Suez 1941- 42 prima puntata
di Franco Harrauer
‘’Bocca del Serchio – fine settembre 1941“
“Costi più del Serchio ai lucchesi!“ dicevano i vecchi della Versilia quando parlavano del bizzoso, rapido ed impetuoso fiume che scendeva dalle Alpi Apuane e spesso inonda e devasta le ricche campagne della piana di Lucca, prima di chetarsi in un placido corso tra le pinete di San Rossore e prima di mescolare le sue acque con quelle del Tirreno poco a Nord di Viareggio.
“Spero che gli inglesi paghino come i Lucchesi‘”, disse sottovoce un uomo volgendo le spalle al fiume e avviandosi dai canneti della foce verso una modesta e malandata casa colonica al limite della pineta. Si rialzò il bavero dell’impermeabile blu ad una folata di maestrale che fece fremere le canne palustri. “Speriamo che i ragazzi la fuori ritrovino la motobarca presso le ostruzioni retali; si sta levando un po’ di mare, disse all’ufficiale che camminava al suo fianco.
“Marceglia: a che ora abbiamo l’appuntamento con l’Ammiraglio?“
Antonio Marceglia, un robusto e taciturno triestino che camminava nello stretto sentiero a fianco del Capitano di Fregata Ernesto Forza, si rimboccò le maniche della tuta grigia sulla quale spiccavano i galloni dorati di Capitano del Genio Navale e consultò all’ultima luce del giorno il suo cronometro.
“Verso le 21,30 Sua Altezza dovrebbe essere qui con solo un suo aiutante che è al corrente delle nostre attività. So che l’Ammiraglio viene direttamente da Roma dove ha avuto una riunione a Supermarina. Probabilmente vi saranno per noi delle novità“.
“Comandante, stia tranquillo per i ragazzi, sono tutti veterani. De la Penne è stato già a Gibilterra con Bianchi ed anche gli altri hanno partecipato ad azioni più o meno fortunate. Questa sera avrei dovuto essere in acqua anche io con Martellotta…
Vedrà che tra meno di tre mesi ad Alessandria lasceremo il segno, noi del Serchio” Forza sorrise “affrettiamoci perchè, dopo la riunione vorrei cenare con i ragazzi che rientrano dall’allenamento.
Al tramonto, sulla bettolina ancorata tra i canneti alla foce del Serchio c’era un galleggiante che serviva come ricovero ed officina dei mezzi subacquei; i due ufficiali avevano assistito all’inizio della esercitazione: il Tenente di Vascello Marchese Luigi Duramd De la Penne, un gigante biondo dall’ironico accento genovese e dal carattere un po’ indipendente” ed il Capitano Armi Navali Vincenzo Martellotta con i loro secondi, i palombari Emilio Bianchi e Mario Marino già vestiti nelle loro pesanti mute gommate nere, erano già a bordo della motobarca diesel affiancata alla bettolina.
La piccola gru elettrica aveva sollevato i lunghi siluri a lenta corsa SLC dal peso di una tonnellata e mezza, con la loro testa esplosiva contenente 250 Kg di tritolo e li avevano posati in acqua, uno per lato alla motobarca, il cui motore borbottava sommessamente.
I due piloti operatori con i secondi assicurarono i due siluri semisommersi a due travi metalliche che servivano loro da sospendita. De la Penne aveva già indossato l’autorespiratore e stava controllando l’erogatore dell’ossigeno. Il secondo di Martellotta stava sfregando l’interno degli oculari con mezza patata; “sputaci dentro disse De La Penne“, le patate lasciamole per la cena di questa sera, magari con una bella polenta“. Si udì la voce di Bianchi che tutti sfottevano per la sua origine trentina…
Martellotta sporgendosi oltre la falchetta della barca controllava i comandi del suo SLC innestando il reostato e facendo girare brevemente l’elica del siluro.
Buoni ragazzi, ordinò Capo Martelli, li porti fuori e appena oltre la barra, vada per 250° non oltre un miglio e lasci che si arrangino ad arrivare alle ostruzioni; li aspetti quando emergono dopo averle superate. Stia un po’ anche a mezza strada fermo a motore spento per sentire se sono in difficoltà e vengono su prima della rete.
Agli ordini Comandante e stia tranquillo, sono i miei ragazzi e li riporto sempre a casa!
In effetti il vecchio Capo Martelli, che i ragazzi chiamavano affettuosmente “papà”,
molte volte era riuscito a tirarli fuori dall’acqua nel buio della notte semiasfissiati o in preda alle convulsioni dovute all’ossigeno respirato in profondità.
“Via, sono le 21,00, vi apetto a tavola per mezzanotte e ringraziate Dio che il Comandante Borghese non sia ancora arrivato e vi abbia dato il solito viatico con
un calcio in culo“.
Il Capo abbozzò un saluto innestando la marcia del riduttore, mentre Forza e Marceglia dalla riva rispondevano all’approssimativo saluto dei “ragazzi“.
L’asmatico monocilindrico Carraro reagì al rumoroso innesto di marcia con un patetico calo del numero dei giri che svogliatamente ripresero il loro ritmo lento – normale, mentre l’imbarcazione mollati gli ormeggi, lentamente si allontanava dalla bettolina nell’incerta luce del tramonto. Per ultimo di udì il vocione di De La Penne:
“Dai Papà accellera, belin!“ Grosse nuvole ad Ovest erano rosate dal sole già sotto l’orizzonte e le bianche cime delle Apuane ne riflettevano dolcemente la luce.
Sua Altezza Reale Aimone Duca D’Aosta, con il grado di Ammiraglio, era l’ispettore Generale dei MAS e del naviglio silurante leggero e sotto la sua giurisdizione ricadeva ache l’organizzazione segreta dei mezzi d’assalto subacquei e di superfice con il nome di copertura di Decima Flottiglia MAS: compito ed incarico che il duca svolgeva con la competenza che gli derivava dal fatto di essere stato assieme al fratello Amedeo, uno degli ideatori dei mezzi d’assalto di superficie, i barchini esplosivi MTM che si erano distinti duramte l’attacco alla Baia di Suda con l’affondamento dell’incrociatore britannico “York“.
I mezzi d’assalto della X MAS, i semoventi subacquei “SLC” che il Maggiore del genio navale Teseo Tesei aveva ideato e sperimentato nel 1935, durante la crisi etiopica, si erano sviluppati parallelamente ai mezzi di superficie, ma per le loro particlari modalità di impiego, la loro base segreta fu individuata alla foce del Serchio, tra la tenuta Salviati e la Riserva Reale di San Rossore.
Alla foce, nascosta tra i canneti, fu ancorata una bettolina con compressori e gruppi elettrogeni per la ricarica delle bomble e delle batterie dei siluri semoventi ed una piccola officina di manutenzione e riparazioni.
Gli operatori subacquei, una decina di ufficiali e sottoufficiali, all’inizio vivevano il loro monacale ritiro in una casa colonica, poi in un picola casermetta.
L‘isolamento e la segretezza erano garantite dai carabinieri che controllavano e presidiavano il perimetro della grande pineta.
Il mezzo d’assalto, la nuova arma segreta della Marina Italiana, era nato durante la crisi che nel Mediterraneo contrapponeva lo squilibrio con la Flotta Inglese.
Superata la crisi, tutto fu accantonato ed ottimisticamente dimenticato fino al giugno del 1940, quando furono affrettatamente rispolverati i piani di attacco a Gibilterra, Malta ed Alessandria, che avrebbero potuto rappresentare la “Pearl Hrbour”del Mediterraneo.
I pochi eremiti del Serchio erano pronti. Furono radunati, ma erano pochi, ma pochi e non preparati erano i loro mezzi.
Per le prime azioni contro Alessandria e Suda furono modificati i prototipi e le preserie usate per gli allenamenti.
Nel settembre del ’41, di otto azioni tentate, solo quella di Suda e quella del 18 settembre a Gibilterra avrbbero dato un risultato positivo. Ma la “X Mas” aveva perso sedici operatori; poi l’ecatombe gloriosa, mal pianificata di Malta.
Il 27 luglio 1941, nel forzamento dell’obbiettivo più ambito della “X Mas,” su cinquanta partecipanti, solo undici riuscirono a rientrare ad Augusta.
Tra i caduti il Comandnte della X Mas, Capitano di Fregata Moccagata e Teseo Tesei,
che poi diede il nome al raggruppamento subacqueo del Serchio.
Era già buio ed i due ufficiali arrivarono presso la casa colonica salutati da un marinaio che, giberne al collo e moschetto in spalla, montava di sentinella passeggiando sull’aia.
La luna piena era già sorta dietro le Apuane, ma i folti pini marittimi facevano da schermo ai suoi raggi. Un Sottoufficiale, in funzione di ufficiale di Picchetto, salutò sull’attenti:
“Comandante, la sala riunioni è pronta”.
“Grazie Gargiulo! Quando arriverà l’Ammiraglio faccia portare su qualche caffé”, poi soggiunse:
“E’ arrivato il Comandnte Borghese?“
“Si Comandante!” Il carabiniere di guardia sulla provinciale ha telefonato un istante fa dicendo che la macchina sta percorrendo la strada interna“.
“Buona sera Comandante”
“Buona sera Antonio“
Un individuo in tuta si avvicinò ai due ufficiali portando alla visiera del cappello la mano.
“Buona sera Catalano“, disse Forza,
“Credevo che Lei fosse già partito per la licenza dopo il rientro dall’azione“.
“No Comandante, ho preparato una relazione per Borghese che so arriverà questa sera. Ci siamo lasciati nella Baia di Gibilterra e assieme a Vesco, Visintini ed i nostri secondi siano rientrati in aereo da Siviglia“.
Il debole raggio luminoso di un paio di fari maldestramente oscurati, fu preceduto di poco dal rombo di una Fiat 1100, che dopo un’istante si arrestò nel piazzale con una
energica frenata che sollevò una nuvola di polvere.
“Scommetto che guida Borghese“.
“Ci possiamo giurare, disse Diego Catalano all’affermazione di Marceglia.
Spento il motore con una potente sgassasta i due portelli anteriori della vettura si aprirono contamporaneamente e da quello di sinistra, come ampiamente previsto, ne scese il Capitano di Corvetta Principe Junio Valerio Borghese.
“Ciao Forza, come va Antonio? Decio sei ancora qua?“
Mentre 1’autista scaricava il bagaglio i quattro uomini si strinsero la mano.
“Decio, raccontami com’è andata a Gibilterra”
“Mentre ero ancora in affioramento su un fondale di quindici metri alla foce del Badarranque ho sentito con l’idrofono che i vostri mezzi si allontanavano senza problemi. Poi mi sono sfilato dalla baia strisciando sul fondo sino alla batimetria dei cento metri e da li mi sono messo in rotta per casa, arrivando a La Spezia solo ieri, dopo cinque giorni di navigazione con tempo pessimo sotto le Baleari, mentre voi siete rientrati comodamente in aereo…i soliti raccomandati!“
“E’ andata bene Comandante! Per la prima volta tutto è andato liscio come in una esercitazione. Appena lasciato il battello, navigando in affioramento, mi sono avvicnato ad un mercantile e con una manovra da manuale Giannoli ha sistemato la testa esplosiva sotto la carena della nave e mentre mi allontanavo, per caso ho messo la testa fuori dall’acqua e ho letto a poppa il nome: “Pollenzo“ Genova!
Porca miseria, una nave internata dal ’40… oltretutto di un amico di mio padre, l’armatore Corrado! Allora, con Gianoli, che sacramentava con moderazione e convinzione, abbiamo sganciato la carica e dopo mezz’ora di lavoro siamo riusciti a piazzarla sotto la motonave “Durham“ di Glascow, dopo aver letto bene il nome.
Quando eravamo a Siviglia per prendere l’aereo della Lati ho saputo che si è spezzata in due, posandosi sul fondale. Poi ci siamo ritrovati tutti e quattro sulla spiaggia di La Linea, dopo aver affondato i mezzi”.
Visintini non è riuscito ad entrare nel porto interno per attaccare la portaerei “Ark Royal” e come me e Vasco, si è dovuto accontentare di minare le navi in rada:
la “Denbydale“ e la “Fiona Shell“.
Come vedi Comandante tutto regolare, ma ti ho preparato un rapporto dettagliato e adesso, se posso approfittare della tua lussuosa automobile e del tuo autista, me la filo sino alla stazione di Viareggio per riuscire a mezzanotte a beccare il direttissimo per Genova“.
La sala riunioni era al primo piano della casa colonica e si arrivava con una scala esterna, badando a non urtare un paio di grappoli di agli messi a seccare al sole. La stanza era grande ed era imbiancata a calce con grosse travi di legno grezzo che formavano il soffitto. Da una finestra schemata con una tenda blu giungeva ogni tanto la sommessa voce delle galline disturbate nel loro sonno dalla voce dei sei uomini seduti al grande tavolo. Il pavimento era di grandi irregolari piastrelle di cotto ed una nuda lampadina appesa al soffitto ad uno spellacchiato filo conduttore che illuminava l’ambiente.
Alle pareti un paio di carte nautiche del Mediterraneo ed una vecchia ruota da timone proveniente dalla nave bersaglio “San Marco“, una delle prime vittime delle esercitazioni notturne dei ragazzi nella rada di La Spezia, trofeo al quale il Tenente Medico Falcomata aveva appeso un cartello con i versi di Orazio:“Beati i mercanti, dice il vecchio marinaio al quale i lunghi onorati anni di servizio non hanno lasciato che reumi“. Il buon Falcomata che curava gli uomini del gruppo dai loro acciacchi professionali e che con i suoi “pazienti “ ed il suo Comandante, era caduto due mesi prima nel sanguinoso tentativo di forzare il porto di Malta.
La guerra era al suo quattrocentocinquantacinquesimo giorno e la Regia Marina
non aveva sinora conseguito grandi successi. L’unica puntata della squadra navale di Taranto, culminata nello scontro di Punta Stilo, si era rislto in un nulla di fatto e obiettivamente non poteva essere classificata come puntata offensiva, bensì come azione difensiva in quanto finalizzata per ambo i contendenti alla difesa indiretta di due grossi convogli diretti rispettivamente in Libia ed a Malta.
Il tentativo di dislocare una divisione di incrociatori in Egeo si era risolto in un fallimento con l’affondamento del “Colleoni‘ presso Creta.
Nella notte del 12 nivembre un pugno di vecchi aerosiluranti inglesi decollati dalla portaerei “Illustrious”, mise fuori combattimento a Taranto tre corazzate italiane, una delle quali non sarebbe più tornata in servizio.
In gennaio del ’41, per la difesa di Tobruk si era sacrificato l’incrociatore “San Giorgio”.
Il 9 febbraio una squadra navale inglese impunemente bombardava Genova, vanamente intercettata dalla squadra di La Spezia ,
Il 27 marzo a Capo Matapan gli incrociatori “Pola”, “Fime”, “Zara“ e tre cacciatorpediniere vengono affondati in un rapido scontro notturno.
A nostro attivo l’affondamento, da parte di un sommegibile, dell’incrociatore “Calypso” e dello “York“ a Suda, da parte dei barchini esplosivi MTM della X.
Questo in sintesi il quadro della situazione dopo quindici mesi di guerra nel Meditettaneo, che l’Ammiraglio Aimone Duca d’Aosta espose ai cnque uomini riuniti al tavolo della “ Sala riunioni“ nella base della X alla “Bocca del Serchio”.
Il duca era arrivato puntualmente alle 21,30 con il suo Aiutante e accompagnato anche con una vecchia conoscenza degli uomini del Serchio, il Tenente di Vascello Bertone, già Aiutante di campo del Comandante Moccagatta, caduto a Malta.
Forza era seduto a capotavola con Borghese alla sua destra e Marceglia a sinistra ,
Il Duca era dall’altra estremità del tavolo con il suo aiutante e Bertone, benché seduto, la sua altissima statura dominava il gruppo.
“Signori, ieri ho partecipato a Roma alla riunione settimanale di Supermarina. Il flusso dei rifornimenti verso il fronte dell’Africa settentrionale è sempre più contrastato dalla Marina Britannica con gravi ripercussioni sull’andamento dell’offensiva che dovrebbe riportarci in Cirenaica.
Il naviglio sottile è sempre più impegnato nella difesa dei convogli che vanno dall’Italia alla Libia, ma all’inizio del mese abbiamo perduto i transatlantici “Neptunia“ e “Oceania“. Per fortuna le perdite sono state lievi:384 uomini, ma 5818 soldati non somo potuti arrivare a Tripoli per rafforzare le nostre divisioni. Ciò a poca distanza di tempo dalla perdita del “Conte Rosso“ che trasportava 1200 fanti.
“Al contrario, le armate inglesi in Egitto ricevono continui rifornimenti e ciò che non può passare per il Mediterraneo, arriva attraverso la via del Capo di Buona Speranza e quella terminale del Mar Rosso e del Canale di Suez“.
A questo punto il Duca si alzò e si diresse verso la parete ove era spiegata la carta del Mediterraneo e puntò il dito all’estremità Sud del canale che unisce il Mar Rosso al Mediterraneo.
“E’qui che dobbiamo colpire: Suez!
Forza fece un cenno per poter prendere la parola:
“Ammiraglio, come lei ben saprà, prima dell’entrata in guerra abbiamo preparato un piano per l’imbottigliamento del Canale di Suez con delle navi cariche di pietrame e cemento che si sarebbero dovute autoaffondare, ma era un’azione preventiva da effettuare prima della dichiarazione di guerra. Oggi sarebbe praticamente impossibile.”
“Certo caro Forza, ma credo che un’azione a Suez, anziché a PortSaid, come era stato pianificato, cioé dove gli inglesi meno se l’aspettano, avrebbe più possibilità di successo, tenuto conto che il porto di Suez otre ad non essere collegato alla rete ferroviaria egiziana, ha ridottissima capacità portuale e tutte le navi che provengono dal Mar Rosso debbono transitare per il canale per poi scaricare a Port Said o ad Alessandria. L’idea sarebbe quella di colpire un paio di navi e farle affondare per ostruire il canale”.
Borghese interloquì: “Ottimo obiettivo, ma mi perdoni Altezza, non credo che la Compagnia del Canale conceda il permesso di transito al mio “Sciré“ con i maiali e gli operatori a bordo, sia pure in emersione“.
Un coro di risate alleggerì l’atmosfera della riunione.
Forza guardò più volte il suo cronometro, certamente pensava ai suoi ragazzi che in quel momento a venti metri di profondità, nel buio più assoluto tentavano di far passare i loro SLC sotto la pesante rete dell’ostruzione, con il burbero Capo Martelli che implacabile, avrebbe segnalato ogni bolla d’aria che fosse sfuggita dalle maschere o dai sacchi polmone e in superfice avrebbe rilevato ciò che accadeva la sul fondo.
“Rimane il problema di far arrivare nel Mar Rosso i nostri mezzi e gli operatori“ disse Forza sollevando lo sguardo preoccupato dal suo cronometro.
“Ma il problema più grave è quello che non abbiamo né operatori, né mezzi disponibili da distrarre dalle operazioni già pianificate“.
Il Duca, accennando a Bertone, interruppe Forza.
“Bertone, per cortesia esponga l’idea che abbiamo discusso venendo su da Roma“
“Volentieri Altezza!”
“Signori, come sapete in Egeo ho pianificato e diretto dopo l’azione du Suda, il tentativo di bloccare il Canale di Corinto.“
“Oltre a me ed al TV Corti, vi erano a bordo dell‘Araxos due giovani sottotenenti di vascello, Sauro e Attanasio, che abbiamo aggregato su loro richiesta e poi arruolato nella Decima. Sia Sauro che Attanasio sono abili nuotatori e sommozzatori brevettati e si sono offerti volontari per quell’azione, con me e Corti siamo quattro operatori disponibili per un’azione tipo “gamma“ che potrebbe avere un buon successo“.
“Benissimo, ma con che mezzo possiamo farvi operare? Come possiamo far arrivare in Mar Rosso il mezzo che vi servirà come “avvicinatore?” disse Borghese.
Marceglia, che sino allora era rimasto in silenzio ascoltando, intervenne: “Si potrebbe
studiare di poter portare operatori e mezzo, al largo di Suez con un aereo“. Ovviamente non possiamo pensare di usare un aereo terrestre. Atterrare su una spiaggia del Sinai o della costa Egiziana con un Savoia Marchetti SM 82, scaricare e varare un mezzo, ammesso che ci stia nella fusoliera, di un 82.
Mi sembra estremamente difficile e rischioso. Poco fa avevo pensato di poter impiegare l’idro quadrimotore Cant Z 511, che ha una notevole autonomia e capacità di carico e che tempo fa è stato preso in considerazione per un progetto simile: trasportare un nucleo di nuotatori “Gamma“ per attaccare le raffinerie del Golfo Persico a Barhain, ma ho saputo che l’aereo non e ancora operativo ed è in cantiere a Monfalcone“.
“Quindi, credo che l’unica possibilità possa essere quella offerta da un aliante.
Tutti gli sguardi si volsero verso Maceglia che proseguì:
“Sono stato recentemente a Brindisi presso il Comando Marina e per una questione di servizio ho avuto occasione di incontrare mio cugino, Maggiore pilota dell’Aereonautica e comandnte di un aeroporto nella zona di Lecce.
Questa base è occupata anche dalla Luftwaffe che vi ha dislocato una squadriglia di Junkers da trasporto e di alianti da sbarco in allenamento per l’operazione C 3 o Hercules, come la chiamano i tedeschi; cioè l’aviosbarco a Malta.
“Con mio cugino sono stato ospite del Comandante della squadriglia di alianti. Ho
potuto assistere a voli ed atterraggi ed ho avuto l’opportunita di esaminare un aliante
Gotha 242 W nella versione anfibia.
Credo che per capacita di carico e volunetria possa portare un paio di bachini MTM, oppure un SLC. Mi pare di ricordare che il vano di carico abbia le dimensioni di circa oltre sette metri in lunghezza, con una larghezza di almeno due metri e mezzo. Inoltre, il velivolo ha un grande portellone a poppa per lo sbarco rapido di automezzi e uomini. In tal caso, con la collaborazione della Luftwaffe, il piano di blocco del canale di Suez sarebbe fattibile“
“Marceglia“, disse il Duca, credo che lei abbia trovato la possibile soluzione.
Nel giro di pochi giorni posso farvi avere tutti gli elementi di valutazione, compresa la disponibilità della Luftwaffe e credo che i tedeschi possano appoggiare in pieno un’azione che ostacoli il flusso dei rifornimenti alle armate che fronteggiano Rommel. Forza che ne pensa? Possiamo rimediare qualche sandolino?“.
“Attualmente abbiamo disponibili solamente tre SLC destinati alla probabile azione contro Alessandria, con i relativi operatori. I barchini esplosivi MTM sono stati tutti spesi a Suda ed a Malta. In attesa delle nuove consegne da parte della CABI Cattaneo, abbiamo solo dei mezzi subacquei e di superficie qui e al Varignano, che sono ad efficienza ridotta e indispensabili per gli allenamenti.
Poi tacque e riprese a parlare a bassa voce come a se stesso.
“Però… mi pare di ricordare che entro il mese dobbiamo presenziare a La Spezia alle prove di accettazione di un MTL costruito da Baglietto su progetto Cattaneo, per sostituire quello perso a Malta“.
“Si tratta di un mezzo con autonomia e capacità di carico adattabile anche alle azioni dei nuotatori “gamma“. Potrebbe essere l’avvicinatore adatto, che per peso ed ingombro può essere trasportato da un aliante del tipo descritto da Marceglia.
In quel momento si udì bussare alla porta ed il “capo gamella“, che per l’occasione aveva indossato una giacca bianca e che con uno strofinaccio da cucina al braccio si atteggiava a “maestrino di casa “, entrò e con un perfetto saluto e annunciò:
“Comandante, mi scusi, la cena è pronta, i ragazzi sono rientrati mezz’ora fa e sono pronti per la mensa“.
“Credo che dovrete stringervi un po’ e fecero preparare la tavola e far portare un po’ di sedie. I ragazzi si sono raccomandati di non far scuocere gli spaghetti, disse con un sussurro rivolto a Forza.
Il Duca si alzò per primo e avviandosi verso la porta – finestra disse: “Certo! Lo spaghetto scotto non è degno di questa tavola. Andiamo fuori sul terrazzo a fumare una sigaretta, credo che la riunione sia stata molto costruttiva. Iniziate lo studio dell’organizzazione su cui potete contare del mio pieno appoggio. Credo che per il momento la cosa più importante sia quella di non fare aspettare i ragazzi”.
Venti minuti piu tardi erano tutti a tavola dove troneggiavano due grandi terrine
piene di spaghetti fumanti.
“Per primi i ragazzi“, ordinò il Duca e De la Penne, Martellotta, Bianchi e Marino coinciarono a servirsi gigantesche porzioni di pasta. Poi regnò il silenzio, da Sua Altezza al Marinaio Palombaro Marino senza distinzioni di grado cominciarono a mangiare.
Gli operatori, dopo la doccia calda erano in tuta con i capelli ancora umidi e recavano sul volto i segni di una fatica improba, i segni profondi della maschera, magnifici giovani, polmoni a tutta prova, rosse le mani e gonfie per l’arresto del sangue dovuto ai polsini elastici delle mute di gomma da sommozzatore, con i polpastrelli rugosi per la lunga permanenza in acqua.
“Come è andata oggi Comandante?“, domandò De la Penne emegendo con la sua cospiqua corporatura, da dietro una montagna di spaghetti al ragù. Un’improvvisa folata di maestrale spalancò la finestra facendo sollevare la tenda blu e fece oscillare la lampada creando strane ed inquietanti ombre danzanti sulle pareti e tutti alzarono il capo. Sembrava di udire in aria il comandamento di Teseo Tesei, il suo testamento spirituale: “S’ha da fare meglio! A Malta, spolettando a zero e saltando tutti per aria col nemico! Questo s’ha da fare “.E così aveva fatto!
Fine prima puntata
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