Renato “Sonny” Levi ed AltoMareBlu lasciano il segno ai posteri!
Per me ragazzo aveva un senso, un sogno… e pensai: si vive una volta sola, perché non realizzarlo?
La mia prima barca
La mia storia inizia qualche anno fa, quando in un pomeriggio autunnale mi imbattei per puro caso in un articolo mentre navigavo in rete.
Sono sempre stato appassionato di barche; nato a Venezia da sempre ho vissuto sull’acqua. Le prime esperienze le ho fatte in barca a remi vogando alla veneta con mio papà sulle barche dell’associazione remiera fondata dal nonno molti anni addietro.
Tuttavia, presto la passione si estese ad ogni genere di barca, da quella a remi a quella a vela passando per quelle a motore. Può sembrare strano ma a Venezia non tutti hanno la barca e gli spostamenti si effettuano quasi esclusivamente a piedi da una zona all’altra della città grazie ai ponti e alle “calli”.
All’età di dodici anni i miei genitori comprarono la prima barchetta di famiglia e fu subito amore.. La barca era un piccolo natante a motore in vetroresina motorizzato con un fuoribordo da 40 hp, quelli per i quali non serve la patente nautica e veniva usato per le gite domenicali in famiglia.
All’età di sedici anni (quelli previsti per legge) iniziai ad uscire in laguna in autonomia; certamente era la cosa che più amavo fare.
La storia non finisce qui anzi, da qui inizia:
Infatti, in quel pomeriggio autunnale mi imbattei in un articolo del sito AltoMareBlu e lessi dell’ing. Renato Levi. Mi appassionai fin da subito di quelle barche un po’ “strane”, dalla geometria e dalle linee tanto sportive. La tappa successiva fu quella di comprare uno dei libri scritti da Levi passando i pomeriggi a leggere e rileggere le storie e le informazioni di tutte le sue barche.
Compilai anche un quadernetto di appunti, cercando di fare tesoro di quante più informazioni tecniche potessi, accompagnando la lettura del libro con quella degli articoli di AltoMareBlu ed appassionandomi sempre più alle barche veloci dalla carena a V profondo e dalla geometria a delta.
Non avevo ancora raggiunto la maggiore età, ma già sognavo di rintracciare una carena Levi, di restaurarla e riportarla ai suoi fasti del passato e su AltoMareBlu ciò che più mi attirava tanto erano gli articoli sui restauri delle barche di Levi ed altri progettisti.
Questo ha influenzato l’inizio della mia giovinezza trascorsa tra i sogni nella tipica spensieratezza giovanile. Sognavo che un giorno sarei divenuto anch’io un fortunato armatore di uno scafo Levi e che si sarebbe scritto un articolo anche sulla mia barca.
Capii al volo che non avevo alcuna intenzione di aspettare oltre per possedere una barca di quel tipo perché non era nemmeno scontato che sarei mai riuscito a divenirne armatore, trattandosi di barche dalla gestione non indifferente o almeno non alla portata di tutti.
Sono barche che vanno amate, curate e manutenzionate costantemente e correttamente e quindi insostenibile per le tasche di uno studente liceale che vive di paghette e regali di Natale. Mi indirizzai quindi su qualcosa più alla mia portata.
All’età di diciotto anni ed in completa autonomia comprai uno scafo molto simile per caratteristiche ed utilizzo, ai Levi più belli e corsaioli, ma più piccolo e più gestibile. Riuscii a divenirne in possesso dopo più di un anno in cui costantemente avevo chiesto al precedente proprietario se mai l’avrebbe venduto.
La barca in questione è uno scafo offshore di quasi 6 metri di lunghezza del celebre cantiere veneziano Dalla Pietà, realizzata nel 1986 per le gare motonautiche. Era costruita in compensato marino e motorizzata in origine con un fuoribordo Johnson Stinger 75 HP a 2 tempi . Il suo nome: “Strega”!
Strega ha una carena a V profonda con circa 26° al diedro di poppa e pattini longitudinali in carena, adatta alle navigazioni sul mare mosso e dal dolce passaggio sull’onda.
Inoltre, mantiene, ad ogni andatura un assetto orizzontale sull’acqua, aggredendo le onde. Si presenta come una barca molto aggressiva ma allo stesso tempo diversa da tutte le altre: più bella, più aggraziata, più filante ma anche più delicata essendo stata costruita essenzialmente per le competizioni motonautiche.
Nella sua storia gareggiò nei vari campionati offshore ottenendo buoni risultati, tra i quali un secondo posto ai campionati italiani classe 1 Litro del 1986, pilotata da Giorgio Dalla Pietà, figlio del fondatore dell’omonimo cantiere, Giuseppe “Bepi” Dalla Pietà e costruttore della barca.
Strega, passò di mano ad altri piloti e cambiando il suo nome in “Willy Coyote” e gareggiando per molti anni in varie località italiane, dalla Liguria alla città di Trieste ed in ambiente lagunare è molto conosciuta. Mi capita spesso che qualche altro appassionato che la conosce mi ferma raccontandomi aneddoti e storie sulla barca stessa.
Appena divenuto armatore di “Strega” sottoposi la barca ad un restauro e tra i lavori più rilevanti feci rifare le ordinate di prua che si erano scollate nel tempo dallo scafo. Feci riverniciare la barca da un cantiere specializzato del veneziano con trattamento parziale della coperta con epossidica, il tutto svolto da carpentieri esperti e sotto la supervisione e le direttive di un noto maestro d’ascia della zona.
Motorizzai la barca con un fuoribordo da 75 HP 2 tempi, ottenendo proprio in quei mesi la patente nautica. Con questa motorizzazione, pari alla potenza prevista da quella di progetto, la barca si comporta egregiamente raggiungendo buone velocità e mantenendo un buon assetto. “Strega” attualmente è priva dei flaps e di tutti quegli accorgimenti e dispositivi che aveva in gara, essendo stata convertita al diporto da proprietari che mi hanno preceduto e avevano anche mutato leggermente l’aspetto.
Non fu facile gestire il tutto perchè “Strega” era la mia barca, che avrei dovuto mantenere autonomamente con lavori saltuari, paghette, compreso un cospicuo aiuto finale dei miei genitori che, seppur non mi spinsero mai all’acquisto mi hanno sempre supportato economicamente al meglio, riuscendo a terminare i lavori di restauro e vararla, dopo vari tentativi andati a vuoto per qualche capriccio di troppo del motore.
Ce l’avevo fatta, avevo vissuto il mio sogno: avevo rintracciato una barca “speciale” che necessitava di cure, ne ero divenuto armatore, l’avevo sottoposta ad un restauro ed ora era in grado di navigare, mentre pronto per godermela!
La relazione tra la mia storia e AltoMareBlu è evidente
AltoMareBlu ha contribuito a plasmare ed indirizzare una passione, la mia passione, quella per le “belle barche”, per le barche che navigano in ogni condizione, per le barche diverse dalle tante che si vedono in giro, per le barche che trasudano storia, passione e tecnica.
Credo che la barca, intesa nel suo significato più ampio, sia un qualcosa di eccezionale. Infatti, rappresenta non solo un oggetto o un mezzo di trasporto, ma è sinonimo di libertà e amore verso il mare e verso l’acqua. Penso, inoltre, che le barche non siano tutte uguali e che AltoMareBlu sia un bellissimo mare di storie di barche “vere” e di persone speciali accomunate dalla stessa passione.
È un piacere per me inserirvi la mia storia e questi riferimenti alla mia barca, conscio di aver vissuto e avverato uno dei miei sogni, iniziato quattro anni fa e che tutt’ora vive. Non resta altro che dire alla infine:
Grazie, AltoMareBlu!!
Cesare Pelloso
Caro Vincenzo,
ti ringraziamo veramente tanto per il tuo intervento secco e chiaro. Come dicevano i latini “sic et simpliciter”.
Il guaio è che ormai hanno preso il sopravvento mentalità che vedono tutto in chiave di interesse spregiudicato, come l’attuale finanza di questo paese e tutte queste meravigliose iniziative che si portavano avanti per la vera passione dei partecipanti. Lo scopo era quello di trovare nuovi giovanissimi piloti talentuosi senza spendere cifre folli. con sponsor e quant’altro, semplicemente utilizzando la barchetta della domenica con piccoli accorgimenti di sicurezza per partecipare alle note gare della classe 1000 offshore 3A – 1983-84, invece… siamo nella melma da cui se non si cambia radicalmente mentalità mettendo fuori chi non concepisce tutto questo, ma vede lo sport solo come sporco business. Elementi così fanno bene solo a chi vuole tutto questo, distruggono il vero sport. Ci sarebbero da fare tante considerazioni in merito e mi riservo di descriverle a tempo debito. L’imperativo è cambiare togliendo da mezzo chi ha una visione distorta e parziale dello sport. Oltretutto, un sistema altamente discriminatorio e fatto solo per chi ha i quattrini non permette a tanti giovani appassionati di gareggiare con semplici barche della domenica dai costi contenuti riuscendo magari ad individuare tra loro un nuovo talento, anche con possibilità economiche modeste ed in questo caso conterebbero gli attributi dei piloti e non i quattrini… e qui la differenza!!
E si Vincenzo.
Chi meglio di te può esprimere il dissenso per quanto fanno UIM e FMI rispetto al passato. D’altra parte, per rendere più interessanti stantii campionati, qualche anno fa misero 4 gommoncini a gareggiare assieme ad altre imbarcazioni di tutt’altra cavalleria in Endurance e quasi sembravano delle “boe” mobili per rendere più “entusiasmante” gare che non avevano ragione di esistere in passato, ancora meno oggi.
Imbarcazioni come questa descritta dal giovane Cesare, la barca che sta restaurando Giacomo di AltoMareBlu, sono quelle “barchette” che un tempo hanno avvicinato moltissimi piloti che poi in motonautica hanno fatto il loro percorso ed anche i loro successi.
Il bello, come dici tu, di queste barche, era proprio dato dal fatto che erano imbarcazioni utilizzate anche quotidianamente e poi usate il week end come barca da corsa. Quasi un GRUPPO N (derivata dalla serie) per le auto. Insomma… un modo “economico” per avvicinarsi al mondo delle gare, ma tutto questo è ormai distrutto ed onestamente, ci vedo delle grossissime responsabilità.
La contropartita di tutto questo squallore è proprio leggere articoli come questo, giovani che si appassionano ciò nonostante e rendono possibili i loro sogni. Se il tutto lo condisci con cultura, studio e sacrifici, una nautica “domani” ci sarà e di certo non così cieca come gli attuali regolamenti UIM e FIM.
Speriamo che Cesare possa presto provare una carena Levi e perché no… correre in qualche campionato estero e non me ne vogliano gli italiani, ma davvero mi scappa da ridere come i raduni storici che di storico non hanno nulla e fantasmagoriche gare storiche con un numero davvero raccapricciante di partecipanti.
Tocca aspettare un cambio generazionale, nel frattempo diffondere cultura fa ben sperare per il futuro!
La classe 1000 offshore 3A- 1983-84, nata per la lungimirante visione dell’allora F.I.M. con un contributo molto sostanzioso per l’epoca (lire 4 milioni c.a.) ha prodotto negli anni successivi molti piloti e un “serbatoio” sportivo non indifferente.
Oggigiorno stante la cronica mancanza di partecipanti a competizioni, assistiamo a delle gare – anzi è stato annullato il C.I. della 3C – molto deludenti.
La classe 3A – 3B non esiste più in quanto U.I.M. ha aumentato la cilindrata, favorendo i paesi nordici con partecipazioni locali ottenendo titoli mondiali ed europei.
Tuttociò, per il giovane appassionato che intenderebbe partecipare con la sua “barchetta” a qualche gara… viene negato per motivi regolamentari ed anche per i costi maggiori.
LA FILOSOFIA DI QUESTE BARCHE, DEVE RICERCARSI NELLA BARCA CHE UTILIZZI NORMALMENTE DURANTE LA SETTIMANA, ALLA DOMENICA C’E’ UNA GARA… E PARTECIPI.