Restauro: Italcraft X33 indimenticabile barca storica!! (prima puntata)
Barca Classica Italcraft X33

X33 Flying Bridge GIOIA
STORIA E CARATTERISTICHE TECNICHE DELL’X33
L’X33 fu una barca progettata dall’Italcraft, uno dei cantieri italiani più noti e derivata dal più grande X44, che all’epoca aveva la sua sede di costruzione delle barche in legno a Bracciano dove nacquero famosi modelli come il Drago, Mini Drago, Sarima ecc.. tutte barche di grande successo.
ESEMPLARI DI X33 COSTRUITI
- In totale: 80 divisi in:
- Versione Flying Bridge: 40 esemplari
- Versione Diplomat – open: 40 esemplari
- Anno inizio costruzione in serie: 1969
DATI DI TARGA
- Lunghezza f.t.: 10,30 m
- Larghezza max.: 3,70 m
- Immersione: 0,80 m
- Materiale di costruzione: lamellare di mogano corazzato con ordinate, chiglia, correnti, longitudinali in massello
- Serbatoio acqua: 200 litri
- Serbatoio gasolio: 750 litri
MOTORI
Furono montati diverse coppie di motori come indicato di seguito, ma si possono trovare X 33 con
motorizzazioni scelte dagli armatori e diverse da quelle del cantiere:
- Perkins: 2 x 160 HP diesel
- Perkins: 2 x 190 HP diesel
- Aifo: 2 x 220 HP diesel
- Chrysler: 2 x 225 HP benzina
Una bella barca con carena a V profondo allo specchio di poppa, semiplanante con pattini di sostentamento.
Nel complesso tra ponti ed un pozzetto ampio è una barca molto pratica e fruibile con il tetto del fly corto, molto indicato per gli appassionati della pesca. Belli gli arredamenti interni.
FOTO PRIMA DEL RESTAURO
Le condizioni generali dell’X33 presentavano alcune criticità serie di seguito documentate:
POZZETTO – PONTI – INTERNI
Queste barche in compensato corazzato di mogano e con struttura portante in mogano massello, se ben curate e seguite con grande attenzione da un buon mastro d’ascia ben organizzato e responsabile di un cantiere specializzato nella manutenzione di questa tipologia di barche, possono avere una vita lunghissima.
Purtroppo, la crisi economica senza precedenti ha investito principalmente il nostro paese per vari motivi, tra cui una nostra politica asservita alla UE che ha danneggiato tante attività tipiche del nostro paese, tra cui quelle dei cantieri navali di nuova produzione e rimessaggio di barche da diporto, subendo una netta caduta della domanda di costruzione di nuove unità e della ristrutturazione e manutenzione di barche storiche come l’X33 Italcraft. Va detto che l’avvento della cosidetta vetroresina, più pratica rispetto alle barche in legno, con una manutenione decisamente minore rispetto alle barche in legno, hanno successivamente decretato non solo la fine della loro richiesta di acquisto fino alla chiusura definitiva dei cantieri che sovente costruivano barche storiche che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra marineria e nella nautica da diporto di un certo livello di successo. Il Cantiere Italcraft di Bracciano ebbe un ruolo determinante per le varie serie di barche che riuscì a realizzare e che suscitarono un successo nella storia dello stesso cantiere, creando ricchezza e posti di lavoro, mentre attualmente pur avendo subito diversi cambi di proprietà con lo scopo di rilanciarlo, “naviga” in acque mosse sempre per questa maledetta crisi che ci attanaglia ormai da troppo tempo… ma questa è un’altra storia.
Come detto, imbarcazioni cone l’X33 richiedevano e richie3dono per i pochi esemplari rimasti in vita, alcune attenzioni da parte dei loro armatori. Infatti, il problema un po’ di tutte queste unità erano i ponti lasciati alle intemperie e soprattutto esposti all’acqua piovana che, essendo calcarea, quando evapora corrode irrimediabilmente il legno ed a lungo andare lo fa marcire, anche se protetto con appositi olii che dovrebbero evitare di fare assorbire l’acqua piovana. Inoltre, questo inconveniente innesca le odiose infiltrazioni d’acqua nei sottoponti, creando danni non indifferenti e onerosi per il ripristino.
Come prima cosa, quando si è costretti a sostituire il sottoponte e le doghe di teak è importante fare in modo che l’eventuale accumulo di acqua piovana possa essere evitato facendo in modo che ci siano delle pendenze che fanno defluire subito l’acqua negli appositi scoli posti sul paiolato. Inoltre, dove possibile, si dovrebbe fare in modo che l’acqua piovana possa uscire facilmente dagli ombrinali, se presenti. Quindi, concludendo tale discorso è valido per i ponti, il fly ed il pozzetto. E’ anche molto importante che l’acqua che si accumula in sentina deve essere esaurita nel più breve tempo possibile e nella sua totalità. E’ quindi importante fare in modo di istallare pompe di sentina a parte e con le succhiarole poste nei punti in cui, verso poppa si genera l’accumulo dell’acqua piovana. Altro elemento importante per risolvere questo annoso e costoso problema, potrebbe essere il livellamento della sentina della barca verso poppa, facendo in modo che la chiglia sia annegata ad un solo livello con resina epossidica miscelata alla silice colloidale o altri additivi che, oltre a rinforzare il fondo scafo, consentono alla pompa di sentina di esaurire le acque piovane accumulate nella quasi totalità.
Dalle foto si vedono i danni causati sempre dall’acqua piovana e dal fatto che con pioggia battente i due scoli d’acqua posti nel pozzetto a dritta ed a sinistra, davanti alla porta scorrevole di accesso al quadrato della barca, non riescono a farla defluire rapidamente in sentina e quindi schizza sullo zoccolo che fa da supporto al paiolato interno del quadrato.
Tutto questo a lungo andare crea i problemi di cui detto. Molto importante sarebbe, oltre a risanare i legni marciti dello zoccolo sotto porta, fare un trattamento epossidico profondo della parte in questione, applicando anche uno staro sottile di tessuto in fibra di vetro che ne rinforza la struttura mantenendo lontana l’acqua e la possibilità che possa essere assorbita dal compensato, rovinandolo nel tempo.
Da notare quanto siano gravi le infiltrazioni di acqua piovana e come in questo caso, costringono allo smontaggio di tutto il paiolato del quadrato, con la rimozione dei mobiletti, dinette, tutta la struttura della strumentazione del posto di comando e quindi di parte dell’impianto elettrico. Il che vuol dire pagare anche un elettronauta per lo smontaggio ed il rimontaggio delle parti interessate a tali lavori.
Il consiglio che posso dare in questi casi, oltre a quanto già descritto, di fare in modo che quando la barca rimane all’ormeggio, sia coperta con un telone impermeabile che, in caso di pioggia anche battente, non faccia accumulare l’acqua nel pozzetto che rimanendo asciutto evita che si possano verificare tutti gli inconvenienti descritti. Lo stesso dicasi per il fly che, nel caso specifico, ha portato alla rimozione e rifacimento di bagli e longitudinali su cui vanno poi a poggiare i fondi del paiolato del fly e quindi il cielo del quadrato.
ISTALLAZIONE ELICA DI PRUA
Indubbiamente, il montaggio dell’elica di prua è un notevole aiuto per ormeggiare una barca come l’X33 che, essendo alta di profilo tra l’opera morta, la cabina ed il fly, risulta essere molto soggetto al vento laterale e se il mare è anche mosso l’ormeggio, se non aiutati da qualcuno che sia a bordo e dai marinai in banchina, potrebbe trasformarsi in un incubo.
Tuttavia, ci sono alcune considerazioni da fare in quanto il tubo posizionato dietro alla ruota di prua dell’X33 non mi convince troppo e lo vedo come un indebolimento della struttura di quel punto molto delicato di tutte le barche e se disgraziatamente si urtasse contro un ostacolo come una bombola di gas galleggiate, in quel punto si avrebbe una crisi da rottura della struttura portante riferita alla ruota di prua ed il rischio di un allagamento della sentina in un tempoo brevissimo, con tutto quello che ne potrebbe conseguire…
Sarebbe preferibile creare una struttura leggera di legno, da dritta a sinistra ed a ridosso del tubo rinforzato con biassiale di fibra di vetro e resina epossidica, in modo tale che in caso di urto contro un corpo duro e galleggiante non si possano crteare criticità molto pericolose per la ruota di prua.
RIPARAZIONE PAIOLATO FLY QUADRATO
In questa ultima foto si può notare una inaccettabile e pessima istallazione di una piccola parte dell’impianto elettrico. Un esempio pericolosissimo da non praticare mai in queste condizioni. E’ sempre preferibile usare cavi gommati del tipo specifico, meglio se stagnato, in quanto molto resistente all’ossidazione che l’area salmastra di mare riserva ai cavi conduttori elettrici in rame. Inoltre è importante che tutti i cavi, che siano gommati bipolari, tripolari, oppure monocavo non gommato, è sempre preferibile che siano introdotti in appositi tubi Rk di vari diametri, con l’aggiunta di curve di vario ge3nere, rigide o flessibili fissate alle cassette stagne di derivazione mediante sepcifici passacavi sempre antifiamma ed antincendio. Tutto questo per evitare che un filo monocavo, per esempio, passato in un foro praticato in un supporto o baglio in mogano, prendendo fuoco, possa estenderlo in men che non si dica sia alla truttura di legno della barca che a tutto il resto, con le conseguenze catastrofiche che ne possono derivare. E’ importante quindi per gli impianti elettrici, oltre ad osservare le precauzioni appena descritte, fare in modo che ogni utenza sia protetta o da un interruttore automatico magnetotermico, che scatta in caso di corto circuito o sofraccarico, vale a dire quando si supera la portata massima dell’assorbimento stabilita dall’interruttore di riferimento ed espressa in watt. Esso può essere ripristinato dal quadro elettrico generale dove va ubicato, una volta rimossa la causa del cortocircuito che lo ha fatto scattare, evitando appunto che si possa surriscaldare ed incendiare il filo del polo caldo riferito all’utenza indicata. Quindi occhio all’impianto elettrico che sia realizzato secondo le norme R. i. na. che son molto severi e preventivi in argomento, ai fini di non trovarsi in situazioni di grave pericolo.
Nella prossima puntata vederemo l’evoluzione dei lavori di ristrutturazione dell’X 33 GIOIA!
(fine prima puntata)
Caro Giulio,
veramente complimenti al coraggio dell’armatore ed anche a chi ha scovato questa barca di cui doveva farne un uso assiduo, del tipo vivo sulla barca, ma che poi ha desistito in quanto era chiaro che per mettere in pratica il suo “sogno-progetto di vita”, occorreva una barca di dimensioni decisamente maggiori, diciamo pure più del doppio. Bella comunque la barca e bello anche il nome Gioia. Fu costruita in dodici esemplari nella versione open ed una quarantina e più nella versione Flying Bridge. Lo scafo aveva una struttura classica con chiglia ordinate in un gran numero e correnti longitudinali, quindi con una struttura portante molto robusta. Inoltre, il fondo era in compensato di mogano corazzato da 16 millimetri di spessore, mentre in opera morta era di 12 millimetri di spessore. Gli interni erano semplici, molto pratici e quello che a me piace in una barca di questo tipo è che sia luminosa all’interno e l’XX 44 lo era.
Le motorizzazioni offerte dal cantiere erano diverse e la scelta avveniva solo per contenere i costi. La versione base era una coppia di Perkins da 160 HP cadauno.. Un po’ pochino per garantire una navigazione agvole in acque mosse. Va detto che la barca comunque se la cavava bene. Le altre motorizzazioni andavano dai 2 x 280 HP, fino a 2 x 450 HP. Ovviamente le motorizzazioni più grandi erano quelle più consone alle dimensioni della barca ed al suo peso. Era comunque una barca dalle ottime prestazioni e capace di navigare anche in condizioni meteo non favorevoli.
Una nota: molti dicevano bella barca, ma si lamentavano per il fly troppo corto che alla fine era un’attenzione riservata agli appassionati di pesca dilettantistica.
Oggi non è facile trovare un X44, ma visto che queste costruzioni dell’Italcraft ebbero un buon successo, non escludo che Altomareblu possa attivare una ricerca ed un registro storico dedicato alla Italcraft con questi modelli storici molto interessanti e che hanno segnato un epoca speciale della progettazione di barche da diporto pratiche ed essenziali, dalle buone caratteristiche marinaresche. In fondo Italcraft è uno dei cantieri che sicuramente ha segnato la storia della nostra validissima Marineria, riferita alle unità da diporto e come tale va icoraggiata facendo in modo che gli ultimi esemplari rimasti in vita non vadano persi. Certo la situazione economica del nostro paese e della ridicola Eurozona finalizzata a senso unico solo a vantaggio dei soliti noti non aiuta, ma non disperiamo che presto le cose possano cambiare ed allora potremo essere pronti per fare in modo che ci siano iniziative che favoriscano il mantenimento in vita di questi esemplari storici di barche da diporto più o meno famose.
Ovviamente, tu che sei armatore con tuo fratello dello storico Sarima, che avete mantenuto in condizioni ottime da quando lo avete acquisito ed ancora oggi naviga in modo eccellente, puoi capire benissimo quello che ho appena descritto.
Approfitto per invitare tutti gli appassionati di queste barche a continuare a seguirci e vedranno tutte le puntate del restauro del tuo Sarima Blue Scar e di questo X33 Fly. Lavori veramente notevoli, ma i risultati poi danno ragione a chi ha avuto il coraggio di farle rivivere ancora ed a giusta ragione.
Grazie per aver espresso il tuo pensiero su queste barche storiche che erano state un po’ dimenticate!
Saluti,
Giacomo Vitale
Caro Giacomo, complimenti al coraggio dell’armatore che si accinge al restauro di “Gioia”.
A mio avviso l'”ITALCRAFT x33″ è una delle barche più riuscite mai costruite dallo storico cantiere. Sorella minore della storica ed ineguagliabile “x 44 Super S”, che ho avuto modo di apprezzare nell’esemplare unico (per la qualità del suo restauro eseguito negli anni 80′ a cura di Gianfranco Rizzardi) di proprietà di un mio fraterno amico e denominata “Briciola”, l’X 33, è senz’altro più facilmente utilizzabile e meno costosa.
Condivido pienamente le tue osservazioni sull’elica di prua, che, personalmente, non avrei mai installato per non “violare” una carena così valida.
Sarebbe interessante sapere dove si sta svolgendo il restauro.
Un sincero in bocca al lupo per i lavori.
GS