Summit Marine: One One One
- Barche per navigare oppure barche per stare in banchina?
- Disegno originale oppure “ispirato” ?
- Nuova stesura oppure “taglia e incolla” ?
Dalle risposte ovvie a questi quesiti nascono il progetto ed i disegni che pubblichiamo e che M. Gregori ed il suo team hanno realizzato per Summit Marine in Svizzera. Un design di alta categoria ed un cliente esigente, attento, fortemente orientato verso la qualità. Summit Marine è parte di Summit Corporation, un’ampia holding di società affiliate che si occupano di commercio e di affari in tutto il mondo nel settore del real estate, degli orologi di alta gamma, super cars, moda, gioielli, wellness centers e molto altro.
Quando il management di Summit ha deciso che fosse il momento di investire nello yachting business ha scelto un progettista italiano, affidabile, conosciuto e di comprovate capacità. Il risultato è il One One One : lo yacht è costruito in composito, in piccola serie, con una supervisione interrotta ed un’attenzione per la qualità che non viene mai meno. Lo stadio di progetto preliminare ha richiesto più tempo del normale perché Summit Marine ha voluto pianificare ogni possibile aspetto della nave prima di iniziare la costruzione.
Tutto è noto nel dettaglio: le specifiche sono un libro di cinquanta pagine; la lista dei materiali e degli accessori comprende centinaia di voci, ciascuna scelta con cura tra i migliori fornitori nel mondo, la maggior parte di loro Italiani. Il progettista ed il committente hanno prodotto uno sforzo enorme che si traduce in uno yacht unico. La Summit Marine ha fatto suo un motto di Antoine de Saint-Exupèry:
“Se vuoi costruire una nave non chiamare a raccolta la gente per raccogliere legname e non assegnare loro degli incarichi ma piuttosto insegna loro a desiderare l’immensità senza confini del mare”.
Massimo si è detto d’accordo con questo motto: è stato un velista prima di essere architetto navale e quindi conosce bene il mare, la sua bellezza e la sua ira.
La Summit Marine ha posto diversi paletti per il One-One-One: la sua eleganza è attuale e senza tempo; garantisce valore per il suo costo; è piacere e lusso; è unica ed allo stesso tempo adattabile. Ogni cliente ha la possibilità di personalizzare le stoffe, le pelli, i legni, i colori… via via fino ai più piccoli dettagli quali il tipo di punti di cucitura. Un programma dedicato aiuta l’acquirente a muoversi attraverso queste scelte: un semplice tocco dello schermo e prende forma la barca personalizzata.
Dal punto di vista tecnico il One-One-One è completo quanto può essere uno yacht. Dissalatore, generatori, trattamento degli scarichi, aria condizionata… i motori principali sono due MTU 16V2000M93, ciascuno con una potenza di 2.450 hp a 2.300 giri, che consentono una velocità di crociera di 27 nodi ed una velocità massima di 31.
E tuttavia lo yacht naviga in perfetto silenzio: l’abbattimento di rumori e vibrazioni è stato studiato da un team di esperti. La carena è planante con un V profondo. Lo yacht naviga dolcemente ed in sicurezza: la distribuzione dei pesi e del centro di spinta danno un’altezza metacentrica ideale.
Il fortunato armatore del One-One-One ha una grande suite per sé sul ponte principale: un largo corridoio porta dal salone alla sua cabina, attrezzata con ogni possibile comfort. Verso prua c’è un guardaroba centrale. Di fianco ad esso due scale gemelle portano al bagno dell’Armatore e ad una vera e propria SPA dotata di vasca idromassaggio e sauna. Agli ospiti sono dedicate quattro cabine di super lusso. La cucina è a poppa delle cabine ospiti, tra la sala macchine e gli alloggi equipaggio.
Massimo ed il suo team di architetti e designers hanno realizzato un’atmosfera unica usando sapientemente luci ed ombre, pieni e vuoti. Tutti i materiali a bordo concorrono nel dare una sensazione di calore e di gusto senza tempo: lino naturale, pietra, pelle, legni laccati, teak naturale si armonizzano come in un’orchestra affiatata.
La plancia è un elegante masterpiece di tecnica. Il disegno dei ponti del One-One-One è così ben bilanciato ed affascinante da risultare una gioia per chi guarda. Tutte le zone all’aperto sono arredate con attrezzature Dedon di qualità superiore. Il colore nero-pianoforte brillante dello scafo sottolinea la perfezione della costruzione.
Main dimensions and characteristics:
- Lenght all out: mt. 33.80 (111′)
- Beam:mt. 7.50 (24’7″)
- Desplacement (full load): 115 tons
- Fuel capacity: 16,500 lt.
- Fresh water capacity: 2,500 lt.
- The ship is certified by R.I.Na. as 100 A1 Y, Green Star
Pubblicando l’articolo “One One One” di Massimo, ci aspettavamo dei commenti, ma non così appassionati e ne siamo contenti. La decisione di pubblicare anche articoli non solo tecnici, ha permesso di mostrare cosa altro può esserci di bello nella nautica da diporto, come ad esempio One-One-One. Ricevere questi Vostri scambi di opinioni è stato un vero piacere e si capisce che siete quelle persone un po’ speciali che amano il mare e le belle barche.
La risposta di Massimo Gregori ad Aldo e Marco, pur essendo un condensato di contenuti tecnici e spiegazioni pratiche, è rappresentata con una chiarezza ed una semplicità che piace ed appassiona a tal punto che meriterebbe una pubblicazione a parte.
Un sincero e gradito ringraziamento per la Vostra presenza su Altomareblu!
Giacomo Vitale
Ehilà!, che bello questo scambio di raffiche. E non è scirocco…
Grazie Massimo: sia per aver a suo tempo accettato di collaborare con noi, sia per averci dato modo di avere una visione più esaustiva dei problemi di progettazione.
Credo veramente che scambi di opinioni così civili, educate e appassionate possano esser costruttive per tutti.
Noi di Altomareblu siamo, come ama dire quel barbuto del tuo collega di Aspronadi che risponde al nome di Sergio Abrami, “onnivori” di cose che abbiano il vero sapore del sale , del vento, delle onde e della affascinante straordinaria “fatica dell’andar per mare”.
Dai, quando puoi, regalaci qualche altra emozione sulla difficile storia di progettare barche per navigare.
Un caro saluto,
Antonio
Post scriptum:
alla domanda di Aldo sul perchè nel libro certe cose ci sono e sulla pagina no. Perchè nel libro si parla di concetti generali relativi alla progettazione, non di un progetto in particolare. E’ un po’ come se il tuo commercialista esibisse delle teorie fiscali generali oppure parlasse del tuo Modello Unico.
Ancora buon vento.
Massimo
Carissimi Aldo e Marco, rispondo ad entrambi con un solo messaggio. Desidero innazi tutto chiarire, dal punto di vista tecnico, che vi sono imbarcazioni nate per operare con qualunque condizione meterologica ed altre non particolarmente adatte a navigare in condizioni limite. Non è questa l’unica discriminante: c’è per esempio il fattore velocità, quello dell’autonomia… in pratica è ciò che succede in tutti i campi dell’automotive.
Ci sono aerei, elicotteri, camion, automobili, persino biciclette ecc. che nascono per operare al meglio in certe condizioni ed in certi ambienti e non sono esattamente adatti per altri usi. Per inseguire una barca di contrabbandieri ci vuole una carena planante, velocissima. Per affrontare le Bocche di Bonifacio verso ponente dopo tre giorni di Maestrale è meglio un rimorchiatore. Ricordo una mia barca (un 5.50 SI) che sopra i 20 nodi di vento, con onda media, diventava inutilizzabile, persino pericolosa. Nella fattispecie delle carene plananti, esse sono paradossalmente “troppo” stabili. Chiarisco: la stabilità di una nave è data dalla sua altezza metacentrica, la quale dipende da tre fattori principe: la posizione del metacentro, che è funzione della dimensione e forma del piano di galleggiamento, la posizione del centro di gravità verticale e la posizione del centro di spinta. L’altezza metacentrica a sua volta determina il periodo di rollio di una nave.
Ebbene, più elevato è il valore dell’altezza metacentrica, più breve il perido di rollio, più scomodo vivere a bordo in condizioni di mare formato. Qualche volta molto, molto scomodo. Le carene plananti, per loro intrinseca conformazione, originano delle altezze metacentriche molto elevate, superiori al metro. Ciò le rende perfette per certi usi e meno adatte per altri. Quindi, non necessariamente barche da banchina ma barche per gente che ascolta il meteo, capisce le carte meterologiche, sa interpretare autonomamente l’andamento delle isobare ed i segnali del mare e del cielo. In pratica, la gente che non va in montagna con le scarpe da tennis. Siamo sinceri, miei cari colleghi naviganti: se ascoltate i racconti di un utente di motoryacht vi racconterà di baie azzurre, di acque cristalline, di Martini bevuto in bicchieri appannati in compagnia di creature bellissime. Se invece ascoltate un velista (ed, ahimè, ci sono anch’io) vi racconterà di forza sette orribili, di sofferenze inaudite, di quella volta che “…non c’era fuori nemmeno la Capitaneria…”. Ciascuno si diverte come può, come vuole.
Per quanto riguarda la segretezza: non è una cosa così strana. Ci sono moltissime Ditte, non coinvolte nella nautica, dove alcuni reparti non sono accessibili (penso alla fonderia, o alla galleria del vento, o al reparto corse della Ferrari, per esempio): quando si fornisce una consulenza a questo tipo di Aziende è normale firmare un “non disclosure agreement”. E poi capitano casi in cui è realmente coinvolta la sicurezza. Senza scomodare 007, mi è capitato però di operare su una nave privata che aveva risvolti di Stato, per le caratteristiche dell’Armatore. In quel caso la segretezza è un obbligo irrinunciabile.
Termino affermando che il progetto della nave a motore è estremamente più complesso ed articolato di quello della vela: l’invito a visitare il mio Studio non è formale. Venite a trovarmi e vi faccio vedere come e perchè.
Buon vento,
Massimo
Carissimo Massimo,
mi permetto di darti del tu come notoriamente si usa tra …“gente di mare”..non nel senso di “marittimi” beninteso.
Innanzitutto, ti ringrazio molto per le precisazioni fornite.
Concedimi due righe a chiarimento del mio commento alla tua presentazione di One-One-One.
Non conosco assolutamente l’ambiente elitario che gravita attorno a coloro che possono permettersi un megayacht come quello da te progettato.
Tutto quello che posso conoscere, deriva esclusivamente dalle scarne notizie comunicate dai mass media, che spesso, sono dei semplici pettegolezzi, gossip.
Di una cosa sono certo comunque, la massima riservatezza che i cantieri impongono nel fornire i dati relativi a questa tipologia di costruzioni. D’altronde, gli stessi “armatori” spesso gradiscono l’anonimato.
Rilevo da notizie stampa, che il megayacht di un noto magnate sovietico, disponga anche di un sottomarino onde garantire una sicura via di fuga qualora, quella con gli elicotteri non fosse praticabile.
Infatti, il rischio di un attacco terroristico/criminale per questi yacht risulta potenzialmente molto elevato.
Forse non sarà il caso di One-One-One, pur tuttavia, considerata la clientela a cui è destinata l’imbarcazione, la riservatezza adottata è comprensibilissima.
Tutto ciò, per spiegare che tutto il mio commento era improntato alla domanda finale rivolta allo staff di Altomareblu.
Un CMS come Altomareblu, notorio per aver pubblicato con competenza, centinaia di schede tecniche relative ad unità navali da diporto e da lavoro, avere tecnicamente argomentato di carene, sistemi di trasmissione, revisione scafi di unità navali, progetti di unità futuristiche ecc. ecc., il tutto, lo ribadisco, sotto un profilo altamente tecnico, all’improvviso, pubblica quella che, a mio avviso, sembra essere quasi una locandina pubblicitaria. Se i costruttori non potevano essere più descrittivi, per gli ovvii motivi di sicurezza sopracitati, mi piacerebbe conoscere quali siano state le motivazioni che hanno portato alla sua pubblicazione. In sintesi: perché nel libro che tu mi inviti a leggere alcune notizie ci sono e hanno quindi libertà di circolazione mentre nelle pagine di questo CMS no?
Ammetto peraltro che l’invito ad apparire su questo sito web così prestigioso e seguito, fosse difficile da non accettare.
Con simpatia
Aldo Serpini
Come tutti credo, anche a me piace sognare, specialmente quando vedo yacht come quello descritto e rappresentato nell’articolo, progettato da Massimo Gregori.
Una barca importante dallo scafo che mette in mostra la sua linea snella, gli interni dai disegni essenziali e ricercati allo stesso tempo, costruiti con materiali nobili, insomma una barca da “sogno”.
Anche durante i periodi di crisi economica mondiale come quella che attualmente tutto il mondo attraversa, il cosiddetto “mercato del lusso” sembra risentirne meno di tutti gli altri settori economici.
A tal proposito, un pragmatico venditore americano direbbe: “we sell dreams” (…vendiamo sogni).
Ne sono cosciente, sono barche per pochi eletti che, attraverso i loro yacht (e altro), manifestano ai propri ospiti la potenza del loro potere politico e/o economico ma, sognare non costa nulla e fa parte del “libero arbitrio”. Il mio e dell’umanità tutta.
Piuttosto, questa imbarcazione, mi sembra un tipico esempio che sintetizza gli orientamenti dell’attuale progettualità, improntata alla spasmodica creazione di ambienti spaziosi, confortevoli e raffinati.
Qualcuno obietterà, perché in “barca” si deve per forza vivere scomodi?
Infatti, una volta si progettava lo scafo e gli si abbinava una corretta motorizzazione. Questi due elementi, uniti, dovevano rispondere ad un unico determinate requisito: “essere marino”, avere cioè la capacità di navigare anche con “condimeteo” avverse. Successivamente, sempre in fase progettuale, si prendeva in considerazione lo spazio libero rimanente che veniva suddiviso e spartanamente riempito con gli arredi essenziali.
Da un po’ di tempo invece, spesso, con l’approssimarsi dell’estate, ho sentito queste conversazioni tra amici: “…quest’estate dove vai?” “…vado al mare a……ho un arredamento fantastico, me lo voglio proprio godere, mi devo rilassare…” “…ti sei comperato la villa al mare?…” “…no, ho lo yacht ormeggiato al molo nel porto di…”
Domanda….ma una barca non è fatta “anche” per navigare?
Ovviamente, la domanda non è proponibile nei confronti dei megayachts dove il proprietario o armatore propone al progettista/costruttore una specifica tecnica di massima e comprensiva di armamento, attrezzature ed arredi, sapendo in anticipo lo specifico utilizzo a cui sarà destinata l’unità.
Mi sembra invece, che la ricerca spasmodica di arredi sempre più raffinati per i megayachts, abbia influenzato e coinvolto anche la progettazione e costruzione delle “imbarcazioni da diporto”, mentre, poco o nulla si stia sperimentando circa un’ottimizzazione della relazione esistente tra lo scafo e l’elemento in cui deve operare, il mare.
Sono sempre dell’idea, che un’imbarcazione debba essere valutata innanzitutto per come naviga anche con mare mosso, quantomeno per poter raggiungere il porto/rifugio più vicino, poi si può anche discutere sull’arredamento che considero complementare alle caratteristiche sopracitate basilari per la “sicurezza della navigazione”.
Marco Giorgi
Carissimo Aldo,
La ringrazio per il suo commento. La critica è sempre costruttiva. E’ obbligo di cortesia, oltre che un piacere, darle qualche notizia in più: mi è stata offerta ospitalità su una pagina di Altomareblu, non su una enciclopedia. Ragione per la quale mi devo per forza limitare ad affermazioni apodittiche. Quelli che Lei ha visto sono dei rendering, non delle fotografie del realizzato.
Nei disegni di presentazione molti dettagli non vengono evidenziati (tipo le barre di fissaggio dei libri) perchè, a parte qualche osservatore attento come Lei (che suppongo velista), ad altri sfuggono; ma in compenso rovinano il disegno. Le garantisco che a bordo poi ci sono sistemi di fissaggio per tutto, tranne per i mobili “sciolti”, come sedie e poltroncine, che in caso di mare formato l’equipaggio (sei persone) ripone in appositi gavoni. Ahimè, nei grandi motoryacht si usa così. Per quanto riguarda la carena, le specifiche tecniche, l’elenco dei materiali… in alternativa a “fidasse” la invito a visitare il mio Studio, dove sarà per me un piacere mostrale il tutto, dopo che Lei avrà siglato un “non disclosure agreement”.
Ma certo non è materiale che si possa pubblicare. Sono così convinto della bontà delle sue affermazioni che, se vorrà leggerlo, le ritroverà nel mio libro “Il sogno e il segno” – la progettazione degli interni dello yacht – disponibile presso il Politecnico di Milano a partire da metà Marzo. Grazie ancora e buon vento.
Massimo
Seguo con piacere il vostro sito soprattutto per gli argomenti tecnici trattati in materia di imbarcazioni.
Questa volta, leggendo e guardando le immagini di Yankee Delta Studio, il nuovo articolo da voi pubblicato, mi è apparsa quella che io considero una stonatura, una contraddizione, mi riferisco alle tre domande iniziali:
• Barche per navigare oppure barche per stare in banchina?
• Disegno originale oppure “ispirato”?
• Nuova stesura oppure “taglia ed incolla”?
L’autore continua dicendo:
• Dalle risposte ovvie a questi quesiti nascono il progetto ed i disegni che pubblichiamo…ecc.ecc.
Proseguendo la lettura, uno si aspetterebbe di trovare delle risposte tecniche, “da marinaio”, alle domande proposte dallo stesso articolista… nulla di tutto ciò. Mentre è stato dato un ampio risalto all’impegno dei realizzatori e, per descrivere l’unità, vengono fornite solamente delle generiche indicazioni:
• “Lo stadio di progetto preliminare ha richiesto più tempo del normale perché Summit Marine ha voluto pianificare ogni possibile aspetto della nave prima di iniziare la costruzione.”
• “Le specifiche, molto dettagliate, sono contenute in un volume di 50 pagine…”
• “La lista dei materiali e degli accessori comprende centinaia di voci, ciascuna scelta con cura tra i migliori fornitori nel mondo, la maggior parte di loro Italiani.”
• “La carena è planante con un V profondo”.
Una descrizione della carena così scarsa e limitata, è comune a tantissime altre imbarcazioni e, dalle illustrazioni di One-One-One in navigazione, l’assetto, sembra molto più simile a un’imbarcazione semiplanante.
Il fatto che Massimo Gregori “…è stato un velista prima di essere un architetto navale e quindi conosce bene il mare, la sua bellezza e la sua ira”, la trovo una notizia interessante, buon per lui ma, tutto ciò non mi aiuta a comprendere la differente tecnologia costruttiva di “One-One-One”, rispetto ad una unità della stessa classe… a Roma direbbero: …famo a fidasse?…
Quindi si passa alla descrizione degli interni, relativo arredamento e materiali utilizzati.
In questo caso sì è profuso in aggettivi superlativi che in verità, da ciò che mostrano le immagini, sono senza dubbio meritati.
Nella prima foto del secondo gruppo di 4, scorgo una poltroncina bianca che non sembra essere fissata al pavimento, mentre, sullo sfondo si vede una libreria a giorno, contenente i relativi libri.
Quando navigo con la mia barchetta, ho sempre la fissazione che i carichi mobili presenti a bordo siano sempre tutti ben rizzati oppure posti nei propri alloggiamenti. La mia è una vera mania ma, quello che viene rappresentato nell’immagine mi sembra contrasti con la risposta data alla prima domanda:
“Barche per navigare o barche per stare in banchina?”
Il mio pensiero è che tutta questa “presentazione” lascia presupporre che ci sia una implicita domanda da parte dei costruttori:
Sei interessato all’unità? Benissimo, vieni a vederla e noi ti forniremo tutti i chiarimenti.
La mia ultima domanda la rivolgo a voi di Altomareblu: Cui prodest?
Questo mio commento non vuole assolutamente essere una critica, ma un semplice contributo di pensiero…
Con simpatia,
Aldo Serpini