Associazione Asso Vela a Tarchia – Sorrento
di Giacomo Vitale
A Sorrento il primo “porto di tradizione” in Italia tra i resti archeologici della “Villa Agrippa Postumo” di epoca Augustea
Chi conosce la Penisola Sorrentina se ne innamora per tanti motivi che non sono solo la sua indiscussa e sublime bellezza, ma per i grandi valori storico culturali e delle tradizioni marinaresche che Sorrento e tutti i suoi paesini incastonati su una costa unica al mondo hanno nella loro cultura.
In questo scenario da Paradiso terrestre, vi sono degli uomini semplicissimi, dei veri marinai che rispondono ai nomi di Enzo De Pasquale, Gino Aiello, Massimo Maresca, Joseph Meo, Erino Russo, Sasa Amuro, Renato Amuro, Giovanni Antonetti, Renato Antonetti, Paolo e Andrea De Pasquale che, guidati da un altrettanto uomo di mare di provata esperienza, il Comandante Giancarlo Antonetti, hanno dato vita all’associazione denomnata “Asso Vela a Tarchia”.
Lo stesso Comandante Giancarlo Antonetti riferisce che tutte queste persone, obbedienti e serie, lavorano in un unica direzione: Il recupero della storia di un “Ninfeo straordinario” voluto da Augusto ed arrivato fino ai giorni nostri per la volontà di coloro che hanno permesso di riportare alla luce questo straordinario luogo legato alla marineria di epoca romana ed oggi alla “Marineria Sorrentina” che ha origini antiche, proiettando il tutto verso il futuro, per non dimenticare!!
Indubbiamente è una bella storia!
Il Comandante Giancarlo Antonetti riferisce di trent’anni di intensa attività culturale fatta di restauri di barche d’epoca, regate, convegni e l’immancabile appuntamento annuale in “Penisola Sorrentina” per il “Trofeo Eduardo De Martino per vele d’epoca”, giunto quest’anno alla ventiquattresima edizione e realizzando quello che fino a qualche tempo fa era un sogno, oggi trasformatosi in realtà: la possibilità a Sorrento per la prima volta in Italia, di far rivivere tale manifestazione in un porto di origini romane, posto in un’area archeologica marittima.
L’intera area che funge da cornice a queste “signore del mare”, è composta da due Ninfei, uno Minore e l’altro Maggiore, numerose peschiere, una banchina sommersa ed un imprecisato numero di grotte e cunicoli. Il sito è stato dichiarato di “interesse particolarmente importante” con decreto ministeriale del 19 marzo 1993 a firma dell’allora Ministro per Beni Culturali “Alberto Ronchey” e conserva una delle più importanti testimonianze archeologiche della “Penisola Sorrentina” e dell’intera Regione Campania. In questi luoghi marittimi della “villa romana” soggiornò tra il VI e VII Secolo d.c. in esilio forzato Agrippa Postumo, nipote dell’imperatore Augusto.
Dopo anni di intensa attività l’Associazione, grazie alla grande passione dei suoi iscritti, ha permesso di incrementare il gruppo delle imbarcazioni d’epoca restaurate, arrivando al numero di dieci, attraverso la collaborazione dei maestri d’ascia della Penisola Sorrentina, tra i quali:
- Nino Aprea dell’Antico Cantiere del Legno Aprea di Marina Grande a Sorrento
- Michele Cafiero dell’omonimo cantiere di Meta
- Antonino Tramontano di Marina Piccola – Sorrento.
Tra le imbarcazioni storiche oggi visibili nel sito, “soggetti” imperituri di uno splendido quadro d’autore che solo la natura ed il sogno di alcuni uomini di mare hanno reso possibile, vi sono i gozzi:
- “Santa Rosa”, una “menaide” del 1950
- “Santa Maria del Lauro”, realizzato su un progetto del 1919
- Le lancette sorrentine “Salvatore” del 1945
- “Miccarella”
- Il dinghy 14 piedi “Fara”, vanto dell’ammiragliato inglese
- I due caratteristici dinghy 12 piedi “Sunshine” e “Mizar”
- “Francesca Bella”, tipica “varchetta” di 14 palmi, utilizzata per la visita alla Grotta Azzurra di Capri
Insomma, un angolo di paradiso in Penisola Sorrentina, tra storia, tradizione e tutela dell’ambiente.
Nell’ incontro con gli appassionati marinai dell’Associazione “Vela a tarchia” di una magnifica giornata di sole del 24 ottobre 2012, l’ingegnere navale Enzo De Pasquale mi ha fatto una descrizione dettagliata di tutto quello che anima questa stupenda realtà e che riporto testualmente di seguito:
La Penisola Sorrentina è una zona di antiche tradizioni marinare. La via nova è stata ultimata nel 1834 e fino ad allora si dovevano percorrere, per andare verso Napoli, accidentati percorsi e sentieri collinari.
Questo ha determinato che la “Penisola Sorrentina” fosse una zona quasi insulare, incrementando l’alta tradizione marinara che si è trasmessa nei secoli. Ricordiamo gli antichi brigantini costruiti nelle Marine di Alimuri e Cassano, oltre alle feluche e le tartane costruite per poter commerciare con gli antichi porti del Regno delle due Sicilie o per portare i turisti i visita della bellissima Costa Sorrentina.
Oltre a questo naviglio maggiore esisteva anche un naviglio minore della Penisola Sorrentina, costituito fondamentalmente da lance e gozzi. I gozzi venivano e vengono tuttora costruiti presso la Marina Grande di Sorrento. Si misurano ancora in palmi e vengono costruiti con un sistema artigianale che si è trasmesso nel tempo oralmente, di generazione in generazione.
Marina Grande di Sorrento è la marina dei pescatori.
La Marina Piccola, invece, è la marina dei barcaioli, dove venivano costruite delle lance utilizzate per il trasporto dei turisti che arrivavano con le navi ancorate nella rada di Sorrento e trasbordati verso le varie Marine per poterli poi inviare agli alberghi di Sorrento. Tuttavia, erano sempre ospiti cortesi e villeggianti illustri.
Il sistema di costruzione delle lance utilizzate per il trasporto dei turisti era sostanzialmente particolare e diverso, perché per i gozzi sorrentini si usava un sistema costruttivo tradizionale, definito sistema del “mezzo garbo”, con cui venivano costruite quasi tutte le lance.
Vi è una immagine di Marina Grande di fine ‘800 in cui si vedono tutte le imbarcazioni minori di quell’epoca, che erano sostanzialmente delle imbarcazioni da pesca.
Il gozzo da pesca si divide in due categorie:
- Il gozzo a menaide, per il tipo di rete che veniva utilizzato, appunto a menaide
- La varchetta
Il “gozzo a menaide” arrivava ad una lunghezza compresa tra i 28 ed i 32 palmi e serviva per la pesca d’altura.
La “varchetta”, anch’essa a due punte, riferito alla poppa ed alla prua, veniva utilizzata per la pesca negli anfratti della costa per i polpi, per la posa delle nasse ecc.. Costruito con il sistema tradizionale del mezzo garbo, praticamente formato da alcune tavolette con alcuni spartiti indicatori e testimoni, l’utilizzazione insieme di questi diversi indici permetteva la realizzazione della struttura portante.
La struttura veniva realizzata in sei ordinate a prua e sei ordinate a poppa della sezione maestra. Vicino a queste sei più sei ordinate, quindi dodici più quella della sezione maestra, venivano inchiodati i righelli che opportunamente posizionati, servivano per dare forma alle costole prodiere e poppiere. La distanza ridotta delle ossature consentiva la realizzazione di uno scafo molto robusto, visto che doveva trasportare reti da pesca, pescato ecc..
Nella foto a sinistra Marina Piccola agli inizi del ‘900 in cui si vede una feluca che imbarca passeggeri. Tutta gente tra cui vi erano avvocati, commercianti, studenti, professori, impiegati di banca che al mattino si recavano a Napoli, per poi ritornare a Sorrento la sera.
Queste feluche erano spinte dalla forza del vento, mentre a quel tempo incominciavano a vedersi le prime imbarcazioni a vapore.
In un’altra foto d’epoca, Marina Piccola di Sorrento o dei barcaioli, dove si vedono un certo numero di barche che servivano per
portare i turisti dai vaporetti a terra, mentre ormeggiavano nella rada di Sorrento. La barca che si vede nella foto (sotto) è Angelina del 1927, rilevata in occasione delle Colombiadi nel 1992. Costruita dal mastro d’ascia Salvatore Esposito proprio per
fare questo servizio ed erano anche definite le “carrozzelle del mare”, utilizzate anche per portare i turisti d’estate a fare le passeggiate lungo la costa sorrentina. Si racconta che tra i tanti turisti che venivano a visitare Sorrento ci siano stati anche Benedetto Croce e Caruso.
Queste carrozzelle del mare erano realizzate tracciando il trasversale.
Nella foto a fianco, si vede una motobarca in costruzione presso Marina di Alimuri, siamo nel 1950. A quei tempi si andava più dal mastro d’ascia che a scuola e si aveva più dimestichezza con sagome opportunamente segnate, che con disegni e piani di costruzione.
Presso la Marina di Alimuri a Meta però ed in qualche altro cantiere della penisola, si costruiva col tracciato e le costole potevano essere realizzate in cantiere copiando il tracciato e poi appiombate a bordo da prua verso poppa; una sorta di prefabbricazione, per cui le fasi di costruzione erano più spedite.
Angelina che trasportava i turisti, venne realizzata con i legni pregiati del luogo. Per le strutture primarie si utilizza la quercia di lucino. Per le costole olmo o quercia di lucino. Mentre per le modanature ed il fasciame si usava il pino del Vesuvio. Per il capo di banda, che originariamente doveva essere di mogano, rarissimo a quel tempo e molto caro, in sostituzione si realizzava anche in noce massello, ma richiedeva particolari attenzioni, visto che il noce a contatto con l’acqua salata si rovinava facilmente.
Tuttavia, trattato con le opportune vernici trasparenti, dava molta bellezza alle barche che dovevano trasportare un carico pregiato, cioè i turisti che erano colpiti dalla bellezza dei legni a vista. Sulle barche da pesca il capo di banda era realizzato in pino e quindi verniciato con pitture colorate.
” Con questa associazione abbiamo salvato oltre alle barche anche le pietre… pietre che sono importanti”, enuncia il fondatore dell’associazione Giancarlo Antonetti rivolto a Gino Aiello, altro fondatore dell’Asso Vela a Tarchia che risponde con un simpaticissimo e semplice messaggio di speranza:
“Ci saranno tempi migliori in cui i cuori non saranno di pietra e le pietre avranno il cuore!”
Carissimo Sergio,
ti ringrazio per i tuoi preziosissimi contributi che come dici aiutano i non velisti a comprendere quanto si afferma tra le righe e spero presto di averti a Sorrento, per incontrarci con il Comandante Giancarlo Antonetti e tutti gli amici dell’associazione per un prossimo evento di cui ti dirò… e anche lui ti ringrazia per la tua partecipazione all’argomento che spero si possa sviluppare bene qui su AMB con il contributo di tutti voi.
Buon vento!
Giacomo
Tradizione persa a favore del progresso, della maggior velocità offerta dalla vela latina…
Grazie per l’info.
Dal momento che ci stiamo allargando dal motore alla vela, vela d’antan ovviamente e dal momento che su AMB si possono inserire immagini, suggerirei per una maggior comprensione dei non velisti di utilizzare qualche immagine che ti invio via e-mail di grandi Barges del Tamigi armati con quella vela che in molti collegano alla più piccola delle derive internazionali da iniziazione: l’Optimist.
Buon vento a te ed al Comandante Antonetti che ringrazio “di sponda” per le info.
Carissimo Sergio,
fai benissimo a soddisfare la tua curiosità come nel caso specifico di cui giustamente domandi. Sai benissimo che sono un incallito appassionato di barche a motore, ma con la passione nascosta dei gozzi sorrentini a vela latina di cui mi ero promesso di imparare tante cose introducendo l’argomento su AMB e d’improvviso, in modo del tutto inaspettato, la mia intenzione si è trasformata in realtà visto che sono stato contattato dagli amici dell’Associazione Vela a Tarchia di Sorrento che mi informavano delle loro iniziative. Quale occasione migliore per fiondarmi immediatamente da loro a Sorrento ed ammirare di persona gli stupendi Ninfei e gli altrettanto stupendi gozzi sorrentini a remi e con vele al terzo. Conoscere questi amici che ho immediatamente riconosciuto come semplici marinai che hanno nelle loro menti tradizioni che voglio raccogliere e diffondere, è stato per me un immenso piacere, anche in memoria di una marineria che ha una storia incredibile radicata in un passato altalenante tra lo splendore e momenti difficili… Una occasione che mi ha dato tanta gioia per quel legame viscerale che ho con la Penisola Sorrentina da cui mancavo da tempo…
Scusa le mie chiacchiere e ti rispondo con le parole semplicissime che mi ha appena detto per telefono il Comandante Commodoro Giancarlo Antonini che è “stratega e timoniere” dell’associazione.
La vela tarchia era usata nella marineria napoletana per la sua semplicità ed economia, visto che sembrava quasi un lenzuolo quadrato realizzato con pochi soldi.
Usata dai nordici, furono loro che la introdussero nella marineria napoletana e Campana.
Nella marineria sorrentina questo tipo di vela con cui armavano i loro gozzi, consentiva di raggiungere il massimo rendimento con il vento in poppa, visto che era una vela portante anche al traverso.
In effetti in passato i gozzi sorrentini armati con questo tipo di vela raggiungevano il sopravento a remi, per poi andare con questa vela ed il vento al traverso di poppa, visto che era rapida e semplicissima da armare…
Spero che la risposta ti soddisfi e sono sempre qui pronto alle tue domande e colgo l’occasione per ringraziarti del tuo gradito commento insieme al Comandante Giancarlo Antonetti che mi ha risposto al volo per te.
Un caro saluto,
Giacomo Vitale
AMB
Sono curioso, ma la curiosità è la base della scienza, o no ?
Perché vela a Tarchia (quella dell’optimist o dei barge del Tamigi) quando in tutte le foto del servizio – splendidi i ninfei – si vedono armi di vele latine?
Buon vento!
Vado a memoria, ma anche in Adriatico troviamo vele al terzo o al quarto, mai di tarchia (con la struzza e tutto il resto).
URGE SPIEGA. Grazie !