Suez (III puntata) di F. Harrauer
Costa del Sinai
Il Westland “Lysander“ è un brutto e strano aeroplano, una fusoliera tozza che termina in un grosso motore stellare sostenuta da un’ala lunghissima e stranamente piegata in avanti e sotto due grossi pantaloni ove è stato messo di tutto: oltre alle ruote, rastrelliere porta bombe, pedane per raggiungere l’alto posto di pilotaggio, fari di atterraggio rd in alcuni casi, due mitragliatrici Browning.
Sostanzialmente è un aereo da ricognizione, ma i piloti della RAF che hanno la ventura di pilotarlo lo amano sopra qualsiasi tipo di aeroplano.
“C’è una differenza tra un pallone frenato, un aereo e il Lysander; solo l’aereo non può stare fermo in aria per essere identificato.”
Questa battuta, tipicamente inglese, sintetizza le singolari ed uniche qualità di volo lento di questo strano velivolo. Ma quel mattino gli ottocentoquaranta cavalli del motore “Bristol – Jupiter” erano tutti scatenati al galoppo per spingere il Lysander ad oltre trecento chilometri orari in volo sul deserto diretto a Suez.
Il Maggiore Smith del Settimo Royal Fusiliers di stanza al Cairo era stato prelevato quella mattina dal suo ufficio di Heliopolis quartiere al Nord del Cairo, ove risiedeva il Quartier Generale della VIII Armata.
Era stato portato in tutta fretta al vicino aeroporto di Al Maza dove lo aspettava un Lysander con il motore già in moto.
Infagottato in una tuta di volo eccedente di quattro misure, era stato legato al posto dell’osservatore/mitragliere e stava esaminando tra gli spifferi d’aria il documento “segreto e risevato” che gli era stato appena consegnato in ufficio. Doveva recarsi all’aeroporto di Suez dove due ufficiali lo avrebbero ragguagliato su uno strano avvistamento effettuato durante la notte, mentre da Sharm el Sheik si recavano a Suez.
Il Maggiore Smith quando si svegliava aveva sempre una “carburazione” molto lenta e le prime ore del mattino erano sempre caratterizzate da un certo malumore ed irritabilità sino a quando, verso le 10 AM, si recava al Circolo Ufficiali per il primo “terapeutico“ drink. Quindi, alle 07.30 del mattino, serrato entro la ventilata fusoliera di un rumoroso Lysander che volava sul deserto verso Suez, il Maggiore Smith non era nel migliore stato d’animo per cogliere la bellezza del sole che, come una palla di fuoco, sorgeva dal lontano orizzonte.
Allo scoppio della guerra era stato “catapultato“ dal suo tranquillo impiego come Ispettore Capo di Scotland Yard al Cairo, con il grado di Maggiore e la responsabilità del servizio di sicurezza e controspionaggio. Dopo l’atterraggio a Suez i due ufficiali che lo attendevano nel piccolo e polveroso aeroporto gli avevano fatto uno strano racconto.
Verso le 21.00, all’altezza di Ras Matarmah, dove la strada si allontana un po’ dalla costa uno dei due, il Tenente Owen, aveva visto e fatto notare al compagno di viaggio un’ombra che era passata improvvisamente davanti alla luna.
Apparizione di un attimo, ma tale da essere identificata come quella di un aereo a bassa quota o comunque in difficoltà. Incuriositi, i due avevano fermato la loro Jeep ed avevano riavvistato lo strano aereo che effettuava una larga virata e scendeva verso la laguna.
La stranezza rilevata era che il velivolo non produceva alcun rumore ed era presumibilmente un grande aliante. L’osservazione finì quando lo videro sparire dietro le dune in direzione del mare.
Poco dopo, raggiunta la stazione di vedetta del faro di Ras Sudr, avevano messo in allarme la piccola guarnigione ed avevano telefonato al loro comando a Suez che a sua volta aveva girato la segnalazione al Cairo. Il racconto dei due ufficiali era risultato un po’ nebuloso e nemmeno un paio di scotch presi al circolo RAF dell’aeroporto aveva contribuito a schiarirgli le idee. Comunque la “carburazione” stava decisamente migliorando.
Ora il Lysander, dopo la tappa a Suez, volava a bassa quota lungo il litorale del Sinai diretto al Sud. Dopo quindici minuti di volo non molto tranquillo a causa della forte turbolenze delle vicine montagne, il pilota avvistata la lingua di sabbia che racchiude la rada di Ras Matariman, iniziò una larga virata che permise al Maggiore di osservare lo strano velivolo che sembrava intatto e veniva trainato fuori dall’acqua con un lungo cavo agganciato ad un camion militare.
Sembra proprio un aliante tedesco del tipo “Gotha Smith”, sentì la voce del pilota nell’interfono:
[quote]Maggiore, serri bene la cintura di sicurezza, c’è spazio sufficiente per atterrare sulla spiaggia.[/quote]Smith sentì il motore che riduceva il numero dei giri e che l’aereo puntava il muso in giù… con i flaps tutti estesi. Il Lysander sorvolò la laguna dalle acque azzurre con un volo molto basso e lento che finì con un forte scossone sulla sabbia compatta della battigia, a poca distanza dal camion. L’aereo si fermò ballonzolando in una ventina di metri ed il motore fu spento.
Scendere dal Lysander era sempre una impresa, come quella di salirvi e Smith attese che il pilota gli facesse scorrere indietro il tettuccio trasparente e gli guidasse i piedi per trovare gli appositi gradini su fianco della fusoliera. Appena a terra e levatasi la tuta di volo fu avvicinato da un sergente che, frustino sottobraccio dopo un impeccabile saluto ed una lisciatina ai baffi fece un breve rapporto.
Dopo la segnalazione notturna dei due ufficiali, il sergente responsabile della guarnigione del faro aveva organizzato una squadra che, con la camionetta in dotazione era arrivata alle prime luci dell’alba alla laguna. Ad un centinaio di metri dalla spiaggia, proseguendo sull’attenti il suo rapporto, emergeva l’estremità di un timone di un aereo con l’inequivocabile svastica della Luftwaffe. Temendo che il relitto potesse ulteriormente affondate il sergente con encomiabile spirito di iniziativa si era spogliato della divisa e in mutande aveva raggiunto il relitto a nuoto, agganciandolo poi con un cavo al verricello della sua camionetta, nel tentativo di trainarlo sulla spiaggia.
A mezza mattinata il Gotha era quasi completamente all’asciutto, dando la possibilità a Smith di iniziare ad esaminarlo.
Levate scarpe e calze, si rimboccò i pantaloni e con il seguito del pilota e del sergente entrò nel velivolo tedesco dal portellone di poppa che era rimasto socchiuso.
Come risultava dalla targhetta metallica era proprio un “Gotha 242W” costruito dalla Gothaer Wagonenfabrik nel 1939, con il numero di costruzione “Wk 2431”. Su suggerimento del pilota che lo accompagnava, Smith annotò sulla sua agenda le caratteristiche di peso a vuoto e carico utile riportate sulla parete interna ed esterna della grande fusoliera, notando sul pavimento una strana serie di rulli di gomma.
La strumentazione attirò la curiosità professionale del giovane pilota inglese che fece notare a Smith anche la presenza di alcuni erogatori di ossigeno che ad un rapido esame risultarono tutti esauriti. Presso la pedaliera immersa nell’acqua che per un palmo ricopriva ancora il pavimento della fusoliera, fu trovata una cartella portacarte con una carta di navigazione inserita in una “tasca trasparente”.
Forse Smith aveva trovato quanto bastava mentre il pilota ed il sergente continuavano meticolosamente l’esplorazione.
L’ispettore uscì dalla fusoliera e sedette sulla sabbia calda. I piedi si asciugarono rapidamente ed il vecchio sesto senso di Scotland Yard si stava risvegliando al calore del sole. La cartella conteneva una carta di navigazione con una rotta segnata a matita blu. A Sud la traccia terminava a Ras Matamarma, quindi quella laguna era l’obiettivo, non il sito di un atterraggio di fortuna, punto di arrivo di un lungo viaggio.
Poi, risalendo con il dito la tenue traccia, Smith percorse la rotta a ritroso: Fayum… El Alamein… Rodi?? L’ aliante era partito da Rodi evidentemente a rimorchio di un velivolo a grande autonomia che poteva essere diretto in Etiopia? Ma se così fosse stato, risultò subito evidente a Smith che l’aereo avrebbe seguito una rotta che sorvolando El Alamein, si sarebbe poi mantenuto molto più a Ovest della valle del Nilo.
Rodi, un’isola italiana, ma una possibile base tedesca? No… i tedeschi usufruivano di basi più vicine all’isola di Creta da poco conquistata, quindi vi era una implicazione italiana. Guadando bene la carta il Maggiore trovò un’altra esile traccia che da Rodi risaliva a Nord – Ovest e terminava in Italia: Taranto! Poi aguzzando lo sguardo vide che la linea terminava o meglio iniziava in una laguna dove la penisola italiana formava una specie di sperone. Ma cosa trasportava l’aliante? Perchè l’ammaraggio in quella sperduta località del Mar Rosso? Quale era l’obiettivo?
Smith infilandosi le calze iniziò ad analizzare gli elementi noti partendo dai più ovvi. Cinque erano i respiratori ad ossigeno vuoti, quindi cinque uomini tedeschi o italiani erano arrivati sulle sponde del Mar Rosso provenienti dall’Italia?
Cercando di scuotere via la sabbia dalle scarpe il suo sguardo cadde sul retro della cartella portacarte dove era impressa un po’ scolorita la sigla dorata RM… Cosa significava quella sigla? Lo sguardo di Smith, mentre percorreva il desolato orizzonte, incrociò la sagoma del Lysander poco distante… che strani brutti aerei aveva la Royal Air Force… RAF..Royal: forse quella R significava Reale, come reale o Regia era l’Aereonautica Italiana e la Marina! R M… REGIA MARINA…
Quindi i cinque uomini potevano essere della Regia Marina Italiana!
Mio Dio! …pensò allarmato il Maggiore Smith mentre si allacciava le scarpe. Alcuni giorni prima sei uomini della Regia Marina Italiana erano penetrati nel Porto di Alessandria e con dei siluri pilotati avevano affondato due corazzate ed una petroliera della Royal Navy…
Smith che parlava discretamente l’italiano era staro chiamato d’urgenza al Comando Marina di Alessandria per presenziare all’interrogatorio dei sei “uomini rana“ italiani.“Magnifici combattenti”.. dovette riconoscere.
Ora, altri cinque uomini della Marina Italiana, a pochi giorni di distanza erano arrivati nel Mar Rosso, ma cosa potevano aver trasportato e messo a mare con quegli strani rulli che aveva visto nell’aliante? Qualcosa che non superava gli otto metri di lughezza ed i tremila chilogrammi di peso, come aveva potuto rilevare a bordo del velivolo.
Forse due siluri pilotati come quelli usati a Gibilterra ed Alessandria?
Oppure due motoscafi esplosivi come quelli usati dagli italiani nella baia di Suda a Creta per affondare lo “York“?
Ma il Mar Rosso abitualmente non ospitava navi tanto importanti da giustificare l’impiego di tali mezzi. Il Maggiore sapeva che ogni siluro o motoscafo esplosivo poteva portare circa trecento chilogrammi di esplosivo, quindi con due mezzi due navi da colpire.
Troppa spesa per due navi mercantili.. concluse Smith facendo emergere le sue origini scozzesi.
No! Una semplice analisi costo/ricavo non giustificava l’impiego di tali mezzi, per non parlare dell’aliante. Forse il mezzo trasportato dall’aliante era semplicemente un mezzo di avvicinamento all’obiettivo per i sabotatori. Porto Sudan? No, troppo distante e privo di obiettivi militari. Rimaneva solo Suez… ed a Suez erano diretti gli italiani!!
Suez, la vena jugulare del sistema vitale inglese!
Avevano il vantaggio di undici o dodici ore e gli italiani potevano già essere sul posto a seminare guai. Fece un richiamo al Sergente ed al Pilota e poco dopo il brutto Lysander decollava sollevando dietro la sua coda una nuvola di sabbia.
Il volo lungo la desolata costa del Sinai verso Nord, come quello di poche ore prima da Suez verso Sud, fu tormentato dalla turbolenza ed il Maggiore non ebbe pace finché non furono sulla baia all’imboccatura del canale.
L’aereo scese gradatamente di quota ed il Maggiore fece scorrere indietro la cappottina trasparente per poter osservare la grande rada piena di navi. Oltretutto la cappottina chiusa dell’abitacolo era invasa da vapori di benzina, odore d’olio bruciato ed olezzo di vomito di qualche precedente passeggero. Vi erano una quindicina di navi alla fonda protette dalle reti parasiluri e circondate dalle vedette della Royal Navy in attesa di proseguire per il Nord entro il canale, oppure di riscendere il Mar Rosso.
Di li a poco il Lysander avrebbe preso terra ad Ismailia ove aveva sede il comando difesa dell’importante via d’acqua e volando ad un centinaio di metri di quota lungo il canale, Smith notò una piccola vecchia draga che sbuffava fumo nero dal suo alto fumaiolo e tirava sul dal fondo del canale grossi secchioni di fango e sabbia che, a lento ritmo scaricava in una bettolina al suo fianco. Dal fumaiolo della draga si levò improvviso un bianco pennacchio di vapore accompagnato da un asmatico e stonato fischio della sirena, fischio che assordato dal rombo del motore che Smith, affacciato all’abitacolo aperto del velivolo non udì, ma contraccambiò con un gesto di saluto del braccio.
Il canale sboccando nel Piccolo Lago Amaro, sempre marcato dalle boe di segnalazione, si allargava nel bacino di sosta e di incrocio dove era ferma una petroliera in attesa di proseguire verso Suez.
Il Lysander sorvolò basso le rive paludose del lago dove dai fitti canneti si levarono spauriti voli di bianchi aironi. Poi la zona verde di Serapeum e Khamsa con le estese piantagioni di palme da datteri e le alte dune ove il canale era più stretto e le sponde più alte che altrove. “Oh my God!“, pensò quasi ad alta voce Smith, se una nave affonda qua sarà difficile tirarla su per liberare il canale. Un convoglio di sei navi scariche scendeva lentamente verso il Mar Rosso, seguite da un grosso rimorchiatore e precedute da un paio di dragamine. Il Lysander ridusse il motore ed il maggiore Smith vide sotto di se i verdi palmeti di Ismailia, il ponte girevole, poi la pista asfaltata dell’aeroporto di Ismailia.
Il Generale Campbell, responsabile della difesa del Canale di Suez ascoltò lisciandosi i grandi baffi rossicci, la relazione del maggiore Smith sul ritrovamento dell’aliante e le deduzioni che secondo lui ne derivavano.
L’ufficio del Generale posto in un vecchio e classico palazzo che risaliva ai tempi dell’inaugurazione del canale, aveva le finestre aperte sul canale e dal cortile sottostante giungeva la voce stentorea di un sergente che istruiva le svogliate reclute della polizia egiziana. Un grande ventilatore da soffitto muoveva con flemma le pale nel tentativo di dissipare le ampie volute di fumo che ogni tanto aleggiavano sul grande tavolo uscendo dalla pipa di Campbell.
Smith odiava il fumo, i fumatori e le sue frequenti interruzioni, intercalate da ringhianti colpi di tosse, manifestavano sufficientemente ed inutilmente la sua disapprovazione.
Campbell staccò la schiena dalla sua poltrona e mandò l’ennesima sbuffata di fumo a Smith.
[quote]Vede, caro Maggiore, la difesa del canale sotto il mio comando[/quote]e sottolineò con una eloquente alzata di sopracciglio
[quote]sono quanto di meglio possiamo permetterci. Posso disporre di quattro battaglioni di fanteria per il pattugliamento a terra, disposti tra Suez e Porto Said, più i distaccamenti della polizia egiziana che stiamo addestrando. La Royal Navy, oltre alle motovedette per il pattugliamento foraneo ed alla predisposizione per gli sbarramenti retali, ha dovuto mettere a disposizione dei convogli, anche dei dragamine magnetici.“Come lei ha certamente saputo, nel mese scorso aerei germanici di notte hanno gettato con paracadute molte mine magnetiche nel canale. Molte sono finite sulle sponde o nel deserto, ma abbiano già avuto un mercantile canadese danneggiato.Fortunatamente l’unità di soccorso che accompagnava il convoglio è riuscita a rimorchiarla su un bassofondo del lago Timsah dove non ostacola il traffico e speriamo di poterla far recuperare in breve tempo.”[/quote]
Dopo un’altra tirata di pipa proseguì:
[quote]Pare che le mine siano dotate di un dispositivo che le attiva dopo un certo numero di passaggi di navi, oppure dopo un determinato tempo. Per questo dobbiamo sempre stare all’erta, perché non sappiamo se il canale e sicuro o no. Ora Lei mi viene a dire che potrebbero esserci dei sabotatori italiani! E cosa debbo fare secondo Lei?[/quote]Smith sentiva già una minacciosa punta di dolore al fegato e fece appello alla sua già scarsa riserva di calma e diplomazia..
[quote]Caro Generale, non le sto chiedendo nulla. Le sto facendo semplicemente notare la possibilità che oltre al pericolo delle mine potrebbe esserci anche quello di altre forme di attacco che al momento non conosco, ma che senz’altro la presenza di cinque italiani potrebbe materializzare.[/quote]Campbell chiamò per telefono il suo aiutante di campo e Smith sentì che dava generiche disposizioni per aumentare la vigilanza, poi guardando ostentatamente il suo cronometro d’oro fece capire al Maggiore che il colloquio doveva ritenersi esaurito.
Più tardi, mentre volava verso il Cairo, Smith pensò che forse avrebbe fatto in tempo a recarsi direttamente con la macchina di servizio che lo attendeva all’aeroporto, al Gezira Club di Zamalek per un drink di preparazione alla serata. Ma la sua mente, che era già sotto le palme ai bordi della piscina, non riusciva a scacciare il pensiero e la visione di quei cinque italiani che erano decisi a rovinargli le prossime serate. Forse avrebbe fatto bene a parlarne con il suo amico Osama Abd el Hack che, con la “copertura“ di maggiore della polizia egiziana faceva parte dei Servizi di informazione dello Stato Maggiore.
Le ambasciate di tutto il mondo, in un paese neutrale come l’Egitto ospitavano gli addetti militari delle rispettive rappresentanze che, notoriamente erano degli agenti dei servizi di spionaggio o controspionaggio. Comunque, tutti cordiali e veri amici.
Smith sapeva per esperienza che nella “confraternita delle barbe finte“ si possono trovare sempre degli amici disposti a dividere un drink al Gezira Club e scambiare quattro chiacchiere, anche se gli scambi di notizie con un ufficiale egiziano o con un’addetto militare non si sapeva mai quali direzioni prendevano.
Canale di Suez: Piccolo Lago Amato
Erano usciti dal nascondiglio della draga verso le due di notte, quando Hussein li aveva avvertiti che erano a circa un miglio dal lago e che tra poco avrebbe alzato il braccio meccanico per mettersi a lavorare e farli uscire.
Infatti dopo una ventina di minuti la draga rallentò e con un clangore metallico la struttura del braccio cominciò ad alzarsi. Erano già orientati con la prua verso l’uscita e con il motore elettrico al minimo, sempre coperti dalla rete mimetica, lentamente uscirono e si allontanarono dalla draga che sbuffando vapore cominciò a scavare sul fondo del canale.
Bertone con la testa appena fuori dalla rete, quando fu ad un centinaio di metri dalla draga che a malapena si distingueva nella nebbia, fermò l’ MTL e tentò di orientarsi con la bussola e le fioche luci a terra del villaggio di Kabrit, le boe verdi e rosse del canale e le luci della pista del vicino aeroporto gli diedero il punto.
L’ MTL si diresse verso la sponda orientale del lago che erano deserte e che, come aveva detto Hussein, potevano offrire un buon nascondiglio nella fitta vegetazione della palude. Dopo una ventina di minuti di navigazione silenziosa il battello incontrò le prime tracce di vegetazione con una fitta barriera di giunchi e papiri. L’imbarcazione si inoltrò aprendosi la strada lentamente tra le alte canne, mentre aironi e germani si levavano spaventati per un breve e incerto volo notturno.
Verso oriente il cielo si schiariva, quando Bertone ritenne che l’imbarcazione fosse ben nascosta mentre gli altri cercavano un giaciglio per riposare, tirò fuori la carta del canale per orientarsi definitivamente e preparare l’azione.
Corsi si era levato in piedi sul ponte di prora e con il binocolo comincio ad esplorare l’orizzonte sopra la vegetazione.
Verso Ovest a circa un paio di miglia vide ormeggiata al posto di sosta una petroliera che stava salpando le ancore per cedere il posto al convoglio che in mattinata avrebbe risalito il canale da Suez, per ormeggiarsi nel Lago Amaro… Dopo averla vista virare verso sud scortata da due motovedette ed un dragamine, lasciò di guardia Sauro e si stese a pagliolo nel tentativo di dormire un po’.
Il Sottotenente di Vascello Francesco Attanasio aveva sempre un risveglio graduale e molto confuso e non riusciva mai a realizzare dove era, anche dopo un paio di anni in Marina ed un anno di imbarco di guerra, ogni tanto si svegliava con la sensazione di essere a casa sua nella sua cameretta in Salita S.Anna a Genova… poi i rumori cominciavano ad arrivare al suo cervello, sempre prima che la luce penetrasse sotto le sue palpebre, sempre ostinatamente chiuse. Il rumore del tram che imboccava la galleria da piazza Portello… Il fischietto del Nostromo per la sveglia in Accademia…
L’ululato della sirena per un allarme sulla torpediniera ‘Cassiopea in un crescendo di suoni e rumori sempre meno ottimistici. Ma adesso? Prima di sforzarsi ad aprire gli occhi tentava di capire cosa era quello strano pigolio.. I canarini nella cucina di mamma? Oppure i piccoli di un airone che reclamavano un po’ di cibo in un nido tra i canneti del piccolo Lago Amaro di Suez? Ecco cosa era la realtà!!
Francesco si tirò sui gomiti tutto indolenzito e con le ossa rotte dal duro giaciglio costituito dal vano di carico del suo MTL. Appena si mosse sentì la voce bassa di Sauro..
[quote]Non tirarti su Francesco, stai fermo e zitto, c’è una barca vicino a noi… e tu tira entro bordo il tuo culo pallido![/quote]Francesco, un po’ stupito da quella frase non si mosse, ma riuscì a vedere il cronometro che aveva al polso… erano le 11 de mattino ed aveva una fame terribile. Ma ciò che rendeva inquietante il suo risveglio era il fatto che a poppa Krause si era calato i pantaloni e sporto con il sedere fuori bordo espletava con teutonica metodicità le sue funzioni corporali mattutine.
Krause, al richiamo di Sauro grugnì sottovoce una incomprensibile frase in tedesco e contemporaneamente si udì una non lontana risata di un bimbo. Gigi Sauro cautamente si levò in piedi e guardando sopra la vegetazione vide un piccolo barchino, una piccola canoa che si allontanava con un bambino che pagaiava ridendo. Il primo impeto di rabbia e stupore fu sommerso da una improvvisa e mal trattenuta ilarità al pensiero di ciò che il bimbo aveva visto.
Krause, che si stava riallacciando i pantaloni, non sembrava molto contrariato ed afflitto da sensi di colpa e raggiunse Gigi sul ponte di prora ed assieme a Francesco seguì per un po’ la piccola imbarcazione che si allontanava, poi indicò verso Sud, dietro il profilo di una duna, gli alberi di alcune navi che si avvicinavano. Sauro volse il binocolo in quella direzione. (13)
[quote]Ecco le nostre navi! Francesco avvisa Bertone e Corti.[/quote]Era una parte del convoglio che era stato indicato da Sforza a La Spezia. Quattro navi cariche di carri armati, autoveicoli, aerei ancora imballati e munizioni… un carico preziosissimo per l’ottava armata di Montgomery che indietreggiava combattendo dalla Cirenaica all’Egitto e che si sarebbe attestata ad El Alamein, tra il Mediterraneo e la depressione di El Quattara.
Fine terza puntata
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