Racconti del Comandante – Storia di un piccolo M/Veliero di Giovanni Ajmone Cat
AltoMareBlu ha l’onore ed il piacere immenso di presentare agli appassionati di feluche a vela latina il San Giuseppe Due, in uno scritto storico del suo armatore, nonché Comandante Giovanni Ajmone Cat.
San Giuseppe Due
La straordinaria ed eccellente feluca costruita a Torre del Greco fu varata il 10 agosto del 1968. Progettata secondo le direttive di antiche costruzioni simili richieste dal suo Comandante e adatta agli scopi che si prefiggeva, utilizzò nella seconda spedizione un equipaggio appositamente addestrato della Marina Militare, con cui riuscirono a superare le avversità atmosferiche di un ambiente estremo della zona zona più a sud mondo. Interessantissima e coinvolgente la sintesi dei trascorsi di navigazione raccontati.
Purtroppo, questa gloriosa feluca ha vissuto e sta vivendo vicissitudini dovute ad una pessima gestione del suo lascito gestito in gran fretta con cui è stata ceduta alla Marina Militare. A nostro modo di vedere, scevri da ogni inutile polemica, ci sono stati molti intoppi di vario genere, ma il ritardo notevole per la ristrutturazione della feluca che sembrerebbe indirizzata verso un utilizzo museale, ci sembra eccessivo. Notevoli le critiche, i commenti di tanti appassionati, la delusione dell’ex equipaggio militare che la stessa Marina Militare forni al Comandante Ajmone Cat per gli alti scopi scientifici delle spedizioni, in particolare l’ultima.
Il tutto è ricaduto sulla situazione economica del vecchio continente, ormai nelle mani di un potere economico fuori controllo che ha impoverito tanti paesi, in particolare il nostro, creando una economia a debito che lascia letteralmente il paese senza disponibilità economiche, con la dannata moneta straniera Ue -Bce che ci ritroviamo.. Insomma, data la situazione di prostrazione generale economica del paese, la povera Marina Militare, ormai a corto di risorse si affida alle Università specifiche cercando con il lavoro di sperimentazione degli studenti, oltre ad enti privati per le risorse, di realizzare quanto si spera per lo storico Veliero.
Una domanda nasce spontanea: ma tutto questo Vi sembra giusto? Quando gli eredi morali della sorte di questa gloriosa feluca, ovvero i quattro componenti dell’equipaggio della Marina Militare, riusciranno a vederlo definitivamente posto in modo onorevole come meriterebbe?
Quando quattro ubriachi delinquenti ultras stranieri distrussero un noto monumento di Roma, trovarono subito le risorse con cui in pochi giorni lo rimisero a posto. Con tutto il rispetto per l’arte museale ed il grande autore di quel monumento storico, non credo che il San Giuseppe Due, sia pure con prerogative diverse sia secondo ad esso e vedo una classe politica incompetente ed ignorante che discrimina perfino su due opere d’arte che andrebbero tutelate entrambe allo stesso modo, essendo ricchezza e memoria storica di questo paese. Purtroppo, la politica è sempre in cinta di imbecilli che poi ci governano!!
Giacomo Vitale
Il Tenente di Vascello Giacomo Bove, della Regia Marina, idrografo e già collaboratore di Nordesnskiold a bordo della nave “ Vega“, nella scoperta del passaggio di Nord/Est, si trova ad affrontare con gli Argentini anche i misteri dell’Emisfero Australe al comando del tre alberi “Cabo de Hornos“ che troppo grande per affrontare le acque ristrette dei Canali Fueghini, interessante zona per ricerche antropologiche, viene sostituita appunto con la goletta “San Josè = San Giuseppe“ che purtroppo il 31 maggio 1882 naufraga nelle acque di Ushuaia, punto centrale della Terra del Fuoco. L’equipaggio si salvò raggiungendo la costa con un canotto.
Il pensiero di Bove è studiare l’ambiente Australe per organizzare una Spedizione Italiana in Antartide.
Rientrato in Italia, trovando scarso interesse da parte delle Autorità non potrà realizzare il suo sogno e finirà suicida a Verona a soli 35 anni, il 9 agosto 1887.
Circa 90 anni dopo il naufragio del “San Josè“, si presenta ad Ushuaia, diretta in Antartide la Feluca Italiana “San Giuseppe Due“ che, senza che nessuno dei vivi se ne renda conto, stabilisce un filo di continuità:.. l’Italia marinara nel Continente Australe…; la vecchia goletta “San Josè“ ha un successore che porta lo stesso nome con la – distinzione – “Due“ , perché, come nelle famiglie Reali o nel Papato vi sono priorità che vanno rispettate e registrate nella Storia. Forse il volto del Tenente di Vascello Bove, che tanto aveva sofferto in questa vita inseguendo un ideale mai raggiunto, guarda commosso il tentativo di un’altro italiano di portare il Tricolare in Antartide.
San Josè, San Giuseppe Due, due nomi in uno: per i credenti una Provvidenza, per i non credenti una Fatalità, comunque il segno di un destino certamente manovrato da qualcuno o più di qualcuno che, da un mondo a noi sconosciuto, guida gli eventi.
Il piccolo San Giuseppe Due, una feluca di sedici metri, molto italiana, perché costruito a Torre del Greco, nel golfo di Napoli, parte per le Isole South Shetland, primo approccio all’Antartide, guidato da un invisibile filo che collega con un’altra dimensione. Il suo Comandante è una strana figura, un contadino-marinaio che aveva vissuto la durezza della bonifica e la sofferenza del cabotaggio: affascinato dalle tribolazioni e dalle incertezze di quel passato, sente di portare queste esperienze in un ambiente estremo: l’ ANTARTIDE.
Così il 31 dicembre 1970, realizzando i sogni di tanti, la piccola Barca raggiunge le isole South Shetland in Antartide ed in particolare Isla Deception, in cui i vulcani attivi salutano il nuovo anno con un esplosione da far morire d’invidia i pirotecnici napoletani.
Il Passaggio di Drake, via obbligata dalla Terra del Fuoco all’Antartide, è tempestoso ma amico, perché, pur accogliendo duramente la piccola Barca , non la sacrifica alle sue inviolabili acque, ma pur con rudezza, le consente di raggiungere la meta: è un vero definitivo battesimo del mare, da cui il piccolo San Giuseppe Due esce rinfrancato e quasi promosso all’invulnerabilità, “quasi“ perché il mare può sempre rimettere in discussione l’operato di chi non è degno di viverlo.
Arrivato in un ambiente ambito e sconosciuto il piccolo Veliero si trova ad essere strumento per aprire conoscenze nuove di carattere umano, come sopravvivenza laddove la vita è legata a valori essenziali ed a forme cui l’uomo civilizzato nel mondo attuale non è <più abituato>: niente bar, niente tabaccai, niente televisione, tra l’altro allora poco diffusa, comunque nessuna manifestazione di vita legata al progresso moderno.
Non c’è la varietà cromatica abituale dell’ambiente che normalmente ci circonda, non più fiori, non più viali alberati, non più verdi prati, solo distese gelate e dirupi inaccessibili: qui dominano il bianco dei ghiacci ed il nero delle rocce in uno scenario drammatico ed austero che ha portato i marinai imbarcati al limite della loro accettazione, oltre alla buona volontà e agli sforzi individuali per superare le avversità, amico e utile è stato l’aiuto di alcune Marine straniere e delle Organizzazioni Antartiche di paesi amici.
La piccola Barca, teatro di tutto questo, ha con se una cosa allora molto importante: la BANDIERA ITALIANA. Bandiera che lascerà alle Isole Falkland/Malvinas un ricordo indelebile, perché prima Bandiera Italiana nell’estremo Sud, per giunta reduce dall’Antartide.
Il rapporto tra gli “Antartici“ delle altre nazioni e la piccola Barca sono molto stretti e fruttuosi e dalla mini plancia del San Giuseppe Due, sono realizzati lavori idrografici e biologici.
La Barca entra anche in una baia di nuova formazione vulcanica nell’Isla Deception, ne farà i rilievi, nuovi da sempre, ma il Governo Italiano ignorerà la Scoperta Geografica.
Nel corso dei trasferimenti di andata e ritorno tra località lontane tra loro e di difficile raggiungimento per la solitudine di Isole e di zone impervie, il piccolo Veliero porta il conforto del calore familiare, recapitando scrupolosamente la posta e riprendendone altra da spedire dai rari e sperduti Uffici Postali del Sud Atlantico. A Puerto Madryn, nel Museo del < Correo >, ne esiste una memoria documentata.
La piccola Barca sorprende le genti che incontra per aver vissuto una grande navigazione con così modesti mezzi. I filatelici realizzano un annullo speciale e spediscono buste da e per tutto il mondo.
Le Comunità Italiane all’estero si sentono più unite alla Patria quando il San Giuseppe Due porta in quei posti remoti i colori della Terra Natia.
La Marina Militare italiana condivide ideali e sentimenti ed invia due nocchieri di leva per aiutare il rientro dall’Antartide nel 1971 (dopo che la barca era rimasta senza uomini), concludendo così quanto sognato dal Tenente di Vascello Giacomo Bove, anche se forse con una regia che, non necessariamente, collimava al cento per cento con quanto Lui desiderava: questo non si potrà mai sapere ma resta il fatto che tra i sogni ed i desideri e la loro realizzazione esiste un duro filtro che è la realtà della vita che modella e modifica gli eventi secondo un disegno superiore a noi sconosciuto.
Questa storia interessa tanto la Marina Militare da indurla a partecipare con suo personale, altamente specializzato per formare l’equipaggio, con aiuti logistici, diplomatici e appoggio idrografico e sanitario alla realizzazione di una “ Spedizione Antartica Italiana 1973/74“ nell’intento di sviluppare ed ampliare quanto iniziato nel primo viaggio 1969/71.
Ancora una volta la piccola Barca con il suo equipaggio tutto italiano è ambasciatrice d’Italia tra le Autorità del Sud America, prima fra tutte le argentine e porta il conforto della Patria alle sperdute Comunità Italiane, in particolare a quelle della Patagonia e della Terra del Fuoco: Ancora una volta la Bandiera Italiana garrisce possente nei violenti venti del Sud Atlantico, anche nelle Isole Falkland/Malvinas dove la Marina Militare Italiana sarà rappresentata in una Parata militare ed infine, ancora unica e prima, nuovamente in acque Antartiche.
Il San Giuseppe Due è come prima e forse più di prima centro d’interesse nazionale ed internazionale per la raccolta di vari dati scientifici, in parte coordinati dall’Istituto Universitario Navale di Napoli: osservazioni sulla trasparenza dell’atmosfera in quasi assenza di evaporazione, rilievi idrografici in zone non scandagliate, bianche sulle carte nautiche, raccolta di materiale biologico e geologico interessante anche per altre Nazioni, osservazione di balene, della loro posizione e della loro approssimativa rotta e sopratutto partecipazione del dramma umano di chi, non preparato, affronta quell’ambiente e quelle latitudini. (Cosa accaduta, in particolare nel Primo viaggio).
Infine, il rientro nel 1974 con un lungo e proficuo viaggio che tocca le Orcadi del Sud dove viene realizzato un amichevole collegamento, con scambio di doni e di cortesie, tra gli Argentini dell’Isola Laurie ed i Britannici dell’Isola Signy, e approda pure la Georgia del Sud dove il San Giuseppe Due appoggia la British Antarctic Survey rifornendo e trasferendo ad altre basi (sempre della stessa Survey) personale in difficoltà per il mancato arrivo dell’attesa Nave Logistica, ritardata dai ghiacci; le basi in Sud Georgia erano allora e forse ancora oggi sono raggiungibili solo via mare.
Il M/veliero, durante il viaggio di ritorno a casa, realizza ancora un Servizio Postale, notizia curiosa, di posta aerea tra l’Isola di St. Helena e l’ Isola di Ascension dove allora c’era l’unico collegamento aereo del Sud Atlantico, attuato dai “cargo“ della U.S. Air Force; allora l’Isola di St. Helena riceveva la visita di una nave Cargo-passeggeri ogni tre mesi.
Infine, il rientro in Patria che, pur apparentemente festoso, non è di reale benvenuto e la piccola Barca, per sopravvivere, si ripara sotto l’ombrello Britannico.
Mantiene il suo nome ed il suo carattere e sopravvive facendo manutenzione in Portogallo, eleggendo in un primo momento, Gibilterra come base, alle leggendarie “ Colonne d’Ercole.
Da questo porto, trampolino dal Mediterraneo all’Atlantico, si realizzano svariate iniziative anche in collaborazione con l’ Istituto Universitario Navale di Napoli e con Istituti Nautici dell’omonimo golfo: osservazioni con “sestante a bolla“ in confronto con quello ad orizzonte marino, nella zona dell’Arcipelago di Madera, con risultati apprezzati anche dalla Ditta Plath, misurazioni di latitudine con il solo cronometro, seguendo un procedimento sperimentale studiato dal Navale di Napoli, per poterlo forse applicare alla navigazione delle lance di salvataggio ed infine ecco gli studenti dell’Istituto Nautico di Torre del Greco, nel corso di due anni scolastici successivi, solcare le onde, anche con i loro insegnati, alla ricerca, da quello storico ponte, di una familiarità con il loro ambiente futuro: un vero “ Battesimo del Mare “.
Ma la piccola nave ha difficoltà a vivere e per mantenerlo, si presta prima ad un charter tra Napoli le Isole di Capo Verde e l’Africa Centrale, poi in Corsica ad eseguire una “linea Internazionale“, durata quattro anni, tra Porto Vecchio e La Maddalena: discreto successo per una cosa tanto fuori dal normale, con tanti rapporti umani interessanti sia con i passeggeri sia con le Autorità.
Poi un occasione imprevista: la partecipazione alla traversata oceanica in commemorazione della scoperta dell’America. L’Istituto Navale di Napoli provvede a fornire riproduzioni operative di antichi strumenti di navigazione ed a dirigerne l’uso. Ritorna così una vecchia nostalgia: per tanti anni il San Giuseppe Due aveva doppiato Cabo San Vincente, dove i monaci salutavano le navi di passaggio con la campana, poco a NordOvest di Segres sede dell’antica Scuola Nautica fondata da Re Enrico II il Navigatore, sito monumentale di storia e di antica tecnica, punto di avvistamento delle Caravelle reduci da lunghi viaggi di esplorazione.
Napoli, Cadice, Las Palmas, San Juan de Portorico il viaggio di andata. La piccola Barca, non nuova agli Oceani, si comporta egregiamente anche se troppo lenta per i “ puristi “ della < Sail Training Association >, organizzatori del viaggio. La storica Barca non si cura dei pareri che non interessano ma raccoglie un suo successo per il lusinghiero risultato dato dalle osservazioni con gli strumenti antichi. Colombo ne sarebbe stato soddisfatto e forse, dall’aldilà, benedice questi tentativi di eseguire il viaggio di Commemorazione con metodi a Lui familiari.
Bermude, New York, Boston Liverpool Nuova Scotia, St Jons Terranova dove Marconi eseguì i sui primi esperimenti sulla propagazione delle onde elettromagnetiche.
Ed in queste acque la Bandiera Inglese diventa di famiglia, nel ricordo di Giovanni e Sebastiano Gaboto, che molti secoli prima, avevano esplorato e reso navigabile il Gaboto Street, estuario del Fiume San Lorenzo e le coste della Terra Nova: anch’essi, pur italiani, operarono nelle loro scoperte con i colori del Regno d’Inghilterra.
Comunque il Comandante, contadino-marinaio, in tutte le manifestazioni del viaggio, indossa la divisa di Capitano della Marina Mercantile Italiana: una testimonianza nazionale atta a riportare ad oggi storia e leggenda d’ italica tradizione.
Il rientro da Terra Nova a Falmouth è duro ma molto regolare: il Nord Atlantico, forse in ricordo del Passaggio di Drake, è forte ma benevolo ed il piccolo San Giuseppe Due non incontra grandi problemi ed in quattordici giorni traversa l’Oceano Atlantico raggiungendo la Cornovaglia, terra di Re Artù, gravida di leggende e di storia che ovunque aleggiano nell’aria.
La Biscaglia con una durissima burrasca, El Ferrol del Caudillo, la Costa de la Muerte, infine Gibilterra, il Mediterraneo, il Sud della Spagna, Torre del Greco, luogo di origine dove molti cuori hanno sempre seguito questa piccola Barca e sognato nel suo destino: termina qui il ritorno da questo lungo e storico viaggio.
La “ BARCA “ è ancora al centro dell’attenzione di tanti appassionati e partecipa alla “Cutty Sark” del 1996 suscitando gli interessi di molti, sopratutto delle Marine Straniere ed in particolare provocando la nascita spontanea di due gemellaggi morali, uno con la Nave Scuola Venezuelana “ Simon Bolivar”, vincitrice del trofeo e l’altro con un’altra Nave Scuola, la portoghese “ Creola “ ex peschereccio sui Banchi di Terra Nova; anche dalla Nave Palinuro della Marina Militare giungono tangibili segni di simpatia.
Da allora la Lega Navale Italiana, Sezione di Portici, si interessa al San Giuseppe Due, organizza visite a bordo per le scuole ed una crociera culturale ed espositiva nei Tre Golfi: Napoli, Salerno e Policastro. In quel periodo, aggregatasi alla Lega Navale, entra in scena l’ E.N.E.A. “ Progetto Antartide” che a Fiumana grande, presso Roma, dove il MotoVeliero si trova ormeggiato, organizza una manifestazione dedicata appunto al Continente Australe, proprio in considerazione di questa presenza storica e diffonderà anche un calendario per l’anno 2000 dove assieme a Navi Antartiche famose come l’Endurance di Shackleton, la Discovery di Scott, la Fram di Amundsen e tante altre presenze indimenticabili come Cook, Bellingshausen, Bougainville , appare la Piccola Storica BARCA.
Qui finisce una storia che, pur avendo avuto risvolti quasi leggendari, è poco conosciuta proprio in quella Italia rappresentata con tante fatiche e con tanti dolori in territori lontani a volte sconosciuti.
Ora la piccola Barca è orfana ed ancora in esilio sotto i colori di Albione, ma i suoi figli “adottivi“ si sono offerti come una volta a formare l’equipaggio per riportarla a casa nel suo ultimo viaggio, ma trova nella Patria, che tanto appassionatamente ha portato con se in mondi allora misteriosi, pochissimo interesse e leggi inadeguate a permetterle di invecchiare sotto il vecchio TRICOLORE originale.
Quale sarà il futuro? Nave Museo in mare o in terra, magari!! Nave scuola ma in mano di chi?? Demolizione forse??
L’Italia e non sarebbe la prima volta, butterebbe via un’altra delle sue radici!
Anzio, Dicembre 2005
Giovanni Ajmone Cat- Capitano di Lungo Corso – Dott. In Scienze Agrarie.
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