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Un colpo di sirena di Alberto Cavanna

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Stavano incrociando al largo dell’isola, sulla rotta verso Brindisi, quando un colpo di sirena, netto come un taglio su una vela gonfia, ruppe il silenzio della mattinata, fresca e serena.

L’uomo rimase al capodibanda a guardare il piccolo villaggio sulla costa. La striscia gialla della costa, resa più fresca solamente da alcune macchie di ulivo, faceva da contrasto al bianco accecante delle case. Un paesino di costa della Grecia, come tanti altri. Tutti uguali, quasi anonimi, pensò l’uomo. Un marinaio gli si avvicinò dando distrattamente volta ad una cima.

“Lo ha sentito?”, chiese con voce bassa e calma, come se stesse per dire qualcosa che nessun altro doveva sentire.

Continuava a tenere gli occhi fissi sulle mani che arrotolavano lentamente la fune biancastra, con lentezza, come se quel lavoro dovesse durare ancora qualche minuto, almeno fino a che non avesse detto tutto quello che doveva dire.

“Cosa?”, trasalì l’altro, voltando appena la testa verso l’interlocutore, senza staccarsi dal legno dell’impavesata.

“Il colpo di sirena, lo ha sentito, no?”.

Non attese risposta e proseguì.

“Tutte le volte è così… Incrociamo al largo dell’isola e lui entra in plancia, a quest’ora esatta. Sempre al traverso di quel campanile,- additò vagamente la macchia ormai distante e confusa delle case bianche,- e dà un colpo di sirena. Un colpo breve. Uno solo. Tutte le volte che passiamo di qui… “Strano no?!”

Non sapeva cosa rispondere.

Fece un sorriso di circostanza che l’altro non notò neppure, intento com’era a seguire le duglie della cima che girava lentamente tra le dita secche e dure. Avrà avuto un cinquantacinque anni, forse qualcosa di più ma era difficile dirlo esattamente. “E lo sa perché?”, disse con il solito tono di voce pacato e basso.

Non serviva incalzarlo e quello continuò da solo, come se non vedesse l’ora e il momento.

“Perché lui è uno di quelli scampati al massacro. Fu l’unico sopravvissuto di un intero reggimento… I tedeschi li avevano rastrellati dopo che loro avevano cercato di resistere all’intimazione di resa, dopo l’8 Settembre. Li avevano messi al muro, lui pure. Ma era stato fortunato. La raffica lo aveva preso solo di striscio sulle costole e ad una gamba, quella azzoppata. Poi lo avevano creduto morto e non lo avevano finito. Lo trovò una donna che rantolava e lo trascinò nella cantina di casa, per nasconderlo dai nazisti. Fu così che si salvò.
E ora ogni volta che passa di qui da un colpo di sirena. Forse saluta qualcuno… O forse vuol solo ricordare i suoi compagni che non sono stati fortunati come lui…”

La cima ora era perfettamente avvolta e pendeva dalla mano del tizio che salutò urbanamente e si allontanò verso prua. L’uomo si staccò dal capodibanda, umido per la rugiada. Il vento di settembre rinfrescava l’aria e la rendeva tersa come vetro. Si avvìò verso il centro nave dove alcuni passeggeri stavano chiacchierando con un ufficiale. Quello lo notò, si congedò rapidamente dal gruppetto e gli venne incontro con passo spedito.

“Sono il primo ufficiale,- disse stringendogli la mano,- lei è l’ispettore della compagnia, vero?”
“Veramente dovrei essere in incognito ma ormai mi sembra tardi per negare…”
“Ed è qui per il Comandante vero?”

L’uomo non disse altro e si preparò ad ascoltare la versione dell’ufficiale.

“Sono io che ho fatto la segnalazione…”, abbasso gli occhi sulla divisa. Era spiegazzata, con alcune vistose macchie d’unto e gli pendeva floscia da un lato. A barba non era curata e non portava il cappello con il distintivo della compagnia. “Ecco vede… Quell’uomo è strano… Girano strane voci.”

“Cioè?”, chiese laconico l’altro.

L’ufficiale avvicinò il volto a quello dell’ispettore.

“Sembra che fosse un collaborazionista. Un amico dei tedeschi… Quando presero l’isola ed iniziarono a sterminare il presidio italiano, pare che lui avesse dato tutte le informazioni per aver salva la vita. Ma la gente dell’isola, che amava i nostri soldati, si volle vendicare e gli spararono a tradimento. Ecco perché zoppica… Ma la sua vendetta fu implacabile. Fece massacrare non so quante famiglie per rappresaglia… Ancora oggi, passando fuori dall’isola, invia un messaggio beffardo… Un colpo di sirena, netto. ‘Accosto a destra’… Come per dire. ‘Ora vi vengo addosso, se non vi è bastata la lezione di venticinque anni fa’…”

Si guardò intorno.

“Va rimosso. Rimosso subito, prima che succeda qualcosa. E’ pericoloso… Molto pericoloso per la compagnia…”, si tocco il berretto e si avviò verso gli alloggi. Alcuni passeggeri si stavano avvicinando. L’uomo si guardò intorno e, sospirando, si fece coraggio. Non gli piaceva quella missione. Le solite cose… Qualche chiacchiera su un comandante della compagnia, voci di corridoio amplificate dal tam-tam del ‘io-lo-so-per-certo…’ e le solite ‘…informazioni confidenziali…’.

Lui era quello che doveva dar corpo ai mormorii, oppure spazzar via il venticello della calunnia. “Permesso…”, – chiese entrando in plancia.

Un uomo vestito con una divisa impeccabile ed il volto magro incorniciato da un pizzetto bianco lo guardò interrogativamente con occhi freddi e stanchi. L’ispettore diede le credenziali e strinse la mano che il comandante gli porgeva.

“Vuol dare un’occhiata al libro di bordo?…”, chiese cortesemente l’ufficiale.
“Sì, se non le spiace…”

Scorse lentamente le pagine fitte di una scrittura minuta ed elegante. Era tutto in ordine. Il capitano era uscito claudicando vistosamente su una delle ali laterali ed osservava la costa.

“La sua gamba…”, chiese discretamente l’ispettore.
“Un incidente…”, rispose educatamente l’uomo.
“Da ragazzo, uno stupido gioco con gli altri… Correvamo sulle scogliere a Camogli e scivolai su una seppia che un gabbiano si era lasciata sfuggire. Una brutta frattura.
Me la sistemarono come poterono ma sa, erano altri tempi e, allora, bastava che la gamba restasse ancora attaccata al resto…”

L’ispettore lo guardò con distacco e senza tradire emozioni, cosa che cercava di fare, non sempre con successo, quando si trovava a dover capire qualcosa di qualcuno.

“Ma fu una menomazione che non le servì per evitare la guerra…”

L’altro lo osservò contrito, come se lo avessero colto in qualcosa di cui provava, se non vergogna, pudore.

“Assolutamente no… Purtroppo non ebbi il privilegio di portare le stellette, come mio padre e i miei nonni, nella Prima Guerra e ancora in quelle precedenti… Fui riformato nonostante avessi chiesto ripetutamente di poter essere imbarcato, ma mi risposero che anche navigando su navi civili si poteva servire la Patria… Sono ormai quasi trenta anni che faccio questa rotta. Conosco questo tratto di mare come le mie tasche…”

L’ispettore lo guardò serio. Gli si avvicinò.

“Lei sa perché sono qui?”.

L’altro lo guardò con calma. I suoi occhi erano pieni di amarezza.

“Certo. Per una lettera anonima… Mi lasci immaginare… Era quella che parlava del contrabbando di sigarette… O forse quella del traffico di armi con Cipro…”

“No. E’ quella sulla sua collaborazione con i tedeschi…”

“Ah! Quella…”,- sorrise tristemente.

“Dimenticavo, anche quella. Capisco ora la sua domanda sul servizio militare… Cosa posso dirle…  Tutto falso, stupidaggini. Non voglio neppure parlarne, guardi…”

Prese una penna e, su un foglio bianco mise la firma.

“Ecco qua… Non deve neppure far la fatica di promuovere un’inchiesta per rimuovermi. Se pensate, lei ed i signori degli uffici, che io non vada più bene, scrivete voi la mia lettera di dimissioni. Mi perdoni. Io mi pongo al di sopra… Ed ora se mi permette vorrei continuare il mio lavoro…,- indicò all’ispettore l’uscita della plancia – … Fino a Brindisi sono ancora io il comandate. Da allora in poi sarà lei a decidere.”

L’uomo ella compagnia stette un attimo incerto. Poi l’occhio gli cadde sul libro di bordo, sulla scrittura fine ed elegante che riempiva la pagina come piccole onde. Prese il foglio firmato, ne fece una palla e la getto in mare. Poi fece per uscire, ma all’improvviso si voltò:

“E la sirena? Cosa mi dice dei colpi di sirena?”

Il capitano abbassò lo sguardo, come se l’avessero colto in flagrante.

“Mi promette di essere discreto?”, chiese a bassa voce al suo interlocutore.

“Se posso…”

Si guardò intorno.

“Vede… In quel villaggio vive una donna, una donna sposata…”

Tags: Alberto Cavanna, Cultura del mare, Racconti di mare
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