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La fisica in barca a vela di Laura Romanò – Effemme Edizioni

21/10/2010/1 Commento/in Libri nautica/da Giacomo Vitale

Laura-romano-fisica-barca-vela Dopo il grande successo ottenuto con la prima edizione, dallo scorso 25 settembre 2010 è in libreria la nuova edizione aggiornata del libro “Lafisica in barca a vela”, pubblicata dalla casa editrice Effemme Edizioni, specializzata a realizzare libri per chi ama il mare, di ottimo livello qualitativo e culturale. Un esempio di grande passione e dedizione è appunto questo teso scritto dalla bravissima Laura Romanò che, lauerata in Fisica, ha da sempre una grandissima passione per la vela, trasmettendola agli appassionati come lei, attraverso questo libro.

Esperta di scienza e appassionata velista, Laura Romanò ha conciliato l’amore per la fisica a quello per il mare, rispondendo alle tante domande che in genere si pongono i naviganti. Perché è possibile risalire il vento? Che cosa determina la velocità di uno scafo e qual è il prezzo pagato per raggiungerla?
Per completare il prezioso corredo d’informazioni, Laura Romanò ha intervistato anche i progettisti italiani dei team di Coppa America, offrendo agli amanti della vela l’entusiasmante scoperta che, navigare con la fisica non solo è facile, ma anche divertente.

Un grande successo è stata la prima edizione di questo testo e la casa Editrice Effemme ha provveduto, giustamente, a stampare la seconda edizione che consente agli appassionati velisti e non solo, di scoprire e capire i segreti che permettono di governare in sicurezza una barca a vela. Ho conosciuto nella mia vita diverse persone laureate in fisica, tutte donne legate da un minimo comune multiplo, la grande passione, l’entusiasmo e la felicità di trasformare relazioni fisiche in semplici concetti di forza, resistenza, stabilità e prestazioni, dimostrando con una affascinante semplicità di linguaggio, come è divertente e facile navigare conoscendo gli elementi irrinunciabili della fisica, che spiegano il perchè ad un’azione, come per esempio quella di cazzare una vela, si determina una certa reazione…

Ma lascio spazio ad alcuni incipit del libro, che spiegano meglio di ogni scritto quello che il libro esprime non solo da un punto di vista pratico, cioè quello di govenare una barca a vela, ma in una stretta relazione culturale. Uno libro certamente “geniale”.

Laura Romanò, nata a Brescia e laureata in Fisica, vive e lavora a Parma, dove insegna e svolge attività di ricerca all’Università. È autrice di numerosi articoli scientifici per prestigiose riviste internazionali e di servizi divulgativi di fisica della vela, disciplina della quale tiene anche corsi rivolti a diportisti e regatanti dilettanti.

“Vedi, io sono un fiore e sono una creazione della natura, e in quanto tale sono    perfettamente simmetrico…”
“Non capisco” rispose il piccolo principe spiazzato dall’uscita del fiore.
“Ora ti spiego” disse superbamente il fiore.
“In natura esistono tantissime simmetrie.”
“E a cosa servono?”
“Beh, a fare i fiori belli, non c’è dubbio. Una simmetria della natura è qualcosa che il sole ci ha dato e che nessuno potrà mai imitare.”
Tutto in natura nasce da una simmetria. Tante cose in natura sono simmetriche, sai?”
“Cosa?” “Ad esempio le stelle marine, i fiocchi di neve, le celle degli alveari delle api e i cristalli… l’uomo!”.

(da Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry)

Prima di iniziare a scrivere questo testo ho fatto una piccola intervista; ho chiesto a un certo numero di conoscenti, velisti e non, di darmi una definizione semplice e concisa di barca a vela. La risposta più frequente suona più o meno così: “È un mezzo di trasporto che sfrutta la forza del vento per potersi muovere”. L’affermazione, pur essendo corretta, è certamente incompleta e nel corso di questo capitolo cercherò di convincervi, partendo dal considerare le forze agenti sulla barca.

1.1 Il mondo dell’aria e il mondo dell’acqua: una simmetria della natura

La nostra esperienza ci dice che quando applichiamo una forza a un oggetto questo si muove nella direzione in cui lo spingiamo. Il fatto è che quando siamo su un’imbarcazione a vela e navighiamo di bolina o al traverso, la barca si dirige prevalentemente verso prua, anche se il vento spinge lateralmente sulle vele; questo ci induce a pensare che ci siano altre forze in gioco. Naturalmente non c’è altra possibilità che tenere in considerazione le forze dell’acqua sulla barca. Arriviamo così all’affermazione, che può sembrare ovvia, ma che al contrario non è banale, che una barca senza vela e una vela senza barca non possono essere governate e, quindi, navigare.

Un’imbarcazione a vela può essere pensata come un sistema immerso in due fluidi, aria e acqua, che si muovono rispetto alla terraferma: l’aria genera il vento e l’acqua genera la corrente. Se immaginassimo di avere una vela priva di scafo, essa “galleggerebbe”
e si muoverebbe insieme all’aria, trascinata dal vento, senza cambiare direzione, come se fosse un palloncino. Viceversa, uno scafo privo di vela, motore o remi, si muoverebbe insieme all’acqua per effetto della corrente e andrebbe alla deriva, come se fosse un tronco. Immaginiamo di essere seduti sul palloncino o sul tronco: pur muovendoci rispetto alla terra, siamo fermi rispetto all’aria e all’acqua e non sentiamo nessuna forza. Una vela e uno scafo considerati separatamente, quindi, sono fermi nel fluido nel quale sono immersi. Cosa succede se attacchiamo la vela allo scafo?

Se aria e acqua, ipoteticamente, si muovessero nello stesso modo (con la stessa velocità sia per quanto riguarda l’intensità sia la direzione, come vedremo in seguito), non succederebbe nulla di diverso da quanto abbiamo già visto; ma, per fortuna dei marinai, in generale, vento e corrente hanno diversa intensità e direzione. In questo caso il vento, spingendo sulla vela, trascina anche lo scafo che acquista una velocità rispetto al mare e viene investito da un flusso d’acqua. D’altra parte, anche la vela, trascinata a sua volta dallo scafo, si muove rispetto all’aria e si gonfia perché è investita da un flusso d’aria.

A proposito di quanto detto, è interessante un piccolo quesito, piuttosto di moda in ambiente velistico: Franco e Luisa vogliono sfidarsi regatando con una deriva lungo un fiume. Vincerà la competizione chi percorre 2 miglia nel minor tempo. Franco parte per primo. Le condizioni sembrano buone: il fiume scorre con una corrente pari a 15 nodi e ci sono 15 nodi di vento che soffiano nella stessa direzione in cui scorre la corrente. Quando è il momento di Luisa il vento si è completamente calmato. Chi dei due vincerà la regata? La risposta è contenuta in quanto detto prima: Franco si troverà in grande difficoltà; infatti, fiume e vento viaggiano alla stessa velocità, quindi la sua barchetta si muoverà ingovernabile come il palloncino nell’aria o il tronco nell’acqua e la sua vela sarà completamente
sventata. Al contrario, Luisa con la sua deriva, a dispetto della bonaccia, sentirà un vento contrario di 10 nodi e potrà bordeggiare fino alla meta, risultando vincitrice.

In conclusione, possiamo affermare che, per poter navigare, è necessario che i due fluidi abbiano una velocità differente e siano in moto relativo uno all’altro. Solo in questo caso sulle vele e sulla chiglia si stabiliscono le forze necessarie alla barca per potersi muovere sull’acqua e nell’aria. Chiameremo forza aerodinamica quella sulle vele e forza idrodinamica quella che agisce sullo scafo. Ora addentriamoci un po’ nei meandri della fisica per capire come agiscono queste forze.

1.2 Le forze, i vettori, le accelerazioni

Per prima cosa cerchiamo di rispondere alla domanda: che cosa è una  forza? Erroneamente molti associano la presenza di una forza al movimento del corpo su cui agisce e quindi alla sua velocità. In realtà questo è un concetto sbagliato, legato all’uso comune della locuzione “va forte” per dire che “va veloce”. La forza è responsabile non della velocità di un corpo, ma di un cambiamento della sua velocità. Imprimiamo forza quando premiamo il pedale dell’acceleratore o dei freni della nostra automobile, cioè aumentiamo o riduciamo la sua velocità. Naturalmente con questa definizione contempliamo anche la messa in moto e l’arresto di un oggetto, dal momento che esso, in questo modo, passa dall’essere fermo all’essere in moto.

L’esperienza ci dice che la risposta del corpo alla sollecitazione esterna dipende dalla sua massa: a parità di forza, più grande è la massa più piccola è l’accelerazione; infatti, a nessuno verrebbe in mente di mettere in moto un treno con il motore di un’automobile 300 volte più leggera, perché l’avvio sarebbe 300 volte più lento. Tutto ciò si traduce nella nota legge fondamentale della dinamica o legge di Newton, dove l’accelerazione è proprio la variazione di velocità acquisita nel tempo:

F=ma
forza uguale a massa x accelerazione

A velocità costante, non c’è accelerazione e quindi non c’è forza. Come può una barca a vela, che sente le forze del vento e dell’acqua, viaggiare a velocità costante? La risposta è semplice: non è detto che un corpo che non sente alcuna accelerazione non sia soggetto ad alcuna forza; l’importante è l’effetto complessivo. Proviamo a immaginare il gioco del tiro della fune: Paolo, all’estremo destro della corda, tira con una forza F e Giorgio, dalla parte opposta, con la stessa forza F (Figura 1.2.1); è evidente che la
fune non si muove perché, pur essendo applicate due forze, la sollecitazione totale sulla fune è nulla.

image

Se ne deduce, quindi, che l’effetto di una o più forze dipende oltre che dalla loro intensità anche dalla direzione e dal verso in cui esse sono applicate. Per visualizzare queste caratteristiche si usa una freccia, così che la direzione e il verso siano chiaramente evidenziati, e la lunghezza (modulo) della freccia indichi il valore numerico, cioè l’intensità: si usa dire che la forza è un vettore. Per i discorsi futuri è importante capire che in natura ci sono molte grandezze vettoriali che, per essere descritte, richiedono le tre caratteristiche fondamentali: direzione, verso e intensità. Supponiamo di trovarci in viaggio con la nostra automobile su un’autostrada e di dover comunicare a un nostro collega dove siamo: se diciamo che ci troviamo al chilometro 38 la comunicazione sarà parziale e chi vuole individuarci non capirà. In questo modo daremo solo il valore della nostra posizione rispetto a un punto definito come chilometro zero; per essere esaurienti dovremo dire anche che viaggiamo sull’autostrada Roma-Milano (direzione), verso Milano (verso).

La posizione è, quindi, un vettore, ma ce ne sono tanti altri: la velocità, per esempio. Immaginate che, purtroppo, vi arrivi a casa una multa per eccesso di velocità, prelevata con un sensore di quelli in dotazione della polizia stradale (super velox). Vi accontentereste se l’atto giudiziario vi dicesse solo che viaggiavate alla velocità di 90 km/h? Certamente no! Vorreste conoscere su quale strada (direzione) e se siete stati “beccati” all’andata o al ritorno (verso).

imagePer sommare i vettori e, quindi, anche le forze, non possiamo utilizzare le normali regole aritmetiche dei numeri. Vediamo perché e come. Il signor Pinco Pallino, in una bella giornata di sole e calma piatta, decide di fare una passeggiata con il gommone; volendo fermarsi per fare un bagno, si dirige verso una bella baia dove c’è un gavitello che fa proprio al caso suo. Egli sa che da una certa boa viaggiando per 3 miglia a Est e 4 miglia a Nord può raggiungere il gavitello dove sostare. Però, quando arriva alla boa, decide di non percorrere la rotta che conosce ma di dirigersi direttamente nella posizione del gavitello. Il signor Pinco Pallino sa che potrà bearsi di un bel bagno nella baia dopo aver percorso solo 5 miglia anziché 7 (Figura 1.2.2)1.

Ma, signor Pinco Pallino, attento alla direzione! Non dovrai muoverti verso Nord-Est, bensì a 37° e 27’ rispetto al Nord.

imageGeneralizzando questo esempio, vediamo che i vettori si sommano con la nota regola del parallelogramma descritta in Figura 1.2.3 a): se, per esempio, su un corpo agiscono due forze Fa e Fb (le grandezze vettoriali spesso si indicano in grassetto), la forza totale F, chiamata anche risultante, è data dalla diagonale maggiore del parallelogramma che ha per lati Fa e Fb. La risultante rappresenta la forza che da sola produce tutti gli effetti delle altre forze, cioè se  spingiamo un oggetto contemporaneamente nelle direzioni di Fa e Fb, questo si muoverà come se fosse spinto da F, se non ci sono altre forze in gioco.

La Figura 1.2.3 b) mostra che se Fa e Fb hanno uguale intensità e stessa dire zione, ma verso opposto, la risultante è nulla e il corpo non sente nessuna accelerazione. È da notare che, spesso, nei testi, troverete un modo un po’ diverso, ma equivalente, di sommare i vettori. Esso consiste nel metterli in sequenza in modo da far coincidere la punta della freccia di uno dei due con la coda dell’altro, come descritto nella Figura 1.2.3 c).

imageA questo punto abbiamo imparato che in barca a vela ci sono due forze:  una sulle vele, dovuta al vento, e una sullo scafo, dovuta all’acqua, e che, per far sì che la barca si muova con velocità costante, queste devono avere la stessa direzione, essere uguali in intensità e opposte in verso in modo che la risultante sia nulla, come mostrato in Figura 1.2.4.

1.3 Forza aerodinamica e forza idrodinamica

imageIl raggiungimento delle condizioni di equilibrio tra le due forze non avviene istantaneamente2, ma richiede un breve intervallo, nel quale c’è un progressivo adattamento del sistema.

Proviamo a immaginare di liberare una barca dagli ormeggi, con la randa issata in precedenza e regolata per una navigazione di bolina, in condizioni in cui il mare è assolutamente calmo. Cosa succede nei primissimi istanti? All’inizio la barca è trattenuta dalle cime di ormeggio e la vela è gonfia per effetto della forza aerodinamica dovuta al vento (Figura 1.3.1 a).

Nel momento in cui molliamo gli ormeggi, la barca inizia ad acquistare velocità, muovendosi lateralmente, spinta dalla forza aerodinamica. Contemporaneamente lo scafo viene investito da un flusso d’acqua laterale e comincia a formarsi una debole forza idrodinamica che si somma vettorialmente a quella del vento sulla vela.

Mese di Uscita: Settembre 2010

  • Edizione: SECONDA – novità 2010
  • Titolo: La fisica in barca a vela – Curiosità per i marinai
  • Autore: Laura Romanò
  • Rilegatura: brossura a filo refe
  • Pagine: 280
  • Formato: 13,5 x 21 cm
  • Prezzo: € 16,90
  • ISBN: 978-88-87321-44-9
  • Distribuzione & Promozione: Messaggerie Libri Spa

Giulia Leone Idee&Parole
Ufficio stampa Effemme Edizioni
Via Dante 15/513 – 20090 – Cusago (MI)
www.idee-parole.it
Tel. +39 02 90390871 – Fax. +39 02 90394621
Mobile: +39 347 9830985

Tags: Effemme Edizioni, Libri nautica
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