la crociera e per di più spinta da due pesantissimi motori diesel dell’epoca, appariva davvero come un’impresa titanica ma le intuizioni del progettista, forte delle sue numerose esperienze nella motonautica agonistica vincenti a livello mondiale, non tradirono le attese e lo storico risultato si raggiunse anche se non privo di numerose messe a punto.
La tecnica delle eliche di superficie
Il concetto era semplice: per ottenere maggior velocità con minor potenza era necessario ridurre la resistenza, una soluzione quanto mai banale ma di importanza fondamentale. La resistenza all’avanzamento di un’imbarcazione è dovuta a due fattori principali ovvero: la resistenza d’onda e la resistenza di attrito; di quest’ultima ha una rilevanza non trascurabile la resistenza che le appendici – assi, timoni e supporti ad essi correlati – generano sotto carena.
Qualsiasi corpo immerso al di sotto della carena non solo genera una resistenza d’attrito ma va a creare delle turbolenze nel flusso che lo circonda e quindi altra resistenza.
Per abbattere questa componente della resistenza di attrito è necessario che l’apparato propulsivo e quello di governo, che in una classica linea d’assi sono posti al di sotto della carena, vengano posizionati in maniera tale da non essere immersi.
Per ovviare a questo problema Levi pensò bene di far uscire l’asse non più dal fondo della barca bensì dallo specchio di poppa ad una distanza tale da esso che consentisse al flusso di raggiungere l’elica quanto più “pulito” possibile.
Questa soluzione avrebbe in più consentito di ridurre l’angolo di inclinazione dello stesso asse, pertanto l’elica avrebbe potuto fornire una componente di spinta maggiore nella direzione di avanzamento e minore in quella verticale (o di sollevamento) aumentando il rendimento complessivo della configurazione propulsiva.
Per fare ciò si pensò ad una struttura dello specchio di poppa che prevedesse uno step ovvero un gradino che consentisse di ricavare lo spazio necessario all’ingombro dell’asse, del suo supporto dell’elica e di un timone posto intorno all’elica e perciò detto “a cappello”.
L’appellativo di eliche di superficie non deriva solo dal fatto che in questo lay-out le eliche non si trovano sotto carena ma sullo specchio di poppa, quindi più “in superficie” rispetto alla classica linea d’assi, ma ha anche a che vedere con la loro peculiarità maggiore ovvero quella di funzionare, quando la barca è in planata, con la metà superiore del disco-elica emerso.
Questa condizione di funzionamento fa si che l’elica ruotando accentui volutamente il fenomeno della cavitazione ovvero la formazione di bolle di aria attorno al profilo delle sue pale. Tale fenomeno se si verifica su profili di pale di elica che non sono appositamente progettati per questo scopo è sintomo di cattivo funzionamento dell’elica.
Per i profili di eliche immerse si parla di regime di funzionamento sub-cavitante o cavitante: il profilo è progettato per lavorare in condizioni di totale assenza di cavitazione o di cavitazione controllata senza che questo possa generare danni all’elica.
Nel caso dei profili delle eliche di superficie si parla di regime supercavitante, ovvero un regime di funzionamento in cui il fenomeno della cavitazione deve avere luogo al fine di generare un campo di pressione maggiore sulle pale.
Tale fenomeno avviene con l’aiuto dell’aria generata dall’elevato regime di rotazione o intrappolata durante l’uscita delle pale al di fuori del pelo dell’acqua.
Per fare ciò hanno dei profili ben diversi dalle classiche eliche immerse, facilmente riconoscibili per la loro forma spesso tronca con bordi di uscita netti ed affilati. Lo studio dei profili supercavitanti dagli anni 70 ad oggi ha subito una naturale evoluzione di pari passo alla crescente domanda, proveniente soprattutto dal mondo della motonautica offshore e nell’ultimo ventennio anche dal diporto.
Come per le eliche immerse anche le eliche di superficie generalmente sono forgiate in una lega di bronzo ma per utilizzi con regimi di rotazione e potenze molto alte si preferisce avere eliche in acciaio per limitare fenomeni di deformazione delle pale.
Le eliche in acciaio sono preferite anche in virtù della la maggiore resistenza meccanica del materiale rispetto a quelle in bronzo, poiché va tenuto conto che l’emersione ciclica genera delle sollecitazioni meccaniche dovute alla variazione di pressione e di densità del fluido che le circonda.
I valori di tali sollecitazioni sono ben diversi e ben più violenti di quanto possa accadere per un’elica immersa, le cui pale sono comunque soggette alla variazione di pressione dovuta al cambiamento di battente idrostatico durante la rotazione ma in forma decisamente più ridotta.
L’evoluzione delle propulsioni ad eliche di superficie
Nelle prime esperienze diportistiche con le eliche di superficie, come è fisiologico immaginare, vi furono alcuni problemi “di gioventù” che forse ne pregiudicarono una rapida diffusione.
Innanzitutto un sistema con propulsione ad eliche di superficie impone che i motori siano posti quanto più vicino allo specchio di poppa: tale necessità indubbiamente porta ad avere una posizione del baricentro complessivo dell’imbarcazione molto appoppata che qualora non fosse ben posizionato, potrebbe comportare notevoli difficoltà in fase di pre-planata ovvero quando lo scafo deve generare una portanza tale da mettere in condizione l’elica di cavitare, di “liberarsi” oltre il pelo dell’acqua e quindi di esprimere il suo massimo rendimento.
Spesso forzature progettuali, soprattutto in termini di peso e portanza dello scafo, hanno generato grosse delusioni poiché le barche faticavano a planare ed una volta planate dovevano mantenere velocità relativamente alte per essere in grado di non ritornare in regime dislocante.
Tutto questo avveniva per una serie di fattori tra cui: peso dei propulsori, profili di elica ancora poco efficienti, rapporti di riduzione spesso non adeguati ma soprattutto impossibilità di variare l’immersione dell’elica, ovvero di riuscire a portare l’elica più verso il pelo dell’acqua in fase di “uscita” mettendola quindi in condizioni di cavitare anche con assetti dello scafo più appoppati.
Un altro grande problema a cui furono soggetti i diportisti dell’epoca fu la scarsa manovrabilità in retromarcia. I timoni posti a poppavia dell’elica ed i profili ancora non abbastanza evoluti per funzionare bene anche con una rotazione contraria non consentivano rispettivamente di direzionare adeguatamente la spinta e di avere una reattività sufficiente in caso di necessità improvvisa di inversione del moto.
La prima grande evoluzione si ebbe grazie alla realizzazione di un sistema di trasmissione che non prevedesse un asse unico tra motore ed elica bensì un primo troncone fisso di asse posto tra il motore e lo specchio di poppa connesso tramite uno snodo ad un asse portaelica mobile. In questo tipo di sistemi l’asse non fu più a diretto contatto con l’acqua ma venne contenuto da una scatola stagna riempita di olio che garantiva la lubrificazione dell’asse stesso e di tutti i cuscinetti e gli ingranaggi necessari alla sua rotazione.
Questo tipo di configurazione, utilizzato nella quasi totalità delle applicazioni odierne, consente alla parte mobile dell’asse di essere direzionata tramite coppie di cilindri idraulici sia in senso verticale per “trimmare” l’elica, sia in senso orizzontale per permetterne il brandeggio.
In questo modo si può rispettivamente: variare l’assetto dell’elica per ogni condizione di navigazione permettendo (in caso di sistemi che consentano angoli di trim negativo molto alti) di immergere l’elica come se fosse un’elica immersa e di direzionare la spinta anche in retromarcia.
Con un sistema trimmabile, uno studio dei rapporti di riduzione e della distribuzione dei pesi e l’elevato valore di coppia degli odierni motori diesel è possibile riuscire a mantenere la barca con un assetto adeguatamente basso anche a velocità modeste senza che l’elica perda la “presa” e lo scafo perda la planata, ma soprattutto manovrare come con una normale linea d’assi o meglio ancora con un piede poppiero.
Lo sviluppo delle eliche di superficie
Nell’ultimo decennio il mercato del diporto ha guardato con interesse all’evoluzione delle eliche di superficie potendone apprezzare spesso oltre che le ottime prestazioni velocistiche anche una notevole riduzione dei consumi.
A parità di peso e potenza, rispetto ad una trasmissione in linea d’assi tradizionale, le eliche di superficie migliorano la resa propulsiva del 15% – 20% e ciò è merito dei notevoli benefici di riduzione della resistenza di attrito delle appendici e di una maggiore efficienza dell’elica come finora descritto.
Ciò che invece spesso non si considera è che un maggiore rendimento propulsivo equivale a raggiungere la stessa velocità con minore dispendio di energia che, tradotto in termini pratici, equivale ad un minore regime di rotazione del motore, quindi un minor carico e di conseguenza un minor consumo!
Minor consumo vuol dire maggiore autonomia o, volendo ottimizzare ancora, minor necessità di carburante a bordo quindi minor peso e ancora minor potenza per raggiungere le stesse prestazioni! Il confronto con gli idrogetti, spesso per potenze molto elevate, è inevitabile e le analogie sono molte: una su tutte l’assenza di parti immerse in navigazione (se si fa eccezione per il punto di ingresso dell’acqua al di sotto dello scafo); ciò che differenzia però le eliche di superficie rispetto all’idrogetto è il rendimento alle basse velocità.
Com’è noto, infatti, l’idrogetto utilizza una pompa a una girante che aspira l’acqua, la accelera e la spara fuori dallo specchio di poppa attraverso un ugello. Tale differenza di velocità genera la spinta propulsiva ma perché questo avvenga ha bisogno di elevati regimi di rotazione e di velocità del fluido.
C’è da considerare poi che la quantità di fluido che passa all’ interno dei condotti tra aspirazione ed ugello di uscita genera una certa quantità di attrito in essi e quindi una percentuale di resistenza aggiunta allo scafo. Gli idrogetti hanno però ottime caratteristiche di manovrabilità poiché permettono di direzionare in qualsiasi direzione la spinta.
Negli ultimi anni alcuni produttori di sistemi ad eliche di superficie hanno elevato il range delle potenze installabili in conseguenza della sempre maggiore richiesta del mercato nel settore dei megayacht ponendosi quindi come validissima alternativa agli idrogetti.
Nel segmento del piccolo e medio diporto il confronto è con i piedi poppieri e con i pod che sicuramente migliorano i rendimenti ed i consumi rispetto alla linea d’assi grazie alla cura dei profili delle loro parti immerse; tuttavia com’è facile constatare, proprio perché immerse, esse non eliminano del tutto la resistenza di attrito del sistema propulsivo e restano sempre a rischio di impatto con corpi sommersi o semisommersi.
Fonte delle fotografie: TopSystem Surface Drive.
Conclusioni
In base a quanto detto l’adozione di un sistema ad eliche di superficie può solo apportare benefici in termini di prestazioni e non solo per imbarcazioni ad alte prestazioni poiché sfruttare gli effetti della cavitazione in termini di aumento della resa del profilo dell’elica unitamente ad una notevole riduzione della resistenza di attrito sotto carena è un obiettivo possibile anche per imbarcazioni con prestazioni modeste o addirittura dislocanti, se adeguatamente pensate e progettate.
Articolo pubblicato sul periodico Nautech settembre 2013 e qui riprodotto per g.c. dell’autore
Gentile Giancarlo,
mi rendo conto del problema dovuto alla scarsa inclinazione degli assi della Sua barca e delle problematiche che crea questa scelta. Tuttavia, occorrerebbe avere un numero maggiore di informazioni tecniche, come valore del diedro allo specchio di poppa, disegno di carena ecc.
Insomma, entrati in possesso dei dati di cui detto, si potrebbe quindi valutare la fattibilità e l’utilità di tale modifica tecnica.
Per avere delle risposte più specifiche in merito, se Lei è d’accordo, potremo metterla in contatto con il nostro consulente tecnico ing.Francesco Fiorentino, che uno specialista di questo settore, avendo curato molte trasformazioni di trasmissioni da linea d’asse all’applicazione di piedi poppieri Top System dotati di eliche di superficie.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Ciao, ho una barca con due motori td. A causa della poca inclinazione degli assi sono obbligato a montare due piccole eliche con un investitore rapporto 1:1 . Tutto ciò preclude il giusto rendimento del mezzo sopratutto per quello che riguarda la velocità. Molti mi stanno consigliando delle eliche di superficie. Ne traggo dei bonifici oppure no?
Le eliche a quattro o cinque pale riducono sensibilmente le vibrazioni ed incrementano l’accelerazione e possono incrementare l’efficacia variando l’inclinazione delle pale, che aumentando migliora l’assetto e le prestazioni.
Per la scelta della migliore elica adatta alla carena della Sua barca ed al tipo di trasmissioni che intende montare, può rivolgersi alla ditta Radice che è una delle migliori aziende del settore in Europa.
Vi sono altre aziende italiane in grado si realizzare le eliche che necessitano al Suo caso, ma l’esperienza di tanti anni di Radice con un archivio molto vasto delle eliche realizzate per tante imbarcazioni di ogni tipo, con carene dislocanti, semi-dislocanti, plananti ed eliche di ogni tipo, incluse quelle di superficie nei vari tipi, a mio avviso possono contribuire in modo determinante per la migliore scelta.
Tuttavia, potrebbe rivolgersi ad altri elicai mettendo a confronto le proposte formulate, ma ha bisogno di un ottimo consulente con esperienze specifiche nel settore dei gruppi poppieri con eliche di superficie.
Per qualsiasi dubbio può anche rivolgersi al nostro consulente Ing. Francesco Fiorentino che è uno specialista nel settore di cui sopra detto.
Cordiali saluti,
Giacomo Vitale
Buongiorno, ho un Colombo 32′ e sto x montare una trasmissione Sea Rider con eliche di superficie (la barca mi serve x lavorare) e mi chiedo se montare una a 4 o 5 pale. Che differenza c’e fra le 2 eliche?
Grazie, ciao.
Paolo