Restauro Drago ex V4000 GdF – terza puntata
Avevamo già pubblicato verso la fine del 2010 questa puntata relativa al restauro del Drago V4000 ex GdF, ma per un problema tecnico insieme alla quarta ed ultima puntata andarono persi. Vi riproponiamo la terza puntata e poi la quarta prossimamente in un altro articolo, certi di fare cosa gradita agli appassionati di questi tipo restauri integrali, assolutamente non comuni ed impegnativi.
Restauro Drago ex V4000 GdF
Questa puntata la dedichiamo alla illustrazione di tutta l’impiantistica che in questa unità, essendo di origini militari, è di una certa complessità. Tuttavia, si possono vedere sia il metodo di ricostruzione del vano di poppa con relativa coperta e specchio di poppa eseguito a regola d’arte e che sono serviti a riportare la parte tecnica della barca allo stato dell’arte ed in una condizione di sicurezza pari all’iniziale risalente all’epoca in cui fu costruito.
Sottolineo che il risultato eccellente è dovuto alla qualità dei materiali attuali dell’impiantistica di bordo che in larga parte è migliorata ed alla bravura dei tecnici che hanno messo in opera quanto detto.
Una nota per l’impianto di terra che in questo tipo di unità è estremamente importante vista la grande quantità di parti metalliche bagnate presenti a bordo e soggette a correnti elettro galvaniche, che se di forti entità, possono provocare seri danni ad astucci, cavallotti, eliche, tubazioni in bronzo, prese a mare ecc..
Spesso mi capita di vedere su barche di una certa importanza che erroneamente i fili di terra sono stati collegati a particolari metallici normalmente collegati ai negativi delle batterie tramite le masse di motori. Viene da domandarsi: ma come può accadere e da cosa dipende un così grossolano errore?
Descrivo di seguito un esempio: lo scarico a mare ha la parte terminale fissata allo specchio di poppa di una barca e può essere in ottone cromato o acciaio inox; su quest’ultimo calza uno specifico tubo spiralato flessibile destinato proprio a questo uso e quindi senza alcun contatto con altre parti metalliche della barca e non collegate ai negativi delle batterie presenti a bordo ed alle masse dei motori ed invertitori. In questo caso la parte metallica può essere collegata all’impianto di terra presente su tale imbarcazione.
Un astuccio che non ha contatto metallico con asse ed elica può essere messo a terra. Non va messo a terra il premi treccia quando è in contatto meccanico con asse, elica ed invertitore tramite un giunto meccanico e collegato il tutto con i negativi delle batterie e delle carcasse motore. Tale collegamento può essere possibile se invece si utilizzano giunti elastici in gomma che isolano il contatto della massa dall’invertitore e quando al posto del premi treccia dell’asse vi è un sistema a tenuta idraulica realizzata con olio che circola in un apposito circuito idraulico.
Questo criterio deve essere applicato per tutte quelle parti metalliche che entrano in contatto con il mare o laghi ecc.. Pere fare un altro esempio i cavallotti che supportano la parte terminale delle linee d’asse se hanno la boccola in cui gira l’asse in fibra, i tipi più vecchi ed in bronzo e gomma per i più recenti, possono essere collegati alla linea di terra.
Per esser certi di quanto appena descritto basta usare un tester e selezionata la funzione in Ohm fondo scala 10 – 100 Ohm fare bene contatto con un puntale sulla carcassa del motore invertitore e con l’altro puntale sulla parte che si vuole collegare a terra. Se lo strumento indica una resistenza prossima allo zero, vuol dire che la parte metallica che si intendeva collegare a terra è già in collegamento con il negativo delle batterie e di tutte le masse del motore. Quindi non deve essere collegata a terra. Se invece lo strumento non indica nessun valore in Ohm, vuol dire che tale parte metallica non è in contatto con la massa del motore ed invertitore e negativo batterie e può essere collegata alla linea di terra.
Seguendo questo semplice principio pratico e preventivo, si può esser certi di realizzare un corretto impianto di terra in cui tutte le parti messe a terra mediante appositi cavi a treccia contrassegnati con il colore giallo verde di varie sezioni che vanno tutti collegati su una specifica piastra posta sotto lo scafo con perni passanti.
Restauro dello scafo – interni – vano poppa
Nelle foto a seguire si possono vedere le fasi di smontaggio, ricostruzione e bonifica dello scafo, degli interni, ponte di prua, tuga, cabina, vano di poppa.
Un lavoro lungo, duro e di grande pazienza. E’ da ammirare il coraggio, la costanza e l’impegno anche economico di non poco conto dei due armatori che con tenacia sono arrivati ad un risultato a dir poco eccezionale. Non aggiungo altro e le foto parlano da sole:
Si Tealdo, da quando seguo le carene Levi, peraltro da me scovate in varie parti del mondo, questo è stato il restauro più complesso, che aveva come preciso scopo di riportare la barca allo stato dell’arte, vale a dire nelle condizioni in cui lasciò il cantiere Italcraft di Bracciano quando fu consegnata alla GdF che ne aveva ordinato un lotto di dodici esemplari…
L’impegno e la determinazione dei due armatori che l’anno rilevata è stato portato a termine con determinazione e caparbietà, con una dose di grande passione ed un impegno economico di tutto rispetto. Non sono mancati errori ed incidenti di percorso, ma alla fine il risultato è stato eccezionale. Unico neo sono i tipi di motore che quella unità prevedeva che, già all’epoca del loro uso nella gdf spesso creavano problemi di affidabilità per una pessima progettazione degli stessi che impegnati in stremanti inseguimenti, finivano con l’andare in ebollizione.. Furono diversi i tentativi di migliorare il raffreddamento di tali motori, ma il tentativo fu vano ed alla fine, anche per l’avvento di nuove unità previste dal Corpo, decisero di radiarle dal servizio.
POurtroppo, a distanza di anni e pur avendo revisionato in modo radicale quei motori, il problema dell’inaffidabilità rimane e non parliamo del consumo che è una cosa allucinante. Infatti, quando queste unità erano in servizio non uscivano mai da sole, ma spesso in compagnia dei Baglietto Classe Meattini che erano pronti a rimpinguare i serbatoi di gasolio che gli assetti motori svuotavano rapidamente peggio dei vampiri…
I due armatori sono soddisfatti del loro lavoro che, come avrai potuto constatare dalle foto degli articoli pubblicati in merito, è stato fatto bene, ma constatati gli enormi limiti dei motori, sono alla ricerca di nuovi propulsori moderni, del tipo “common rail” a basso consumo ed emissioni di gas di CO2.. Naturalmente, appena si troveranno i motori e si effettuerà il cambio con gli attuali che da sempre ho definito “vampire”, documenteremo il tutto sulle pagine di AMB.
gran bel lavoro, complimenti