Studio per un Motocatamarano Oceanografico da mt.17,50 di Franco Harrauer
Il Direttore del Programma Oceanoboe del 1968, dott. Roberto Frassetto descrive le nuove scelte per la ricerca dell’Oceanografia Italiana:
IDEE NUOVE PER L’OCEANOGRAFIA ITALIANA DEL 1968
Le navi oceanografiche, insieme a Boe oceanografiche, batiscafi, aerei e satelliti sono i veicoli necessari per le strumentazioni sofisticate che si usano oggi per le indagini scientifiche marine soprattutto per lo studio dei due fluidi, mare e aria, che richiedono lunghe e delicate osservazioni.
Le navi odierne richiedono, rispetto agli altri veicoli, una parte eccessiva dei finanziamenti stanziati per le ricerche marine. Inoltre, esiste spesso una sproporzione fra il veicolo e lo strumento che esso trasporta.
In generale si ritiene che le navi sono troppo grandi e costose per il prodotto che esse danno; tuttavia essendo ammessa questa inefficienza si continua però a costruire grandi navi oceanografiche per la loro indispensabilità come laboratori galleggianti e perchè il problema non è ancora stato affrontato con nuove idee.
Spesso navi con equipaggi fissi di 30 o 40 uomini di equipaggio sono usate per lavori di modesto valore che richiedono tre o quattro scienziati a bordo. Il costo di gestione varia fra 1 e 2 milioni di lire al giorno secondo le navi di vari Paesi.
Anche negli Stati Uniti, dove il costo di gestione raggiunge il massimo valore (1,5 milioni per l’ATLANTIS e circa 2 milioni per l’Oceanogepher) si presenta imperioso il problema di ridurre i costi di esercizio.
Una delle soluzioni è quella di ridurre le dimensioni, aumentare l’automazione e trovare nuove forme di imbarcazioni, con propulsioni di maggiore efficienza, costruendo le navi intorno agli strumenti fondamentali pur lasciando larghe possibilità di adattamento a molteplici impieghi scientifici.
Le esigenze degli oceanografi sono molte ed in contrasto fra di loro. Si tratta di trovare non una sola, ma alcune soluzioni di compromesso per soddisfarle nel miglior modo. In generale una nave oceanografica deve essere dotata di un largo e comodo spazio di lavoro, un facile sistema per manovrare strumenti fra mare e bordo con sicurezza ed affidabilità, in varie condizioni di mare e con un sistema di automazione per la navigazione e manovra della nave, impiego degli strumenti, analisi dei dati.
- Fra i requisiti se ne possono accennare alcuni:
- Minimo costo di esercizio e minimo equipaggio
- Facile manutenzione
- Massimo numero di ricercatori
- Largo uso di automazione
- Largo spazio di lavoro utile
- Versatilità d’impiego
- Grande stabilità e manovrabilità
- Velocità massima di trasferimento di 20 nodi o più e minima per lavoro di 0.1 nodo o meno per ciascuna applicazione vi sono inoltre altri requisiti che devono essere compatibili con quelli sopra elencati. Navi di alcune centinaia di tonnellate saranno sempre necessarie per lunghe crociere atlantiche e
per studi di oceanografia globale. Esiste tuttavia la necessità di piccole navi dell’ordine di 20- 40 tonnellate per studi di Oceanografia Costiera, utili per un raggio di azione di 200-300 miglia ed un periodo di autonomia di 3 o 4 giorni.
L’imbarcazione che si presenta in questo articolo è una proposta di massima disegnata seguendo le esigenze del Programma di Ricerche Marine «OCEANOBOE» di S. Terenzo (La Spezia), dall’arch. Franco Harrauer in collaborazione con la Soc. Aeronautica Italiana Ing. Ambrosini.
Oceanoboe è un programma di ricerche del C.N.R. presso l’istituto di Fisica dell’Università di Pisa. Esso riguarda particolari studi di Fisica Marina ed in particolare di dinamica dei due fluidi, aria, mare e necessita perciò di strumenti sofisticati miniaturizzati che seguono le più avanzate tecnologie spaziali.
Requisiti importanti: grande economia, veloci trasferimenti, maneggio di boe di 20 metri di lunghezza, ancoraggi in fondali di 3000 metri, 6 scienziati, tre persone di equipaggio e 5 tonnellate max. di carico scientifico, oltre a dettagli che non è il caso di elencare qui.
Il catamarano di alluminio proposto come linea di massima dall’architetto Franco Harrauer e dalla S.A.I. Ambrosini,è una brillante soluzione che presenta molti interessanti problemi tecnologici che valgono già di per se stessi la pena di essere risolti come nuovo contributo alla Architettura Navale Italiana. In questo senso si interessano al progetto autorità quali l’0n. Malfatta.
ROBERTO FRASSETTO
Direttore del Programma Oceano
STUDIO PER UN MOTOCATAMARANO OCEANOGRAFICO DA MT. 17,50
C.N.R. OCEANOBOE – SOC. AERONAUTICA ITALIANA ING: AMBROSINI
La scelta del catamarano è consigliata dai vantaggi che questa configurazione offre nel caso specifico di un mezzo la cui principale attività è la ricerca ed il lavoro in mare.
Essi possono essere così riassunti:
- Grande superficie di ponti (mq. 40 a poppa e mq. 20 a prora) utilizzabile per lavoro in un mezzo di lunghezza e dislocamento relativamente grande (mt. 17.50 tonn. 25 a Pieno Carico)
- Elevata stabilità di piattaforma e possibilità di sospendita e manovra di grossi carichi, in posizione baricentrica e assiale
- Estesa gamma di velocità economiche data dal buon coefficiente di finezza degli scafi
- Ottima manovrabilità per il lungo braccio esistente tra gli assi di spinta
- Grande stabilità anche con carichi asimmetrici
In funzione di queste considerazioni è stato disegnato il catamarano C.N.R.-l.
Il tipo di costruzione è in lega leggera così da contenere il dislocamento entro valori molto bassi.
- La motorizzazione è costituita da due motori diesel veloci della potenza di 300 HP/asse ciascuno, sufficienti ad imprimere al mezzo una velocità di 18 nodi in condizioni di pieno carico (25 tonn.)
ed una velocità di 22 nodi a nave in assetto leggero e completamente rifornita (3 tonn. nafta più
1 tonn. acqua). - La propulsione è assicurata da due idrogetti che permettono un buon dosaggio di spinta, quindi anche minima velocità e rapidità di manovra mediante deviazione ed inversione del getto; offrono inoltre la possibilità di navigazione in bassi fondati con atterraggi su spiagge aperte. In considerazione di queste ultime ipotesi, le bocche di aspirazione sono situate sui fianchi interni degli scafi.
Non ultima considerazione in favore degli idrogetti, è la possibilità di lavoro privo di pericoli offerta agli operatori subacquei in vicinanza del mezzo. Gli scafi sono asimmetrici, a cavallino rovescio per avere un puntale minimo
di 2 metri sotto baglio e sono così compartimentati:
Scafo sinistra:
A. Gavone di prora accessibile dal ponte con cala catene, verricello sotto coperta e deposito attrezzatura di ormeggio
B. Alloggio con quattro cuccette
C. Alloggio con due cuccette.
D. Locale igienico con WC, doccia e lavandino
E. Alloggio con quattro cuccette
Questi locali sono disimpegnati da un corridoio accessibile dal locale timoneria
F. Locale motore, gruppo elettrogeno
Scafo destro:
A. Gavone prora – id
B. Laboratorio
C. Alloggio comandante (eventuale seconda cuccetta)
D. Locale igienico – id.
E. Laboratorio
F. Deposito attrezzature di ricerca
G. Locale motore – id.
- Le casse nafta ed acqua e le casse acque bianche, fanno parte della struttura e sono situate sotto i copertini
- Le strutture di collegamento tra i due scafi sono costituite da una trave ponte a prora con candeliere e draglie per passaggio ed una piattaforma che si estende dalla ordinata I alla pp. AD.
Partendo da prora abbiamo:
A. Un locale per alloggiare su rullo un pagliolo mobile da estendere sino al trave ponte
B. Un locale argani con verricello ed ancora per grandi profondità
C. Timoneria con posto di guida, tavolo di carteggio ed apparecchiature elettroniche come radio, radar, RDF, Loran, ecoscandaglio, Basdic ecc.
D. Quadrato o sala di riunione
E. Cucina
Il ponte AD, è costituito da tre pannelli mobili che qualora tolti, formano un pezzo di mt. 3,50 x 6,00 sufficiente per la sospendita di un piccolo mezzo subaqueo semovente o comunque l’immersione di grosse apparecchiature. Ai lati del ponte AD vi sono due alloggiamenti per tenere al riparo due battelli pneumatici tipo MARK 3 da mt. 4,70, completi di motore F.B.
La piattaforma è sufficientemente ampia da consentire l’imbarco di due roulotte-laboratorio di mt. 2 di larghezza per mt. 5 di lunghezza, con un passaggio di 60 cm. tra di esse.
Il ponte termina con un portellone abbattibile costituito da tre elementi doppi articolati che possono formare oltre che una rampa di imbarco anche una piattaforma di lavoro a circa 30 – 40cm. dal pelo d’acqua.
Le sovrastrutture che iniziano con una plancia munita di un secondo posto di guida, si estendono con
due travi sino a poppa e permettono lo scorrimento di un carro ponte sino a 1 mt. oltre la pp. AD.
Data la grande stabilità di piattaforma, l’imbarcazione può essere attrezzata per il servizio dei verricelli di prora, con gru laterali per immersione di boe e con piattaforme di lavoro ribaltabili a murata.
FRANCO HARRAUER
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