Stiamo inseguendo Mike/Sierra (settima puntata) di Maurizio Mainardi
CAPITOLO IV – Vedetta V.1692
La V.1679 finì la sua “carriera“ il 29 Giugno 1999. Stava iniziando l’estate, le ferie erano vicine e così partii in licenza rientrando a metà agosto. La seconda metà di agosto la passai facendo il piantone a terra e qualche sostituzione sui gommoni. Il 26 agosto Paolo, motorista della V.1692, mi chiese se volevo sostituirlo per una quindicina di giorni perché doveva andare in licenza. Gli risposi che sarei stato molto contento di navigare con una barca del genere. Infatti, la V.1692 era un Power Marine sbc ed il 10 maggio del 1997 partecipai alla sua cattura quando ero imbarcato
con la V.5002. Era una delle barche più veloci della flotta ed il suo direttore era Filippo, che aveva fatto molte uscite con la V.1679 sostituendo Raffaele ed era un tipo che non aveva paura di niente, il rischio per lui era all’ordine del giorno… Il comandante era Savino un tipo di poche parole ma di tantissimi fatti ed era uno dei migliori scafisti della Stazione Navale. Il radarista era Michele, anche lui con un curriculum molto invidiabile…
Insomma, la V.1692 era una “Testa di Serie”, ma di serie A, giusto per intenderci e dal suo equipaggio si poteva solo imparare tantissimo!!! Dalla sua entrata in servizio in un anno e mezzo aveva partecipato alla cattura di nove scafi contrabbandieri e l’equipaggio mi era sempre sembrato fuori dal normale, extraterrestre… e l’idea di far parte, anche se per quindici giorni, dei “Top Gun” della serie A mi faceva sentire più che onorato, ma con il timore di non essere all’altezza.
La V.1679 era sì un Corbelli, ma dei primi tipi costruiti, mentre la V.1692 era una delle ultime. La prima uscita fu il 28 agosto ed era una serata tranquilla, il mare era calmissimo, il rumore dei motori si sentiva appena. Nel buio totale a dieci miglia dalla costa dove non si vedevano neanche le luci delle città, il rumore del vento entrava dai lati e ti passava nelle orecchie.
Le onde venivano tagliate dalla prua e ti accorgevi di loro solo quando guardavi la scia e le vedevi tagliate in due dalla schiuma che provocavano le eliche. La planata era immediata e la velocità ti spingeva contro i seggiolini facendoti perdere un po’ l’equilibrio. C’era molto più spazio intorno rispetto alla V.1679. Le palle delle cime stavano in un angolo e non intralciavano i movimenti. C’erano due radio di quelle normali e due baracchini del tipo usato dai contrabbandieri, tutte sistemate nel vano sopra l’entrata. Il G.P.S. cartografico, il radar era nell’apposito vano… ed era fantastico navigarci… chi sa l’inseguimento come sarebbe stato…
3 Settembre 1999
Usciamo alla solita ora insieme alla V.1690, altra barca da serie A e Nicola, ormai mio ex comandante, guida la V.1690. Ci dirigiamo verso Torre Canne e ci appostiamo in zona. Nicola più verso Nord, davanti a Sa’ Velletri. Tra una chiacchiera e l’altra si fanno le dieci e Savino mi dice che l’uscita di due giorni prima è stata un po’ monotona e gli dispiace perché avrebbe voluto farmi divertire un po’. Sorrido… Verso le undici ci passa sopra l’elicottero nostro in perlustrazione, ci riconosce e se ne va.

gdf V.1690
Mangio un panino e osservo i display dei due baracchini che cambiano frequenza di continuo alla ricerca di qualche frequenza buona. Un altro baracchino intercetta le frequenze telefoniche cercando di captare una telefonata tra contrabbandieri.. Il radar scandaglia gli echi nel raggio di sei miglia e ne evidenzia i movimenti. Gli occhi fissano le luci sulla costa e i flash che il faro di Torre Canne lancia nel cielo. L’elicottero è arrivato a Brindisi costeggiando ed ora sta risalendo a bassa quota verso Bari, quindi verso di noi e ci chiama: cosa vorrà? “Ci sono due Mike/ Sierra davanti a Villanova“ a circa dieci miglia da noi.
Improvvisamente, mi sveglio dal torpore e l’adrenalina appare dal nulla! Savino prende posto alla guida ed accende i quattro motori, Filippo scende sottocoperta e tira fuori altre palle, Michele chiama per radio Nicola, ma non capisco cosa gli dice, mi preparo dietro Savino e prendo il faretto provandolo contro il petto e tenendolo premuto per non diffondere la luce e comincio a fissare il radar. Vedo Filippo che va sul fianco della vedetta cammina verso la prua ed apre il parabrezza: il parabrezza della V.1692 era un po’ sbiadito e non permetteva una buona visibilità.

gdf V.1692
Oltretutto, in certi punti copriva la visuale a Savino che per vederci benissimo lo faceva abbassare. “ Beh, adesso si vede benissimo..ma..” si è creato una specie di tunnel tra la prua e la poppa della barca e quando la barca comincia a navigare l’aria entra dal parabrezza aperto ed esce alle nostre spalle… Il G.P.S. indica che stiamo sfiorando i cinquantacinque nodi di velocità: l’aria mi passa attraverso il cappello, il collo, le braccia, le gambe, ..le orecchie …non sento più nulla, solo il fragore dei motori che urlano nella sala macchine ed il suono dell’ aria.
Ogni tanto Savino urla qualcosa a Michele che gli urla di rimando, ma da dietro non riesco a capire niente. Savino si gira un attimo verso di me e indica l’orecchio e l’altoparlante della radio. Capisco che devo cercare di sentire quello che sta dicendo l’elicottero per radio e così mi allungo un po’ e tendo l’orecchio quasi sull’altoparlante. L’ elicottero ci da la rotta da seguire per intercettare gli scafi.
Dopo una ventina di minuti Michele urla di nuovo ed indica un’eco sul radar: è uno dei due scafi, sta a tre miglia da noi e sta dirigendo verso il largo, ci deve aver visto. “Dov’è Nicola?“ chiede Savino. “E’ a due miglia dietro di noi“, risponde Michele. Continuo a fissare l’eco sul radar, ci stiamo avvicinando sempre di più, lo stiamo raggiungendo. Ma vedo anche l’eco della V.1690 che invece di venire dietro di noi puntando verso il largo, continua a costeggiare ed anzi sta parlando per radio: “Stiamo inseguendo un Mike/Sierra…”Ma che dice?“…”Nico vieni fuori, lo scafo sta fuori a quattro miglia da terra” …forse è l’altro scafo! Infatti, Nico ha intercettato il secondo scafo e lo sta inseguendo, ormai si è allontanato da noi che siamo vicini al primo scafo e non lo possiamo lasciare.
Riesco a sentire le comunicazioni di Nicola: dice che lo scafo che sta inseguendo è vuoto… Ma non faccio in tempo a sentire nient’altro perché Savino mi urla : “Illumina!!!” Il mio dito preme l’interruttore del faretto ed uno scafo appare dal buio a fianco a noi. E’ un Supertermoli… un gigante, seminuovo, lucido e carico come un uovo. Vedo le casse di sigarette benissimo e la targa dove c’e’ scritto il nome la vedo altrettanto bene. Tuttavia, mentre sto per leggere Savino mi urla: “Come si chiama?“ Gli rispondo urlando alla stesso livello di decibel: “ROMY!!“
Non faccio neanche in tempo a osservare i dettagli dello scafo che gli siamo già davanti e gli facciamo il primo passaggio di prua. La cima attaccata alla poppa si stacca con un rumore sordo e Filippo prende un’altra palla. Lo scafo vira leggermente alla sua destra e si rimette in rotta accusando appena la cima presa. Neanche il tempo di riavvicinarci che lo passiamo di nuovo e di nuovo un rumore secco annuncia un’altra cima che si stacca dalla bitta della V.1692 e va a scomparire sotto la prua dello scafo contrabbandiero e strappata dalle potenti eliche. Intanto, Michele avvisa la sala operativa della situazione e nel pandemonio si sente dalla radio la voce di Felicio, il radarista della V.1690, che dice:
“Catturato Mike/Sierra!“
Lo sento di sfuggita e chiedo a Savino se l’ha sentito anche lui. Mi risponde:
“Davvero? Allora siamo soli!“
Eh già siamo soli e continuiamo a passare davanti allo scafo che continua a strappare le cime. La velocità diminuisce.. e le eliche dello scafo sono piene di cime e non riescono a spingere le quattordici tonnellate all’iniziale velocità.
Filippo scende sottocoperta e butta fuori altre palle, poi risale e grida a Savino: “Sono le ultime!“ Va a poppa e ne lega due e torna nel seggiolino tenendone una in mano. Passiamo davanti alla prua e lancia la palla a mare. Questa rimbalza letteralmente su un’onda, si srotola di qualche metro ma poi rimane bloccata e non si srotola più continuando a rimbalzare ad ogni onda. Filippo si precipita a poppa, lo vedo sdraiato di pancia sui portelloni della sala macchina. Savino rallenta un po’ pur rimanendo affianco allo scafo dal lato di Michele che continua ad illuminarlo.
Lascio la mia postazione, vado da Filippo e gli afferro le caviglie. Lui prende la cima che sventola dalla bitta e mi dice: “Tienila forte!“ La prendo, la stringo, ma un’ennesima onda me la tira e me la strappa dalle mani: la vedo che ritorna in mare tra la schiuma. Guardo Filippo e vedo che aveva anche lui la cima in mano e la stessa gli schiaccia le dita contro la bitta: attimo di panico, lo sento gridare di dolore.
Fortunatamente la palla fa un rimbalzo e libera la mano del malcapitato che la ritrae subito e strillando ritorna nella sua postazione. Anche io mi rimetto nel mio seggiolino e gli chiedo cosa si è fatto. Ha due dita che gli sanguinano, naturalmente mi dice: “Tutto ok!“ Anche Savino si sincera delle buone condizioni di Filippo e poi continua facendo un’ennesimo passaggio di prua allo scafo che rallenta vistosamente: da quarantotto nodi passa a neanche quaranta!! “Ha perso un motore!“ grida Michele. Uno dei quattro potenti motori ha fatto avaria ed ora lo scafo affida la sua fuga solo a tre motori. Ci posizioniamo a fianco.
Vedo benissimo le persone a bordo, sono tre… Uno è sicuramente un albanese, gli altri due no. Lo scafista ci guarda e fa una piccola virata verso di noi e poi si rimette in rotta: “Non ci vorrà mica speronare?“ penso. Ma l’effetto della piccola virata mi spiega subito l’intenzione dello scafista: una colonna d’acqua si solleva dalla prua dello scafo e ci investe in pieno. L’ acqua entra dal vano del parabrezza, ci avvolge ed esce alle nostre spalle lasciandoci a dir poco allagati. Savino ancora con l’acqua fra i denti grida a Filippo: “Abbordiamolo!!!“
…..Cosa ha detto? Abbordiamolo? Ma come? Filippo sale sul fianco della nostra barca e aggrappandosi con la mano destra al tientibene assume una posizione di “Assalto“. Siamo a fianco allo scafo a non più di due metri. Filippo è pronto per saltare. La velocità non è alta e si potrebbe pure fare, ma lo scafo contrabbandiero è molto più alto di noi… Praticamente, è impossibile saltare. Dovrebbe salirci… E’ proprio un pazzo sto Filippo!!! La vedetta si avvicina ancor più allo scafo, un metro circa… Uno dei contrabbandieri ci guarda con la faccia di chi pensa.. “sono pazzi!!
Un altro si gira verso lo scafista e probabilmente lo avverte che un pazzo sta tentando di saltargli sopra. Lo scafista ripete lo scherzetto di prima: Piccola virata e conseguente colonna d’ acqua che ci inzuppa di nuovo facendo desistere anche Filippo dall’intento di saltare, anche se lui è un tipo che non aveva paura di niente. Subito un’altra viratina e di nuovo bagno gratuito!! La cosa che più ci fa innervosire è che stiamo per arrivare nelle acque territoriali montenegrine e lasciare così uno scafo quasi “morto“ è un vero peccato. Infatti dopo ennesimo bagno: Michele impietosamente annuncia l’entrata nel Montenegro.
Filippo cerca di fare un’ennesima prova di salto ma riceve solo acqua. Ci sono delle barche illuminate davanti a noi illuminate. Potrebbe essere anche la polizia montenegrina, Savino rallenta e la vedetta si ferma mentre lo scafo continua la sua corsa verso la costa che si vede bene. Le luci delle città si rispecchiano sul mare, la prua della vedetta si gira in direzione dell’Italia, a velocità moderata ci allontaniamo dal Montenegro..
Filippo si benda il dito che non sanguina più, Michele si accende una sigaretta, Savino guarda il G.P.S. e la rotta da seguire.. Mi accendo una sigaretta e rimango a guardare dietro le luci della costa che a mano a mano si spengono nel buio. Nessuno parla e dopo un’oretta il nostro silenzio è rotto dalla voce del collega dalla sala operativa che ci chiama: “Ma che fine avete fatto? E’ da più di un’ora che vi stiamo chiamando!“
“Eravamo troppo lontani e non vi sentivamo!“ risponde Michele. Arriviamo a tre miglia da Torre Canne ed incontriamo la V.1686 affiancata ad uno scafo contrabbandiero: “L’hanno lasciato vuoto nel porto di Brindisi“ ci dice Nicola, almeno non torniamo a mani vuote e ritorniamo verso casa.

gdf V.1686
Come primo inseguimento fatto con la V.1692 potevo confermare che sia la barca sia l’equipaggio erano fuori dal comune e diciamolo pure: fantascientifici!!! Filippo andò in convalescenza perché si fratturato due dita e nonostante ciò continuava a “combattere“. Il motorista della V.1692, Paolo, quando tornò dalla licenza non fu più imbarcato e così la vedetta si ritrovò senza motorista e non essendo imbarcato in una unità del corpo, mi imbarcarono definitivamente al posto suo!!! Incredibile ma vero: entravo a far parte di uno dei migliori equipaggi della Stazione Navale!! Anche Michele, il radarista, sbarcò ed al suo posto fu imbarcato insieme a Peppino, Savino, Filippo, Peppino eravamo insieme e mi preparavo a vivere due anni di avventure con una barca ed un equipaggio straordinario!!
24 Settembre 1999
Quel pomeriggio viene Marco a sostituire Filippo come direttore ed il Capitano Luca ed il direttore Carmine escono con noi. Siamo sei persone a bordo ed usciamo da soli in tutta tranquillità come se andassimo a fare una normale navigazione, il mare è calmo e dirigiamo verso Sud attesi dal Guardacoste G. 92 ALBERTI e la V.1681 di Brindisi al largo di Monopoli.
Appena dopo un’ora di navigazione uno dei nostri motori si spegne… Apro il portellone della sala macchina e mi butto giù, guardo intorno ai motori e faccio fare diverse prove per rimetterlo in moto, ma niente, non arriva benzina! Faccio altre prove e capisco che la pompetta della benzina si è bruciata e dovrei solo cambiarla e ci vorrà una mezzora di lavoro. Prendo tutti gli attrezzi che mi occorrono e mi infilo sotto al motore aiutato da Marco e Carmine… non faccio in tempo neanche a toccare il prima bullone che dalla radio ci chiama il Guardacoste:
“Venite subito, stiamo inseguendo Mike/Sierra!“
Non posso fare più niente e dobbiamo andare a tre motori. Rimetto gli attrezzi a posto e comincio a tirare fuori le palle di cime che avevo lasciato sottocoperta. Intanto, la barca naviga alla velocità di solo quarantacinque nodi rispetto ai cinquantacinque a cui può arrivare. Si è fatto buio, il Capitano Luca chiede la rotta e la posizione dello scafo al Guardacoste e dopo una mezzora riusciamo a vedere i faretti della V.1681 che sta inseguendo. Savino punta la prua verso le luci e tutti ci teniamo pronti.. sono sulla sinistra dietro al posto che occupo di solito fuori dal sediolino. Al mio posto c’è Marco, al mio fianco Carmine.
Manca poco e stiamo per entrare anche noi nell’inseguimento, lo scafo sta virando su se stesso per evitare di prendere le cime della vedetta sorella che gli rimane affianco. Prendo una palla e dico a Carmine di prendere quella con la cima rossa… Ci siamo, nonostante non abbiamo una velocità elevata riusciamo ad affiancarci allo scafo fuggitivo che ha appena virato. Marco lo illumina: “è un Buzzi“, dice qualcuno. Riesco a vederlo a malapena poiché la visuale migliore spetta a Marco che lo sta illuminando, ma vedo la targa sul fianco con e leggo: Mariolino. E’ tutto
bianco e non è tanto grande. Vedo volare due scatoloni contemporaneamente dai suoi finestrini e poi un altro in successione. La V.1681 gli passa davanti alla prua con una cima attaccata alla poppa e lui vira verso di noi quasi a puntarci, poi si raddrizza e prende la cima, ma continua a correre e ci distacca un po’ perché è più veloce e durante il tempo che la nostra sorella impiega a tornargli affianco ci distacca di quasi cento metri e facciamo fatica a stargli dietro.
Alla successiva virata lo scafo per evitare la cima dell’altra m/v, ci fa guadagnare spazio e riusciamo di nuovo ad affiancarlo, ma la sua velocità è maggiore della nostra e ci distanzia di nuovo. Peppino per radio dice a Massimo, che sta sulla V.1681 di far virare lo scafo perché noi siamo a tre motori e non ce la facciamo a recuperare. Intanto i contrabbandieri continuano a buttare casse di sigarette a mare di continuo e più buttano e più alleggeriscono lo scafo che diventa sempre più veloce e quindi fuori dalla nostra portata. Fortuna che c’è l’altra m/v che comunque riesce a chiudergli le vie di fuga e farci recuperare.
Lo scafo ci sta davanti e la sorella gli taglia la strada ed ha una cima lunghissima a poppa. Lo scafo vira verso di noi e ci taglia la strada e lo spigolo della sua poppa si avvicina pericolosamente alla nostra prua, così Savino è costretto a fare una disperata virata stretta per evitare la collisione, ma prima urla: “Tenetevi!!“
Virata e forza centrifuga ci sballotta tutti nella cabina della vedetta e Carmine, che è un tipo abbastanza pesante, non riesce a reggersi e vola su di me e mi schiaccia letteralmente contro la paratia… urlo di dolore, ma mi riconto velocemente le ossa e sono ancora tutte al loro posto… Mi giro verso Carmine e lo vedo a gambe all’aria e scoppio a ridere, lo scafo si è allontanato di nuovo, ma la sorella gli sta alle costole. Ci rimettiamo dietro la loro scia e le onde ci fanno fare qualche salto, mentre le casse di sigarette continuano ad uscire dai finestrini dello scafo.
E’ più di un’ora che inseguiamo e la V.1681 riesce a stento a far virare lo scafo che ormai dovrebbe essere vuoto perché fila come un dannato.. Noi rimaniamo dietro e ci distanzia sempre più, ma ad un tratto la sorella diminuisce la velocità fino a fermarsi… “Abbiamo un problema ad un motore“ ci dicono per radio. Noi continuiamo a stare dietro allo scafo con la speranza che rallenti, ma dopo una decina di minuti capiamo che non c’è niente da fare e dobbiamo fermarci anche noi. MARIOLINO si allontana e guadagna la libertà!
La tensione così come l’adrenalina mano a mano diminuiscono e scendo in sala macchina per controllare velocemente se è tutto a posto. Gli altri si guardano intorno recuperando chi il cappello, chi il telefonino volatogli dalla tasca, chi con una lampadina illumina per terra cercando chi sa cosa. Intanto è tutto ok tra i motori, rabbocco un po’ di olio e torno fra gli altri accendendomi una sigaretta, Peppino sale da sottocoperta con il coppo pronto per iniziare a recuperare gli scatoloni di sigarette.
La V.1681 è ad un miglio davanti a noi e già sta raccogliendo cartoni. Illuminiamo il mare cercando e cominciamo ad issare la prima cassa.. Ci chiama il Guardacoste: “La Volpe, ovvero l’elicottero, ha sotto occhio due scafi a Mola! Che vogliamo fare?“ Cavoli sono solo venticinque miglia: un breve summit fra di noi e la vedetta compagna ed i motori sono di nuovo a regime! “Vai avanti tu che noi andiamo più lenti”, dice Peppino per radio a Massimo. Intanto l’elicottero ci contatta e chiede se stiamo andando: “Qui Volpe uno-due-otto, mi sentite? Ai Meloni, stanno ai Meloni! Uno di loro sta a terra e sta scaricando, l’ altro sta a due passi da terra e sta aspettando il suo turno!“ dice Pierino dall’ elicottero. A questa chiamata Savino accelera i tre motori che già stavano urlando, mentre noi ci riorganizziamo di nuovo con le postazioni, le palle e tutto l’occorrente.
L’ adrenalina ricomincia a salire, mancano poche miglia al punto. La V.1681 sta a tre miglia da noi ed a quattro dallo scafo che sta in attesa e si accorge che stiamo arrivando e si comincia ad allontanare. Guardo velocemente il radar e vedo che da terra si stacca anche l’altro scafo, ma la nostra sorella gli sta vicino e neanche due minuti lo illumina. A bordo da noi non si capisce più niente, la radio urla di continuo le posizioni, Peppino grida la rotta a Savino, Carmine che mi chiede la cima da buttare, Marco accende inavvertitamente il faretto, il guardacoste che ci chiede se stiamo vicino allo scafo, la sala operativa che ci chiama…
Il primo scafo è più avanti e noi stiamo raggiungendo la nostra ed il secondo scafo che stanno l’uno affianco all’altro. Un improvviso fascio di luce dall’alto illumina a giorno tutta la scena.. l’elicottero ha acceso il suo potente faro e lo punta sullo scafo. Massimo riesce a farlo virare e finalmente possiamo entrare anche noi in ballo. Non c’è bisogno di illuminare perché grazie all’elicottero si vede benissimo ed io leggo subito la scritta BUFY sul fianco di un Corbelli tutto bianco. Ci sono tre persone a bordo e due di loro stanno buttando scatoloni. Intanto il mare si sta cominciando ad agitare, le onde si fanno sempre più grandi. Mettiamo in mezzo lo scafo e Massimo sta per passarlo, sono anche io pronto per vedere la scena pronto a lanciare una palla nel caso lo scafo viri dietro di noi. Improvvisamente sento Peppino urlare che da dritta sta arrivando qualcosa! Ma che cosa?
Il Capitano Luca che ha il faretto di destra lo accende e non lontano da noi appare un Supertermoli gigante che da poppa ci sta raggiungendo e ci sta per tagliare la strada a tutti e tre. Qualcuno
grida: “Attenti“ e tutti si reggono a qualcosa. Il Supertermoli schizzando sulle onde alla velocità forse di sessanta nodi ci passa davanti alla prua a non più di dieci metri, per poi continuare davanti al suo compare ed alla nostra sorella. “Vuole farci fuori!” si sente. “Vuole solo aiutare l’amico!“ grida Carmine.
“Solo aiutare? Così ci ammazza tutti!“ La scia lasciata dallo scafone si unisce alle onde del mare e davanti ci appare un bel trampolino su cui le tre barche fanno un bel volo. Bello per modo di dire… Ci riprendiamo e la V.1681 fa prendere una cima al Corbelli che vira e si rimette in rotta verso il largo continuando a buttare scatoloni di sigarette. Noi continuiamo ad andare dritto e dopo qualche minuto riconquistiamo il fianco dello scafo.
Peppino urla di nuovo: “Ma che diavolo?“ Il Supertermoli sta arrivando di nuovo e ci taglia di nuovo la strada a tutti e tre, altro bel salto e lo scricchiolio delle ossa si confonde con il rumore della vetroresina che si schianta sulle onde. Il Capitano Luca prende il microfono della radio, imbraccia il mitra e chiamando la sala operativa grida: “Chiedo di fare uso delle armi! “Neanche finisce di dire la frase che il Supertermoli è di nuovo li quasi affianco a noi, pronto per passarci di nuovo davanti cercando di fare chi sa cosa… La nostra sorella intanto sta per passare davanti al Corbelli che però rallenta e sta per virare dietro di noi …..dietro di noi?
Mi giro verso la nostra poppa e vedo apparire la prua del Corbelli che ci sta sfilando dietro. Vedo volare una cassa dal suo fianco. Mi tengo con la mano destra al maniglione del sediolino e con la sinistra lancio la palla con tutte le mie forze verso quella prua apparsa dal nulla dietro la nostra poppa! Il Corbelli ci passa sopra mentre si srotola e vedo benissimo la faccia dello scafista che guarda verso il mucchio di facce nostre e sfodera un sorriso a trentadue denti, mentre conto i denti dello scafista sento esplodere alcuni colpi di mitra, mi giro e faccio in tempo a vedere la poppa del Supertermoli che ci ripassa davanti a non più di sette – otto metri. Savino tira indietro le manette, ma il salto lo facciamo lo stesso. Ma anche il Corbelli salta e contemporaneamente vedo che rallenta vistosamente: “Ha preso la cima!“
Grido per dare la lieta notizia, ma contemporaneamente Massimo ci chiama per radio e ci dice che ha fatto avaria ad un piede. Il Corbelli si riprende un po’ ma anch’esso rimasto a tre motori. Incredibile, stiamo combattendo tutti a tre motori e non mi era mai capitato d’inseguire alla velocità di appena quaranta nodi. Le virate sono lente e lo scafo vira molto largo per non perdere la planata. La V.1681 è vicina al Bufy, ma non riesce ad affiancarsi, virano insieme, si allontanano. Arriviamo noi sul lato opposto ed abbiamo la stessa velocità, ma non riusciamo a guadagnare neanche un metro. L’elicottero ci deve lasciare per “termine autonomia!“ Siamo quasi affianco al Corbelli, ma la V.1681 è rimasta indietro.
Rivedo di nuovo lo scafista che ci continua a sorridere, ma più che un sorriso sembra una risata strafottente. Di nuovo il Supertermoli che ci sta arrivando da dietro. Il Capitano Luca comincia a sparare a raffica in aria e l’azione riesce a far desistere il malintenzionato che vira al largo mantenendosi parallelo alla nostra rotta. Intanto la nostra sorella è in difficoltà e si allontana sempre più.
Il Corbelli è leggermente più veloce di noi, nonostante navighi anche lui a tre motori. Ci distanzia rimanendo avanti a noi mentre si avvicina di nuovo il Supertermoli che si mette al suo fianco, praticamente davanti a noi. La scia che alza ci inonda dalla testa ai piedi! Savino è costretto a rallentare, ma non vogliamo fermarci, continuando a prendere acqua, saltare tra le onde, ma stiamo ancora dietro ai due scafi.
Ma quanto può durare tutto questo? Massimo ci chiama e riferisce di essersi fermato! Siamo rimasti soli e gli scafi si stanno allontanando! Il Capitano Luca dice rivolgendosi a Savino: “OK, va bene così, abbiamo fatto il possibile!“ A malincuore ci fermiamo. Ci rimettiamo in sesto e ci facciamo comunque i complimenti. Prua verso Bari!
6 Ottobre 1999
Quel pomeriggio usciamo con il Guardacoste Rosati e ci dirigiamo verso Sud, avendo appuntamento con la V.1681. Ci fermiamo davanti a Monopoli a circa dieci miglia al largo e ci affianchiamo con le tre unità, rimanendo in questa posizione fino alle dieci. Poi ci separiamo ed ognuno prende la postazione prevista: noi ci fermiamo davanti a Torre Canne, la V. 1681 prosegue fino a Villanova ed il Guardacoste pendola su e giù.
Il mare non è calmo, le previsioni meteomarine non prevedono niente di positivo e tra qualche ora ci tocca rientrare. Siamo a circa tre miglia da terra e verso le undici ci chiama Sabino dal Guardacoste dicendoci che c’è un eco che dal largo e si avvicina alla costa. Illuminato, alquanto sospetto, appare sullo schermo del nostro radar naviga nella nostra direzione e dista da noi circa quattro miglia. Non ci allarmiamo troppo poiché è illuminato e come il Barcone lo teniamo d’occhio. Ad un certo punto l’eco aumenta la velocità, dirige verso Sa’ Velletri e…..spegne le luci!
Allarme totale… Sabino ci chiama: “Avete visto? Si è spento!“ ma noi non rispondiamo neanche. Savino è già alle manette ed ha messo in moto i motori. Filippo sta legando altre cime alle bitte e Peppino seleziona la scala migliore sul radar. Dopo essere andato a prua ad aprire il parabrezza, ho già il faretto tra le mani e sono dietro a Savino, con un occhio nel buio e l’altro sullo schermo del radar. L’eco che arriva a tre miglia dalla costa si ferma mentre siamo in movimento e lo abbiamo puntato, lo scafo riparte e naviga a velocità sostenuta parallelamente alla costa, verso Nord. Gli siamo dietro a circa due miglia aumentando la velocità.. aumentiamo anche noi che guadagniamo sulla distanza e lo avviciniamo. E’ sicuramente uno scafo, ma prima di dare la notizia alla sala operativa dobbiamo attaccarlo.
Lo scafo ha appurato che qualcuno lo sta seguendo e gli si sta avvicinando e reagisce puntando la prua verso il largo e noi dietro ad un miglio circa. Il Guardacoste sta seguendo la scena dal largo aspettando a quattro miglia e per radio sento che sta chiamando la sorella V.1681. Il vento entra dal parabrezza e mi congela la faccia ma continuo a guardare fuori verso prua leggermente a sinistra. Tra non molto Savino mi dirà di illuminare ed a quel punto avrò l’adrenalina alle stelle! Il cuore mi sta battendo a mille e la barca sta filando a quasi cinquanta nodi saltando di continuo sulle onde.
Sto pensando che c’è troppo mare per inseguire perché qui già si sente, ma più’ andremo al largo e più sarà mosso e non posso fare altri pensieri perché Peppino grida: “Zero-due!“ Savino mi ordina ed io eseguo, di puntare il faretto nel buio e lo accendo! E’ un Supertermoli… che bestione! Anche lui salta a causa delle onde ed ogni salto che fa esce quasi tutto fuori dall’acqua mostrando tutta la sua mole di quindici tonnellate!! Se prima lo abbiamo raggiunto facilmente adesso gli siamo affianco a fatica o perché ha aumentato la velocità o perché con il mare mosso dobbiamo rallentare.
Restiamo affianco e guardo tutti i particolari che la scena quasi fantastica mi offre: la prua dello scafo è lucidissima, ha acciaio dappertutto ed il mare con le sue onde la rende ancora più scintillante ed il fascio di luce del mio faretto rimbalza contro l’acqua scorrendo lungo tutto il fianco, quasi accecandomi. Ci sono tre persone a bordo e vedo gli scatoloni di sigarette accatastati ordinatamente sia dietro che ai fianchi della plancia. Leggo naturalmente il nome dello scafo: “LUCRY” e fila come un dannato, mentre riusciamo a stento a stargli affianco.
Peppino grida la distanza da terra: “Otto miglia“. Savino chiede notizie della sorella che però non si vede neanche al radar. Il Barcone ci sta dietro, saltiamo e le botte si cominciano a sentire. Infatti, dobbiamo rallentare per poi accelerare di continuo, ma non possiamo durare molto perché lo scafo ci sta distanziando. Il faretto riesce ad illuminargli solo la poppa e stiamo per fermarci. Continuo ad illuminare la poppa anche se ormai lo scafo ci ha distanziato. Filippo si accende una sigaretta, Peppino non da più la posizione… ma cosa è quella luce rossa che si vede a poppa dello scafo? Vedo qualcosa che sembra….sembra…. FUOCO!!
C’è fuoco a bordo dello scafo!!! Grido: “Sta andando a fuoco!!“ Savino, che stava fissando anche lui la sagoma dello scafo in allontanamento, accelera decisamente e lo punta, ci avviciniamo di nuovo allo scafo sempre a velocità sostenuta. Dalla sala macchine del Supertermoli escono due lingue giganti di fuoco. Un contrabbandiere si avvicina ai portelloni e ne apre uno… non l’avesse mai fatto, era come se ci avesse buttato benzina sopra poiché si alza una vampata di fuoco ed il malcapitato si tira indietro lasciando all’aria il fuoco. Lo scafista dice qualcosa all’altro contrabbandiere che comincia a prendere le casse di sigarette e buttarle a mare.
Lo scafo comunque continua la sua corsa e noi affianco. Il contrabbandiere che aveva aperto la sala macchina ritorna sul ciglio della stessa con un estintore, ma scivola e l’estintore gli cade e rotola fuoribordo insieme ad una cassa di sigarette. La scena è ormai illuminata dalle lingue di fuoco che escono dai motori dello scafo che rallenta. Filippo va verso il fianco della nostra barca dandomi una botta alla spalla, non aspetto neanche un secondo e gli sono dietro. Lo scafista ci guarda, guarda il fuoco e sembra avere un’attimo di esitazione e rallenta ancora di più. Gli siamo affianco ed il calore del fuoco si comincia a sentire ed anche la puzza di bruciato acre… il fumo ci avvolge per un attimo e vedo uno dei contrabbandieri che lascia la cassa che aveva in mano e si dirige dal corridoio laterale del ponte verso la prua dello scafo.
La V.1692 è vicinissima allo scafo che comunque continua ad andare e vedo Filippo che salta sullo scafo… è sopra la sua prua e come se avessi una molla attaccata a lui salto anche io e gli arrivo affianco… guardo verso la plancia, lo scafista ha lasciato i comandi e sta venendo insieme al terzo contrabbandiere verso prua, che è rimasto l’unico punto dove si vede qualcosa e dove non c’è fuoco. Filippo grida allo scafista: “Hai spento i motori?“ e lui gli risponde di si, ma lo scafo continua comunque a navigare. Guardo il cupolino dello scafo, è pieno di fumo e si intravede il fuoco, poi vedo se il finestrino laterale è aperto e mi precipito verso di lui, allungo la mano verso le chiavette, le tocco e le giro tutte e quattro… i motori sono spenti. Ritorno verso prua e vedo la V.1692 quasi affiancata, Peppino ha un estintore in mano e lo porge ad uno dei contrabbandieri che però non lo prende bene e lo fa cadere in mare.
Siamo fermi finalmente e sta arrivando il Guardacoste con l’altra vedetta, sul Barcone gli uomini sono tutti fuori e

gdf Guardiacoste Classe Bigliani
vedo che Salvatore ha una manichetta in mano… non faccio in tempo a girarmi verso Filippo che vengo investito dal getto d’acqua della manichetta antincendio del Guardacoste che mi bagna completamente. Il getto poi si dirige verso la sala macchine dello scafo e comincia a soffocare l’ incendio. Intanto i contrabbandieri stanno salendo sulla nostra vedetta ed insieme a Filippo rimaniamo a bordo dello scafo per vedere il da farsi, ma sempre con un certo timore per un eventuale svilupparsi negativamente della situazione.
La nostra vedetta si affianca di nuovo e Peppino porge un altro estintore a Filippo che lo afferra e si dirige verso la poppa dello scafo scaricandolo verso il piccolo inferno. Il fuoco comincia a diminuire e noi a farci forza… dal Guardacoste e dalla V.1681, che è affiancata dall’altro lato del Guardacoste, cominciano a venire i colleghi, ognuno con un estintore. Salvatore, che prima aveva l’aria preoccupata, con la manichetta dirige il getto d’acqua, come per giocare, in ogni direzione possibile, facendo il bagno a tutti quelli che stanno sullo scafo, quasi a voler bagnare una vittoria per la cattura del Mike/Sierra.

gdf V.1681
Il fuoco dopo meno di dieci minuti sembra domato e si intravedono solo piccoli focolai sparsi qua e la tra la sala macchine e tra i cartoni che hanno preso fuoco. Nella sala macchine c’è addirittura Savino, zuppo anche lui, che con uno straccio in mano spegne una fiammella. Siamo tutti felici, ci diamo il cinque e l’odore improvviso del caffè copre per un po’ l’acre puzza di bruciato… possiamo accenderci una sigaretta, ma non dobbiamo rilassarci poiché il mare si è ingrossato molto e dobbiamo subito prendere la via del ritorno. Viene legata una cima da traino dal Guardacoste allo scafo e si riparte verso casa.
Noi procediamo non molto lontano e ci gustiamo la scena del rimorchio, sembra che finalmente ci possiamo rilassare.. Siamo quasi a cinque miglia dal porto di Bari, quando mentre guardo lo scafo mi accorgo che nella sua plancia si intravede un piccolo bagliore… Guardo meglio… un piccolo focolaio era rimasto tra i cartoni bruciacchiati ed il vento che sta soffiando forte lo sta alimentando di nuovo. Il fuoco all’improvviso si riaccende, stavolta tra i cartoni di sigarette… avvisiamo il Guardacoste, ma non possiamo fermarci ora, il mare è quasi in burrasca e neanche noi riusciremmo ad affiancarci per provare a fare qualche cosa.
Dobbiamo proseguire e pregare che il fuoco non si ravvivi eccessivamente… Savino avvisa la Sala Operativa e suggerisce di avvertire i Vigili del Fuoco, perché una volta arrivati in prossimità del porto ci potranno dare una mano. Dopo un’oretta siamo all’imboccatura del porto ed il fuoco divampa di nuovo nello scafo, c’è un rimorchiatore dei Vigili del Fuoco che ci sta aspettando, ha già pronta la lancia antincendio. Il Guardacoste trascina lentamente lo scafo ormai ridotto ad una palla di fuoco vicino al rimorchiatore che senza pietà gli scarica una cascata del Niagara contro. Il fuoco all’inizio sembra che resisti al fiume che sta per finirlo, ma si deve arrendere e comincia ad affievolirsi fino a lasciare il posto ad una coltre di fumo.
Nello scafo, tra l’acqua dell’antincendio del Guardacoste e quella dei Vigili si è formata una vera e propria “piscina“. Tanta, tanta acqua, troppa… il vento fa sbandare paurosamente il suo fianco, poi la poppa del Supertermoli si inabissa lentamente e la sua prua si solleva. Lo scafo si mette perpendicolare alla superficie del mare con la metà della parte della poppa in mare e quella della prua in aria… sembra un enorme spada bianca che esce dal mare con l’impugnatura in acqua. Tutti rimangono come ipnotizzati dalla scena.. l’enorme spada bianca si muove facendo lenti movimenti per effetto della risacca.. e pensare che qualche ora prima la stessa spada viaggiava a circa cinquanta nodi sulle onde del mare.
Il fuoco si vede anche sott’acqua, il fumo si espande dappertutto e le casse di sigarette si spargono intorno galleggiando e sparpagliandosi nel porto. Alcune sono fumanti, altre zuppe ed affondano, altre hanno ancora qualche fiammella, altre si sono aperte e lasciano uscire le stecche che spinte dal vento sembrano tante formiche terrorizzate che escono dal formicaio… una vera e propria scena da inferno dantesco. Tutti rimangono attoniti a guardare senza sapere cosa fare. Quello che è rimasto dello scafo viene trainato in un cantiere nel porto ed intervengono i sommozzatori per attaccare dei palloni allo scafo e non farlo affondare del tutto. Le operazioni si protraggono fino al mattino seguente… Arrivano pure i giornalisti delle varie emittenti televisive locali… Siamo stremati… è quasi mezzogiorno: possiamo tornare a casa!
20 Novembre 1999
Quel giorno usciamo da soli, Peppino non viene ed al suo posto c’è Salvatore. Ci dirigiamo verso Sud fermandoci davanti a Torre Canne, la serata sembra passare tranquilla anche se il mare è un po’ mosso. Ogni tanto ci spostiamo perché la corrente ci fa scarrocciare. Tutto tace… ma verso le undici ci chiama la sala operativa e ci dice che una pattuglia ha comunicato che c’è uno sbarco in atto a Torre Testa, quasi a Brindisi. “Vogliamo andare a vedere?
Sono quindici miglia da qui, meno di mezzora“. “Seee, in mezzora oltre ad averle scaricate se le sono pure fumate le sigarette. Che vogliamo trovare?” Aggiudicato, andiamo! Filippo si mette al radar e da la rotta a Savino e dopo venti minuti siamo quasi sul posto. Ci fermiamo e cominciamo a guardare, ci sono diversi echi illuminati, piccoli e quasi a terra. Savino chiama la sala operativa per sapere se la pattuglia era andata via o se stava ancora li. Prendo il visore notturno e scruto il mare, Savino riceve la risposta: lo scafo sta ancora li’!! Comincio a guardare con più convinzione le barche che abbiamo intorno e cominciamo a girare ed ad andare verso la costa dove ci sono due echi che sembrano affiancati.
Li puntiamo e li guardo con il visore. Stiamo a circa cento metri… li vedo… lo Scafo è al buio affiancato ad un gommone illuminato!! La visione non fa in tempo ad apparirmi agli occhi che già esce sotto forma di urlo dalla bocca!!! Savino aumenta ed io continuo a guardare. Lo scafo ha capito chi siamo, lo vedo che vira e mette la prua verso il largo planando e lasciandosi dietro il gommone che parte anche lui dirigendosi verso terra. “Sta uscendo!!“ grida Filippo al radar.
Lascio il binocolo e prendo il faretto, Savino ancora non capisce dove si trova lo scafo perché ci sta venendo incontro. Punto il faretto nel punto in cui dovrebbe esserci lo scafo e lo accendo.. Appare subito un Supernapoli che sta già schizzando sulle onde. Il suo fianco scorre sotto la luce del fascio luminoso e scompare in una coltre di schizzi e fumo. Ci mettiamo in rotta e gli siamo dietro e poi affianco quasi subito. Filippo da le notizie per radio alla sala, mentre Salvatore afferra una palla e la tiene in mano pronto per lanciarla. Siamo affianco allo scafo e leggo il nome con voce alta per farlo sentire a tutti : “MESSAPIO“.
Il mare è mosso e cominciamo subito a sentirlo, proviamo a passare di prua, ma lo scafo vira in un bicchier d’acqua e si defila. Gli siamo di nuovo affianco nel tentativo di passarlo di prua, ma niente… riesce a fare delle virate strettissime ed ad evitare con facilità il passaggio. Un’onda ci fa decollare e Savino diminuisce un po’ per poi accelerare una volta ritoccato mare! “Messapio” guadagna un po’ su di noi e Salvatore ha ancora la palla in braccio. “Lo scafo è quasi vuoto, ecco perché fila così“, dice Filippo.
Gli siamo di nuovo affianco e non riesco a vedere bene i contrabbandieri, sembra che sono in due… virata stretta, ma noi controviriamo dall’altro lato. Lui controvira di nuovo e… non ci sto capendo più niente… ”Dov’è?“ Filippo non risponde, forse lo ha perso anche lui. Il radar ci mostra dov’è, si è un po’allontanato ma gli siamo vicini e sta puntando verso il largo. Cerchiamo di tagliargli la strada, ma lui sta arrivando da dritta, noi tagliamo da sinistra, Savino aumenta l’andatura e forse anche lo scafo. Filippo da la distanza, prende il faretto e lo indirizza sullo scafo, lo vedo, ma non sembra intenzionato a virare. Savino continua a tenere la rotta e sta arrivando, ma non vira?
Lo vedo bene adesso, anzi lo sto vedendo troppo bene.. “Vira, vira!“ sento dire a Filippo mentre gli occhi non mi si staccano dalla prua dello scafo che ci sta arrivando addosso. Savino vira decisamente aspettando proprio l’ultimo secondo… La forza centrifuga mi spinge contro il fianco del seggiolino e non vedo più lo scafo, ma vedo Filippo che fa una espressione strana e si china su se stesso come un riccio, come volesse proteggere. Butta il faretto a terra e grida: “Viraaaaa!“ mi abbraccio anche io al seggiolino ed aspetto l’ormai inevitabile collisione… Nel buio quasi totale, tutto il fragore dei motori, il vento che entra dappertutto, le radio che chiedono, il mare che sbatte contro la carena… tutto si annulla coperto da un rumore unico: la vetroresina che si crepa!!
Avevo sentito questo rumore quando un Supertermoli ci speronò sulla V.1679, ma non me lo ricordavo così impressionante. Una frazione di secondo e penso a tantissime cose… E’ strano il fatto che quando hai molto tempo a disposizione riesci a pensare a poche cose, mentre in queste situazioni, quando hai solo una frazione di tempo a disposizione, i pensieri riescono persino ad affollarsi nella mente!! Comunque, la collisione dura poco… un colpo e via!
Rallentiamo e poi ci fermiamo, Filippo avvisa per radio la sala che c’è stata una collisione tra noi e lo scafo.. vado subito sul fianco e con i faretti illumino la parte coinvolta nella collisione con lo scafo e sembra non c’è niente… “Abbiamo fatto solo pancia e pancia“, dice Savino accelerando di nuovo e puntando la rotta verso lo scafo. “Solo pancia e pancia, solo? Con questo mare mosso, a quasi venti chilometri dalla terraferma, a quest’ ora di notte, solo?“ Sto pensando tra me e me naturalmente. Il vantaggio che lo scafo ha preso su di noi è notevole e non riusciamo più a raggiungerlo. Savino rallenta e ci fermiamo di nuovo, insieme a Filippo ricontrolliamo di nuovo la barca accertandoci che effettivamente abbiamo fatto solo pancia e pancia… Dirigiamo sottocosta e cominciamo a risalire verso Bari.
12 Gennaio 2000
Quella sera io non dovevo neanche uscire poiché la licenza mi sarebbe scaduta a mezzanotte, ma ero solo a casa e la mia famiglia si trovava al mio paese. Sapendo che la mia barca era di servizio chiamai Savino ed alle sedici ero a bordo. Il Capitano Luca esce insieme a noi che siamo di servizio in coppia alla V.1690, ai cui comandi c’è il mio ex–capo Nicola, altra elemento di Serie A, giusto per capirci. Usciamo e ci dirigiamo verso Sud, noi ci fermiamo davanti a Torre Canne e l’altra davanti a Sa’ Velletri. Il Maestrale ci dice subito che non è serata.. c’è un bel mare e siamo costretti a pendolare su e giù per non dover ballare troppo. Rimaniamo a parlare fino all’ora di cena e dopo un breve consulto il Capitano decide di rimanere fino alle dieci e poi di far ritorno.
Alle dieci il Maestrale soffia più forte, Peppino sta controllando una eco vicina alla costa, a Villanova: “E’ buono?“ gli chiede Savino. “E’ troppo grande, dovrebbe essere un peschereccio!“ Il Capitano decide che non è più il caso di rimanere, avvisiamo Nicola e mettiamo in moto. Peppino però dice: “Capo, il peschereccio è sparito sottocosta, non lo batto più!“ Non ci allarmiamo più di tanto poiché effettivamente il radar batteva quella eco bene e grande. Comunque, per toglierci i dubbi “Andiamo a controllarlo, tanto è vicino, non sono neanche quattro miglia!“ Peppino avvisa Nicola che stiamo andando a controllare una cosa e poi ci dirigiamo verso casa.
Andiamo verso Villanova, siamo a tre miglia, l’eco è sparita proprio… possibile? Stava qui! Ci avviciniamo sottocosta, siamo quasi a terra… niente. Prendo il visore notturno e comincio a guardare la costa nel punto in cui prima stava l’eco. Guardo e riguardo: dannazione… niente. Peppino mi dice di guardare verso una rientranza che stava a sinistra, punto il binocolo… e nel buio tra la scogliera vedo una sagoma tutta bianca… è un Corbelli!!“ Mike/Sierra! Supercorbelli tutto bianco “lo grido mentre il mio cuore, che fino ad un’attimo prima batteva quasi regolarmente, mi sale sulla gola. Allarme totale, il Corbelli come se fosse stato allarmato anche lui dalle mie grida, si muove, plana e comincia a correre parallelamente alla costa verso Nord.
Con il visore in mano descrivo la scena ai presenti . Poi passo il testimone a Peppino che lo segna sul radar e mi metto dietro a Savino con il faretto in mano, pronto per illuminare e con gli occhi puntati sul radar. Peppino ha già chiamato Nicola che dice di essere in arrivo a razzo. Filippo ha già una palla in mano e sta dietro al Capitano Luca. Per radio la sala operativa ci chiede notizie.. Lo scafo sta a tiro… Lo raggiungiamo, lo Illumino… Bellissimo!!! Tutto bianco con il radar che gli gira sul cupolino e lo fa sembrare quasi un elicottero! Gli siamo affianco e lui mette la prua verso il largo, leggo il nome: “MESSAPIA 3“. Saltiamo sulle onde insieme ed è proprio vicino, ma cambia rotta dirigendosi verso il Maestrale!
Ha capito che l’inseguimento non può durare assai per noi poiché il mare ci fa volare troppo, mentre lo scafo essendo ancora carico di sigarette riesce a tenere meglio il mare. Gli passiamo dietro e gli arriviamo alla sua sinistra, voliamo di nuovo e Savino diminuisce un po’ per poi riaccelerare quando la barca rientra in mare. Filippo ha la palla in mano e riesce a reggersi a malapena in piedi, è fuori dal seggiolino e viene sballottato ad ogni sussulto della barca. Siamo di nuovo affianco allo scafo e lo stiamo superando, decollo improvviso mentre Savino accenna a diminuire, poi ci ripensa e ci fracassiamo all’atterraggio… Lo scafo invece diminuisce di quel tanto che basta per arrivargli quasi davanti. “Dai Savino non lo mollare“ grida il Capitano e spronato al momento giusto Savino abbassa ancora un po’ le manette… Siamo davanti allo scafo e quasi lo passiamo di prua. Lui cerca di defilarsi virando leggermente, ma un’onda lo
rimette dritto. Noi viriamo piano piano ed anche lui ci segue nella traiettoria. Filippo aspetta l’ultimo momento per gettare la palla. Saltiamo insieme e come ricadiamo vedo lo scafista che ci guarda e vira decisamente verso la nostra scia, la palla è in volo verso la sua prua e si srotola velocemente e scompare sotto di essa! La cima si strappa e contemporaneamente lo scafo rallenta vistosamente. L’ ha presa!! Come uno squalo ferito comincia a girare mentre noi gli chiudiamo ogni via di fuga possibile. Uno dei marinai a bordo comincia a buttare le sigarette a mare, ma non lo molliamo. Continuiamo a girare, ma non riusciamo a fargli prendere un’altra cima.
All’improvviso arriva un fascio di luce dalla parte opposta dello scafo.. è arrivata la V.1690 che taglia la strada allo scafo e lo spinge verso di noi, la velocità diminuisce e lo scafista cerca di mettere la prua verso terra perché capisce che non può combattere contro due, anche perché ha perso pure un motore. Vuole buttarsi a terra e salvare almeno la propria libertà, ma lo scafo non non riesce più a planare perché gli chiudiamo ogni via di uscita. Tuttavia, continua a girare su se stesso cercando di evitare l’abbordaggio. Filippo lascia la palla che aveva in mano e lo vedo che va verso la prua, lascio tutto anch’io e vado verso la prua dal lato opposto.
Ci muoviamo lentamente e vedo che stiamo per arrivare sul fianco dello scafo, precedo Filippo ed arrivo sulla bitta di prua della mia barca e mi attacco aspettando di poter saltare. La prua arriva sul fianco con una velocità che mi fa pensare: “O mi reggo alla bitta o rischio di essere catapultato in mare“. Così mi reggo.. diamo una botta allo scafo e Filippo mi dice: “Salta “, ma poi capisce che si deve reggere e si aggrappa a me rinunciando a saltare. Lo scafista vista la nostra incertezza mette indietro i motori e si allontana da noi di quel tanto che basta per farci desistere dal salto. Intanto, dall’altro fianco sta arrivando la V.1690. Vedo Felicio aggrappato al tentibene laterale che si avvicina sempre più allo scafo… Salta… è sopra! “Catturato Mike/Sierra!!“
Intanto noi ci siamo raddrizzati e gli siamo sul fianco, lo scafista non fa in tempo a guardare in faccia Felicio che si gira e si trova a me e Filippo davanti. Con tutta calma senza dire niente si sposta dalle manette. Gli diamo la mano e la diamo anche agli altri due a bordo. “Era inutile che continuavi a cercare di scappare!“ gli dice Filippo e lui risponde: “ Comandà, che dovevo fare, mi dovevo arrendere senza provare a buttarmi a terra? Mo’ mi aspetta il carcere!“ …..Gli vuoi dare torto?
Siamo tutti e tre affiancati allo scafo, ci facciamo tutti i complimenti reciproci, volano i cinque. Eseguiamo le operazioni di rito e vado nella sala macchine dello scafo a controllare. Una campana fa acqua ed un motore è fuso. Rimorchiamo il mezzo ed entriamo nel porticciolo di Villanova affiancandoci alla banchina. Il Capitano Luca ci dice di uscire e cercare di recuperare le sigarette mentre nel frattempo stanno arrivando due pattuglie.
Noi usciamo e andiamo a recuperare parte del carico che è stato buttato in mare proprio davanti al porticciolo. Siamo tutti rilassati.. illumino le casse che galleggiano e le recuperiamo con il coppo. Siamo proprio vicino a terra e si vede qualche macchina che passa sulla nazionale, ma ci chiama il Capitano e dice di rientrare subito nel porticciolo. Che diavolo sarà successo? Dopo un quarto d’ora Savino sta parlando con il Capitano che gli dice che la V.1686 sta inseguendo uno scafo davanti a Trani…dall’altra parte della costa pugliese!!! Quasi a quaranta miglia… “Noi restiamo qui con lo scafo, ma voi ve la sentite di andare da soli?” Ci mancherebbe… contattiamo Roberto mentre i motori della V.1692 stanno a quasi pieno regime. Roberto dice che lo scafo è un Supernapoli e che ha un motore in avaria, sta buttando il carico a mare ed ha problemi.
Mentre navighiamo per prestare aiuto ai nostri amici insieme a Filippo racimoliamo altre palle, spostiamo le casse di sigarette che riempiono lo spazio per muoverci. Abbiamo casse dappertutto e dobbiamo metterle sottocoperta per farci spazio. Ci prepariamo ad un nuovo inseguimento e quando mi rimetto nella mia postazione noto sul radar una eco che naviga affianco a noi. Mi giro verso il fianco e scorgo nel buio un’ombra… è la V.1690. Avevano lasciato il Messapia 3 ed i suoi occupanti in consegna alle pattuglie e stavano venendo anche loro!
Superiamo Bari e chiediamo la posizione precisa a Roberto, manca poco ormai. Dopo dieci minuti si cominciano a vedere i faretti della sorella che illuminano lo scafo. Roberto ci dice che hanno finito le cime e che si fa da parte per fare entrare noi nel “ballo“. Siamo dietro lo scafo, mentre la V.1686 si defila a sinistra, noi ci mettiamo affianco. Osservo lo scafo mentre lo illumino, è un Supernapoli bianco con il cupolino nero e si chiama VALENTINO.
Vedo le persone a bordo, lo scafista ci guarda e fa un’espressione come per dire : “Pure voi ci siete?“ Poi fa un gesto con la mano e capisco che dice: ”Siamo a posto… anzi, siamo fritti!“ Dall’altro lato c’è la V.1690. Passiamo di prua a dritta. La cima si strappa e lo scafo rallenta vistosamente… Si gira e mette la prua verso terra . Avvisiamo la sala operativa e tutte le pattuglie che lo scafo ha intenzione di buttarsi a terra.
Siamo a circa sette miglia da Barletta e sulla V.1690 c’è il Capitano, Savino lo chiama dicendogli di provare a bloccare lo scafo prima che arrivi a terra. “Gli faccio un altro passaggio, ma voi tenetevi pronti!“ “Ok!“ rispondono dalla V.1690. Filippo ha preparato uno spezzone di rete legato ad una cima lunga. Siamo affianco allo scafo, lo passiamo, la rete è in mare e lo scafista ci guarda come se non volesse reagire, mentre guarda la rete finire sotto la sua prua.
Lo scafo si inchioda letteralmente!! Raffaele dal fianco della V.1690 salta ed è sullo scafo!! Incredibile, in una sola notte abbiamo catturato due scafi, la gioia è incontenibile ed anche il Capitano Luca si lascia andare nei festeggiamenti dimenticando per un po’ il grado che riveste e abbracciandoci tutti fraternamente e ricambiato da tutti sinceramente.
I contrabbandieri a bordo ci guardano non capendo il motivo di tanta euforia, ma fanno finta di niente, per loro comunque ci sono conseguenze negative. Lo scafista è un tipo robusto e non tanto alto, ha una caviglia gonfia e non riesce a camminare… ”Ma tu sei Mario!“ gli dice Filippo… il malcapitato era già stato preso altre volte. “Sono io, sono sempre io, ma ce l’avete con me?“ gli risponde simpaticamente. Ci raccontiamo delle altre volte che ci siamo visti e scherza sulle molte altre volte che è stato inseguito e che ci ha dato filo da torcere senza farsi prendere. Intanto mi controllo la sala macchine dello scafo. Ci sono infiltrazioni d’acqua, ma può navigare da solo.
Intanto con l’orecchio sento i discorsi… Mario, lo scafista che dice: “Ma che devo fare per far mangiare i miei figli, farli studiare? Faccio questo mestiere da quando ero bambino. Mio padre mi portava con lui a scaricare gli scafi a Mergellina, a Napoli! Non so fare altro!“ Certe volte queste persone sono in grado di far riflettere… in fondo si incontrano padri di famiglia che magari non scelgono strade forse più dannose per la società. Tuttavia, il nostro lavoro è questo. Ecco perché accogliamo i nostri “avversari” con una stretta di mano ed un caffè. Riprendiamo la via di casa.
23 Febbraio 2000
Quella notte accadde una tragedia terribile che segnò una delle tappe fondamentali dell’inizio della fine del contrabbando in Puglia. Due colleghi di terra impegnati in pattugliamento nella zona di Brindisi si imbatterono in un’autocolonna che trasportava sigarette. Uno dei fuoristrada blindati che scortavano l’autocolonna non esitò a fermare a tutti i costi e con accanimento la Fiat Uno su cui viaggiavano i colleghi. Nella lotta impari Alberto De Falco e Antonio Sottile persero la cosa più cara che tutti gli esseri umani hanno: LA VITA.
Quell’infamia segnò l’inizio dell’ entrata in “guerra“ dello Stato in prima persona! Il primo Marzo iniziò la cosiddetta Operazione Primavera. Da quel momento per le organizzazioni contrabbandiere non ci fu tregua e fu utilizzato persino l’Esercito che presidiò le coste pugliesi al fine di stroncare quello che tutti chiamavano “lavoro alternativo alla delinquenza“, ma che evidentemente non era tale. I fuoristrada blindati, ovvero i Mostri furono tolti di mezzo e consegnati volontariamente dalle organizzazioni stesse che se ne sbarazzarono facendoli ritrovare dalle Forze di Polizia in nascondigli che spesso avevano del fantascientifico, perché nascosti in bunker sotterranei. Nonostante tutto l’Operazione primavera non scoraggiò del tutto il fenomeno che parzialmente menomato nella sua struttura organizzativa continuò a dare i suoi colpi di coda…
6 Giugno 2000
Siamo di servizio con la V.1691 insieme alla V.1695 ed al Guardacoste ed usciamo alla solita ora appostandoci ognuno nella posizione assegnata. E’ ora di cena e propongo a Peppino di addentare il primo panino della serata, ma prima che lui mi possa rispondere il Guardacoste ci chiama e ci dice di raggiungerlo subito, girando la nota anche alle altre due vedette. Rimandiamo il panino e ci dirigiamo verso la “mamma“, siamo tutti affiancati e Vito, il Comandante del Guardacoste, ci dice che la sala operativa li ha contattati riferendo di una nave albanese che è partita da Durazzo nel pomeriggio e diretta a Barletta che ha clandestini a bordo.
Dobbiamo cercarla e perquisirla! Studiamo le varie rotte che la nave potrebbe fare e ognuno si aggiudica una parte di mare da perlustrare. Siamo in navigazione controllando tutte le navi che si trovano al largo di Monopoli. La V.1691 perlustra al largo di Mola, La V.1695 perlustra la porzione di mare antistante Torre Canne ed il Guardacoste perlustra lo specchio di mare antistante Bari. Dopo una mezzora senza notizie buone ripropongo a Peppino la “festa“ ai rispettivi panini. Scendo giù a prendere il mio e… la radio mi sospende di nuovo la cena!

gdf V.1691
Massimo ci sta chiamando: ha trovato la nave, ci trasmette la posizione: si trova a dieci miglia da noi! Dirigiamo a velocità sostenuta sul punto ed arriviamo affianco alla nave. Non è tanto grande… anzi è una “navetta“ ridotta male… Insomma, un pezzo di Ruggine!! SOPHIA è il nominativo ed appartiene al Compartimento Durazzo. Ci affianchiamo alla vedetta di Massimo che è già affiancata alla motonave. Gabriele è a bordo della nave insieme a Marco.
Ci sono quattro marinai albanesi affacciati al fianco ed una scaletta di legno e corde sudice è il solo modo per salire sulla nave. Salgo insieme a Filippo e ci dirigiamo verso la cabina comando dove troviamo Marco in compagnia del Comandante di bordo che sta controllando i documenti dei marinai. Il Comandante appena ci ha visto apre un armadietto vicino al radar e tira fuori una bottiglia di Racky, un liquore albanese e ce la porge.
Marco ha pure lui accanto una bottiglia e rivolgendosi a me dice: “Gabriele sta in giro a controllare, vai anche tu“. Scendo verso le cuccette accompagnato da un marinaio che avrà una sessantina di anni, ma ne dimostra settanta. Ha i capelli bianchi arruffati, barba incolta, due occhioni verdi ed indossa una maglia blu con un buco sul gomito che lascia intravedere la sua carnagione scura. Ha un paio di ciabatte vecchie come lui ed ha anche i suoi piedi sporcatissimi.
Fuma una sigaretta che emana un tanfo insopportabile… Ci districhiamo in una specie di labirinto fatto di piccoli corridoi illuminati di tanto in tanto da lampadine che emanano una luce fioca. Andiamo in cucina dove sul fuoco c’è un pentolone con dentro della carne messa a bollire, inoltre c’è dello zucchero o sale sparso su di un tavolo sporco. Sposto il frigorifero e controllo se non ci sono pareti finte o imbullonate da poco.
Niente, tutto vecchio ed arrugginito. Scendiamo nelle cuccette grazie ad una scaletta ripida di legno e nel sottofondo si sente il rumore dei gruppi elettrogeni che rimbomba negli stretti corridoi della navetta.
“Qui dormire io“, dice l’ uomo. Una stanzetta dove c’entra solo il letto con delle coperte, una volta marroni.
Un piccolo mucchietto di panni ed un borsone che contiene una stecca di sigarette di una marca… impronunciabile. Le pareti tappezzate di poster del calciatore Baggio. Controllo le altre stanzette guardando bene se ci sono aperture lungo i corridoi o sul soffitto.
Il “Bagno” si dirà pure bagno, ma è una vera e propria latrina… devo controllare… ci vorrebbe una maschera antigas! Usciamo finalmente dalla zona notte e siamo fuori. Faccio un bel respiro di aria
respirabile!! Scendiamo in sala macchine tramite una scaletta ripidissima di ferro… arrugginito naturalmente. Ci sono due motori giganti in moto di colore nero olio ed hanno l’olio che gli esce da tutte le parti. Si sente un tanfo di nafta che mi penetra nelle narici facendomi venire voglia di andarmene subito…
Ci accoglie il motorista, un uomo sulla settantina che ha le mani e le braccia nere di grasso e olio e praticamente indossa degli stracci. Mi sfodera un sorriso a tre denti, perché solo quelli ha!!! Fuma anche lui una sigaretta killer!! Da dietro un motore sbuca Gabriele… anche lui sta controllando… e mi dice di vedere verso la paratia di poppa della sala: “Io controllo quella di prua“. Niente di sospetto dal lato mio, poi mi giro in direzione di Gabriele e… non lo vedo più!
Ma dov’è? Vado verso la paratia di prua e vedo una specie di botola in basso, sotto un tavolo pieno di ferri, chiavi e martelli. “Gabrié sei li, vieni con la torcia“ mi risponde. Mi infilo nel buco e riesco in una specie di piccolo vano, c’e’ un caldo pazzesco ed il rumore dei motori rimbomba forte. Il tanfo della ruggine si mescola con quello della nafta… ma c’é anche puzza di orina e vomito… per terra ci sono dei vestiti, tre bottiglie d’acqua vuote, due buste, una scarpa, dei calzini e qualcosa di scivoloso… “ Illumina qui“ mi dice Gabriele. C’é una piccola apertura chiusa con un’ancora grande.. la sposta ed infila la sua torcia e… ”Amici.. Amici“, si sente una voce.. “Vieni fuori” grida Gabriele con tono minaccioso!
Mi chino a guardare verso l’apertura e vedo che il fascio di luce della torcia illumina una moltitudine di teste!!! Fulminacci, allora ci sono!!! Indietreggio riuscendo in sala macchine seguito dal mio collega, dalla botola sotto il tavolo iniziano ad uscire delle persone!!! Lancio un grido a Filippo e Marco che si affacciano dalla scaletta e vedendo la situazione lanciando subito l’allarme a Savino e Massimo. Usciamo sul ponte di coperta seguiti da una fila indiana… in questo caso albanese.

gdf V.1695
Una quindicina di poveracci si sdraiano per terra all’aria. Intanto è arrivata la V.1695 ed il Guardacoste che sta avvisando la sala operativa della situazione. Anche tutti i sei uomini dell’equipaggio della navetta vengono messi insieme ai clandestini. Il Comandante continua a ripetere: “Io no sapeva niente!” I clandestini sono tutti uomini e sono sdraiati per terra con l’espressione di chi non vedeva l’ora di uscire all’aperto. Ci guardano con timore… Guardano il cielo pieno di stelle che forse pensavano di non rivedere più. Guardano la costa piena di luci e forse si domandano se è l’Italia.

gdf Guardiacoste Classe Bigliani
Diciotto persone che stavano facendo il loro viaggio in un misero spazio di neanche sei metri quadrati… Diciotto persone che erano disposte a fare quel viaggio a tutti i costi!! Diciotto persone costrette a fuggire dalla propria terra, città, amici, parenti, madri e padri!!! E’ proprio così disastrosa la vita nella terra della Aquile???
24 Giugno 2000
Usciamo con il Guardacoste G.79 Barletta e la V.1691, un Corbelli ex contrabbandiero. Ci dirigiamo verso Sud, è una giornata bellissima ed il mare è una tavola. Ho portato la telecamera e mi diverto a filmare la vedetta compagna che per fare scena comincia a fare evoluzioni dietro di noi cercando con la sua scia di farci il bagno… è proprio tornata l’estate. Ci fermiamo a circa trentacinque miglia dalla costa tra Monopoli e Torre Canne, ovvero lungo la zona “calda“.
Siamo affiancati al Guardacoste e ci stiamo prendendo un caffè. Alla televisione si vede una partita di calcio trasmessa da qualche emittente albanese… E’ la finale della coppa Italia tra Juventus e Milan. Sta iniziando il secondo tempo e Vito, il comandante del Guardacoste, dice che il radar sta battendo tre echi che stanno arrivando dal largo puntando le nostre coste e sono in formazione uno affianco all’altro. Velocità trentacinque nodi!! Non ci sono dubbi, sono tre scafi… addio secondo tempo della partita e tutti a bordo delle proprie unità ai propri posti di… “combattimento“.
Gli echi stanno a circa dieci miglia da noi e così abbiamo tutto il tempo di prepararci. Rimaniamo vicini al Guardacoste in attesa, mentre gli echi si dividono: uno viene verso di noi e gli altri due si dirigono insieme verso un’altra rotta. Quello che sta venendo verso noi si trova a circa sei miglia di distanza. Lo battiamo al radar… le cime sono, i faretti ed anche l’adrenalina sono tutto ok e lo scafo cambia rotta, sempre continuando verso costa. Partiamo insieme alla V.1691 e gli andiamo dietro a tre miglia di distanza. La rotta è su Villanova.
Dopo dieci minuti si ferma, ci ha visto penso. Siamo a due miglia e ci viene incontro. “Attento Massimo, ci sta venendo a vedere“. “Dividiamoci“, risponde il comandante della vedetta sorella. Sono pronto con il faretto puntato nel buio e guardo lo scafo sul radar che è ormai vicino. Abbiamo la prua verso il largo e procediamo piano con la rotta dello scafo. Meno di un miglio, lo scafo sta filando a tutta birra verso il largo. I motori della V.1692 sono al massimo e ci avviciniamo all’eco. Zerodue, illumino… è un Supertermolaccio che fila come un matto sulle onde!!! Gli siamo affianco.. leggo il nome sul cupolino: ANITA.. corre sulle onde e sembra che neanche sfiori l’acqua… Sembra nuovissimo tanto è lucido… E’ carico di sigarette a tappo e vedo le casse disposte sul passo d’uomo di poppa, ma non vedo bene le persone a bordo.
La V.1692 ha i motori che urlano come demoni e sento Peppino parlare per radio, ma non riesco a capire cosa dice.. Stiamo ad una velocità di almeno cinquantacinque nodi… Dalla plancia dello scafo esce un tipo, si affaccia e sale sui cartoni di poppa reggendosi sulla parte superiore del cupolino.. ci guarda salutandoci e fa un gesto con la mano chiusa per dire “ma dove volete andare?“ Per tutta risposta Savino si avvicina ancora di più al suo fianco, siamo a neanche sei o sette metri da lui.
Vedo benissimo la scena, l’uomo che ci continua a sfottere salutandoci sta anche fumando una sigaretta!! I due radar sullo scafo girano all’ impazzata e riflettono la luce del mio faretto e all’improvviso una luce accecante parte da uno dei fari posti sullo scafo: abbagliamento totale!! Ho un attimo d’esitazione, non vedo più niente e come se non bastasse ci cominciano ad arrivare addosso gli schizzi d’acqua alzati dallo scafo. Savino chiede a Peppino dov’è Massimo e gli risponde che è proprio dietro di noi, ma non riesce a recuperare. Non riesco a vedere quasi niente, ma continuo a tenere il faretto puntato sulla prua
dell‘ANITA, pronto ad allarmare il mio comandante se vedo qualche cambio di direzione.
Lo scafo spegne il faretto e mi accorgo che Filippo ha imbracciato il mitra e come l’uomo sullo scafo, si è messo in piedi dietro mettendo in bella mostra l’arma ai contrabbandieri,per avvisarli… Meno male che hanno spento quella caz.. di lampada abbronzante! L’uomo in piedi si china verso lo scafista e gli dice qualcosa. Poi si gira verso di noi.. e ci tira il mozzicone di sigaretta. Vedo lo scafo che accelera e ci lascia!! Non stava andando alla massima velocità, voleva solo sfotterci.
Noi avevamo i motori che chiedevano quasi pietà, mentre quello li aveva regolati giusto per andare alla nostra velocità e sembrava come se avesse inserito il turbo… lo scafo è partito a razzo distaccandoci. In meno di un minuto già ci ha dato mezzo miglio di differenza!!! Noi navighiamo a cinquantacinque nodi… ”Ne farà almeno sessanta!!“ dice Filippo. Rallentiamo e ci fermiamo e si affianca la sorella che non ce la faceva proprio a starci dietro.
Intanto Mimmo ci chiama dal Guardacoste e chiede notizie, poi ci informa che la coppia di compari che aveva preso un’altra rotta stava puntando su Monopoli. Non c’è tempo di discutere parlare o raccontare… Inversione di rotta e prua sugli scafi che procedevano verso terra. Corriamo ad una velocità moderata e dopo una mezzora gli siamo a tre miglia, si fermano.. ci fermiamo anche noi per non destare sospetti, ma evidentemente i due sono stati avvisati dall’ ANITA.
Infatti si girano e puntano verso il largo dividendosi. Ne puntiamo uno e ci mettiamo alle sue costole, la sorella stavolta è davanti a noi.. stiamo per raggiungere lo scafo, vedo il fascio del faretto della V.1691 che illumina si stampa sul fianco di un Supertermoli. Un altro Supertermoli… ma questo non fila come l’altro e sembra più alla nostra portata. Gli rimaniamo dietro e la sorella fa il primo passaggio di prua aprendo le “danze“.
“Consumiamo i nostri lacci e poi continui tu, va bene Savino?“ dice Sirio dalla sorella che intanto fa il secondo passaggio, ma quando si trova davanti vedo che vira decisamente di lato e si defila rallentando. “Mi ha lasciato un piede!“ si sente per radio.. dannazione, non ci voleva proprio. Un Corbelli che corre a tre motori non può mai raggiungere un Supertermoli. Dobbiamo farlo rallentare… ci manteniamo affianco allo scafo, VELENO è il suo soprannome…
iniziamo a passargli di prua e Filippo si diverte a buttare le cime… Dopo un’ora la velocità del mezzo è diminuita, ma non abbastanza da far intervenire la sorella che continua a stare dietro cercando di recuperare qualche metro…
Filippo mi chiede di andare giù a prendere altre palle, lo scafo è dall’altro lato. Lascio la mia postazione e scendo sottocoperta ed afferro le palle lanciandole fuori sotto i sediolini. Butto tutte quelle che abbiamo, poi mentre sto per risalire vedo su di uno dei cuscini la mia telecamera… l’afferro e salgo. Impugno la telecamera con la sinistra, prendo il faretto con la destra, passiamo davanti allo scafo e ci mettiamo sul suo lato destro. Illumino e con la telecamera inizio a filmare!! Non ci posso credere, sto filmando un inseguimento. Cerco di riprendere tutti i particolari: i due radar, i finestrini, le casse di sigarette che si vedono, la prua rinforzata d’acciaio, la sua scia, la sua linea filante, il suo nome che spicca fra tutto il contesto…. VELENO !!! Potremo rivedere l’inseguimento e farlo rivedere a tutti.
Faremo rivivere l’ emozione che proviamo ogni volta che ci troviamo affianco a questi bestioni! Speriamo che la luce sia abbastanza. Filippo prende l’ennesima cima e la lega alla bitta… Passiamo di prua e la cima sparisce sotto la pancia dello scafo. Sono passate due ore dall’inizio dell’inseguimento, abbiamo buttato di tutto, ma lo scafo non accenna a mollare, ogni tanto si sente Massimo dalla sorella che dice qualcosa, ma sono troppo concentrato ad illuminare e filmare per poter capire cosa sta dicendo.
Facciamo un ennesimo passaggio di prua, Filippo ha finito le cime e vedo che sta lanciando le cime che usiamo per ormeggiarci.. ne lancia una e si gira verso di noi cercando qualche altra cosa che sia lunga per poter tirarla sotto lo scafo… Passiamo davanti allo scafo che compare per un attimo dal mio faretto e subito viene illuminato dal faretto di Peppino. Sto filmando Filippo che si china a prendere qualcosa, si rialza e guarda verso lo scafo, facendo una faccia allarmata e lo vedo che balza verso di me gridando a Savino: “Accelera, accelera!!“ Giro l’obiettivo della telecamera e punto il faretto verso la poppa della V.1692, appare la prua dello scafo gigante che ci sta venendo addosso!!La prua del VELENO è a circa un metro dalla nostra poppa…
Al centro Savino cerca di defilare la vedetta, ma sembra come se avesse una calamita e la prua dello scafo continua ad avvicinarsi alla nostra poppa.. Continuo a filmare potendo fare altro.. tutto intorno è buio . Il fragore dei motori che urlano è assordante e sembra come se vedessero anche loro quel bestione che sta per salirci sopra. Gli schizzi dell’acqua ci arrivano dappertutto, l’acciaio lucente di quel cono del diametro di qualche metro che sta per toccarci… La potente prua dello scafo come il muso di uno squalo si adagia sul gradino della nostra poppa e sembra come se volesse salire ancora e spalancare le sue fauci. Non lascio la telecamera, anche se non so cosa può accadere.
Per almeno sei secondi quella prua rimane appoggiata sulla poppa della nostra barca e Se lo scafo fosse un poco più veloce spingerebbe la nostra poppa più giù , la nostra prua si alzerebbe facendoci
perdere la planata e lo scafo ci passerebbe sopra tagliandoci a metà!!!
Sono attimi lunghissimi… sei secondi …poi guardando nella telecamera vedo la sagoma del “muso del Supertermoli“ che se ne va di lato e ci..”grazia“. Ci allontaniamo un po’ e cerchiamo di riprenderci, Filippo per radio grida che ci hanno speronato, la radio impazzisce e dalla sala operativa ci chiede se abbiamo riportato danni, se stiamo ancora inseguendo e che se vogliamo possiamo fare uso delle armi. Il Guardacoste ci chiede notizie se qualcuno si è fatto male.
La V.1691 che ha visto, anche se da lontano, la scena ci dice di non mollarlo! Ormai stiamo entrando nelle acque territoriali montenegrine e possiamo fare ben poco. Siamo di nuovo affianco al Veleno . Lo scafista si affaccia dal finestrino e ci fa un cenno come per dire che non lo ha fatto apposta, ma la risposta di Filippo è una raffica di mitra sull’estrema poppa dello scafo, in direzione della sala macchine.
Comunque, capiamo anche noi che la manovra non è stata intenzionale, altrimenti sarebbe continuata e chissà come sarebbe andata a finire… Male sicuramente. Savino dice a Filippo di non sparare più. Non possiamo far altro che accompagnarlo per altri cinque minuti. “Dieci miglia da Bar“ dice Peppino. Lo scafo continua a correre alla velocità di cinquanta nodi… Savino si allontana da lui, rallenta e mi dice: “Spegni il faretto Lorè”…lasciamo “VELENO” con tanto… veleno in gola!
Incredibile, sono riuscito non solo filmare l’ inseguimento, ma anche lo speronamento o come si puo’ chiamare …altro che REAL TV!!
(fine settima puntata)
Le foto ed i filmati pubblicati nel presente articolo provengono da vari archivi.
Ringraziamo: La GdF – Maurizio Mainardi e Maurizio Santo per la passione e disponibilità che ci hanno consentito di arricchire il testo del libro con immagini e filmati che riescono a rendere, anche se in parte, l’idea di quelle battaglie in mare condotte con tenacia e coraggio dai finanzieri, sfidando tante avversità.Da notare che i combattimenti in mare di quell’epoca erano condotti con lealtà da entrambe le parti e come si dice: erano “altri tempi!” Mi ha colpito molto l’umanità con cui l’autore descrive di quei padri di famiglia che, non sapendo fare altro, poiché da bambini i loro padri gli avevano insegnato a fare i pali o spostare le casse di sigarette… da grandi non avevano avuto altra possibilità di lavoro e gioco forza, costretti a fare gli scafisti, per far vivere le loro famiglie e permettere ai propri figli di andare a scuola, per un futuro migliore, svolgendo un lavoro dignitoso, che non fosse quello del contrabbandiere, un mestiere pericoloso che, volenti o nolenti erano stati costretti a fare, devastati da miseria, ignoranza ed impossibilitati ad andare a scuola ecc..
Tutto questo dovrebbe far riflettere non poco e ringrazio l’autore del libro che ha avuto l’onestà e la sensibilità di evidenziare questo che non è un semplice dettaglio di quel fenomeno, ma un vero atto d’accusa, aggiungo, contro la politica vergognosamente lontana dal paese e dedita alla corruzione ed allo spreco di danaro pubblico che ha logorato i cittadini.
Il nostro è un paese dilaniato che ha condannato tanti, troppi italiani a non avere più dignità e lavoro.. Basta guardare i dati della disoccupazione generale e quella giovanile che non ha precedenti nella storia di questo paese. Uno smacco notevole che ha vanificato in parte il lavoro di uomini che a costo di grandi sacrifici, rischi sovente seri per la propria vita e tanta passione, hanno servito lo Stato per difenderlo dalle associazioni criminali che, nella loro assoluta negatività, riuscivano ad offrire lavoro sporco per pochi spiccioli a persone disperate che non trovandolo accettavano l’umiliante proposta, perché dovevano pur vivere.
Lascio a chi legge le considerazioni!!
Giacomo Vitale
Emozioni immense…
Grazie MAURIZIO!!
..l’ho letto tutto d’un fiato!…a parte un personale rilievo sul paragone (a mio parere esagerato :)..) da te usato “….e le stecche di sigarette che uscivano fuori …una scena da inferno Dantesco!”, devo dire davvero AVVINCENTE!!
Io che non ho avuto mai la fortuna di vivere momenti del genere, grazie a te ho avuto la possibilità di poter quasi sentire l’adrenalina, i brividi, l’eccitazione ma anche la rassegnazione, la delusione, la rabbia ovvero tutti i sentimenti e gli stati d’animo dei finanzieri di mare durante gli inseguimenti dei velocissimi scafi contrabbandieri..
Grazie Maurì
Carissimo Maurizio,
non mi devi ringraziare di nulla, ho solo messo tutta la mia passione per trasformare un libro cartaceo in qualche cosa che rendesse meglio l’idea di tutti gli episodi, spesso al cardiopalma, che hai saputo raccontare come stessero accadendo in quel preciso momento di narrazione. L’informatica può veramente tanto oggi e si riesce così a trasmettere al lettore un messaggio più vivo ed affidato alle foto ed ai filmati, che in larga parte rendono l’idea di tutto quello che insieme hai tuoi colleghi avete vissuto spesso in condizioni proibitive: di notte nel buio pesto, al freddo, sotto la pioggia, in condizioni meteo avverse…
Ti ringrazio per la fiducia che hai riposto in me.
Buon vento a tutti!!
Carissimo Giacomo,
non finirò mai di ringraziarti di aver pubblicato …per tutti queste avventure. Le leggo e mi ritrovo di nuovo li come se stessero accadendo ora… Eppure sono passati quindici anni!!! Non riesco ancora a credere di aver partecipato ad un periodo storico così particolare per la “Guardia di Finanza”. Soprattutto, non riesco a credere che esistevano ed esistono tuttora persone così “straordinarie”, professionali e preparate, coraggiose, umane, capaci di insegnare tantissimo e non smetterò mai di ringraziare tutti per quello che hanno saputo dare!!
Buon vento a tutti!!