Evoluzione della normativa sulla sicurezza in offshore
di Sergio Abrami
“Come è cambiata la motonautica a 20 anni di distanza dal tragico incidente di Casiraghi a Monaco”.
Dedico questo mio articolo, più da storico che da tecnico, alla memoria di Stefano Casiraghi, un grande campione prematuramente scomparso il 3 ottobre di 20 anni fa. Il suo nome è indissolubilmente legato a quella autentica rivoluzione che è stata l’introduzione della normativa di sicurezza nello sport motonautico.
Basta poco per infilarsi, soprattutto sul poco mosso. A cacciarsi nei guai non solo i piloti distratti… ma anche i diportisti poco avvezzi a leggere carte nautiche e tabelle di marea…
Lo scoglio è lo stesso: ingresso di St. Peter Port a Guernsey UK
Vengo dalla vela e nell’ agosto del 1988 mi sono trovato catapultato nel mondo della motonautica causa una perizia commissionatami dalla FIM.
Una barca da circuito che si è letteralmente disintegrata alla prima uscita.
Ho fatto “carriera”, perché mi hanno “tirato subito dentro” in commissione tecnica FIM e dopo poco ero alla UIM sostituendo nella COMINOFF il ben più conosciuto Daniele Audetto.
In UIM sono stato eletto “sulla fiducia” v. Presidente della COMINOFF.
Le riunioni di commissione e plenarie si tengono in occasione dei Campionati. A Montecarlo, sede del Mondiale 1990, l’argomento provvedimenti in ordine alla sicurezza in offshore era già schedulato da tempo. Vi posso garantire che quanto si è fatto in tempi brevi dopo l’incidente di Montecarlo dell’ottobre 1990 è stato certamente accelerato dall’incidente di Casiraghi, ma era già nei programmi istituzionali della FIM e della UIM.
Nel 1987 era morto durante una gara all’Isola di Wight – Cowes, Didier Pironi campione di Formula 1 passato alla motonautica. Le imbarcazioni erano sempre più veloci e gli elicotteri di assistenza avevano difficoltà a seguirle!
Significativa la tabella sottostante.
Già a fine ottobre 1990 viene organizzato dalla Federazione Italiana Motonautica, un Seminario internazionale sulla sicurezza.
Una piccola soddisfazione personale nel 2000 a coronamento di 10 anni di impegno…
I risultati di tanto lavoro, riunioni internazionali di esperti dei vari settori, nottate di discussioni, testi limati parola per parola e metri di fax hanno dato presto ottimi risultati.
Un sommergibile molto veloce… Steve Curtis & Polli
Steve Curtis & Polli al GP di Rapallo… dopo il numero e praticamente asciutti, ma soprattutto vivi!
Incidenti spettacolari, ma senza conseguenze per i piloti.
In quegli anni (1991) entrano nel mondo dello offshore i paesi del Golfo. Abu Dahabi, Dubai, gli EAU sono in primo piano con team d’eccellenza come il Victory Team del Ruler di Dubai, organizzando memorabili gare di Offshore seguite in diretta TV grazie a ponti video da elicotteri in volo. Lo sport motonautico diventa spettacolo TV.
Uno spettacolo che offre emozioni forti, ma non più luttuosi incidenti!
Oltre alla tribolata genesi della normativa UIM, Articolo 207 – si era arrivati al draft 9 – anche i nuovi materiali, le nuove tecnologie costruttive hanno contribuito al miglioramento degli standard di sicurezza.
Gli scafi in L.L. avevano alcuni grossi difetti… Ad ogni incidente rischiavano l’affondamento.
La buoyancy era assicurata da palloni, sacche in tessuto spalmato.
In questa foto c’è una sacca d’aria che sta iniziando a perdere…
Con la vita appesa ad un filo! Ancora pochi secondi e la barca può scomparire. Vi sembrerà incredibile, ma il concetto di buoyancy era difficile da far accettare ai piloti ed ai team manager, per fortuna…
L’avvento delle costruzioni in composito con strutture a sandwich si è rivelato un valido aiuto alla sicurezza, soprattutto per quanto riguarda la riserva di galleggiamento, non più soggetta a rotture, perdite, ma integrata nella struttura stessa della imbarcazione.
L’imbarcazione continua a galleggiare nonostante i gravi danni strutturali subiti. Soprattutto, per quanto riguarda la riserva di galleggiamento non più soggetta a rotture, perdite, ma integrata nella struttura stessa della imbarcazione. Ma anche l’equipaggiamento personale dei piloti è cambiato in seguito alle norme emanate dalla autorità sportiva nel corso degli anni.
Tutto 0k! in Classe 1 Offshore, situazione più a rischio nelle classi minori dove l’introduzione delle norme di sicurezza è stata più lunga e più difficoltosa, ma l’aspetto della riduzione del rischio nello sport motonautico non è propria solo del mondo dell’offshore…
Ecco le principali innovazioni scaturite nel 1990 dall’articolo 207, ora serie 508.
Queste foto tratte dal servizio su OFFHORE n°12 del 1991 sono di Carlo Borlenghi
Certo che prima o poi in acqua vanno a finire, a questo punto avere una riserva di spinta, per non andare a fondo, per avere facilitata la via di uscita dallo scafo diventa fondamentale.
Avete notato la maschera da pilota di jet… ed il pallone giallo… ed posto di guida (cockpit) fuori dall’acqua… Dove sta’ il trucco? I F1 circuito sono dei veri e propri aerei.
Questo è il cockpit con i suoi comandi, il tutto all’interno di una capsula di sicurezza che deve galleggiare grazie ad un AIR BAG, così si chiama la riserva di spinta in emergenza dei F1 INSHORE D e le aperture a poppa facilitano l’allagamento e la verticalizzazione dello scafo (il motore contribuisce e non poco)..
Ecco in pianta un F1 INSHORE
A prua, nelle estremità degli scarponi ci sono delle aperture per far fuoriuscire l’aria. Corni e musetto sono a frattura prestabilita… Ma il segreto è nel sistema di gonfiaggio..
La pressione di gonfiaggio è minima, il pallone non scende mai sotto il metro d’acqua (0.1 ATM). Problema degli offshore 1.5 atm!
Questi accorgimenti sono indispensabili per non trasformare uno spettacolare volo fuori programma in una tragedia dello sport.
Un pallone di 100 litri d’aria a bassa pressione può salvare la vita. Volano – qualche volta hanno le idee confuse e non sanno nemmeno dove vanno – anche gli amici del circuito.
Guardate il barchino in basso….
Sta già avviando il motore!
Mollare gli ormeggi… sbrigati che viene giù!
Avete capito perché il fondo della capsula è rosso ?!
Allora?! …ci muoviamo??
Voi vi siete divertiti, il pilota certamente un po’ meno, ma sarà fuori dallo scafo in pochi secondi. Bagnato, un po’ scosso, ma salvo!
Abbiamo anche visto che in circuito c’è stato un percepibile incremento degli standard di sicurezza, ma non è stata una operazione facile. Anche in circuito, come nelle categorie minori dell’offshore c’è stata una forte e stolta resistenza alla introduzione delle norme di sicurezza. Prima tra tutte la capsula protettiva o safety cockpit. Lo standard iniziale di resistenza per i cockpit era di 1000 N. Praticamente meno di niente!
Progressivamente si è arrivati ai 4000 N.
Test tipo: Un provino di larghezza pari a 100 mm appoggiato – distanza appoggi 500 mm – non deve superare, senza rompersi, la freccia di 25 mm sottoposto ad un carico concentrato di 4000 o 3000 Newton al secondo della categoria dell’imbarcazione.
Concludendo, credo che ci sia ancora spazio per la ricerca di soluzioni pratiche, non eccessivamente onerose o penalizzanti, tendenti a ridurre ulteriormente i rischi connessi alla pratica motonautica.
Molto è stato fatto, ma è indispensabile non abbassare la guardia.
Il rischio è di considerare di routine verifiche e controlli pre-gara, arbitrariamente considerare non “fondamentali” certi articoli del regolamento di sicurezza.
Non molto tempo fa alcune immagini apparse su una rivista del settore mi hanno fatto scrivere una amara lettera di commento all’attuale presidente UIM.
Cosa succede in offshore?
Non si devono più vedere foto/video simili. Ne va della credibilità dello sport.
Immagino che vi sarete chiesti il perché di questa quasi maniacale ricerca della sicurezza a bordo? Vi svelo un segreto:
P.S.:
Gli sport motoristici di questi tempi non godono di buona stampa. Anche la motonautica è “malvista”, ma è una palestra di sperimentazione, una vasca navale al vero per testare soluzioni, sistemi utili, per perfezionare imbarcazioni di pattugliamento veloce, di SAR (soccorso e ricerca).
NB: Anche i tanto celebrati battelli elettrosolari debbono il loro affinamento alle competizioni motonautiche…
La Motonautica e l’ambiente:
Se l’ UIM è stata purtroppo l’ultima autorità internazionale dello sport motoristico a rendere obbligatorio l’uso della benzina verde, (le benzine “Avio racing” utilizzate in gara avevano ben 1 gr di piombo per litro!), ora forse è la prima autorità sportiva internazionale nel comparto degli sport motoristici ad aver aderito all’UNEP – una Agenzia delle nazioni unite con sede a Nairobi che si occupa di ambiente.
Grazie Francesco,
il tuo commento è quanto mai dettagliato e quindi… inutile tornare su dei punti anche se da scrivere ci sarebbe e non poco come nell’articolo: Enzo Ferrari come Sonny Levi, dai campi di gara alla serie dove avevo già fatto un parallelo tra auto e nautica, tra “miti” e realtà, un tempo lontano ma che drammaticamente si è perso nel mondo della nautica.
Non credo che FIM, UIM o associazioni di progettisti e lo stesso Sergio vorranno mai rispondere; tristemente quando si dice la verità, si finisce sempre nel silenzio più assoluto ed è un peccato. Tu sei giovane, io anche e si sa, il mezzo internet ha aperto il modo di comunicare tra le persone, progettisti e quindi, non esiste più il controllo come avveniva un tempo e quello che abbiamo scritto, sicuramente non è facilmente digeribile. Siamo comunque qui, pronti ed aperti al dialogo.
Notata la vignetta dedicata a Sonny Levi di Harrauer che parla del CYD nell’articolo precedente?
Alex
Purtroppo Alex hai ragione!!!
La tua analisi è assolutamente condivisibile ed i risultati si vedono osservando bene il panorama della motonautica agonistica odierna. Con tutto il rispetto per il lavoro di evoluzione compiuto negli anni dalla Federazione e dai suoi tecnici, purtroppo ancora gli sport motonautici sono molto indietro rispetto ad altre discipline in quanto a sicurezza. Ancora mancano delle regole chiare ed univoche per la costruzione e l’omologazione delle barche che corrono a velocità molto sostenute e sempre crescenti, grazie all’evoluzione dei motori. Purtroppo ad oggi i regolamenti UIM e FIM non prevedono parametri tecnici come: carichi, pressioni di calcolo, campate minime, spessori minimi per le componenti strutturali delle barche, ma si limita a delle formule criptiche dalla difficile interpretazione.
Si è vero la Federazione Italiana è stata la prima a mettere in campo i cupolini obbligatori per le categorie di classe 3, facendo però riferimento al regolamento UIM Offshore che non spiega al progettista, nè da riferimenti normativi internazionali, con quali parametri di calcolo realizzare i suddetti cupolini e lo stesso per quanto riguarda i fasciami le paratie etc… Inoltre non è chiaro come alcuni catamarani che oggi corrono sui circuiti, possano rispettare le norme FIM avendo dei cupolini posticci spesso fatti di un piccolo strato di compensato marino resinato. In tutto questo i cupolini gravano sul peso delle barche, ma la Federazione ha mantenuto lo stesso rapporto peso/lunghezza delle barche senza cupolino, quindi la domanda nasce spontanea: da dove lo recuperano il peso?
Senza scendere troppo in polemici tecnicismi, sarebbe ora che si mettesse seriamente mano al regolamento dando la parola ad un comitato tecnico formato da costruttori, piloti, enti di classifica e chiunque altro possa essere coinvolto nella definizione di regole chiare e precise per la costruzione delle barche o quantomeno si individui una normativa ISO a tal fine.
Per quanto riguarda poi la “commercialità” delle barche da corsa e l’utilizzo delle loro tecnologie in campo diportistico è pura utopia. Il campionato Powerboat P1 nato proprio con l’intento di promuovere i cantieri tramite le competizioni ne è l’esempio più eclatante. Si è passato dall’endurance anni 90′, che prevedeva addirittura una categoria denominata Superyacht in cui potersi iscrivere con barche effettivamente da diporto e anche di grandi dimensioni ad un campionato in cui non esiste nemmeno più la classe “sport”, ma si parte direttamente dalla “supersport”. Anche qui il “buco” normativo assomiglia più alla “Fossa delle Marianne” poiché proprio per la supersport si parla di barche di “serie”, ma di cose di serie c’è ben poco ed ancor più lo sono le velocità.
Il regolamento fissa una velocità massima che attualmente molte barche superano dimostrando che il loro rapporto peso/potenza è nettamente fuori regolamento e fuori di quanto dichiarato, merito anche delle centraline elettroniche che permettono “magici” incrementi di potenza appena fuori dalla portata dei commissari.
“Come pensare quindi che un cantiere da diporto come tanti ce ne sono in Italia possa mai affacciarsi a aquesto mondo proponendo i propri prodotti e promuovendoli in questo modo”?
Forse solo i blasonati cantieri americani che producono “fuoriserie” del mare spinte da intere scuderie di cavalli possono ambire a competere tra loro, ma con barche che hanno ben poco di diportistico.
– Dove sono le barche con i motori diesel?
– Dove sono le barche con un bordo libero che rispetti una qualsivoglia normativa da diporto?
L’ultimo “grande” cantiere italiano che ha partecipato con barche veramente di serie al P1 nel 2007, con addirittura due barche di cui una compartimentata, ha abbandonato la competizione poiché pur gareggiando nella stessa categoria (supersport) si è trovato a competere con barche che erano tutt’altro che di serie.
Ci ha provato anche un grande cantiere inglese con un mezzo dalla firma blasonata ed i motori diesel, ma il risultato è stato il medesimo e l’esperimento non è stato ripetuto.
Quello che ora chiamano “endurance” altro non è che un goffo esempio di circuito per barche grandi e la prova sono la grande quantità di rotture durante le gare, che è ben lontano dal “vero endurance” degli anni d’oro in cui erano i pionieri della nautica quelli che si sfidavano sul mare vero, mettendo a dura prova materiali e mezzi, ponendo le basi per lo sviluppo di quello che oggi serve solo a far andare più forte e non più lontano!
Ripensiamo la motonautica endurance e non partendo dai principi della “classe 1”, ma dallo spirito che negli anni ’60 spingeva i “gentlemen drivers” a sfidarsi con le proprie barche, anche in gare estemporanee, a chi arriva prima in porto, spingendo i cantieri ad investire sempre più nella ricerca di soluzioni tecniche per il miglioramento del comfort e delle prestazioni e tutto questo a vantaggio non solo della produzione ma anche dell’economia del comparto nautico!
Ciao Sergio,
la modifica che hai richiesto è stata eseguita!
Da un difficile e articolato PDF ad un articolo con tanto di ricerca di video, qualche particolare può sfuggire. Saremo più attenti nel futuro, magari concordando una organizzazione dei files d’origine più ordinata.
Una eterna diatriba?
Perdonami Sergio, nulla contro di te ma la “storiella” della nautica italiana deve pur finire, altrimenti si rischia di diventare dei mentecatti e se all’estero ridono di noi… è solo colpa nostra! Inoltre, non mi risulta esistano dei controlli “tecnici” (anche crash test o indicazione materiali, fattore di resistenza, densità ecc.) delle strutture di sicurezza ed ancora: non mi sembra che si faccia attenzione alle elettroniche (vedi P1) dove, in teoria ci sarebbero dovute essere delle mappature “regolari”, ma che pochi che rispettavano con comandi o centraline alternative.
Anche per i motori la situazione è la stessa, le potenze dichiarate non sono mai state controllate!!! Lo stesso dicasi per i dati di limite in velocità. Se qualcuno supera quei limiti… qualcosa non funziona? Vado avanti se vuoi… Possibile che le velocità massime di Offshore classe 3 e Endurance siano quasi uguali? Per una classe è obbligatoria la cellula di sicurezza, mentre per gli altri… a stento hanno le cinture?
Partiamo dal concetto che se mi parli di evoluzione, partendo dalle gare come banco prova per soluzioni che vengono poi applicate alle barche da diporto… perdonami, questo lo ha introdotto oltre quarant’anni fa Sonny Levi con la mitica e gloriosa ‘A Speranziella, il Settimo Velo e tante altre…
Ma oggi, i catamarani di classe 3 con motori fuoribordo costruiti solo per loro, che usano “benzine bomba” ecc… a cosa cavolo servono? Mi inviti a nozze… e sono contento se ne riparleremo…
Sarebbe certamente importante e costruttivo trovare soluzioni per l’evoluzione delle gare motonautiche dove UIM e FIM più che fare cassa e chiacchiere, sarebbe meglio si diano da fare per continuare a mantenere autorevolezza e credibilità!!! I cantieri alzano le mani quando sentono parlare di quelle Federazioni e qualche motivo legato alla serietà ci dovrà pure essere non credi? Diciamoci la verità!!! Per il Salone di Genova 2011 ai commenti lasciati su questo blog nessuno ha risposto e si leggono comunicati stampa in cui l’afflusso dei visitatori, rispetto a quello dello scorso anno, ha registrato -10%… dato incoraggiante? Guardiamo la realtà senza prenderci in giro!
Ed ancora: in Italia si rinnova la patente e non la licenza ad un pilota. All’estero, invece, è possibile rinnovare il tutto senza alcun problema… Nasce spontanea una domanda: ma siamo impazziti?
Infine, non parliamo delle Associazioni di settore che, oltre a non interessarsi minimamente di racing, dimostrando una indefinita cecità se paragoniamo la motonautica e la “cultura” della vela!!!
SVEGLIA!
E’ ora di:
1) dare risposte
2) rivedere le classi
3) cambiare i regolamenti creandone uno tecnico…
E’ ora di essere seri in questo paese!
Alex
Innanzi tutto grazie per l’ampio spazio ,
anche in immagini dato al mio pezzo, che giova ricordare è nato dal materiale utilizzato in un mio intervento ad una convegno al MOTORSHOW di Bologna del Dicembre 2010.
Per una maggior comprensione del testo / immagini , il capoverso “Volano – qualche volta hanno le idee confuse… dovrebbe essere piazzato sopra la sequenza di 9 foto che ritrae un flip volante sul Danubio.
Riguardo i commenti di Alex : è una eterna diatriba, comune in molti sport motoristici dove ciclicamente i mezzi “sportivi” sono o troppo avanti o troppo indietro rispetto al panorama dell’esistente quotidiano.
Ne riparleremo quanto prima , soprattutto dell’eccesso di classi (e titoli) nella motonautica.
Sergio Abrami
Dimenticavo;
riguardo la FIM, la sicurezza ecc… per un campionato con barche derivate dalla serie, l’attuale regolamento prevede un supporto aereo di sicurezza; l’elicottero può essere limitato a un (1) solo veicolo, magari non vincolando a un solo fornitore del servizio per tutta l’Italia ma limitando i costi con intelligenza, sono a disposizione per chiarire il punto.
Ricordiamoci che lo stesso elicottero deve essere dotato di appositi “scarponi” per poter volare sul mare; non mi sembra che FIM abbia mai curato questo aspetto, sarebbe il caso che loro per primi fossero coerenti con la sicurezza; predicano bene e razzolare MOLTO male.
Alex
Rispetto, ma non condivido.
Non sono affatto d’accordo sull’evoluzione che chiamerei invece “distrazione” o “disinteresse” dei principali cantieri che si sono allontanati dal mondo delle gare motonautiche.
Lo spettacolo, di tutte le classi racing della motonautica, dice veramente poco o molto poco, con regolamenti che non danno molto spazio all’evoluzione che, al contrario “blindano” progettazione e sviluppo.
Sulla sicurezza nulla da dire, i mezzi a disposizione del campionato Endurance, per esempio, non hanno cellula di sicurezza e si vedono “barche”… di 10 anni fa sulle quali i piloti rischiano la vita in caso di collisione.
La FIM è ben lontana dal modello evolutivo dei motoristi come per le case costruttrici di auto e moto che hanno sì formule d’elite, ma anche classi derivate dalla “serie”.
Parliamo della nota dolente: chi corre in questi campionati? Appassionati, ma non si può parlare di sviluppo se si vedono barche datate o “formule” con l’applicazione di un regolamento datato in senso evolutivo e schizzato per la sua tangente, allontanando di molto la nautica produttiva da quella delle gare?
Powerboat P1 dove si sono visti solo Cigarette, Donzi e poco altro, brutte da vedere con soluzioni tecniche discutibili e “spin out” in agguato in pieno rettifilo. Grilli impazziti sulle onde che non reggono il confronto con un filmato di oltre 20 anni fa della Cowes-Torquay-Cowes, come pubblicato in questo blog. Per ironia della sorte, se non si trattasse di filmati che denotano il tempo, sembra quello il futuro rispetto a quanto si vede oggi in alta risoluzione.
A cosa servono questi campionati? Parlare di Offshore sembra quanto mai ridicolo, vista la vicinanza alle marine e alle rive. Circuiti discutibili e lontano da vere e proprie gare d’altura come nel passato.
Immaginare un regolamento che consenta ai cantieri di partecipare, agli sponsor di avere un ritorno d’immagine… potrebbe essere un “rilancio” del mondo della nautica. Un regolamento che consenta l’evoluzione delle carene limitando solo in stazza, potenza, misure e sicurezza, barche e motori di serie con i dovuti adeguamenti per l’utilizzo estremo da competizione.
Niente limitazione tecnica alle trasmissioni! Il riferimento è per le trasmissioni italiane che si possono considerare come dei veri fiori all’occhiello per intuizione, costruzione e attualmente in produzione, seconde a nessuno nel mondo.
Chi sarebbe interessato a un progetto del genere? Tutti i produttori di motori, i cantieri, gli sponsor e… i clienti delle barche da diporto… non mi venite a raccontare che i catamarani di classe 3 – 2 litri servono allo sviluppo della nautica da diporto che mi scappa da ridere. Lo stesso vale per i catamarani delle classi superiori…
Mai visto nulla di simile nel diporto! Quindi, si parla di nulla…
Alex