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Navigazione in altura – di Antonio Soccol

28/01/2008/9 Commenti/in Antonio Soccol, Antonio Soccol - Articoli, Articoli riviste nautica, Superyacht/da Antonio Soccol

di Antonio Soccol

Quattro notizie: la nuova barca dell’Aga Khan, la nuova sfida per la più veloce traversata dell’Atlantico senza rifornimenti, il giro del mondo di una barca bio-diesel, il ritorno della più massacrante gara offshore: il “Giro della Gran Bretagna”. Questi gli argomenti che hanno tenuto banco durante l’autunno-inverno fra quanti amano la navigazione in altura.

La prima “info” sulla barca dell’Aga Khan è apparsa in Italia sul “Corriere della Sera” del 19 novembre 2007 con un richiamo in prima pagina (woaw!) e grande “paginata” (pag. 27) a firma di Alberto Pinna. In realtà, come confessa il giornalista, la notizia era già stata data in esclusiva il 12 novembre da Simon Trump sul quotidiano inglese “Sunday Telegraph”.

L’Aga Khan ha sempre avuto barche e, una in più o una in meno, il fatto che si sia fatto costruire un superyacht da 46 metri e mezzo, non dovrebbe far notizia. Il fatto è che questa barca avrebbe dovuto filare 80 nodi e che le intenzioni del 71enne iman degli ismailiti erano di utilizzarlo per conquistare l’Hales Trophy, cioè il trofeo che premia la più veloce traversata dell’oceano Atlantico.

(c’è anche il “Nastro Azzurro” ma quello è riservato alle navi).

Da New York al faro Bishop che, all’altezza delle isole Scilly, rappresenta il traguardo finale della traversata sono circa tremila miglia (2.874 di rotta precisa precisa). Il miglior tempo sinora registrato, nel 1998, è quello del catamarano “Cat-Link V°” che ha impiegato 2 giorni, 20 ore e 9 minuti stabilendo così una media di 41,2 nodi. Su qualche classifica (riservata però alle navi) figura anche la prestazione del “Destriero” che, nel 1992, impiegò 2 giorni, 10 ore e 34 minuti. Come si ricorderà “Destriero” era stato voluto proprio dall’Aga Khan quando ancora era proprietario della Costa Smeralda.

AlamsharChe cos’ha di speciale questa nuova barca che si chiama “Alamshar”? Di bello niente. Di tecnico parecchi problemi. Costruita dai cantieri DML di Plymouth, è nata con la spinta di gas turbine Rolls Royce che però non hanno dato le prestazioni richieste e sono state sostituite da altre prodotte negli Usa da Pratt & Witney. (E’ interessante qui ricordare che già nel 1966, Jim Wynne correva in offshore con uno “Thunderbird”, uno scafo in alluminio del cantiere Maritime da 32’ spinto da una coppia di turbine della United Aircraft che sviluppavano 445 cv ciascuno, mentre nel 1973 Tommy Sopwith sperimentò delle turbine Rolls Royce sullo scafo offshore “Miss Embassy”).

Le nuove Pratt & Witney dell’Aga Khan operano su idrogetti (a ridanga!) non dichiarati e pare che per il momento il top della velocità raggiunta sia di appena (si fa per dire, comunque) 60 nodi, il tutto condito da un principio di incendio. L’Aga Khan è un po’ abbonato agli incendi a bordo: proprio per questa causa perse, alla fine degli anni Sessanta, una bella barca che John Angeli gli aveva progettato, sempre con la spinta di gas turbine e che era stata costruita dai cantieri Baglietto di Varazze.

Dagli articoli del “Sunday Telegraph” e del “Corriere della Sera” si ricava anche la notizia che il vecchio “Destriero” verrebbe rimesso in linea (dopo anni di abbandono) per fare da “sparring partner” al nuovo “Alamshar”. Non so: non basta un buon gps per vedere quanti nodi fila una barca? Per concludere: le linee dell’opera morta della nuova barca del principe ismailita non sembrano molto aerodinamiche: ha tre ponti piuttosto massicci e una superficie frontale da camion. Ma sembra che non le possano impedire di battere almeno il record mondiale di velocità per super yacht che, dal 2004, appartiene all’imbarcazione neozelandese “The world is no enough” con la media di 65 nodi. Auguri.

Come ? Quanto costa? Non si sa con esattezza: si parla di un milione di sterline cioè circa 150 milioni di euro. Ma non scandalizziamoci. Ci sono, in questo momento, in costruzione (in tutto il mondo, ma la maggioranza è in Italia) ben 960 imbarcazioni con lunghezza superiore ai 130’ (oltre 40 metri ft) e Ruggeromassimo Jannuzzelli, vicepresidente esecutivo del Gruppo Baglietto, intervenendo alla tavola rotonda organizzata a Milano dalla banca “Intesa-San Paolo” e da “Pambianco-Strategie di impresa” sul tema “Gli scenari futuri della Moda e del Lusso”, ha dichiarato che il suo Gruppo ha commesse sino al 2010… E’ stato calcolato che, verso la fine del secolo scorso, le persone al mondo in grado di permettersi un super yacht non fossero più di ottanta. Ora pare siano circa seimila. Prosit.

E passiamo alla seconda notizia: è stata pubblicata a firma di Dag Pike su un mensile specializzato italiano. Dag Pike è un giornalista con la mania delle traversate dell’Atlantico: ha il record mondiale in materia. In Italia è famoso anche per un libro: “Navigazione a motore con tempo cattivo” (ed. Mursia): una raccolta di stupidaggini così incredibili che qualcuno (io) quando il volume uscì in italiano, lo recensì con queste parole: “Se volete esser sicuri di affondare (e se siete coperti da una buona assicurazione), acquistate, leggete con attenzione questo libro e seguitene i suggerimenti”…

Dag riferisce che esiste un record sull’Atlantico che premia la barca (non nave) che lo traversa senza fare rifornimenti volanti con petroliere piazzate a un terzo, due terzi o metà percorso.

Il primo, in questa sezione, fu Abiel Abbot Low che, circa cento anni or sono, impiegò 37 giorni.

Oggi Dag Pike, assieme all’americano Steve Shidler, vuol fare di meglio. Userà un catamarano da 50’ (circa 15 metri ft) spinto da una coppia di Volvo Penta da 350 cv ciascuno per una velocità top di 33 nodi e 20 di crociera. Calcola di impiegare perciò circa 6 giorni abbondanti. Boh. Non capisco in cosa consista il gioco: non scopriremo mica nel 2008 i catamarani??? Oltre a tutto, Pike racconta che lo scafo che verrà impiegato è semplicemente una barca progettata e costruita a suo tempo per essere una stabile piattaforma fotografica da utilizzare in occasioni di regate veliche et similia. Insomma qualcosa che con l’oceano ha ben poco a che vedere. Se record e traversate servono per promuovere lo sviluppo tecnologico, qui non vedo dove sia.

Terza notizia: “Earthrace – Racing Around the World for a Better Placet” è il nome di uno scafo che vuol fare il giro del pianeta e battere l’attuale record mondiale dell’inglese “Cable & Wireless” di 74 giorni, 23 ore e 53 minuti, stabilito nel 1998. La barca, costruita in fibre di carbonio, kevlar e compositi vari è lunga 24 metri e larga 8 m. Ha una carena con configurazione a triciclo classico (una gondola centrale e due galleggianti laterali a poppa) ma ogni galleggiante è del tipo “wave piercing” con capacità quindi di penetrare l’onda ed è spinta da due diesel Cummins Mercruiser QSC da 540 cv ciascuno per una velocità top di 45 nodi. La caratteristica principale è che la barca consuma solo carburante biodiesel al 100%.

L’equipaggio è composto da quattro persone e l’itinerario scelto per compiere l’intero periplo della nostra palla, prevede la partenza da Valencia, quindi Tenerife, Portorico, Canale di Panama, Manzanilla, San Diego, Hawaii, isole Marshall, Pulau, Singapore, Kochin, Salalah, Canale di Suez, Mediterraneo, e arrivo a Valencia. In totale dovrebbero essere 59 giorni di navigazione: un bel programma. Un primo tentativo è andato male per vari motivi tecnici e meteorologici. La nuova partenza è prevista per febbraio 2008. Che dire? L’idea di una barca bio-diesel che fa il giro del mondo mi piace molto I suoi serbatoi contengono 10mila litri di carburante e quindi l’autonomia è pari a circa 3mila miglia.

Io non amo questa geometria di carena tipo il leggendario “Bluebird” del compianto Donald Campbell (men che meno con quegli speroni a prua che chiamano “wave piercing”) e non credo che un triciclo classico sia il sistema migliore per andare in giro per gli oceani: garantisce una buona stabilità trasversale, impedisce il decollo ma non gode di alcun sostentamento aerodinamico e quindi non ne capisco l’utilità là dove ogni chilo da trasportare è davvero zavorra a meno che non aiuti. Però, come ha scritto tale Leonardo da Vinci: “Quando ti avvien di trattare delle acque pria l’esperienza e poi la ragion delle cose”. Vedremo e intanto: in culo alla balena, ragazzi.

Ultima news: torna il “Round Britain Offshore Power Boat Race”. Partirà il 21 giugno (è il mio compleanno, fatemi gli auguri e … un regalo) da Portsmouth e si svilupperà in otto tappe molte delle quali lunghe ben oltre le 200 miglia. Il primo step sarà a Plymouth, il secondo a Milford Haven, il terzo a Bangor (Irlanda del Nord), quindi Oban: da qui, per canali interni, la flotta dei concorrenti sarà trasferita a Inverness dove inizierà la discesa verso sud: Newcastle upon Tyne, Lowestolt, e arrivo a Portsmouth.

Sette le categorie ammesse: “Super RB1” (5 iscritti fra cui l’italiano Fabio Buzzi), “Sport RB2” (11 iscritti), “ Sport RB3” (26 iscritti), “Sport RB 4” (15 iscritti), “Pruduction MC1” (6 iscritti), “Production MC2” (3 iscritti) e infine “ Classic” (8 iscritti). In totale sono 74 barche, la larga maggioranza inglesi, molti i norvegesi, un paio di scafi immatricolati in Svezia e a Jersey e, per il momento, un solo italiano. Non è che ci facciamo una gran bella figura, neh…

Fra le molte notizie reperibili sul sito ufficiale www.roundbritainrace.co.uk mi piace sottolineare la mia totale simpatia alla classe “Classic” che accetta in gara solo scafi con più di 20 anni.. e a quella di un team che metterà in pista due barche spinte solo da carburante biodiesel…

Chi ha detto che le bio-barche non hanno futuro?

Articolo pubblicato nel fascicolo di gennaio 2008 della rivista “Barche” e riprodotto per g.c. dell’autore.

Tutti i diritti riservati. Note Legali

Tags: Antonio Soccol, Bio barca, Superyacht, Virgin Atlantic Challenger II
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9 commenti
  1. Antonio Soccol
    Antonio Soccol dice:
    09/04/2009 in 12:18

    Ha ragione. Al cambio di oggi anche meno. Mi scuso per l’errore. E grazie per la segnalazione.

    Antonio Soccol

  2. Has
    Has dice:
    09/04/2009 in 10:38

    Leggo nel testo:

    …si parla di un milione di sterline cioè circa 150 milioni di euro…

    Ueilà! Un milione di sterline sono poco più di un milione di euro!!

  3. Giacomo Vitale
    Giacomo Vitale dice:
    02/04/2009 in 07:03

    Per utilizzare foto protette da Copyright occorre l’autorizzazione di chi detiene la proprietà e spesso non è cosa facile che concedano.

    Posso solo dirti che potresti tentare di contattare il sito o i siti dove compaiono le foto che si riferiscono alla barca di cui ti stai interessando e spiegando in breve i motivi, chiedere se possono autorizzare a pubblicarle su Wikipedia. Altra soluzione non c’è.
    Cordiali saluti
    Giacomo Vitale

  4. Expander
    Expander dice:
    01/04/2009 in 16:22

    Gentile Sig. Vitale,

    grazie per i complimenti.

    Ho cercato di ricostruire la storia del Destriero nel modo più oggettivo possibile; d’altronde la stessa controversia aveva colpito il catamarano Hoverspeed Great Britain quando nel 1990 aveva superato il record dell’United States…

    Ad ogni modo quello che mi interessava era sia di ricostruire i fatti storici che di mettere il progetto Destriero nella giusta prospettiva tecnica… credo che gli articoli citati dall’autorevole Professional BoatBuilder Magazine, edizione on-line) abbiano aiutato in questo senso.

    Mi chiedevo: qualcuno può aiutarmi nel pubblicare su Wikipedia alcune foto del Destriero che siano libere da copyright? (Wikipedia ha delle regole molto ferree riguardo ai materiali multimediali pubblicati nel loro sito).

  5. Giacomo Vitale
    Giacomo Vitale dice:
    01/04/2009 in 12:32

    Salve,
    il tuo lavoro è ben documentato ed attendibile.
    Qualche riserva sul fatto che il record potesse essere considerato valido solo se fatto con rotta da ovest a est l’avrei espresso. Complimenti!

    Nel libro: “Il Nastro Azzurro” di Frank O. Braynard (Mursia ed., 1982) vengono riportati sempre come validi per il Nastro Azzurro, sia i record dall’Europa agli Usa che viceversa. Alcune navi (e in particolare l’United States che è stato l’ultimo vero transatlantico a vincere l’Hales Trophy) li avevano su entrambi i percorsi. Ovviamente la rotta da ovest a est è più veloce: per l’United States 34,51 nodi l’andata e 35,59 il ritorno….
    Altomareblu

  6. Expander
    Expander dice:
    01/04/2009 in 09:18

    Salve a tutti.
    Volevo segnalare la scheda sul Destriero che sto curando su Wikipedia all’indirizzo web

    http://it.wikipedia.org/wiki/Destriero_(nave)

    Ho cercato di svolgere un accurato lavoro di ricostruzione storica degli avvenimenti con i riferimenti giornalistici dell’epoca e citando, ove possibile, tutte le fonti disponibili.
    Cosa ne pensate?

  7. Antonio Soccol
    Antonio Soccol dice:
    07/02/2008 in 14:10

    Buona mattinata!

    Grazie per quanto mi scrive.

    Indipendentemente dal fascino che suscitano ed esercitano le cose di un tempo, ritengo che quella dell’uomo sia una “evoluzione continua”. Ma come si può progredire, come si può migliorare se non si conosce quanto è già stato fatto, provato, sperimentato, vissuto?

    Questo vale nella ricerca, nello studio, nel lavoro, nella vita e quindi persino anche nei sentimenti.

    In altri termini, non si va avanti se non si sa cosa c’era prima. Ma fossilizzarsi solo nel passato è un po’ depauperante per l’evoluzione.
    Pico della Mirandola sosteneva che la Storia è data da “flussi e riflussi”, Ernesto “Che” Guevara ha scritto che l’umanità fa sempre, prima un passo avanti e poi… tre indietro.

    Negli ultimi due decenni la progettazione in campo nautico non è stata particolarmente fertile e frizzante, specie se la si confronta con quanto aveva prodotto negli anni Sessanta e Settanta, ma non mi sembra una buona ragione per ignorarla completamente. Da qui il mio articolo sopra riportato.

    Per quanto concerne il capolavoro realizzato da Leonardo Petroli, debbo confessarle che mi ha fortemente emozionato. Quel suo modellino in scala 1:20 della barca di mio padre è un’opera superba che dimostra tutte le straordinarie capacità di questo “artista”.

    Potrà leggere il mio articolo (se non trova prima la rivista) e vedere le relative fotografie su questo stesso blog alla fine di febbraio.
    Con i migliori saluti,

    Antonio, figlio di Celeste

  8. Bruno Belli
    Bruno Belli dice:
    07/02/2008 in 01:12

    Buona serata.

    Le faccio i complimenti per l’articolo “Alamshar” …ma personalmente preferisco il ” progetto idroscivolante ” di Celeste Soccol anche mio padre si chiamava Celeste.

    Non ho ancora visto l’articolo che mi ha segnalato il mio amico Sig Leonardo Petroli alla mia edicola non ancora arrivata la rivista Barche… ma ho visto e stampato le trenta pagine dal sito… dispiace che le belle idee “opere” che non hanno età non sono capite da tutti mi riferisco all’operaio che ha distrutto le eliche sicuramente un capolavoro… peccato.

    Complimenti da ora in poi la seguiro nei suoi racconti.

    Cordialmente,
    Bruno Belli

  9. Bruno I.
    Bruno I. dice:
    01/02/2008 in 09:53

    Caro Antonio Soccol,

    a quando un libro “Navigazione a motore con mare formato”?

    Auguri per il 21 giugno.

    Per quella data vorrei andare a farmi il bagno sulla secca Zirri senza lasciarci le eliche di mezzoretta.

    Bruno

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