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La battaglia di Salamina – Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio

11/05/2015/2 Commenti/in Tealdo Tealdi/da Tealdo Tealdi

Il quadro, “La battaglia navale di Salamina” dipinto nel 1868 da Wilhelm Kualbach per il Maximilianeum di Monaco di Baviera, è lungo oltre 10 metri e ci mostra una scena tumultuosa e drammatica, ma mai come deve essere stata, nel 480 A.C, la realtà.

Kaulbach Wilhelm von-Die Seeschlacht bei Salamis-1868

“La battaglia di Salamina 1868” – dipinto di Kaulbach Wilhelm

In effetti lo scontro che si svolse nelle acque dell’Egeo è uno di quegli avvenimenti che hanno avuto più effetti nella storia, in quanto ebbe un impatto essenziale nella sopravvivenza della civilizzazione greca e indirettamente quella romana, che avrebbero potuto soccombere se la flotta persiana, comandata da Serse, fosse risultata vincitrice. Le parole di Temistocle, che in nome della libertà e del concetto, allora così nuovo di democrazia, vuole unire tutti i greci contro i persiani, suonano ancora oggi da monito ed esempio: “E ora diamo fondo alle nostre risorse e allontaniamo queste navi dal grembo della Grecia… Oggi è un privilegio poter essere qui… Questa storia verrà raccontata per migliaia di anni, che la nostra resistenza venga consegnata alla Storia, e che tutti vedano… che noi Greci abbiamo scelto di morire in piedi pur di non vivere in ginocchio!”

La battaglia, che vide da una parte circa 1000 navi persiane e dei loro alleati, contro 370 della coalizione greca, fu vinta grazie alla conoscenza del terreno, a una maggiore mobilità della flotta comandata da Temistocle ed ebbe luogo nel tratto di mare che separa l’isola di Salamina dalle coste dell’Attica. Anche questa volta i greci utilizzarono la stessa tattica adottata alle Termopili ed a capo Artemisio, che consisteva nel cercare di annullare la superiorità numerica del nemico affrontandolo in uno spazio ridotto che non gli permettesse di dispiegare tutta la sua forza.

Le navi utilizzate erano triremi, lunghe 35/40 metri, larghe soltanto 6-7 mt e con un pescaggio ridottissimo, dotate appunto di tre ordini di rematori, capaci di spingerle a forte velocità (6-7 nodi circa, fino a 10 nel momento dell’attacco), la prora era rinforzata da un rostro in legno ricoperto di bronzo che serviva a speronare e ad affondare le navi avversarie. In questo modo poteva essere utilizzata come un siluro che, colpendo il nemico con il rostro sotto la linea di galleggiamento, ne provocava l’affondamento.

Solo quando i vascelli erano ormai a distanza talmente ravvicinata da impedire qualsiasi manovra diversiva, si procedeva all’abbordaggio dell’imbarcazione nemica. A Salamina successe proprio questo e in breve l’angusto campo di battaglia fu talmente ingombro di triremi che i marinai di Serse non poterono mettere in atto le loro manovre e far pesare la superiorità numerica, così la maggior parte delle loro navi fu speronata e affondata oppure abbordata dalla fanteria pesante greca.

Lo scontro volse presto in favore dei greci che lamentarono la perdita di sole 42 unità contro le circa 200 dei persiani, con un braccio di mare in breve tempo invaso dai rottami e i soldati di Serse che cercavano scampo aggrappandovisi vennero in gran parte trucidati dagli ateniesi, ansiosi di vendicare la distruzione della loro città, da evidenziare che i soldati erano armati, e pertanto destinati ad annegare sotto il peso delle armature.

Per passare a un punto di vista navale, ancora oggi ci si meraviglia, anche alla luce di ricostruzioni di triremi fatte in tempi recenti, della capacità tecnica e organizzativa di costruire una tale flotta. Per far fronte alle necessità economiche si sfruttò la scoperta delle ricchissime miniere d’argento del monte Laurion, il cui sfruttamento avrebbe dovuto essere diviso tra gli ateniesi. Temistocle riuscì a convincere i suoi concittadini a destinarlo alla costruzione della flotta facendo loro credere che la vicina isola di Egina facesse una forte azione di pirateria minacciando i commerci della città. Gli ateniesi, preoccupati per i loro guadagni, permisero allo stratega di utilizzare il tesoretto per la costruzione delle triremi.

Come era fatta una triremi?

Della sua complessità ci si è resi conto recentemente costruendone un esemplare, unico al mondo: Olympias. Commissionato e finanziato dalla Marina Militare Greca, su progetto dell’associazione privata britannica The Trireme Trust, Olympias è stato utilizzato per diversi impieghi cerimoniali, tra i quali il trasporto della torcia olimpica nel 2004, salvo poi essere destinato all’esposizione presso Palaio Faliro, assegnato al comando dell’incrociatore corazzato Georgios Averof, nave museo.

Plan GA3

Plan GA3

La nave venne costruita nel periodo compreso fra il 1985 ed il 1987 in un cantiere del Pireo, sulla base di disegni prodotti dall’architetto navale John Francis Coates, sviluppati con lo storico John Sinclair Morrison, avvalendosi anche delle consulenze di sir Charles Willink, grecista e professore al Marlborough College e basandosi su testimonianze desunte dalla letteratura greca, dalla storia dell’arte e da reperti archeologici terrestri e subacquei.

The GreekTrireme

The GreekTrireme

L’idea era stata proposta a Morrison e Coats da Frank Welsh, un banchiere del Suffolk, scrittore e appassionato del tema, che fondò con loro la Trireme Trust. La società convinse il ministero della cultura e la marina militare greca a finanziare i lavori. Il rostro della nave fu realizzato in bronzo e pesa 200 kg. Anche per i chiodi fu utilizzato il bronzo, mentre il legname fu scelto tra varietà americane e africane: pino dell’Oregon e quercia della Virginia per il fasciame, mentre la chiglia è di iroko. Questo per limitare il costo della realizzazione e per la difficoltà di poter ottenere legname di qualità analoga a quella usata nell’antichità per le triremi. Per motivi di praticità, le due ancore in dotazione sono di tipo ammiragliato anche se questo modello venne inventato solo dopo il XV secolo; all’epoca si usava invece un blocco di pietra.

The Geek Trireme

The Geek Trireme

Nelle triremi la struttura portante era mantenuta in tensione da una cima (hypozomata) che univa prua e poppa in due corse, quindi riduceva le sollecitazioni di flessione della chiglia che era montata tramite mortase e tenoni, quindi poco resistente a quel tipo di sforzo. Nelle navi d’epoca classica la hypozomata era realizzata in fibra vegetale ed era portata in tensione all’atto del varo della nave tramite appositi bracci (o cavi), così come la corda di un arco.

Olympias under Oar, Poros, July 1987

Olympias under Oar, Poros, July 1987 c

Nell’Olympias la hypozomata è stata realizzata in acciaio, dato che non esistono fibre né naturali né artificiali con un modulo di elasticità pari a quello dell’acciaio. La tensione dell’hypozomata in acciaio variava con la flessione della chiglia sulle onde, quindi il tirante non esercitava una sollecitazione praticamente costante come una gomena in fibra naturale. Ciò provocava il rischio di una rottura per sollecitazioni ripetute della fune d’acciaio, oltre a portare al collasso della struttura della nave e arrecare danni all’equipaggio, pertanto si dovette rimediare con misure di protezione.

Greek Trireme d

Greek Trireme

Sottoposta a prove in mare fra il 1987 e il 1994, l’Olympias raggiunse una velocità di 9 nodi e fu in grado di effettuare virate di 180° in un minuto, con un raggio di curvatura non superiore a 2 volte e mezza la sua lunghezza. L’equipaggio era composto da 70 vogatori volontari, di entrambi i sessi, questo risultato fa pensare che gli scrittori antichi non indicassero dati esagerati relativamente alle loro capacità.

Trasportata in Gran Bretagna nel 1993, per prendere parte agli eventi celebrativi dei 2500 anni dalla nascita della democrazia, nel 2004 fu utilizzata per trasportare in assetto da cerimonia la fiaccola olimpica dal porto di Keratsini a quello del Pireo, quando la staffetta della fiamma olimpica entrò negli stadi finali del percorso per la Cerimonia di apertura delle Olimpiadi estive del 2004.

Greek Trireme

Greek Trireme e

Equipaggio della trireme nel periodo classico:

Una triremi greca nel periodo classico aveva un equipaggio di 200 uomini, compresi 5 ufficiali. In genere era formato da:

  • comandante della trireme – responsabile anche amministrativamente
  • ufficiale esecutivo – responsabile per la sicurezza del viaggio
  • responsabile dell’addestramento e del morale dell’equipaggio
  •  comandante ufficiale amministrativo
  •  ufficiale di prua
  •  flautista, che dava il ritmo di vogata ai rematori
  • 170 rematori su tre file sfalsate di livello:
  • 10 marinai per la manovra delle vele
  • 14 fanti di marina
  • 10 opliti (fanteria pesante)
  • 4 arcieri

Il film 300: L’alba di un impero
La settima arte, il cinema, non poteva non appropriarsi di un soggetto del genere, reso ancora più scenografico e catalizzante dalle moderne tecnologie digitali, impensabili fino a poco tempo fa.

dal film La battaglia di Salamina a dal film La battaglia di Salamina b

Seguendo il grande successo del precedente 300, incentrato sul sacrificio di Leonida alle Termopoli, che incassò nel 2007 addirittura 456 milioni di $, ispirato alle graphic novel del fumettista Frank Miller, 300: L’alba di un impero, ripercorre quegli avvenimenti. Però non aspettatevi un film fedele alla storia, ma se siete in cerca di spettacolarità epica è il film per voi. Una sontuosa festa per gli occhi, a volte anche troppo, con una fotografia desaturata in cui ombre e atmosfere buie sono tagliate da luci abbaglianti come rasoiate.

dal film La battaglia di Salamina c

I rallenty si ripetono affascinanti quanto costanti: uno schema vincente ripetuto e ripetuto, con un obiettivo che si sofferma su dettagli: lame che trapassano schiene, lance spezzate da scudi, schizzi di fango e di sangue cremisi, teste e arti mozzati, corvi che sfilano occhi a cadaveri.

Un universo di muscoli torniti, sangue, brutalità ed efferatezze, in cui le relazioni umane, gli affetti e il sesso sono consapevolmente ridotti a uno stato di amorale bestialità, con tamburi che come tuoni accompagnano le eroiche selvagge gesta e nel quale la scena di seduzione, corruzione e sesso che Artemisia vive, come una lotta con Temistocle, è impagabile.

Il film è stato oggetto di dure critiche per mancanze e travisamenti storici in molte scene, spesso dettate da esigenzedal film La battaglia di Salamina g cinematografiche, come quelle che riguardano il ruolo di Artemisia, comprimaria secondo Erodoto, antagonista per antonomasia nel film. Questo upgrade è in sintonia con i giorni nostri in cui, per seguire la moda del politically correct, il ruolo della donna e degli uomini viene stravolto, non sempre correttamente, in quanto la regina non era al comando dell’intera flotta persiana, bensì solo di cinque navi da guerra su un totale di 1000 navi circa, inoltre Artemisia viene intesa come la favorita di Dario, padre di Serse, tra i suoi generali.

Storicamente non si sa se fosse veramente così, l’unica cosa certa che fosse soltanto uno dei tanti satrapi dell’impero persiano. Quello che pare invece assodato è che Serse si espresse in termini lusinghieri nei suoi confronti, pronunciando la famosa frase: “gli uomini mi sono diventati donne, e le donne uomini”. Forse non l’avrebbe mai pronunciata o forse ne sarebbe stato ancora più convinto, se avesse saputo che Artemisia, quando ormai la flotta del Gran Re era in rotta, braccata da una nave attica senza possibilità di fuga, decise di speronare e affondare la trireme alleata dei Calindi con a bordo il loro re Damasitimo; il comandante della nave greca vedendo l’episodio, pensò che quella che stava inseguendo fosse un’imbarcazione amica o una nemica che stesse passando dall’altra parte, virò di bordo e puntò su un altro obbiettivo. Artemisia ebbe così un doppio guadagno: da una parte ebbe salva la vita, dall’altra Serse, osservando la sua mossa, non si accorse che quella affondata dalla regina di Caria era una nave amica.

dal film La battaglia di Salamina s

Non per niente lo script del film la definiva: “la sua ferocia è inferiore solo alla sua bellezza”. Della sua pericolosità ne erano comunque convinti gli ateniesi che posero, caso unico, una taglia di 10.000 dracme per chi l’avesse catturata viva, reputando cosa indegna che una donna osasse minacciare Atene.

Ringraziamenti:

  • “Warner Bros Entertainment Italy – Publicity” – Roma per la g.c. delle foto e filmati pubblicati nel presente articolo e riferite all’omonimo film di cui è proprietaria
  • Maximilianeum di Monaco di Baviera “Bayerische Pinakothekenper” per la foto del quadro, “La battaglia navale di Salamina” dipinto nel 1868 da Wilhelm Kualbach pubblicato per g.c..
  • Marina Militare Greca che ha commissionato e finanziato il progetto “Olympias”
  • Associazione privata Britannica “The Trireme Trust”, per la realizzazione della triremi replica “Hellenic Navy General Staff”, di cui le foto ed i disegni pubblicati per g.c.
Tags: Tealdo Tealdi
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2 commenti
  1. Tealdo Tealdi
    Tealdo Tealdi dice:
    08/05/2016 in 20:04

    Gentile Andrea,
    confermo quanto dici ed aggiungo che per i Greci esisteva solo vincere anche morendo, come da loro DNA!!

  2. andrea
    andrea dice:
    08/05/2016 in 19:05

    E’ proprio la velocità delle triremi la spiegazione della vittoria navale di SALAMINA. Tre livelli di rematori conferivano alla nave per quei tempi una velocità impressionante. Anche in mare aperto la flotta greca avrebbe battuto quella persiana del tutto inesperta di strategia.

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