I Saloni Nautici, “Vetrina” o “Bottega”? Alla fiera dell’est, per due soldi, un topolino mio padre compro’…
Il mio approccio con le esposizioni fieristiche risale agli anni 50. Abitando a Milano, era semplice visitare tutti gli anni la Fiera Campionaria e per quanto fosse diventata una consuetudine, per me era sempre un evento straordinario.
Varcando l’ingresso della Fiera mi sembrava di entrare in un mondo fiabesco, irreale pieno di gente e di “macchine” nuove ma, quello che mi intrigava maggiormente era la competizione con gli adulti nel fare incetta di depliant, volumetti pubblicitari, libri, manifesti, gadget, insomma, tutto ciò che gli espositori dell’epoca offrivano ai visitatori per fini pubblicitari.
Nei giorni successivi la visita alla Fiera, assieme a mio padre provvedevamo ad esaminare tutto il materiale raccolto che consideravo il mio bottino, ne effettuavamo una cernita, poi gli oggetti selezionati erano gelosamente riposti e custoditi ad imperitura memoria. Ancora oggi, conservo molto di questo materiale ed alcuni di essi, sono stati considerati come veri e propri oggetti di pregio.
Infine, quando mi capita di mostrare questi “trofei” giovanili, oltre che essere ammirati per la loro bellezza ed eleganza, provvedono a pubblicizzare nuovamente la Ditta/Società reclamizzata, il più delle volte ancora esistente, generando sempre in chi li osserva un moto di stupore derivante dal paragone tra le odierne pubblicità e quelle che erano prodotte in passato. Da molti anni la mia attenzione condizionata dall’attività svolta, si è trasferita dalle fiere ai saloni e precisamente: ai Saloni Nautici.
Quando li visito, cerco sempre di procurarmi il materiale pubblicitario ma, in maniera più selettiva rispetto al passato, cercando solo ciò che è di mio interesse. Da una decina danni ad oggi ho potuto riscontrare che generalmente, la produzione del materiale pubblicitario ha avuto un lento ma inesorabile declino sia qualitativo che quantitativo ed a volte, è anche difficilmente ottenibile.
Ultimamente, nel chiedere un depliant c’è mancato poco che non fossi invitato a produrre i documenti identificativi… insomma, delle difficoltà a mio avviso inconcepibili da parte di espositori che dovrebbero pubblicizzare i loro prodotti. Prendiamo ad esempio il 50° Salone Nautico Internazionale di Genova che si è appena concluso.
Se non erro, questa mostra nacque soprattutto come “Vetrina della Nautica Italiana” dove, accanto a barche, motori e materiali collaudati, erano presentate anche tutte le novità del settore e “ spesso” era lo stesso progettista, entusiasta, che provvedeva ad illustrarti la sua ideazione riempiendoti la testa sia con tutti i dettagli tecnici che con il processo logico che lo aveva portato a realizzare l’innovazione.
Di pari passo gli espositori gareggiavano tra loro su chi produceva il materiale pubblicitario più accattivante ma, soprattutto, erano elencati tutti quei dati, soprattutto tecnici, relativi al prodotto pubblicizzato.
In questo modo si otteneva un duplice risultato: “educare” i visitatori ed “invogliare” i probabili clienti. Oggi, invece, sulle locandine pubblicitarie si vedono fotografie con imbarcazioni che sembrano navigare come “frecce” in un perfetto stato di calma sia di mare che di vento, mentre l’esplicazione dell’unità è zeppa di termini come: quality, performance, comfort, linea aggressiva, top della serie, esclusiva, posti letto, trasparenze, sartoria ecc. Poco o nulla per quanto concerne il comportamento in mare dell’imbarcazione ed assolutamente nessun riferimento alla marcatura “CE” ed alla categoria di progettazione cui il costruttore l’ha assimilata. Trattandosi di nuove costruzioni dette indicazioni, per legge, devono essere citate su una targhetta applicata all’unità.
C’è qualche cosa che mi sfugge o non comprendo ma, una siffatta operazione di marketing da parte dei costruttori non aiuta certamente ad istruire l’utenza incompetente in materia e farle acquisire un “briciolo” di cultura nautico/marinaresca.
Infatti, come scriveva Antonio Soccol, un giornalista che di mare e di nautica se ne intende (un vero “guru” del settore), nel suo articolo “Il mio Salone 2009”,:
- …Tutto ormai si muove sullo stimolo della pubblicità, della comunicazione, del marketing.
- …Nel settore di nostra competenza (la nautica da diporto) i cantieri sostengono di produrre un certo tipo di imbarcazioni perché così le vuole il mercato. Naturalmente è teoria opinabile perché il mercato è largamente influenzabile proprio grazie alle operazioni di marketing…
- …Indubbiamente oggi il mercato nautico è composto da una larga maggioranza di clienti molto ignoranti, uso questo termine nel suo significato semantico e dichiaro quindi solo che molti futuri possessori di barche “non sanno” nulla di nautica né tanto meno di quali caratteristiche debba avere uno scafo per essere valido. Risulta così facile per chi vuol vendere, nascondere i difetti della propria produzione e esaltare pregi spesso inesistenti…
A mio avviso, mi sembra che il Salone Nautico Internazionale di Genova in questi ultimi anni, si sia trasformato per un mutamento di valutazioni e proposte di marketing da parte degli espositori, da quella importantissima “Vetrina Internazionale della Nautica Italiana”, polo di una cultura marinara, in una mera “bottega” in cui l’interesse prioritario è diventato esclusivamente quello di vendere le “barche”.
Se così fosse, è un vero peccato perché coloro che organizzano il Salone Nautico di Genova provvedono ad aiutare gli espositori incrementando la manifestazione, con la creazione di molte iniziative/eventi di supporto come: incontri, convegni, mostre, dibattiti, riunioni, presentazioni, spettacoli, regate,, ecc. ecc., incentrati sia sui problemi che sulla conoscenza del mare e della nautica.
Tito Mancini
“Alla fiera dell’est, per due soldi, un topolino mio padre comprò”
…parlando di Salone nautico di Genova 2010 la fiera in realtà è ad ovest (almeno dell’Italia) e dopo ben 12 anni di assidua frequentazione, per me, questa edizione è stata veramente deprimente. Ben cosciente che ci potesse essere una contrazione dell’affluenza di pubblico e di espositori, non avrei mai creduto di essere testimone di una tale regressione! Niente più calca all’entrata, niente più fiumi di gente per i pontili, niente più file ed attese interminabili per poter visitare le barche ma soprattutto pochissime novità! Dopo il secondo giorno contavo i minuti che mancavano al ritorno a casa. Mi è preso un magone tale da stare male fisicamente perché l’unico pensiero nella mia testa era rivolto solo al constatare che, se un evento internazionale così importante e frequentato è arrivato a toccare livelli di affluenza e di innovazione così bassi cosa accadrà in futuro alla nautica?
Ammesso che un futuro ci sarà! A tutti i giovani progettisti, anche più giovani di me, cosa potrebbe succedere? Faremo tutti la fine dei contadini del nord-est ai tempi delle migrazioni verso l’Agro Pontino?! Emigranti verso chissà quale mestiere e coloni in chissà quale posto? Non parliamo poi delle storture viste in fiera! Barche con forme improbabili più simili sculture neorealiste che a natanti che devono affrontare il mare, tutte luccicanti nelle loro vernici metallizzate, piene di lustrini e paillettes ma ahimè delle dubbie soluzioni tecniche. Ormai la gente compra davvero di tutto ed i cantieri sono spesso a corto di idee perché realizzano veramente di tutto senza rendersi conto di che cavolo mandano per mare. Non parliamo poi dei gommoni…un copia incolla generale. Sembra di vedere degli esperimenti genetici di commistione tra battello pneumatico e barca che alla fine risultano essere dei Frankenstein del mare. Qualcuno tra produttori e gommonauti, avrà anche esultato orgoglioso “si… può… faaare!” girando per i padiglioni.
Novità vere? NESSUNA!
Desolazione? TOTALE!
Addirittura stand senza barche ma solo con tanti tanti volantini! Qualità spesso discutibile a fronte di prezzi non proprio popolari per un mezzo che invece lo dovrebbe essere. Quando ho iniziato a frequentare il salone ci volevano almeno quattro giorni per riuscire a vederlo tutto e si tornava a casa con buste piene di depliant e brochure poiché non era possibile digerire tutto e subito, rimanevi attirato dalle novità e la sete di capirne qualcosa in più era irrefrenabile a tal punto da farti sopportare i chili di carta che ti portavi appresso alla fine della giornata. Oggi bastano quattro ore per vedere tutto ed al massimo ti porti via un paio di depliant giusto per non violare la tradizione. Colpa della crisi economica mondiale?
Forse è colpa in massima parte della crisi di idee e della grande confusione dell’utente finale, dovuta ad una innegabile contaminazione del mercato e della cultura nautica, da parte di altre mentalità tecniche che con la nautica non hanno nulla in comune. Mi sembra addirittura di avere letto da qualche parte che una barca fosse stata progettata da un team di designers di una nota casa automobilistica. Forse sta proprio li il problema! Non credo che nessun progettista nautico, anche i più titolati, siano mai stati chiamati a progettare una macchina, ma il pubblico rimane estasiato magari pensando che una tale garanzia sia sinonimo di una qualità di tenuta di mare e di comfort di marcia proprio come nelle autovetture… ma il saggio insegna che: “in mare non ci sono osterie” .
Risultato: oggetti che tutto sono tranne che barche o progetti esteticamente gradevoli, con costi di realizzazione altissimi… conseguente confusione dell’utente finale, caos totale del mercato, assoluta mancanza di rispetto per chi fa un lavoro difficile e spesso in controtendenza con la mera estetica, ovvero il progettista! Poveri diportisti e soprattutto poveri progettisti, bistrattati e dimenticati da armatori accecati dall’estetica, piuttosto che dalla tecnica. Tutti che guardano sopra la linea di galleggiamento e pochissimi che si interessano di cosa ci sia sotto, veramente a contatto con l’elemento più mutevole del pianeta. Una contaminazione che ha portato ad una diseducazione delle generazioni di diportisti, tutti pseudo tecnici piuttosto che marinai in una sorta di globalizzazione dei trasporti. Confusi tra le mille promesse di prestazioni esaltanti e l’ultima tendenza in fatto di verniciatura dello scafo piuttosto che di rivestimento del divano della dinette.
Bellissimi oggetti da porto! Bellissime ville al mare galleggianti. Bellissime finché stanno ferme! Ma appena si muovono? Spesso capita di sentire che in navigazioni un po’ più impegnative, alcune di queste regge abbiano dei piccoli problemini con gli arredi interni che cedono alla forza di gravità, forse perché pensati solo per stare in porto o forse perché tale è il guscio che li contiene. Astronavi degne della più fervida fantasia di Jules Verne o del più estroso degli Spielberg! Per carità, nessuno dice che le barche debbano essere dei ferri da stiro senza un minimo di senso estetico e forme pensate solo per la massima fruibilità marina, ma nemmeno che si debbano totalmente tralasciare anche i minimi requisiti indispensabili ad un oggetto che va per mare… insomma, non si può pretendere che una macchina di serie vinca una gara di formula uno, ma nemmeno si deve pretendere che una vettura di formula uno si destreggi bene tra le mille buche delle nostre strade.
La nautica europea va rieducata in modo bidirezionale, dagli utenti finali che aiutati dai media e soprattutto dai multimedia, devono cercare sempre più la sostanza e non l’apparenza. I produttori che in gran numero (è imbarazzante fare il confronto tra il rapporto case produttrici nell’automobilismo e produttori nella nautica: nel primo caso sono pochi produttori per molti fruitori nel secondo molti produttori per pochi fruitori!) devono cercare di attirare il pubblico oltre che con belle forme e rifiniture curate, anche con la ricerca tecnica e l’evoluzione tecnologica, affidando il tutto a tecnici che conoscono il mare e danno il meglio di se ogni giorno, per inventarsi soluzioni che rendano l’andar per mare in ogni condizione di velocità , sempre più un sublime piacere.
Ripartiamo dalla storia poiché ultimamente si è guardato troppo al futuribile senza però vedere cosa ci ha insegnato il passato. Riportiamo i piedi per terra e ridiamo lustro e dignità ad una professione, quella del progettista nautico, ad un mercato che non è fatto solo di belle ragazze ed acciai luccicanti, ma che ha bisogno di sostanza ed idee VERE per risollevarsi quanto prima possibile ed evitare che un evento così bello come il Salone Internazionale della Nautica di Genova, pieno di fascino e di importanza planetaria, sia ridotto a poco più che una grossa fiera di paese.
Francesco Fiorentino.
Le fotografie sono tutte del sito 50° Salone Nautico Internazionale di Genova che ne detiene tutti i diritti e qui pubblicati come da loro indicazioni per la stampa
Approvo in pieno tutto quanto esposto dai sigg. Mancini e Fiorentino!
Mi preme aggiungere che, essendo un mini costruttore artigianale, è manifesta l’ignoranza e la diffidenza del pubblico verso le vere barche costruite artigianalmente.
Anche se meno scintillanti e piene di inutili orpelli, sono sicuramente barche più marine ed affidabili.
Oggi i diportisti piccoli e medi sono in estinzione. I grandi diportisti, invece, nonostante la crisi sono in ascesa, anche se si limitano all’utilizzo della propria “casa” galleggiante per poche miglia al giorno, dal porto allo scoglio più vicino (boatgrill) andata e ritorno.
Sono comunque molto amati dalle società di vendita/rimessaggio, sia per la loro completa ignoranza, sia per i sostanziosi conti che pagano.
Un dato sul quale riflettere: al salone di Genova del 2008, per potere visionare una barca di circa 15mt mi è stata richiesta la dichiarazione dei redditi…
Carissimi Commentatori,
al rientro dal Salone Nautico Internazionale di Genova, quando Francesco Fiorentino ed io facemmo le nostre deduzioni, ci rendemmo conto amaramente, che la nautica e tutto l’indotto che vi gravita attorno sono in crisi sia economica che di idee.
Quindi, decidemmo di pubblicare le nostre impressioni che partivano da presupposti differenti, Francesco Fiorentino in qualità di “progettista di imbarcazioni” ed io come “utente interessato”. Purtroppo, i vostri commenti non hanno fatto altro che confermare le nostre analisi.
Sia Francesco che io, non siamo in condizioni di poter indicare la panacea adatta a risolvere tutti i problemi che affliggono la nautica e la cantieristica, pur tuttavia le nostre e le vostre analisi congiunte, dovrebbero quantomeno far riflettere gli operatori del settore che sembra abbiano perso il coraggio di propugnare nuove soluzioni/idee, sempre partendo dalla considerazione primaria che: le barche vanno per mare e, spesso, questo è anche agitato per cui, oltre a creare disagi per le persone imbarcate, in certi casi possono diventare anche pericolose.
Evitiamo poi, che le barche vengano progettate da persone che non hanno competenze di navigazione o, quantomeno, prima sarà opportuno istruirle facendogli fare della “gavetta” poi, vengano utilizzate al meglio.
Un’ultima considerazione; le nuove strategie di marketing puntano essenzialmente a valutare le nuove tendenze di consumo mediandole con il “potere di analisi” acquisito dal cliente/consumatore attraverso un utilizzo massivo dei sistemi di comunicazione (il passaparola) di tipo informatico: rete, rete sociale, social media e rapporti con la comunità.
Pertanto le aziende dovranno transitare da una mera pubblicizzazione dei propri prodotti alla “cura” del cliente.
Questi, dovrebbe avere la possibilità di relazionarsi con il/i produttori, avendo anche l’opportunità di rappresentare eventualmente il proprio diritto di critica.
Quante volte è capitato di “soffrire” di fronte ad un prodotto zeppo di funzionalità tecnologiche che, spesso, non riflettono assolutamente le esigenze ed il mondo reale del cliente?
Un sincero ringraziamento,
Tito Mancini
Ciao William,
non sono d’accordo con te, se pur vero che il sistema alberghiero e tutto quello economico legato alla città di Genova non ha compreso l’importanza del Salone Internazionale della nautica, della crisi e di uno smodato lievitar dei prezzi, è anche vero che l’intero indotto ha saputo evolversi nel tempo e modernizzarsi.
Altra storia è la presenza di costruttori all’interno di quell’evento, la stampa e tutto quel mondo che poco ha fatto vedere di bello al Salone quest’anno. Gli eventi legati al Salone, le nuove associazioni di categoria e tante altre iniziative, sembrano essere molto più interessanti che le proposte fatte dai cantieri; detto questo e facendo riferimento a quanto hai scritto riguardo noi, ti faccio solo notare che siamo liberi da pubblicità e che le barche di cui parliamo solitamente, sono barche che hanno dato dei risultati. Sono state provate e che non dicono solo sulla carta, ancora prima dai disegni 3D, i miracoli che poi non fanno o che non sono poi così innovative come si vuole far credere.
Non abbiamo fatto alcun riferimento a nessuna barca come tu citi nel tuo commento, sarà anche vero ma si sarebbe trattato di un caso su centinaia e questo è il dato che dovrebbe fare riflettere; è il settore che è in crisi di idee e la stampa tradizionale, enfatizza eccessivamente senza nemmeno provare se il costruttore ha “esagerato” nel dare determinati dati o altro. Si sa, le riviste si finanziano con la pubblicità ma è anche assurdo, che sia l’utente finale, l’appassionato che paga centinaia di pagine di cui non sa che farsene se, come tu stesso hai scritto, non mi dai dei dati certi… anche questa è etica e non vado avanti nella mia analisi per evitare di innescare sterili polemiche.
Per quello che mi riguarda e il web, qui è il mio settore e come ho già risposto a Genova a chi mi ha fatto delle osservazioni, una rivista può avere una tiratura mensile compresa tra le 5000 e le 10000 copie, una quantità di pagine limitata di cui, 3/4 di pubblicità che si subisce; AltoMareBlu invece, privo di pubblicità è tutto contenuto, sostanza d’interesse e spazia tantissimo nel settore nautico e supera agevolmente i 25000 accessi/mese e le 240000 pagine/lette/mese di media.
Se si fanno 2 conti, oltre al settore nautico, il Salone e tutto l’indotto, in vera crisi c’è l’editoria che non ha compreso ancora che a fare le prove verità, fare riviste con meno pubblicità ma con articoli di qualità non brandizzati o markettizzati, ci guadagnerebbero tutti compreso noi del web.
Liberi da pubblicità, non dobbiamo dar conto a nessuno e il web, non è imposto come la pubblicità delle riviste che paghi, se non ti piace, chiudi la pagina o migri su un’altro sito web oppure… come hai fatto tu, commenti e questo blog, ha già superato i 2000 commenti che sull’editoria tradizionale, non avrebbero mai avuto la possibilità e lo spazio proprio per dare modo agli inserzionisti/cantieri di fare i loro annunci di barche.
Ancora più grave è constatare che quei pochi e ormai rari giornalisti che si occupano di nautica e lo fanno seriamente, spesso si vedono tagliatigli articoli per mancanza di spazio, diciamo la verità, ai direttori i giornalisti che scrivono troppo… danno fastidio perché occupano spazio, comprensibile, loro vivono di pubblicità e non gli si fa una colpa ma siamo sicuri che tutto questo sia corretto? Per me no.
Alex
E’ dal 2004 che non vado al Salone di Genova,
sono stato in totale cinque volte 1995, 97, 99, 2000 e 2004. La regione che non vado e certamente perché gli albergi hanno praticamente triplicato il prezzo dall 2006 in avanti.
Questo articolo e un po secondo me una mezza strada. Nel senso che ci sono depliant e depliant. Io colleziono riviste di nautica dall 1981 e devo dire che di dettagli ho sempre visto poco nelle brochure.
Pochi cantieri spiegano il modo di costruzione della barca e sono anche pochi quelli che indicano il dietro di poppa. Sulle novita mah, non so cosa dire, di barche semi nuove c’è sempre stato una metà o 3/4 di esse. Cioè con un nuovo trucco, tipo, nuova piattaforma bagno, nuova vetrata, la nautica e sempre stata cosi. Qualche volta un cambio a un modello di questo tipo lo fa diventare assai popolare.
La vera delusione per me sta nelle reviste che non dicono mai niente al contrario del passato, dove una volta svelavano un pò i segreti. E se chiedi a qualcuno del cantiere, questi normalmente e la maggior parte di essi, ti danno sempre i dati. A me insomma, li hanno sempre dati.
Forse sono fortunato ma non so. Mi spiego ancora, qualcuno del cantiere perché nell’ultima edizione che sono stato i grandi nomi impiegavano gli studenti di Genova e dintorni che se gli chiedevi qualche dettaglio tecnico fuori dalle finiture non capivano niente.
Mi dispiace che questo blog che io seguo con molta passione, non ha voluto andare fuori dagli schemi della stampa popolare e parlare delle vere novita che cerano, fra quali un prodotto tutto Italiano che a vinto la categoria Evolution nella serie P1 contro mostri americani del tipo di Fountain, Outerlimits etc.
Peccato davvero!
Salve,
sono un giovane progettista, e anch’io condivido l’impressione generale dell’articolo.
Per scelta ho deciso di non andare più al salone in questione, perché lo ritengo “politicamente scorretto” nei contenuti e nei confronti dei veri appassionati di barche. Quel politicamente scorretto vuole dire snobbismo totale e generale, gente con vestiti, 24 ore e rolex prestati che imitano la finta borghesia… e che vanno avanti e indietro a passo di hogan… rido solo a pensarci!
Ma la nautica è questa? Questa è l’immagine?
Le prime volte ci andavo per visitare questi bestioni chiamati Yacht e per vedere (professionalmente parlando) com’erano fatti… le carene, i materiali, le tendenze… ma con mio stupore non potevo accedere perchè ero solo uno umile studente. Ma andando avanti, concordo con l’autore dell’articolo che i cantieri pur di vendere si inventano le migliori strategie di marketing lasciando in ombra la natura e le doti marine delle barche!
Beata ignoranza o voluta ignoranza?
Per noi, prima che progettisti, gente di mare, è impensabile essere abbordati a buon mercato da termini quali “CONFORT”, “ESCLUSIVA”, e chi più ne ha più ne metta… Quindi se voi dite che il salone è morto… bè… vi do ragione.
La nautica è altro.
Piero Carrozzo
Salve,
condivido pienamente le osservazioni dei signori Fiorentino e Mancini, autori dei bellissimi articoli che ho appena letto.
Io penso che negli ultimi anni il Salone di Genova sia diventato un guscio “vuoto” dove molti (forse troppi) cantieri espongono costosissime imbarcazioni pensate prevalentemente per clienti di nicchia. Vuoto perchè con la crisi che attanaglia l’Italia e dintorni, non tutti purtroppo possono permettersi la trasferta e man mano che passano gli anni, purtroppo è visitato da un numero sempre minore di persone.
Un tempo il Salone di Genova era un luogo di festa dove giungevano persone da tutta Italia e perchè no Europa per trascorrere MINIMO una intera giornata, fra innumerevoli stand e novità, come ad esempio negli anni 90.. durante i quali ancora si respirava l’autenticità di cantieri che presentavano novità attese e acclamate dal pubblico, non tanto per le linee all’ultimo grido o per le colorazioni particolari, quanto per novità a livello meccanico e di materiali innovativi (gli anni 90 infatti per quanto riguarda la sezione motoristica, sono stati anni importanti per quanto riguarda l’introduzione dell’elettronica e anche per l’avvento dei motori a quattro tempi fuoribordo, e anche per quanto riguarda la sezione strutturale degli scafi, dati gli studi su nuovi materiali compositi, quali kevlar e carbonio).
Allego alcune foto di repertorio, scattate anni fa, per la precisione al 34°esimo Salone di Genova del 1994 e al 37°esimo Salone del 1997.
Nelle foto si può notare l’atmosfera festosa che si respirava, fiumi di gente.. e magari anche una sistemazione più spartana ma “funzionale” di barche e stand, piuttosto che puramente estetica, come succede oggi.
Oggi c’è lusso sfrenato, ragazze immagine, megayacht, ma.. in tutto questo.. cosa c’entra il normale diportista italiano medio?
Saluti da Roma
Ho letto con molto interesse l’articolo,
di una chiarezza e concretezza disarmante. Dico questo perchè anche io la penso allo stesso modo. So benissimo che non è un buon momento per la nautica, soprattutto la piccola nautica, ma so anche che… se non c’è un minimo di cambiamento, di rivoluzione dei sistemi di comunicazione scelti dai progettisti e dai cantieri… bè allora la nautica italiana potrebbe cadere ancora più in basso di come lo è già!
E’ da cinque anni che non frequento il salone nautico di Genova, ma stando a Napoli vedo benissimo come ogni anno nel salone che organizzano qui, non ci sia più l’interesse comune da parte dei cantieri di raccontare e trasferire ai possibili clienti o solo ai visitatori, quelle esperienze maturate in anni di professione. Non c’è più interesse a illustrare le tecniche di progetto e costruzione di una barca, i materiali utilizzati, il tipo di propulsione utilizzata da ogni barca ecc… questo perchè l’obiettivo oggi, secondo me, è quello di ostentare solo il lusso, la bellezza ed il luccichio di componenti d’arredamento e superfici placcate a bordo…
Non c’è abbastanza gente specializzata con competenze tecniche che ti illustri la vera essenza di un progetto e si risolve il tutto mettendo in un padiglione un paio di ragazze immagine che distribuiscono brochure e depliant senza neanche sapere cosa stanno pubblicizzando… La cosa ancor più grave è che vedo molto raramente gli amministratori o i veri proprietari espositori dei cantieri, che vivendo il salone, mettono a disposizione dei visitatori la loro esperienza!
Questo è il mio pensiero che è molto comune tra le nuove leve della progettazione nautica e per questo chiediamo agli attuali addetti ai lavori, di iniziare un percorso di cambiamento e rivoluzione, per non trovarci poi nelle condizioni di dover cambiare noi, drasticamente il settore della nautica!
Andrea Sparasci
Condivido pienamente i contenuti dell’articolo di Tito e riassumo le mie impressioni riportando una frase dell’articolo di firma Antonio Soccol…
“Indubbiamente oggi il mercato nautico è composto da una larga maggioranza di clienti molto ignoranti…” ecco, il problema vero è questo. Ne ho fatti più di 30 di Saloni Nautici a Genova. Ogni anno il turnover dei clienti è aumentato, ogni anno si affacciano nuovi ‘marinai’ mentre quelli dell’anno precedente lasciano i loro gioielli fermi a marcire in qualche bel marina… E’ QUESTA LA NAUTICA???